Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua/L'autore a chi legge

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L'autore a chi legge

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Lettera dedicatoria Decennale I del secolo I dal 1260 al 1270

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L' AUTORE CHI LEGGE


Prima che vi mettiate, amico Lettore, a vedere e considerare le notizie de’ Professori del Disegno da Cimabue in qua, da me raccolte al meglio che ho potuto e saputo, parmi molto conveniente di conferirvi alcune particolarità assai rilevanti, acciocché bene informato di me e della mia professione, e de’ principe, per non dire occasione, onde son nate queste mie fatiche, e del fine, ovvero intenzione prescrittami in compilar questa mia operetta, qualunque ella si sia, possiate poi con occhio più benigno rimirarla e compatire in essa tutto ciò che forse non v’aggradisse a pieno. Sappiate dunque, che io non son professore di questa lodevolissima e nobilissima arte del Disegno; come quello, che nel corso di mia vita mi sono, come è notissimo nella mia patria e fuori ancora, sempre esercitato in altra professione onorevolissima sì, e confacente alla mia civiltà, ma lontanissima dal disegno. Ne meno mi posso arrogare il nome di dilettante1 della medesima arte del disegno per i [p. 10 modifica] quisili2 che si ricercano in chi meritamente dee essere riputato fra 'l numero de’ dilettanti; i quali requisiti (come in altra scrittura a buon proposito ho fatto palese) in me non so ravvisare per nessun patto. Non posso negare però, che secondo l’ottima educazione procuratami da’ miei maggiori, io non abbia fin dalla puerizia atteso, per mia mera ricreazione e passatempo, non tanto al disegno, ed alla pittura, quanto al pigliar cognizione di pitture e disegni de’ maestri, e particolarmente degli antichi, che furon da Cimabue in poi, in questa nostra patria, e fuori. Questa, per dir così, infarinatura mia intorno a tali facoltà fu cagione agli anni passati, che la gloriosa memoria del serenissimo principe cardinale Leopoldo di Toscana (il quale amò e favorì quest’arti al segno ch’è noto ) si valesse della debole opera mia e del mio, benché tenue, talento3; imperocché sendomi convenuto per lo spazio di undici anni trovarmi spesso con Sua Altezza Reverendissima per negozi di mia professione, comandatimi dalla Serenissima Casa, ed altri, egli con tale occasione si degnò di ammettermi alle consulte ch’e’ faceva sopra i disegni, e pitture, e simili altre cose appartenenti a tal suo virtuoso divertimento.

Avvenne poi, che trovandosi egli d’aver già ragunate molte migliaia d’essi disegni di mano de’ più celebri maestri del mondo, mi fece l’onore di volere intendere il mio parere circa la disposizione e ordinazione de’ medesimi, il quale fu, che allora sarieno stati ottimamente a mio giudizio divisati, quando si [p. 11 modifica] fussero disposti in libri con ordine cronologico, incominciando dal primo ristauratore della pittura Cimabue , seguitando con Giotto suo discepolo, e proseguendo co’ loro allievi, fino ad arrivare ai viventi: perchè pareva a me, che questi così fatti libri, ordinati per la successione de’ tempi, fussero per avere un non so che della storia; mentre senza lettura, ma con la sola vista si sarebbon potuti riconoscere non solo i progressi di quest’Arte, ma quello che è più, col testimonio indubitato della propria mano di ciascheduno degli artefici, si sarebbe potuto venire in cognizione, per mezzo di chi ella avesse tal miglioramento ricevuto. Degnossi quell’Altezza di molto gradire tale mio pensiero, e per segno di ciò fin da quel tempo, che son molti anni già passati, mi commesse il dar principio all’ordinazione dell’opera, la quale era assai incamminata, quando piacque al Signore Iddio, che quel degnissimo principe andasse a godere il frutto di sue buone operazioni in cielo, e che rimanesse al serenissimo Gran Duca Cosimo III nostro signore regnante, la volontà di darle compimento, ed a me, per grazia dello stesso Serenissimo, l’ordine di continuarne la direzione fino alla fine, come è per divino aiuto felicemente successo: poiché ora quella così insigne e copiosa ragunanza di disegni si ritrova nel palazzo serenissimo in numero di sopra cento gran libri secondo la successione degli Artefici, cronologicamente disposta, e scompartita. Ora ognun vede, che un simile assunto presupponeva per necessità un’intera cognizione di tutto quell’ordine: onde fin d’allora, che per comandamento di Sua Altezza Reverendissima, dovei mandare ad effetto il sopraccennato mio pensiero, mi posi a [p. 12 modifica] rinforzare i miei studi in simili materie, seguitando per più anni; e mentre stavo operando, venni in evidente cognizione, anzi toccai con mano, esser tanto vera la massima avuta sempre io per indubitata, e da niuno de buoni autori antichi controversa, che queste arti sono state restaurate da Cimabue, e poi da Giotto, e da’ discepoli di costoro tasportate per tutto il mondo, che mi venne in concetto potersene fare una chiara dimostrazione, mediante un albero, nel quale si vedesse apertamente, da’ primi fino a’ viventi, il come ciò fusse seguito: e comunicata con opportuno profitto questa mia fantasia a Sua Altezza Reverendissima, non solo si degnò di approvarla nella mia persona, incaricandomene l’esecuzione; ma restò servita ancora di sollecitarmi molto alla terminazione, e da per se, e per mezzo de’ primi letterati della città e di sua corte. Io allora cattivai l’intelletto4 a creder di me ciò che non avrei creduto, e fatto animoso da’ comandamenti d’ un tanto principe mi messi all’impresa, e la condussi a segno presso che ragionevole, procurando di cavare da varie città d’Italia, e fuori, assai libri in diversi idiomi, e notizie , e queste poi confrontare con tutto ciò che stimai necessario; e con far talvolta copiare in disegno, con gran dispendio, l’opere di diversi maestri in città lontane, quando credetti ciò abbisognare al ritrovamento del vero.

E perchè nell’albero predetto si poteva ben dimostrar questa verità, ma non già far vedere i motivi, le ragioni, i fondamenti del dimostrato, non lo comportando la brevità con la quale ivi si dee [p. 13 modifica] procedere: perciò volli che a questo ancora andasse congiunto un Indice Cronologico che additasse i luoghi che nell’albero medesimo essi maestri tenessero, e insieme desse di lor persona, maniere, tempi, opere, e principali accidenti e bizzarrie succintamente notizia.

E perchè il dire insegna fare, e aggiugne cognizione a cognizione, mi son veduto in operando crescer fra mano la mole di questa mia fatica assai più di quello che mi ero da principio figurato; perchè avendo io messa la mira intanto a compendiare ciò che fu scritto da diversi autori, son venuto in cognizione del molto che rimane da scriversi tanto nell’ antico che nel moderno; ma quel che più importa, m’è bisognato nel molto che fu scritto ridurre a verità, con la scorta di fedelissimi manoscritti pubblici e privati di questa notra patria, e d’autori maggiori d’ogni eccezione, molti errori di tempi e fatti riconosciuti nelle opere loro; e in questa guisa la mia fatica d’un indice, è diventata un’opera, e d’una cronologia una cronica, o per me’dire, una voluminosa raccolta delle notizie de’Professori del disegno. Se poi in essa raccolta troverà chi che sia fatta menzione da me di certi maestri, a suo giudizio, di poco nome, sappiasi ch’io ho fatto ciò per molti giusti motivi, nati da quel primario principio, ch’è fondamento, e fine del buono istorico, cioè dell’utilità non tanto di coloro che vivono ne’ suoi tempi, quanto ancora di quei che viveranno fino alla fine del mondo. M’ha insegnato pertanto una lunga pratica di negozi, che una verità conosciuta e saputa, siasi pure di qualsivoglia tenuissimo momento, può all’occasione molto giovare: di qui nasce primieramente uno de’ molivi [p. 14 modifica] del non tralasciare alcun professore benché non molto rinomato; perchè io non posso indovinare a quanti sia per apportar giovamento il sapere che in tali tempi, persona di tal nome e famiglia, sotto tal maestro, abbia, benché non del tutto eccellentemente, esercitata tal professione onorevolissima. Secondariamente, perchè stimo gloria de’ maestri l’aver avuto molti discepoli, benché non tutti sien giunti all’ultima perfezione; inoltre perchè bene spesso da tali soggetti sono usciti grandi uomini; e come che io abbia fatta questa fatica per lo fine d’incominciare, e continuare fino ai miei tempi una serie d’artefici di sì nobili professioni, da’ primi restauratori, da potersi produrre fino a che durerà il mondo, così mi è stato necessario il far menzione di loro, almeno in quanto servono per attacco a continuare detta serie. E finalmente, perchè non essendo mia parte il distinguere la perfezione dell’uno dall’altro maestro per il fine di sottrarne la memoria, e sapendo che molti maestri anche non eccellenti, talvolta hanno fatte cose degne di lode, ho voluto piuttosto non mancare nell’onorargli fra gli altri, che opprimere, e seppellire la loro memoria ingiustamente. E benché molti io abbia lodato, molti per lo contrario biasimato, e di molti altri niente detto in lode o biasimo, non vorrei che alcuno si desse ad intendere aver io avuto per iscopo il qualificare gli uomini per tali e tali; perchè ad ogn’altro oggetto che a questo ho avuto la mira (come leggendo si potrà ognuno soddisfare) ma quanto a quel ch’ho detto, sappiasi che siccome io nel biasimare o lodare niente mi son fidato del mio proprio cervello o parere, ma valsomi del detto di buonissimi autori e professori dell’arte, così di coloro, de’ quali ninna [p. 15 modifica] cognizione ho avuta da questi, o da quegli, non ho in questa parte voluto dir cosa alcuna. Ma per tornare, come si dice, un passo addietro, sendo la mole di queste mie fatiche, come poc’anzi dicevo, cresciutami fra mano al segno maggiore, presi risoluzione di disporre e ordinar questa mia operetta con la serie de’ decennali de’ secoli scorsi da Cimabue in qua, i quali cominciando dal primo decennio del primo secolo, dal 1260 al 1270, cioè dal tempo, che incominciò a fiorire Cimabue, il qual era nato nel 1240, e seguitando fino al 1280, vengono ad essere appunto 42 decennali.

E perchè per una parte, quanto più vo operando, tanto più riconosco l’opera per vastissima, trovandosi tuttavia materia di che parlare, e massimamente nell’antico, la quale non è così facile, dopo che si sieno avuti i primi albori delle notizie, ridurre a chiarezza col testimonio dell’antiche scritture e con altri riscontri, che fan di mestieri per istabilire il vero: e per l’altra parte poi, io vo molto capace di ciò che mi persuadon gli amici, cioè, ch’e’ non sia convenevole, che le cose già ridotte a qualche perfezione, e con esse l’opera tutta se ne stia nascosa, fino a che io non abbia data l’ultima mano a tutta la materia, ho stimato bene attenermi al parere de’ più saggi, di pubblicare ciò ch’è ora all’ordine in ciaschedun decennale diviso in alquanti tomi o volumi.

Così ne seguirà primieramente potersi dare un saggio universale di tutta l’opera insieme, senza pericolo d’accavalcare i tempi per quello che all’ordine cronologico appartiene. Di più ne risulta il poter lasciare indietro in qualsivoglia decennale molti artefici, de’ quali si ha cognizione, tanto nell’aulico [p. 16 modifica]che5 nel moderno e non se ne può per adesso dir se non poco, per far poi di essi menzione (se piacerà al Signore concederne vita) con mio maggior soddisfacimento. E questi tralasciati, pur coli’ordine de’ decennali si daranno fuori a suo tempo sotto nome di seconda parte, o di libro secondo, con intenzione quando faccia mestiero passare al terzo e quarto etc. attribuendo allora alla materia che si pubblicherà di presente la prerogativa di prima parte e di libro primo. Ancor farà ciò un altro buon effetto, il quale è di lasciar modo e luogo al proseguimento ed accrescimento (ed anche in bisogn ) alla correzione di tutta l’opera, se mai per alcun tempo volesse ciò fare chi fusse più intendente, e meglio informato di me (che è quello che io desidero) senza variar l'ordine de’ decennali, eziandio ch’e’si volesse ripigliar da capo; perchè la combinazione delle parti de’ libri aggiusterà il tutto.

Nè per questo si viene a togliere il modo di mostrar per via d’albero la derivazione de’ soggetti dai loro maestri, e dal primo stipite Cimabue; perchè in ogni tomo o volume sarà una particella d’albero, che dimostrerà la sua connessione, o col primo stipite, o con altri da quello derivati, di modo tale che chi vorrà, potrà sempre appiccare alla prima particella d’albero posta in questo tomo o volume, l’altre che si daranno fuori in ciaschedun altro tomo o volume; e potrà ancora sempre che voglia, far l’albero intiero, fino agli ultimi, de’ quali gli sarà da me data notizia, quando anche fussero sino a quei che vivono al presente: perchè poi (se il Signore Iddio [p. 17 modifica]

ne darà vita e forze) quando mi sia sodisfatto sopra tutta l’opera, e forse prima, è mio pensiero di dar fuori l'albero universale ch’io tengo appresso di me, contenente tutti gli artefici insieme (de’ quali ho notizia fin qui in numero di duemila in circa) derivati dai loro maestri fino a molti di coloro, che al presente vivono, o sono pochi anni addietro morti. Rimane per ultimo, o mio Lettore, ch’io vi confessi ingenuamente, che siccome io sempre ben conobbi fin dove potesse estendersi la mia poca letteratura, così nel deliberar ch’io feci di esporre queste mie debolezze al cimento delle stampe, fui preso da gran timore; e voglia la verità, se non fosse stato il desiderio di rendere ossequio d’ubbidienza alla sempre a me giocondissima memoria del poc’anzi nominato sereniss. card. Leopoldo, stimolato anche a ciò fare da molti nobilissimi ed eruditissimi ingegni di mia patria e fuori, fra’ quali fa numero molto grande il singolarissimo Antonio Magliabechi, della cui fama ormai è pieno il mondo, non so s’io mi fussi giammai accinto all’impresa. Or mentre io portato da così giusti motivi, e senz’alcuna stima di me stesso, ho procurato di porre ad effetto tale deliberazione, mi prometto che dalla vostra bontà e discretezza sarà ella approvata, e che saranno altresì con occhio pietoso riguardate le mie mancanze, e vivete felice. [p. 19 modifica]

INDICE

DE' QUATTRO PRIMI DECENNALI.


Decennale I del Secolo I dal 1260 al 1270.
1. Proemio, e Cimabue con Margaritone , e l'Apologia.
2. Andrea Tafi.
3. Arnolfo di Lapo.
Decennale II del Secolo I dal 1270 al 1280.
1. Gaddo Gaddi.
2. Fra Jacopo da Turrita.
Decennale III del Secolo I dal 1280 al 1290.
1. Giovanni Pisano.
2. Ugolino Sanese.
3. Marino Boccanera.
Decennale IV del Secolo I dal 1290 al i300.
1. Giotto.
2. Oderigi d'Agobbio.
3. Nozzo di Perino detto Calandrino.
4. Agostino, e Agnolo Sanesi.
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  1. Dilettante è voce moderna. Gli antichi dicevano amatore
  2. Ossia, meriti.
  3. Talento per ingegno non è da usare, chi voglia scrivere correitaiuente.
  4. Modo niente naturale.
  5. Al tanto corrisponde il quanto.