Lo sciopero generale, il partito e i sindacati/Lo sciopero generale come forma di lotta rivoluzionaria

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Lo sciopero generale come forma di lotta rivoluzionaria

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Lo sciopero generale come forma di lotta rivoluzionaria
Lo sciopero generale nella Rivoluzione Russa Sciopero generale ed organizzazione di classe
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Lo sciopero generale

come forma di lotta rivoluzionaria



I.


Abbiamo cercato così di abbozzare in pochi tratti la storia dello sciopero generale in Russia. Un rapido colpo d’occhio su questa storia ci mostra già un quadro, che non somiglia per niente a quello di cui ci si fa usualmente idea quando si discute di sciopero generale. Invece dello schema rigido e vuoto di una secca «azione» politica eseguita, con piano e con metodo, sulla decisione dei Comitati dirigenti, noi vediamo un frammento di vita reale, fatto di carne e di sangue, inseparabile dal grande quadro della Rivoluzione, riallacciato al contrario per mille vene a tutta la circolazione rivoluzionaria.

Lo sciopero generale, quale ci è mostrato dalla Rivoluzione russa, è un fenomeno così variabile, che riflette in sè tutte le fasi della lotta politica ed economica, tutte le fasi e tutti i momenti della Rivoluzione. La sua possibilità di applicazione, la sua forza di azione, le sue cause originali, si trasformano continuamente. Esso apre d’un tratto nuove prospettive alla Rivoluzione, nel momento ch’essa sembra paralizzata contro un ostacolo, e rifiuta di essere utile nel momento che si crede di poter contare sicuramente su di esso. Ora si sparge come una vasta marea su tutto l’impero, ora si fraziona in una rete gigantesca di stretti ruscelli, ora zampilla dal suolo come una fonte viva, ora si perde sotto terra.

Scioperi politici ed economici, scioperi in massa e parziali, scioperi di protesta e di lotta, scioperi generali di una città, lotte pacifiche per i salari ‘e battaglie sulle vie e combattimenti di barricate: tutto ciò s’incrocia, si rasenta, si attraversa, si mischia; mare di fenomeni eternamente mosso e cangiante. E la legge del movimento di questi fenomeni apparisce chiara: essa non è quello sciopero generale in se stesso, nè nei suoi caratteri tecnici, bensì nei rapporti politici e sociali delle forze della Rivoluzione. Lo sciopero generale non è che l’esterna forma [p. 26 modifica]della lotta rivoluzionaria ed ogni modificazione nei rapporti delle forze in lotta, nello sviluppo del Partito e nella separazione delle classi, nella posizione della contro-rivoluzione, agisce immediatamente, per mille vie invisibili ed incontrollabili, sull’azione dello sciopero. Ma con ciò, questa azione stessa non si arresta un istante. Essa è la pulsazione vivente della Rivoluzione e nello stesso tempo il suo mezzo più potente. In una parola, lo sciopero generale, quale ci è mostrato dalla Rivoluzione russa, non è un mezzo ingegnoso inventato per dare più forza alla lotta proletaria; esso è il modo di movimento della massa proletaria, la forma di manifestazione della lotta proletaria nella rivoluzione.

Da ciò si possono dedurre alcuni criteri d’indole generale per giudicare il problema dello sciopero generale.

1. - È assolutamente contrario ai fatti l’imaginarsi lo sciopero generale come un atto o un’azione particolare. Esso è, al contrario, il riassunto di tutto un periodo di lotta di classe, che può durare anche dozzine di anni. Nel numero infinito degli scioperi generali, così diversi, che si sono avuti in Russia durante gli ultimi quattro anni, lo schema dello sciopero generale considerato come un atto unico, corto, provocato ed eseguito secondo un dato piano ed un dato metodo, non si applica esclusivamente che ad un genere, e secondario: lo sciopero di protesta.

Durante l’ultimo periodo, noi vediamo in Russia un numero molto scarso di scioperi in tal genere e, cosa da notarsi, limitati ordinariamente ad una città. Tali furono: lo sciopero generale del Primo Maggio a Varsavia ed a Lodz (nella Russia propriamente detta, fin qui il Primo Maggio non è stato celebrato nelle proporzioni notevoli dello sciopero); lo sciopero di Varsavia l'11 settembre 1905 per i funerali dell’impiccato Martin Kasprzak: quello del novembre 1905 a Pietrogrado, come protesta contro la proclamazione dello stato d’assedio in Polonia ed in Livonia; quello del 22 gennaio 1906 a Varsavia e nel bacino minerario di Dombrova per l’anniversario del massacro di Pietrogrado. Ricordiamo anche, nel luglio 1906, uno sciopero generale a Tiflis, come manifestazione di simpatia a favore dei soldati condannati per rivolta militare; uno, infine, nel settembre 1906, per una causa analoga, a Reval.

Tutti gli altri scioperi generali, grandi e parziali, non erano manifestazioni, ma lotte, e come tali, prodotti spontaneamente, sempre per cause speciali, fortuite, locali, senza piano nè metodo: ingranditi, con la potenza di un fenomeno naturale, fino alle proporzioni di movimenti dif [p. 27 modifica]fusi, lungi dall’ingolfarsi poi in una «ritirata in buon ordine», talvolta si trasformavano in lotta economica, talvolta in battaglia per le vie, talvolta si consumavano in se stessi.

In questo quadro generale, gli scioperi di pura protesta politica hanno un posto secondario; quello di piccoli punti isolati in mezzo a superfici immense. E seguendoli nel loro svolgimento, se ne rileva questa caratteristica: gli scioperi di protesta, i quali a differenza degli scioperi di lotta mostrano la più grande misura di disciplina, una direzione prestabilita, una idea politica, e secondo il tipo convenuto dovrebbero in conseguenza apparire come la forma più alta e perfezionata degli scioperi generali, hanno in realtà il loro compito principale al principio del movimento, in quanto sono espressione di coscienza e di coordinamento d’azione.

Per ciò, il «saggio di sciopero generale» dei compagni di Amburgo, il 17 gennaio 1906, occuperà un posto eminente nella storia futura degli scioperi generali in Germania, essendo stato il primo tentativo di servirsi di un’arma così discussa ed inoltre un tentativo tanto riuscito, tanto esprimente lo spirito di lotta e di combattività degli operai amburghesi. Sicuramente, una volta incominciato, il periodo degli scioperi generali in Germania culminerà per se stesso in un reale, effettivo sciopero generale il Primo Maggio. Ed il Primo Maggio potrà imporsi come la prima grande manifestazione delle lotte di massa.

II.

Ma con lo sviluppo delle serie lotte rivoluzionarie, diminuisce rapidamente il significato di simili dimostrazioni. Lo stesso elemento: «il progresso in coscienza politica», che rende possibile obbiettivamente la realizzazione dello sciopero di protesta, secondo un piano preconcetto e sulla parola d’ordine dei partiti, finisce per rendere impossibile questa specie di sciopero in massa. Oggi, il proletariato in Russia, e giustamente l’avanguardia più valorosa della massa, non vuole più udirne parlare; i lavoratori non vogliono ormai pensare ad altro che ad una lotta seria, con tutte le sue conseguenze. E se nel primo grande sciopero del gennaio 1905 l’elemento «protesta» ha avuto ancora un grande posto, non volontariamente, ma sotto forma istintiva e spontanea, al contrario, il tentativo del Comitato Centrale della social-democrazia russa di provocare uno sciopero di protesta contro lo scioglimento della Duma ha cozzato fra le altre cose contro la ripugnanza assoluta del proletariato, per le mezze azioni e per le mezze proteste. [p. 28 modifica]2. - Ma se invece di questa categoria secondaria degli scioperi di protesta noi consideriamo lo sciopero di lotta quale apparisce in Russia — come manifestazione propria dell’azione proletaria — quel che salta agli occhi è l’impossibilità di separare l’elemento economico dall’elemento politico. Ancora una volta la realtà si allontana dallo schema teorico, e la pedante concezione secondo la quale lo sciopero puramente politico deriverebbe logicamente dallo sciopero sindacale, come il suo grado più elevato e perfetto, è confutata a fondo dall’esperienza della Rivoluzione russa. Questa constatazione non si rileva soltanto storicamente per il fatto che gli scioperi generali della prima grande lotta per i salari combattuta dagli operai tessili di Pietrogrado nel 1896-97 all’ultimo grande sciopero del dicembre 1905, passano insensibilmente dall’ordine economico all’ordine politico, in modo ch’è impossibile tracciarne i limiti; ma inoltre ognuno dei grandi scioperi riproduce, per così dire, in piccolo la storia generale dello sciopero in massa, cominciando da un conflitto sindacale puramente economico e, in ogni caso, parziale, per elevarsi gradatamente fino alla manifestazione politica.

La grande bufera degli scioperi generali nella Russia meridionale, nel 1902 e 1903, ha avuto origine, l’abbiamo già veduto, a Bakou da un conflitto scoppiato a causa di provvedimenti contro gli scioperanti, a Rostov da difficoltà sui salari nelle officine ferroviarie, a Tiflis da una lotta d’impiegati di commercio per la riduzione delle ore di lavoro, a Odessa da una quistione di salario in una piccola officina. Il progresso del movimento risulta non dalla scomparsa del primordiale fattore economico, ma piuttosto dalla rapidità, con la quale è percorsa la evoluzione che mette capo alla manifestazione politica e dall’estremo grado raggiunto dallo sciopero.

Ma il movimento generale non culmina unicamente nella lotta politica: avviene anche il fatto inverso. Ognuna delle grandi azioni politiche di massa non appena è giunta al suo punto culminante, si trasforma in tutta una serie di scioperi economici. E ciò si constata non solamente in ciascuno dei grandi scioperi generali, ma nella stessa Rivoluzione considerata nel suo complesso. Per l’estensione, la classificazione e l’intensità della lotta politica, la lotta economica non ne rimane paralizzata, ma si estende, si organizza e s’intensifica nelle stesse proporzioni. Tra le due lotte, esiste un’azione reciproca e completa. Ogni nuova iniziativa, ogni nuova vittoria della lotta politica si cambia in potente impulso per la lotta economica, poichè nello stesso tempo che ne difende le possibilità esteriori, [p. 29 modifica]accresce la tendenza intima degli operai a miglioarere le loro condizioni, il loro desiderio di lottare.

III.

Ogni ondata schiumosa dell’azione politica lascia dietro di se un residuo fecondante, dal quale germinano subito mille steli diversi della lotta economica. E reciprocamente, nell’incessante stato di guerra economica del lavoratori contro il capitale, l’energia militante è in risveglio durante tutte le pause politiche; si forma così il vivace serbatoio permanente della forza della classe proletaria, dal quale la lotta politica attinge sempre nuova potenza; e nello stesso tempo, l’avanzarsi infaticabile del proletariato sul terreno economico conduce di continuo a conflitti isolati, ma acuti, producenti insensibilmente l’esplosione di conflitti politici su vasta scala.

Sì può dire insomma che la lotta economica conduca perpetuamente da un polo all’altro della politica, e che la lotta politica sia la fecondazione periodica del terreno per la lotta economica. Causa ed effetto cambiano di posto ad ogn’istante e l’elemento economico e l’elemento politico, nel periodo dello sciopero generale, lungi dal distinguersi nettamente o magari dall’escludersi, come vorrebbe il pedantismo schematico, costituiscono al contrario due aspetti intrecciati della lotta di classe proletaria in Russia.

E la loro unità è appunto lo sciopero generale. Quando la sottile teoria, per arrivare allo sciopero generale puramente politico, intraprende, sul corpo dello sciopero generale, un’artificiosa dissertazione logica invece di far conoscere il fenomeno nel suo essere vivente, non fa altro che ucciderlo.

3. - Infine, gli avvenimenti in Russia ci mostrano che lo sciopero generale è inseparabile dalla Rivoluzione. La storia dello sciopero generale in Russia, è la storia della Rivoluzione russa.

In verità, quando i rappresentanti del mostro opportunismo tedesco odono parlare di Rivoluzione pensano subito ad effusioni di sangue, a battaglie nelle strade, a fucili ed a cannoni e vanno subito alla conclusione per loro logica: lo sciopero generale conduce inevitabilmente alla rivoluzione, ergo noi non vi possiamo collaborare.

Noi vediamo in Russia che quasi tutti gli scioperi generali mettono capo ad un conflitto con i guardiani armati del regime czarista; in ciò, gli scioperi detti politici sono assolutamente simili alle più grandi lotte economiche. Ma la Rivoluzione è qualche cosa d’altro e di più che l’effusione di sangue. A differenza della concezione poli[p. 30 modifica]ziesca, che considera la Rivoluzione esclusivamente attraverso i disordini delle strade e le sommosse, il socialismo vede anzitutto nella Rivoluzione una profonda trasformazione interna nei rapporti sociali delle classi. E da questo punto di vista, tra la rivoluzione e lo sciopero generale v'ha un tutt’altro rapporto che quello constatato nell’osservazione triviale che lo sciopero generale metta capo ordinariamente all’effusione di sangue.

IV.

Noi abbiamo già visto come il meccanismo interno dello sciopero generale in Russia si basi sull’azione-reazione reciproca costante fra la lotta politica e la lotta economica. Ma precisamente, quest’azione reciproca dipende dal fatto rivoluzionario che ciascun piccolo conflitto parziale fra capitale e lavoro può ingrandire fino ad un’esplosione generale. In Germania, avvengono tutti gli anni, tutti i giorni, i più violenti e brutali conflitti fra padroni ed operai senza che per ciò la lotta varchi i limiti del mestiere interessato o della città o dell’officina isolata. I conflitti sindacali che in Russia hanno provocato movimenti generali, in Germania sono all’ordine del giorno. Eppure, nessuno di quest’incidenti si trasforma in azione comune di classe. Ed anche se qua e là ingrossano per se stessi sino a scioperi in massa, aventi indubbiamente un carattere politico, non provocano ancora alcun uragano universalizzato. Lo sciopero generale dei ferrovieri olandesi, che a dispetto delle più calde simpatie, intisichì in mezzo all’inerzia completa del proletariato d’Olanda, ce ne fornisce una prova impressionante.

Eppure, non è che in periodo rivoluzionario, quando le fondamenta sociali e le muraglie della società si screpolano e si fendono continuamente, che ogni azione politica di classe intrapresa dal proletariato può in qualche ora strappare alla loro immobilità strati della classe operaia sino ad allora inerti; ciò che naturalmente avviene in ogni lotta economica profonda e tempestosa.

L’operaio, scosso dall’urto elettrico di un’azione politica, si attacca anzitutto, nel primo momento, a quanto percepisca più immediatamente: la difesa contro una schiavitù economica. Il gesto violento della battaglia politica gli fa d’un colpo sentire, con una intensità imprevista, il peso e la pressione delle catene economiche. E mentre, ad esempio, la lotta più violenta che si abbia in Germania: la lotta elettorale o la lotta parlamentare a proposito delle tariffe doganali, appena esercita una influenza diretta ed apprez[p. 31 modifica]zabile sul corso e sull’intensità delle lotte per i salari condotte simultaneamente, ogni azione politica del proletariato in Russia si manifesta immediatamente nell’allargarsi e nell’approfondirsi del campo della lotta economica.

E dunque la Rivoluzione, che crea anzitutto le condizioni sociali rendendo possibile quella trasformazione immediata della lotta economica, che trova la sua espressione nello sciopero generale. E se lo schema volgare non vede il rapporto fra sciopero e rivoluzione se non nei conflitti sanguinosi sulle vie, un colpo d’occhio più profondo sugli avvenimenti di Russia ci mostra un rapporto assolutamente inverso; in realtà, non lo sciopero generale produce la rivoluzione, ma la rivoluzione produce lo sciopero generale.

4. - Basta riassumere quanto si è fin qui trattato, per arrivare così ad una conclusione sul quesito della direzione cosciente e dell’iniziativa nello sciopero generale. Se questo non ha il significato di un atto isolato, ma di tutto un periodo di lotta di classe, e se questo periodo è identico ad un periodo rivoluzionario, è evidente che lo sciopero generale non può essere provocato di sana pianta, dovesse la decisione provenire dalla più alta autorità del più forte partito socialista. Finchè il socialismo non abbia nelle mani il potere di comandare e di scomandare a sua volontà le rivoluzioni, il più grande entusiasmo, la più grande impazienza delle truppe socialiste non basterebbero a creare un vero periodo di sciopero generale, come movimento possente e vivente di popolo.

Su decisione di un Comitato direttivo e grazie alla disciplina dei lavoratori socialisti, si può bene organizzare una breve manifestazione di un giorno, come lo sciopero generale nella Svezia, come i recenti scioperi di massa in Austria, o come lo sciopero del 17 gennaio 1906 ad Amburgo.

Ma queste dimostrazioni differiscono da un vero periodo di sciopero rivoluzionario, come le dimostrazioni navali fatte in porti stranieri in un momento di tensione diplomatica, differiscono da una guerra navale. Uno sciopero sorto semplicemente dalla disciplina e dall'entusiasmo, avrà l'ufficio tutt'al più di un episodio, di un sintomo di disposizione alla lotta nella classe operaia e dopo di esso la situazione ricadrà nella calma di ogni giorno.

Certamente, neppure durante la rivoluzione, gli scioperi cadono dal cielo. In un modo o nell’altro, bisogna che essi siano fatti dagli operai. La risoluzione e la decisione della classe operaia vi hanno anch’esse una parte ed è vero che l’iniziativa ed in seguito la direzione ne incombono [p. 32 modifica]naturalmente al nucleo del proletariato più organizzato e più cosciente, al nucleo socialista.

Ma questa iniziativa e questa direzione non si esercitano che nell'applicazione, a tale o tale atto, di tale o tale sciopero, una volta principiato il periodo rivoluzionario; e ciò, il più delle volte, nei limiti di una sola città.

Ad esempio, fu la social-democrazia come abbiamo veduto, che più di una volta diede con successo la parola d’ordine di sciopero generale a Bakou, a Varsavia, a Lodz, a Pietrogrado. Ciò riuscì meno quando si trattò di movimenti generali di tutto il proletariato.

Inoltre, anche questa iniziativa e questa direzione cosciente hanno i loro limiti: determinati. Appunto durante la rivoluzione è estremamente difficile ad un organisimo dirigente della rivoluzione proletaria il prevedere ed il calcolare quale occasione e quali elementi possano e quali altri non possano condurre ad esplosioni. Di più, in questo caso, e iniziativa e direzione consistono non già in ordini dati di sana pianta, bensì nell’ispirarsi alla situazione e nel rimanere più strettamente possibile a contatto con le disposizioni della massa.

L’elemento spontaneo ha un grande ufficio in tutti gli scioperi generali della Russia; sia per spingere, sia per arrestare. Ciò non avviene perchè in Russia la social-democrazia è ancora debole e giovane, ma perchè in ogni azione particolare della lotta interviene una tale infinità di elementi economici, politici e sociali, generali e locali, materiali e psicologici, che nessun’azione può definirsi e svilupparsi come un esempio aritmetico.

La Rivoluzione, anche quando il proletariato, con alla testa il partito socialista, vi ha la parte dirigente, non è una manovra del proletariato in aperta campagna; è una lotta in mezzo al crollìo, allo sbriciolio incessante di tutte le fondamenta sociali. In breve, se l’elemento spontaneo ha negli scioperi generali della Russia una parte così preponderante, non è già perchè il proletariato russo sia «non a sufficienza educato», ma perchè le rivoluzioni non si lasciano dirigere, come alunni dal maestro.

D’altra parte, noi vediamo in Russia che questa stessa Rivoluzione, la quale rende così difficile al partito socialista il comando dello sciopero generale ad ogni momento, come per capriccio, gli toglie dalle mani o gli mette nelle mani la bacchetta direttoriale, questa stessa Rivoluzione risolve da sè stessa tutte le difficoltà dello sciopero generale. che nel programma teorico della discussione in Germania rientrano nelle principali preoccupazioni della «direzione»: la quistione dei «viveri», quella delle «spese» [p. 33 modifica]e quella dei «sacrifici». Veramente essa non le risolve alla stessa maniera, con la quale si regolano in una comoda conferenza fra le autorità dirigenti del movimento operaio, con il lapis alla mano. La «soluzione» di tali quistioni consiste un questo: che la Rivoluzione conduce sulla piattaforma della lotta masse popolari così enormi, che ogni tentativo per calcolare e regolare le spese del loro movimento, come si calcolano in precedenza le spese di una causa civile in tribunale, apparisce addirittura impossibile. Certamente, gli organismi direttivi cercano di sostenere secondo i loro mezzi le vittime dirette della lotta. Per esempio, a Pietrogrado, le valorose vittime della gigantesca serrata alla quale diede luogo la campagna per le otto ore, furono aiutate durante parecchie settimane. Ma tutte le misure di questo genere, nell’enorme bilancio della Rivoluzione, sono come una goccia d’acqua nel mare. Quando incomincia un vero periodo di serio sciopero generale, mettersi a fare il conto delle spese è come pretendere di vuotar l’oceano con un bicchiere. Un oceano di privazioni e di sofferenze terribili è infatti il prezzo, col quale ogni rivoluzione è compiuta dalla massa proletaria. È la soluzione che un periodo rivoluzionario porta a questa difficoltà in apparenza insolubile, consiste nel suscitare nella massa una tale somma d’idealismo, che la massa divenga insensibile alle più acute sofferenze.

Con la psicologia di un organizzato, che non consenta a scioperare il Primo Maggio se non sia prima sicuro di un sussidio fissato con precisione, in caso di licenziamento, non si può fare nè rivoluzione, nè sciopero generale.

Ma giustamente, nella tormenta rivoluzionaria, il proletario si trasforma da padre di famiglia prudente, che esige un sussidio, in un «rivoluzionario romantico», per il quale persino il bene supremo, ed a più forte ragione il benessere materiale, ha ben poco valore in confronto dello scopo ideale della lotta.

Ma se la direzione dello sciopero generale, intesa nel senso di comando iniziatore o di calcolo e di disposizione delle spese, non esiste nel periodo rivoluzionario, non è men vero che in tutt’altro senso la direzione, nello sciopero generale, spetta al socialismo ed ai suoi organi direttivi. Invece di rompersi la testa con il lato tecnico, con il meccanismo dello sciopero, il socialismo è chiamato, nel periodo rivoluzionario a prenderne la direzione politica.

Dare alla battaglia la sua parola d’ordine, la sua tendenza, regolare la tattica della lotta politica di maniera che in ogni fase ed a ogni momento si realizzi la somma di potenza di cui dispone il proletariato, e non appena espres[p. 34 modifica]sa in attività cercare che si manifesti nella posizione di battaglia del partito, procurare che la tattica del socialismo non si trovi mai, in decisione ed in precisione, al disotto del livello delle forze realmente esistenti e che al contrario sorpassi tale livello; ecco l’ufficio più importante di «direzione» nel periodo di sciopero generale.

E questa direzione si cambia da sè stessa, in una certa misura, in direzione tecnica. Una tattica del socialismo conseguente e risoluta suscita nella massa il sentimento della sicurezza, della fiducia, dell’ardore per la lotta; una tattica esitante, debole, basata sopra una svalutazione del proletariato, esercita sulla massa un’azione paralizzante e perturbatrice. Nel primo caso, gli scioperi generali scoppiano «da sè stessi» e sempre «al momento opportuno»; nel secondo caso, anche gli appelli diretti dei dirigenti rimangono senza risultato. E la Rivoluzione russa ci offre esempi eloquenti dell’uno e dell’altro caso.

V.

Ed ora si posa la quistione: in quale misura si applicano alla Germania tutti gl’insegnamenti espressi dallo sciopero generale in Russia?

Le condizioni sociali e politiche, la storia e lo stato del movimento operaio differiscono intieramente nei due paesi. E poi, le leggi interne degli scioperi in Russia possono apparire esclusivamente il prodotto di condizioni speciali. La lotta politica e la lotta economica, nella rivoluzione russa hanno un rapporto intimo; la loro unità sì rivela nel periodo dello sciopero generale. Ma non è ciò una semplice conseguenza dell’assolutismo del regime russo? In uno Stato, nel quale è proibita ogni forma di movimento operaio, ed il più semplice sciopero costituisce un delitto politico, è fatale, in nome della logica, che ogni lotta economica diventi una lotta politica.

Se, in senso inverso, la prima esplosione della rivoluzione politica ha prodotto un regolamento generale di conti della classe operaia russa con la classe padronale, ciò è semplicemente in conseguenza del fatto che l’operaio russo era sino a quel momento al più basso livello dell’esistenza e non aveva ancora, in generale, condotta alcuna lotta economica in regola per migliorare la sua situazione. Era necessraio che il proletariato russo dovesse incominciare col sottrarsi alla più miserabile condizione; v’è da stupirsi che vi si sia messo all’opera con audacia giovanile, non appena la Rivoluzione portò il suo primo soffio rinnevatore nell’aria soffocante dell’assolutismo? [p. 35 modifica]Ed infine, il tempestoso aspetto rivoluzionario dello sciopero rivoluzionario in Russia ed il suo carattere eminentemente spontaneo, elementare, si spiegano da un lato con l’arretrata situazione politica della Russia, con la necessità di abbattere anzitutto il dispotismo, e dall’altro lato, con la mancanza di organizzazione e di educazione del proletariato russo. In un paese, dove la classe operaia ha dietro a sè trent’anni di esperienza della vita politica, un partito socialista forte di tre milioni di voti ed oltre un milione di organizzati nei Sindacati, è impossibile che la lotta politica, che gli scioperi generali abbiano lo stesso carattere tempestoso ed elementare che in uno Stato semibarbaro, che soltanto adesso fa il salto dal medio-evo al regime borghese moderno. Ecco il concetto nazionale dominante in coloro, i quali vogliono misurare il grado di maturità delle condizioni economiche di un paese dalla lettera delle sue condizioni scritte.

Esaminiamo le quistioni, una ad una.

Anzitutto è inesatto assegnare all’inizio della lotta politica in Russia la data dello scoppio della rivoluzione. Gli scioperi, le lotte per i salari, erano già all’ordine del giorno fin dal 1899 nella Russia, fin dal 1889 nella Polonia russa, ed avevano finito col conquistare effettivamente diritto di cittadinanza. È vero che portavano spesso a brutali interventi polizieschi; tuttavia rientravano nella categoria dei fatti quotidiani. Fin dal 1891, ad esempio, esistevano a Varsavia ed a Lodz considerevoli casse per lo sciopero generale e l’entusiasmo per i Sindacati suscitava quelle illusioni «economiste», che qualche anno più tardi regnarono a Pietrogrado e nel resto della Russia.

V’è ugualmente parecchia esagerazione nell’idea che prima della Rivoluzione il proletariato fosse assolutamente al livello di un mendicante. La categoria operaia più attiva e più ardente nella lotta tanto economica quanto politica — la categoria cioè dei lavoratori della grande industria delle grandi città — era, per grado di esistenza materiale, appena la disotto della corrispondente categoria del proletariato tedesco ed in più di un mestiere si possono constatare salari eguali ed anche superiori talvolta a quelli della Germania.

Anche per quanto concerne le ore di lavoro, la differenza nel campo della grande industria non è considerevole.

La supposizione di un certo ilotismo nella classe operaia russa è artificiosa ed è smentita dal fatto stesso della Rivoluzione e della parte eminente avutavi dal proletariato politico. Non è con i mendienti che si fanno rivolu[p. 36 modifica]zioni di tale maturità politica e di tale chiarezza nelle idee; l’operaio industriale delle grandi città russe, che si trova all’avanguardia della battaglia è, per cultura e per valore intellettuale, più vicino all’operaio dell’Europa occidentale che non se lo figurino coloro che riguardano come sola scuola indispensabile per il proletariato il parlamentarismo borghese e la regolare azione sindacale. L’evoluzione del grande capitalismo moderno in Russia e l’influenza del socialismo, che data da più di quindici anni, ed incoraggiava e dirigeva la lotta di classe, hanno, del rimanente, compiuto una buona dose di lavoro civilizzatore, anche senza le garanzie esteriori dell’ordine legale borghese.

Il contrasto diminuisce ancora, quando noi guardiamo un po’ più profondamente al livello reale dell’esistenza della classe operaia in Germania.

I grandi scioperi generali politici hanno scosso in Russia fin dal primo momento i più larghi strati del proletariato e li hanno lanciati in una febbrile lotta economica. Ma non vi sono, in Germania, nell’esistenza della classe operaia, angoli tutt’affatto oscuri, ove la riscaldante luce dei sindacati non è giunta che ben debolmente? Non vi sono categorie intiere, e ben grandi, che fin qui non cercano o cercano invano con lotte quotidiane per i salari, di rialzarsi dall’ilotismo sociale?

Prendiamo gli operai minatori. Già, nella fredda atmosfera della monotonia parlamentare in Germania — come, del resto, negli altri paesi, compreso l’Eldorado dei sindacati: l’Inghilterra — la lotta dei minatori per i salari non si manifesta altro che di quando in quando con forti esplosioni, con scioperi aventi il carattere di forze elementari. Ciò indica appunto che l’opposizione fra capitale e lavoro è qui troppo acuta per lasciarsi sminuzzare sotto forma di lotte sindacali parziali, calme e metodiche. Ma questa miseria operaia, che già, nei tempi normali, costituisce un centro tempestoso di una grande violenza, dovrebbe inevitabilmente in ogni azione politica un po’ considerevole della classe operaia e ad ogni spinta un po’ forte contro l’equilibrio temporaneo del «giorno per giorno» sociale scaricarsi subito in una potente lotta sociale ed economica.

Prendiamo adesso la miseria degli operai tessili. Anche qui, l’esasperate esplosioni della lotta per i salari, quasi sempre senza risultato, che si ripercuotono attraverso il paese ogni due o tre anni, dànno una debole idea della veemenza, con la quale la grande massa agglomerata degl’iloti del capitale tessile balzerebbe al momento di un [p. 37 modifica]crollo politico, al momento di un’azione di massa, torte ed ardita, del proletariato tedesco.

Prendiamo poi la miseria dei lavoratori a domicilio, degli operai della confezione, degli operai dell’elettricità, vere fonti d’uragani, nei quali ad ogni scossa politica della Germania scoppierebbero violente lotte economiche, tanto più sicuramente, in quanto il proletariato, mentre meno spesso attacca battaglia in tempi calmi, più ardente vi accorre in un periodo rivoluzionario.

Ma ecco adesso grandi categorie del proletariato, le quali in generale nel corso «normale» delle cose in Germania sono intieramente escluse da ogni possibilità di condurre pacificamente una lotta economica per migliorare la loro situazione e di fare uso del diritto di coalizione. Noi citeremo anzitutto la miseria impressionante degl’impiegati delle ferrovie e delle poste. Questi operai dello Stato, in pieno paese di diritto parlamentare, in Germania, sono nelle condizioni russe. — russe, si noti bene, quali esistevano prima della rivoluzione quando l’assolutismo ‘regnava senza alcun disturbo. — Fin dal grande sciopero dell’ottobre 1905, il ferroviere russo, in una Russia ancora formalmente assolutista, era, dal punto di vista della sua libertà di movimento economico e sociale, a cento metri al disopra del ferroviere tedesco.

In Russia i ferrovieri hanno conquistato infatti il diritto di coalizione e ciò durante la tempesta, e per quanto piovano processi su processi e licenziamenti su licenziamenti, niente può strappare loro tale diritto. Tuttavia, sarebbe un calcolo psicologico intieramente falso quello. di ammettere, con la reazione di Germania, che l’obbedienza cadaverica dei ferrovieri e dei postelegrafici tedeschi debba durare eternamente come una rocca che niente possa abbattere. È vero: i capi sindacalisti in Germania si sono tanto abituati alle condizioni esistenti, che senza turbarsi per questa vergogna senza esempio in Europa, possono contemplare con una certa soddisfazione i progressi della lotta sindacale nel loro paese; ma la collera nascosta, lungamente accumulata nel cuore degli schiavi in uniforme di Stato cercherà inevitabilmente, in un sollevamento generale degli operai industriali, a sfogarsi. E quando l’avanguardia del proletariato industriale vorrà, negli scioperi generali, impadronirsi dei diritti politici più larghi o difendere quelli già acquisiti, il grande esercito dei ferrovieri e dei postelegrafici sentirà necessariamente la sua onta particolare e finirà una buona volta per liberarsi di quel pezzo di assolutismo russo, che gli è riservato in Germania. [p. 38 modifica]Il concetto pedantesco che vuole eseguire i movimenti popolari secondo un dato modello ed una data prescrizione, crede di vedere nella conquista del diritto di coalizione per i ferrovieri la condizione pregiudiziale necessaria perchè «si possa pensare» soltanto, ad uno sciopero generale in Germania. Il cammino reale e naturale degli avvenimenti non può essere che quello inverso; soltanto da una forte azione spontanea della massa può nascere il diritto di coalizione per i ferrovieri e per gl’impiegati postali in Germania.

Ed il problema, insolubile nelle attuali condizioni tedesche, avrà di un colpo, sotto l’impressione e l’impulso di un’azione politica generale di massa, la sua possibilità e la sua soluzione.

Ed infine, la più grande e la più importante delle miserie: quella degli operai agricoli.

Se i sindacati inglesi sono fatti su misura, ad uso esclusivo degli operai industriali, ciò è un fenomeno assai comprensibile, dato il carattere specifico dell’organizzazione nazionale, data la parte infima che ha l’agricoltura nell’insieme della vita economica in Inghilterra.

In Germania, un’organizzazione sindacale, per quanto brillantemente costituita, che comprenda soltanto gli operai industriali e sia inaccessibile al grande esercito degli operai agricoli, darà sempre una debole imagine parziale della condizione del proletariato nel suo insieme. Sarebbe d’altronde una illusione fatale il credere che le condizioni nelle campagne siano immutabili ed immobili; che l’infaticabile opera di educazione compiuta dal socialismo ed ancor più tutta la politica interna di classe non minino costantemente la passività esteriore dell’operaio agricolo e che in una azione generale di classe, iniziata dal proletariato agricolo non si metterebbe anch’esso nel movimento. Ora, naturalmente, ciò non può manifestarsi in principio che in una tempestosa lotta economica generale, in potenti scioperi generali degli operai agricoli.

VI.

Il quadro così della pretesa superiorità economica del proletariato tedesco sul proletariato russo si modifica in modo notevole, se dalla lista delle professioni industriali sindacalmente organizzate noi volgiamo gli occhi verso quei grandi gruppi di proletari, che sono assolutamente fuori della lotta sindacale o la cui situazione economica speciale non può entrare a forza nel quadro stretto della piccola guerra sindacale di ogni giorno. Noi vediamo al[p. 39 modifica]lora, l’uno dopo l’altro, grandi strati sociali, ove l’asprezza delle opposizioni di classe è giunta al punto estremo, ove si è accumulata la materia infiammabile, ove s’incontra tanto «assolutismo russo» sotto la sua forma più rude, e dove, dal punto di vista economico, sono ancora da cercare i più elementari regolamenti di conti con il capitale.

Tutti questi vecchi conti, in una azione politica generale del proletariato, sarebbero inevitabilmente presentati al sistema dominante. Una dimostrazione effimera del proletariato, uno sciopero in massa eseguito semplicemente per disciplina, sotto la guida di un Comitato direttivo, lascerebbe certamente indifferenti larghi strati popolari. Ma un’azione reale di lotta del proletariato industriale, nata da una situazione rivoluzionaria, vigorosa e senza riserve, influirebbe sugli strati più profondi e precisamente su tutti quelli che in tempi tranquilli e normali si tengono lontani dalla lotta sindacale quotidiana, mentre sarebbero trascinati in una violenta lotta economica generale.

Ma anche se ritorniamo alle truppe organizzate all’avanguardia del proletariato industriale in Germania, e teniamo presente quali scopi abbia la lotta economica oggi condotta dalla classe operaia russa, noi non troviamo che i più vecchi Sindacati della Germania abbiano di che riguardarli dall’alto in basso.

La rivendicazione più importante degli scioperi russi, la giornata di otto ore, non è davvero per il proletariato tedesco una quistione sorpassata, ma piuttosto un lontano ideale. Si può dire altrettanto della lotta contro il «Comando io» padronale, della lotta per l’introduzione dei Comitati operai nelle fabbriche, per l’abolizione del lavoro a cottimo, del lavoro a domicilio, per l’applicazione completa del riposo domenicale, per il riconoscimento del diritto di coalizione.

Ma che cosa dico? Guardando bene addentro, tutti gli scopi della lotta economica condotta dal proletariato russo sono di una vera attualità per il proletariato tedesco e concernono i veri lati dolorosi dell’esistenza operaia.

Ne risulta anzitutto che lo sciopero generale puramente politico che principalmente è preso per tema, non è per la Germania, come per altri paesi, che uno schema teorico senza vita. Se gli scioperi generali risultano naturalmente da un grande fermento rivoluzionario, come una risoluta lotta politica della classe operaia delle città, essi si trasformeranno, altrettanto naturalmente, in un periodo di lotte economiche elementari. I timori così dei capi sindacali che in un periodo di tempestose lotte politiche, in un periodo [p. 40 modifica]di sciopero generale, la battaglia per gl’interessi economici possa essere messa da parte e immobilizzata, questi timori nascono da un concetto tutt’affatto scolastico dell’andamento delle cose ed è un concetto campato in aria. Al contrario, un periodo rivoluzionario cambierebbe in Germania come altrove il carattere della lotta sindacale e la intensificherebbe a punto tale, che la guerra di guerriglie condotta oggi dai sindacati apparirebbe in confronto un giuoco da ragazzi. E d’altra parte nella tempesta economica dello sciopero generale, la lotta politica, per suo conto, attingerebbe senza tregua nuovi impulsi e forze nuove. L’azione reciproca tra le forze politiche ed economiche, che rappresenta il meccanismo interno regolatore dell’azione rivoluzionaria del proletariato, avverrebbe da sè stessa, naturalmente, per forza di cose, anche in Germania.