Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo XXI

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CAPO XXI.

Osservazioni sulle cagioni, che hanno prodotti gli avvenimenti narrati ne’ precedenti Capi, e sugli effetti che ne derivarono.

La prima invasione, di cui abbiam favellato, fu quella di Ezelino da Romano, che fu più funesta d’ogni altra pei danni e guasti gravissimi, che l’accompagnarono, e che non da altra cagion fu prodotta che [p. 212 modifica]dalla smisurata ambizione e ferocia di quel famoso tiranno, il quale tante altre terre e città aveva invase egualmente ed occupate.

La seconda invasione fu quella di Mastino dalla Scala avvenuta l’anno 1265, nella quale un fiero saccheggio soffrì la città di Trento, ed anche questa invasione non ad altra cagione dee attribuirsi che al desiderio ed alla brama di Mastino d’ingrandire la repubblica o città di Verona, di cui egli era capo, e di estendere e dilatare il suo dominio.

Lo stesso è da dirsi delle iterate invasioni fatte nei seguenti tempi da Mainardo Conte del Tirolo tratto pur egli dalla cupidità di dilatare i confini del suo paese coll’occupazione dell’altrui; se non che un’altra cagione ancora potè aver mosso il Conte Mainardo alle ostilità ed alle guerre contro il Vescovato di Trento. Già nel precedente secolo era invalsa in Italia ed altrove, ed erasi propagata e diffusa una nuova opinione o dottrina, secondo la quale le funzioni degli Ecclesiastici essendo puramente spirituali, nessuna autorità e nessun temporale dominio dovevano essi avere, nè alcun atto esercitare di sovranità sopra i popoli, ma ad esempio de’ Vescovi della primitiva Chiesa attendere unicamente ai doveri del sacro loro ministero. Questa opinione fu forse quella ancora, che spinse i Conti di Castelbarco, ed altri vassalli alle ostilità e rivolte contro i loro Signori i Vescovi di Trento. Le invasioni del Conte [p. 213 modifica]Mainardo dovettero essere oltremodo funeste ai popoli, perchè il Vescovo Enrico forte resistenza gli oppose, e lunghe ed ostinate guerre sostenne contro di lui, come abbiam veduto nel Capo quarto, dalle quali venivano incendj, devastazioni, e stragi, e rovine d’ogni genere secondo il barbaro uso di guerreggiar in quei tempi. I figli del Conte Mainardo restituirono poscia almeno in parte i paesi e le terre, che essi ed il loro padre avevano occupate, e la cagione di questa restituzione fu il fulmine della scomunica pontificia, ch’era stata contro di loro lanciata, allorchè fatta non avessero la restituzione delle terre occupate. Oggidì quest’arma spirituale più non si adopera per la conservazione o difesa di diritti o di temporali dominj nè senza ragione di essa fu detto, che oggimai

» ........................ Brando inutil giace
» Spuntato in guerra, e rugginoso in pace;

ma in quell’età la scomunica, se era talvolta poco temuta da principio e disprezzata, veniva poi col tempo, giusta o non giusta che si fosse, ad incutere nell’animo di chi n’era stato colpito quel timore, ed a produrre quell’effetto, a cui era diretta. Questa fu pure l’arma, con cui il Vescovo Enrico ridusse alla sua ubbidienza i Conti di Castelbarco, i quali ne chiesero, come abbiam veduto, umilmente l’assoluzione.

Dopo la restituzione fatta dai Mainardi venne l’invasione di Lodovico Bavaro [p. 214 modifica]Marchese di Brandemburgo, della quale furono principalmente cagione le cessioni o rinunzie fatte ai Conti del Tirolo dai Vescovi Egnone ed Enrico. Lodovico fece poscia l’anno 1359 la restituzione della città di Trento e delle terre e castella, che aveva occupate, ed anche di questa restituzione fu cagion la scomunica, che il Pontefice aveva contro di lui fulminata, come apparisce dal documento, che abbiamo addotto nel Capo sesto.

Le posteriori occupazioni fatte dai Serenissimi Arciduchi d’Austria furono egualmente prodotte dal diritto, ch’essi pretendevano essere stato dai Conti del Tirolo loro antecessori legittimamente acquistato alla sovranità del Trentino in virtù delle cessioni o rinunzie più sopra accennate dei Vescovi Egnone ed Enrico. Queste cessioni o rinunzie essi pretendevano, che legittime fossero e valide, e noi abbiam veduto, che la sentenza pronunziata in Concilio Imperii l’anno 1576 in favore de’ Vescovi di Trento fu ristretta unicamente al possessorio, e fu riservata ad una più ampia e matura discussione la decision della causa nel petitorio. Questa questione rimase sempre indecisa; perchè l’augustissima Casa d’Austria contenta dei diritti, che le furono aggiudicati in virtù delle convenzioni seguite poscia coi Vescovi Giorgio de Hach e Giovanni Hinderbach, le quali colla detta sentenza della Dieta de’ Principi dell’Impero riconosciute furono e dichiarate legittime e [p. 215 modifica]valide, contenta, dico, di tali diritti lasciò sempre in tutto il resto i Vescovi Principi di Trento nel libero possesso ed esercizio della sovranità nel loro Principato.

L’occupazione, che fece del Vescovato di Trento il Marchese Lodovico di Brandemburgo, e le posteriori occupazioni, che fecero dappoi i Serenissimi Arciduchi d’Austria Conti del Tirolo, avvennero sempre senza alcuno spargimento di sangue, e senza alcuno di quei mali e disastri, che seco portan le guerre; perchè niuna resistenza loro opposero i Principi Vescovi, nè forze bastanti avevano per opporvisi. Queste occupazioni dunque niun danno e niun male apportarono a’ popoli del Vescovato di Trento, i quali lor condizione punto non peggiorarono nel governo de’ nuovi sovrani; poichè questi entrando nel Trentino non come in paese nemico ma come in paese di loro dominio, e riguardandosi come signori e sovrani del Vescovato di Trento dovevano naturalmente far godere ai loro sudditi trentini lo stesso moderato governo, di cui godevano gli altri loro sudditi tirolesi.

Fin qui abbiam detto delle guerre e delle invasioni esterne. Quanto alle sedizioni o alle sommosse interne, la prima che scoppiò, fu quella della Naunia l’anno 1407 contro il Vescovo Giorgio de Liechtenstein. Questa fu cagionata dalle ingiustizie ed estorsioni dei tre suoi ufficiali o ministri, ch’egli aveva preposti al governo di quel paese. I Nauni [p. 216 modifica]dopo aver prese le armi scacciarono e bandirono perpetuamente i tre ministri, spogliarono e saccheggiarono le loro case, e confiscarono tutti i loro beni. Essi smantellarono inoltre ed abbruciarono i tre Castelli di S. Ippolito, di Tueno, e d’Altaguarda spettanti al Principe Vescovo. Questa insurrezione ebbe il più fortunato successo per gl’insorgenti; perchè il Vescovo Giorgio con solenne documento celebrato poco dopo in Bolgiano approvò e confermò tutto quello ch’essi avevan fatto, e loro accordò pure tutte le altre loro dimande perchè ragionevoli e giuste; il che fatto la Naunia ritornò alla di lui obbedienza non desiderando già essa allora di sottrarsi allà dominazione del Principe Vescovo, ma di godere solamente d’un giusto e moderato governo.

Ben diversa fu l’origine della insurrezione, che contro lo stesso Vescovo Giorgio avvenne in Trento sul finire dello stesso anno 1407 per opera del Bellenzani. La cagione di questa fu il desiderio o la brama di scuotere interamente il giogo o la dominazione de’ Principi Vescovi, e di stabilire un governo popolare e libero in Trento. Il Bellenzani per allettare e sedurre il popolo andava encomiando altamente la dottrina, di cui sopra abbiam detto, cioè che le funzioni de’ Vescovi dovevano esser quelle soltanto, che riguardavano la religione ed il regime spirituale, ma non mai di esercitare alcuna sovranità [p. 217 modifica]sopra i popoli, nè di possedere alcun temporale dominio. Questa opinione o dottrina era pure stata quella, che aveva prima spinti non solo i baroni ma anche il popolo di Roma a tentare di scuotere il giogo de’ Sommi Pontefici, i quali per questo spirito di libertà e d’indipendenza, che fieramente allora regnava in Roma, si vider costretti a partirsene, ed a trasportare la loro sede in Avignone. La sedizione o sollevazione di Trento, alla quale niuna parte presero i popoli del Principato, fu ben presto sedata; il Bellenzani ebbe tagliata la testa, e l’esito o il frutto di questa sollevazione si fu, che l’Arciduca Federico d’Austria occupò colle sue armi la città e tutto il Vescovato di Trento con dire, ch’egli solo n’era il legittimo signore. Questa occupazione cessò poscia dopo alcuni anni nella maniera e per le cagioni, che abbiamo altrove narrate.

La sollevazione, che insorse contro il Principe Alessandro di Mazovia, mentre egli trovavasi al Concilio di Basilea, e così anche quella, che scoppiò contro il Vescovo Giorgio de Hach, alle quali pure non ebbero alcuna parte i popoli del Principato, e che nate erano nella sola città di Trento, furono di breve durata, e soffocate furono nel loro nascere. La cagione di queste sollevazioni sembra non ad altro doversi attribuire che all’amore di libertà e d’indipendenza, che veniva sovente a riaccendersi nell’animo de’ cittadini, e dalla speranza di maggior felicità in un popolare governo.

[p. 218 modifica]Dalla stessa cagione, cioè dall’amore e desiderio di libertà derivò ancora l’insurrezione scoppiata nella Naunia l’anno 1468 contro il Vescovo Principe Giovanni Hinderbach, della quale abbiamo parlato nella prima parte di queste Memorie pag. 104. Il popolo della Naunia venne traviato e sedotto da alcuni capi, che lo animavano alla rivolta coll’esempio del Cantone di Schivitz nella Svizzera, il quale aveva conquistata colle armi la sua libertà. Questa insurrezione durò e si mantenne per alcun tempo; ma fu in fine repressa, e gli autori della medesima furono severamente puniti.

Abbiamo veduto a suo luogo, quale sia stata la cagione o l’origine della famosa guerra rustica nata l’anno 1525 nella Svevia, e dilatatasi poi nel Tirolo e nel Trentino, guerra che ebbe un funesto esito pei sollevati, i quali repressa la sedizione condannati furono a gravissime pene corporali, ed alcuni de’ loro capi alla pena pur della morte. Dopo quest’epoca non si udì più alcuna sollevazione nè nella città, nè in alcun’altra parte del Principato di Trento, ed i popoli ammaestrati dall’esperienza del passato e dall’infelice fine, che aver sogliono le sollevazioni, non si lasciarono più sedurre dalle vane idee di libertà e di popolare governo, ma rimasero sempre e dappoi costantemente ubbidienti e fedeli ai loro Principi Vescovi.

Passiamo ora a dar un’occhiata al vario [p. 219 modifica]stato del nostro paese ne’ diversi periodi di tempo, che abbiamo trascorsi, cominciando dal secolo undecimo fino al secol presente.