Oreste (Alfieri, 1946)/Atto terzo
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ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Clitennestra, Elettra.
ir voglio, sí, d’Egisto in traccia...
Elet. Oh madre!
giá ti martíra il non tornar d’Egisto?
Or temi tu, che all’are innanzi l’abbia
incenerito il fulmine del cielo?
Nol temer, no; che il ciel finora arride
agli empj quí.
Cliten. Taci d’Egisto...
Elet. È vero;
il sol nomarlo ad ogni lingua è macchia.
Oh! sei tu quella, che volea pur dianzi
porger meco di furto al sacro avello
lagrime, e voti?
Cliten. Cessa; andarne io voglio...
Elet. Ad incontrar colui, che dal tuo stesso
labro piú volte udia nomar stromento
d’ogni tuo danno?
Cliten. È ver: con lui felice
non sono io mai: ma né senz’esso il sono.
Lasciami.
Elet. Almen,... soffri...
Elet. Me lassa!...
che fia, se incontra or pria d’Egisto il figlio?
SCENA SECONDA
Clitennestra.
SCENA TERZA
Clitennestra, Oreste e Pilade in disparte.
mai non giunge costui?
Pilade Dove t’inoltri?
Cliten. Amo Egisto, pur troppo!...
Oreste Egisto? Oh voce!
chi veggio? è dessa: io la rimembro ancora.
Pilade Vieni; che fai? t’arrétra.
Cliten. Agli occhi miei
chi si appresenta? Oh! chi se’ tu?
Pilade Deh! scusa
il nostro ardir; stranieri noi, tropp’oltre
veniamo or forse: al non saper lo ascrivi,
ad altro no.
Cliten. Chi siete?
Oreste In Argo...
Pilade Nati
non siamo...
Oreste E non d’Egisto...
Pilade Al re ci manda
di Focida il signor...
Oreste Se quí re...
Pilade Quindi,
di lui cercando, inoltreremo.
Cliten. In Argo
qual vi guida cagione?
Oreste Alta.
Pilade Narrarla
dobbiamo al re.
Cliten. Del pari a me narrarla
potrete; or sta fuor della reggia Egisto.
Pilade Ma torneravvi...
Oreste Spero.
Cliten. Intanto, il tutto
a me si esponga.
Oreste Io tel vo’ dir...
Pilade Se pure
tu ce l’imponi; ma...
Cliten. Sul trono io seggo
d’Egisto al fianco.
Oreste E il sa ciascun, che degna
tu sei di lui.
Pilade Sarebbe a te men grata,
che ad Egisto, la nuova.
Cliten. E qual?...
Oreste Che parli?
Qual può il consorte udir grata novella,
che alla moglie nol sia?
Pilade Tu sai, che il nostro
assoluto signore a Egisto solo
c’impon di darla.
Oreste Egisto ed essa, un’alma
sono in duo corpi.
Cliten. A che cosí tenermi
sospesa? Or via, parlate.
Pilade Acerbo troppo
ti fia l’annunzio; e tolga il ciel, che noi...
Oreste Assai t’inganni: a lei rechiamo intera
Cliten. Omai dovreste
por fin...
Oreste Regina, arrechiam noi la morte...
Cliten. Di chi?
Pilade Taci.
Cliten. Di chi? Parla.
Oreste ... D’Oreste.
Cliten. Oimè! che sento? del mio figlio?... Oh cielo!...
Oreste Del figlio, sí, d’Agamennón trafitto...
Cliten. Che dici?
Pilade Ei dice, che trafitto Oreste
non fu.
Oreste Del figlio del trafitto...
Pilade Insano,
spergiuro, a me serbi cosí tua fede?
Cliten. Misera me! dell’unico mio figlio
orba...
Oreste Ma forse, il piú mortal nemico
non era Oreste del tuo Egisto?
Cliten. Ahi crudo!
barbaro! in guisa tal la morte annunzi
d’unico figlio ad una madre?
Pilade Ei troppo
giovine ancora, e delle corti ignaro,
(scusalo, deh!) per appagar tua brama,
incautamente con soverchio zelo,
la mia tradiva. Udir tal nuova poscia,
d’Egisto a senno, e dal suo labro solo
dovuto avresti; e il mio pensier tal era.
Ma, s’egli...
Oreste Errai fors’io; ma, spento il figlio,
secura omai col tuo consorte...
Cliten. Ah! taci.
D’Oreste pria fui madre.
Oreste Egisto forse
Pilade Or, che favelli?
che fai? con vani, ed importuni detti
di madre il pianto esacerbare ardisci?
Lasciala; vieni; il lagrimare, e il tempo,
sollievo solo al suo dolore...
Oreste Egisto
alleviar gliel può.
Pilade Vieni: togliamci
dal suo cospetto, che odiosi troppo
noi le siam fatti omai.
Cliten. Poiché la piaga
mi festi in cor, tu d’ampliarla, crudo,
godrai: narrami or come, dove, quando
cadde il mio figlio. — Oreste, amato Oreste,
tutto saper di te vogl’io; né cosa
niuna udir piú, fuor che di te.
Oreste Lo amavi
tu dunque molto ancora?
Cliten. O giovinetto,
non hai tu madre?
Oreste ... Io?... L’ebbi.
Pilade Oh ciel! Regina,
soggiacque al fato il figliuol tuo: la vita...
Oreste Non gli fu tolta da nemici infami;
ai replicati tradimenti atroci,
no, non soggiacque...
Pilade E ciò saper ti basti.
Chi ad una madre altro narrar potrebbe?
Oreste Ma, se una madre udir pur vuole...
Pilade Ah! soffri,
che la storia dolente al re soltanto
si esponga appien da noi.
Oreste Godranne Egisto.
Pilade Troppo dicemmo; andiam. Pietá ne vieta
di obbedirti per or. — Seguimi: è forza,
è forza al fin, che al mio voler t’arrendi.
SCENA QUARTA
Clitennestra.
di scellerata madre!... Oreste, Oreste...
Ah! piú non sei! Fuor del paterno regno
da me sbandito, muori? Egro, deserto,
chi sa, qual morte!... E al fianco tuo, nell’ore
di pianto estreme, un sol de’ tuoi non v’era?
Né dato a te di tomba onor nessuno...
Oh destino! il figliuol del grande Atride,
errante, ignoto, privo d’ogni ajuto...
Né madre, né sorella, col lor pianto
lavato il morto corpo tuo!... Me lassa!
Figlio amato, mie man non ti prestaro
l’ultimo ufficio, chiudendoti i lumi
moribondi. — Che dico? eran mie mani
da tanto? ancor del sangue del tuo padre
lorde e fumanti, dal tuo volto, Oreste,
le avresti ognora, e con ragion, respinte.
Oh di madre men barbara tu degno!... —
Ma, per averti io ’l genitor svenato,
ti son io madre meno? ah! mai non perde
natura i dritti suoi... Pur, se il destino
te giovinetto non togliea, tu forse,
(come predetto era da oracol vano)
rivolto avresti nella madre il ferro?...
E tu il dovevi: inemendabil fallo,
qual mano altra punir meglio il potea?
Deh! vivi, Oreste; vieni; in Argo torna,
l’oracol compi; in me, non una madre,
ma iniqua donna che usurpò tal nome,
tu svenerai: deh! vieni... Ah! piú non sei...
SCENA QUINTA
Egisto, Clitennestra.
Cliten. Di pianto sí, d’eterno pianto, or godi,
nuova ho cagion: di paventar, di starti
tremante or cessa. Al fin, paghe una volta
tue brame sono; è spento al fin quel tuo
fero, crudel, terribile nemico,
che mai pertanto a te non nocque; è spento.
L’unico figlio mio piú non respira.
Egisto Che dici? Oreste spento? a te l’avviso
donde? chi l’arrecava?... Io non tel credo.
Cliten. Nol credi, no? forse, perch’ei sottratto
s’è tante volte dal tuo ferro iniquo?
Se al mio pianto nol credi, al furor mio
tu il crederai. Giá nel materno core,
tutto, sí tutto, il non mai spento affetto
mi si ridesta.
Egisto Altra non hai tu prova,
ond’io?...
Cliten. Ne avrai, quante il tuo core atroce
chieder ne può. Narrare a parte a parte
ti udrai l’atroce caso; e brilleratti
l’alma, in udirlo, di Tiéstea gioja.
Gente in Argo vedrai, che l’inumano
tuo desir fará sazio.
Egisto In Argo è giunta
gente, senza ch’io ’l sappia? a me primiero
non si parlò?
Cliten. Del non aver tu primo
entro al mio petto il crudo stile immerso,
forse ti duole? Opra pietosa tanto,
è ver, spettava a te: nuova sí grata,
a una consorte madre Egisto darla
dovea, non altri.
ira è la tua? Cotanto ami l’estinto
figlio, cui vivo rammentavi appena?
Cliten. Che parli tu? mai non cessava io, mai,
di esser madre d’Oreste: e se talvolta
l’amor di madre io tacqui, amor materno
mi vi sforzava. Io ti dicea, che il figlio
men caro era al mio cor, sol perch’ei meno
alle ascose tue insidie esposto fosse.
Or ch’egli è spento, or piú non fingo; e sappi,
che m’era e ognor caro sarammi Oreste
piú assai di te...
Egisto Poco tu di’. Piú caro
io ti fui che tua fama: onde...
Cliten. La fama
di chi al fianco ti sta nomar non dessi.
La mia fama, il mio sposo, la mia pace,
ed il mio figlio unico amato, (tranne
la sola vita sua) tutto a te diedi.
Tu da feroce ambizíon di regno,
tu, da vendetta orribile guidato,
quant’io ti dava, un nulla reputavi,
finch’altro a tor ti rimanea. Chi vide
sí doppio core, e sí crudele a un tempo?
A quell’amor tuo rio, che mal fingevi,
ch’io credeva in mal punto, ostacol forse,
ostacol, dimmi, era il fanciullo Oreste?
Eppur moriva Agamennone appena,
che tu del figlio ad alta voce il sangue
chiedevi giá. Tu, smanioso, tutta
ricercavi la reggia: allor quel ferro,
che non avresti osato mai nel padre
vibrar tu stesso, tu il brandivi allora;
prode eri allor contro un fanciullo inerme.
Ei fu sottratto alla tua rabbia: appieno,
ti conobb’io quel dí; ma tardi troppo.
Misero figlio! E che giovò il sottrarti
morte immatura in peregrina terra...
Ahi scellerato usurpatore Egisto!
tu m’uccidesti il figlio... Egisto, ah! scusa;...
fui madre;... e piú nol sono...
Egisto A te lo sfogo
e di rampogne, e di sospiri è dato,
purché sia spento Oreste. Or di’: costoro
a chi parlar? chi sono? ove approdaro?
Chi gl’inviò? dove ricovran? sono
messaggeri di re? pria d’ogni cosa,
chiesto non hanno essi d’Egisto in Argo?
Cliten. Chiedon di te: Strofio gl’invia: li trasse
mia mala sorte a me davanti; e tutto,
mal grado loro, udir da loro io volli.
Due, ma diversi assai d’indole i messi
stanno in tua reggia. La feroce nuova
darmi negava l’un pietoso e cauto;
fervido l’altro, impetuoso, fero,
parea goder del dolor mio: colui
non minor gioja proverá in narrarti,
che tu in udire il lagrimevol caso.
Egisto Ma, perché a me tal nuova espressamente
Strofio manda? ei fu ligio ognor d’Atride;
ognun il sa. Non fu da Strofio stesso
trafugato il tuo figlio? a lui ricetto
non diede egli in sua corte?
Cliten. È ver, da prima;
ma or giá molti anni, assente ei n’era; e poscia
mai non ne udimmo piú.
Egisto Fama ne corse;
ma il ver, chi ’l sa? certo è pur, certo, ch’ebbe
fin da’ primi anni indivisibil scorta,
custode, amico, difensore, il figlio
di Strofio; quel suo Pilade, che abborro.
Nemico sempre erami Strofio in somma:
come cangiossi?...
non sai, per prova, il cor di un re che sia? —
Barbaro! forse or ti compiaci udirmi
asseverar ciò che mi duol pur tanto?
Va, n’odi al fin quanto a te basti; vanne;
lasciami. — Strofio alle sue mire Oreste
util credé; perciò da te il sottrasse;
quindi il raccolse, e regalmente amollo:
quindi il cacciò, quando disutil forse
gli era, o dannoso; e quindi ora ti manda
ratto il messaggio di sua morte ei primo. —
Tu in questa guisa stessa un dí m’amavi,
pria che il marito io trucidassi, e il regno
ten dessi; e tu cosí m’odiasti poscia;
ed or, cosí mi sprezzi. Amor, virtude,
e fede, e onore, in voi mutabil cosa,
giusta ogni evento, sono.
Egisto A te la scelta,
ben lo rimembri, a te lasciai la scelta
infra gli Atridi, o i Tiestéi: tu stessa
scegliesti. A che, con grida non cessanti,
scontar mi fai tua scelta? Io t’amo, quanto
tu il merti.
Cliten. — Egisto, alle importune grida
io pongo fin. Sprezzami tu, se il puoi;
ma dirlo a me, non ti attentar tu mai.
Se amor mi spinse a rio delitto, pensa
a che può spinger disperata donna
spregiato amor, duolo, rimorso, e sdegno.
SCENA SESTA
Egisto.