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VI. - LE STELLE E LE NEBULOSE


1. Il Sole, la Terra e la Luna, gli altri pianeti e i loro satelliti, le comete e le meteore occupano una regione relativamente angusta dello spazio, nella quale il Sole domina e regge e che potrebbe chiamarsi la regione del Sole. Al di là del più lontano pianeta conosciuto, Nettuno, al di là dell’estremo limite a cui la più eccentrica delle orbite possa portare una cometa, ma molto e molto al di là, altre regioni si svolgono, le regioni delle stelle, astri che, come il Sole, splendono di luce propria. Dalla Terra noi vediamo queste regioni lontane e sconfinate in iscorcio, prospetticamente, e le vediamo raccolte su un’unica superficie, firmamento, cielo stellato. Il firmamento è quindi la più grande delle sintesi, la sintesi dell’universo, epperciò è altamente poetico; come un abisso, attrae chi lo guarda; scuote, agita, eccita anche la mente più inerte; pare il vincolo destinato a collegare il presente al futuro; pare il segno ultimo della vita attuale, il primo dell’avvenire ignoto. Guardandolo, uno si sente sprofondare nell’universo, nè in nessun’altra direzione la mente sa spiccare volo più alto per di sopra agli orizzonti miseri della vita.

2. Come orientarsi nel labirinto delle stelle che splendono in cielo? Nominarle ad una ad una, ritenerle a memoria sarebbe impossibile; è più pratico riunirle in gruppi, costellazioni, dare a queste un nome speciale, e distinguere le stelle dal posto che occupano nel rispettivo gruppo. Così fecero i popoli più remoti dell’oriente, così i Cinesi, così i Greci. Gli aggruppamenti delle stelle non possono essere che arbitrarii, poichè sono rari i gruppi veramente caratteristici, e che da sè stessi si indicano all’occhio. Le costellazioni dei Cinesi e dei Greci sono affatto diverse, ma ciò non ostante esse servirono mirabilmente agli uni e agli altri nelle loro descrizioni del cielo.

Io non saprei dire, nè lessi mai che altri abbia dimostrato essere le costellazioni greche d’origine interamente greca. Intima è la loro connessione coll’insieme della Mitologia greca, ma se questo permetta di far discendere fino ai Greci la formazione loro non fu ancora deciso. Forse avvenne in questo quello che nella storia del pensiero in generale. I Greci presero dagli altri popoli dell’antichità in tutto o in parte le costellazioni, ma la loro potenza di assimilazione le trasformò, e ad esse diede un’impronta greca caratteristica. Le costellazioni fenicie e caldaiche trasportate in Grecia perdettero il nome e il significato antico, assunsero fisionomia nuova, nè conservarono pur traccia della loro origine. Graecia stellis numera et nomina fecit; il genio greco dava vita a quanto toccava; in cielo ideò figure d’uomini e di bruti, disegnò eroi, mostri e fiumi guidato dall’immaginazione, di rado sorretto dalla disposizione naturale delle stelle; potente, audace scrisse i fasti delle proprie credenze in un libro immortale ed intangibile, il cielo.

Devesi al fascino che il genio greco esercitò sempre, se le costellazioni loro ancor oggi esistono, e sfidarono tanti secoli, tanto movimento di idee, tanta rabbia di distruzione. Invano in sul principiare del secolo decimosettimo lo zelo sacro della Mitologia biblica tentò di sostituire alla greca una terminologia nuova con Davide, Sansone, Golia, i Re magi, l’Arca di Noè e via; invano verso la fine del secolo stesso alcuni appassionati dell’Araldica tentarono portare in cielo le armi dei grandi e delle corporazioni della Terra. Le descrizioni greche delle costellazioni accettate dai Romani e dagli Arabi, da questi trasmesse all’occidente, sopravvissero interamente.

In cielo noi contiamo ora 48 costellazioni antiche e delle quali Tolomeo parla nel suo Almagesto. Di

G. Celoria, Atlante Astronomico. 6