Perché l'operaio inglese difende la sua casa/Testo

Da Wikisource.
../Brevi cenni biografici

IncludiIntestazione 17 aprile 2020 100% Da definire

Brevi cenni biografici
[p. 5 modifica]

Perchè l’operaio inglese difende la sua casa



«Vivo nel quartiere di Poplar. Nacqui povero in Poplar, nel 1852, in una casetta di una sola camera. Da ragazzo fui messo, come apprendista, presso un vicino bottaio.

Circa trent’anni fa i lavoratori di Poplar mi affidarono la prima carica pubblica, quella di Membro del Consiglio dei Curatori (Member of the Board of Trustees).

Poplar fa parte del grande quartiere operaio dell’East London, il quale principia a Whitechapel e termina a Canning Town: il più vasto quartiere industriale del mondo. In esso non abitano le classi agiate e neppure quelle della media borghesia, ma soltanto le classi lavoratrici ed i negozianti che ad essi forniscono il necessario per la vita.

L’East London, è il serbatoio naturale della mano d’opera casuale e avventizia. Durante il periodo anteriore alla guerra, i cartelli degli stabili da affittare da adibirsi a officine recavano le parole: «Trovasi nel vicinato abbondante mano d’opera casuale»; e ciò, per valorizzare maggiormente i locali d’affittarsi.

Prima della guerra, gli abitanti di Poplar erano l’avanzo ed il rifiuto delle industrie. I docks, le officine e le fabbriche impiegavano, in quel tempo, una quantità rilevante di mano d’opera inesperta. I disoccupati e gli operai che lavoravano solo per mezza giornata, accorrevano numerosi a quel quartiere per cercare lavoro. La frase comune che correva sulle [p. 6 modifica]labbra di tutti in quella località e che indicava la condizione dei più, era: «Occupato, disoccupato».

La popolazione di quel quartiere si rinnovava ogni tre anni. E’ notorio che il lavoro casuale significa salario minimo, e l’East London è il quartiere della povertà. Lì, abbiamo molte famiglie abitanti in una o due camere; pochissime posseggono un piccolo appartamento. Gough Street, dove io abito, è una delle vie più decenti che si trovino entro il raggio di un miglio; eppure non conosco una sola famiglia all’infuori della mia, che abbia un’intera casetta a sua disposizione, e credo di conoscere tutte le famiglie che abitano in quella contrada. Le case di Gough Street non sono grandi, hanno solo due piani e vengono affittate in ragione di tredici scellini per settimana (L. it. 16,25).

Ma quando tredici scellini rappresentano il 33% del salario di un operaio, questi non può permettersi di spendere di più per la pigione di casa.

A Poplar, il movimento democratico organizzato è assai rilevante e dobbiamo sostenere controversie politiche assai violente. Sono stati spesso descritti i nostri sforzi per migliorare le sorti delle classi più povere, per rendere più umano il trattamento fatto negli Asili dei Poveri, per la protezione dell’infanzia e per la tutela dei diritti dei lavoratori. La nostra Lega Operaia, sorta presso i Docks, (Porti), dove eravamo abituati a tenere le nostre riunioni, fu una delle prime organizzazioni in Inghilterra.

Prima del conflitto con la Germania, eravamo strenuamente contrari alla guerra in genere. Eravamo talmente pacifisti, che, per sostenere tale idea ci sentivamo sempre disposti a prendere a pugni chiunque fosse di parere contrario. Durante la guerra contro i Boeri fummo apertamente in loro favore, e, in un [p. 7 modifica]periodo in cui il sentimento nazionale era assai eccitato, il nostro distretto fu il solo, nel quale nessun comizio contro la guerra fu mai sciolto con la forza.

Non soltanto tenemmo comizi in Poplar, ma organizzammo dimostrazioni nel cuore di Londra, nei parchi e per le strade.

Nel corso di queste dimostrazioni, l’opposizione contro di me fu alcune volte violenta, che sembrava travolgermi. Alcuni minacciavano di cacciarmi dalla vita pubblica per avere difeso i Boeri, e vi fu perfino chi, armato di mazza e spalleggiato da una turba di popolo, mi affrontò un giorno, dopo una dimostrazione tenuta a Parliament Hill Fields, minacciandomi. Volevano scegliere la via più breve per sopprimermi!

Eppure noi eravamo gli assertori della pace, della libertà e dell’amicizia fra le nazioni. Se penso che una volta, durante una visita ufficiale in Germania, bevvi, in un banchetto, alla salute del Kaiser!! Ma non certo per sentimento militarista! Ci burlavamo invece dei bellimbusti aristocratici guerrafondai che passeggiavano per Piccadilly1. Ci opponevamo a chiunque si attentasse di accendere la menoma scintilla di guerra od a fare qualche cosa che potesse eventualmente trascinarci alla guerra.

Adesso Poplar, che per tanti anni fu il centro della propaganda contro la guerra, sta appoggiando validamente il Governo nella sua condotta contro la Germania. Gli uomini che erano al mio fianco nelle dimostrazioni pacifiste hanno mandato i loro figli a combattere per l’Inghilterra, e i più giovani vestono anche essi la divisa khaki. I nostri giovani si sono arruolati volontariamente a migliaia e molti di essi [p. 8 modifica]lasciarono la vita nelle trincee. Le nostre donne li applaudiscono quando partono e li festeggiano quando tornano a casa.

Io stesso, l’uomo della pace, ho intrapreso vere campagne per il reclutamento. Ho visitato i nostri soldati nelle trincee, ho vissuto con loro, li ho incoraggiati e rincuorati. Ho portato il saluto degli uomini che fabbricano i grossi cannoni agli uomini che li adoperano, e tornando in patria, ho recato il saluto degli uomini che combattono, e l’addio dei morituri nelle trincee agli uomini che lavorano nelle officine.

In ventotto giorni tenni trentasei comizi, in moltissime località e ho fatto tutto quello che era in mio potere per sostenere la nazione in questa guerra.

Quando si sentì la prima minaccia della guerra, andai a Woolwich, il collegio che io rappresento in Parlamento. Parlai e dissi: «Compagni! l'atteggiamento che io assumo è quello di appoggiare il Governo nell’ora del pericolo. Non posso agire diversamente. Abbiamo lottato per la pace fino all’ultimo momento, ma, se guerra dovrà esservi, voi ed io dobbiamo sostenere quella parte di peso che ci spetta. Dobbiamo sostenere la vecchia Patria attraverso la crisi, dobbiamo rimaner saldi, spalla a spalla, e presentare al nemico un fronte incrollabile».

«Perchè mai, noi, lavoratori di East London, (il quartiere più povero) uomini che lottammo per la pace nel 1900, agimmo e parlammo in tal modo nel 1914?

La ragione è molto semplice. All’epoca della guerra Boera eravamo fautori dei Boeri perchè credevamo che la libertà dei Boeri fosse in pericolo. Adesso, difendiamo la Patria perchè sappiamo che la nostra libertà e quella della nostra gente è minacciata.

La nostra famiglia soffre, ma resiste compatta e [p. 9 modifica]Interno della casetta operaia inglese. [p. 10 modifica]saldamente unita. E chi oserà dire, in nome di Dio, che noi non siamo una famiglia, e che non combattiamo come una sola famiglia? Questa guerra ci fu imposta e una guerra più crudele non fu mai combattuta.

Il nostro focolare domestico è in pericolo, le nostre mogli, le nostre famiglie sono minacciate; gli assassinii brutali commessi su gente innocente nel Belgio, ci mostrano assai chiaramente di che cosa sia capace la Germania. Non è questione di prosperità, di conquista o di commercio: noi stiamo combattendo per la libertà e per la salvezza delle nostre case. Dico e ripeto che piuttosto che cedere al barbaro capace di commettere gli eccidi brutali approvati dal Kaiser, io vorrei vedere estinguere la mia famiglia e perire ogni cittadino dell’Impero Britannico.

E quando giungemmo a capire tutto ciò, noi ci unimmo in un sol fascio. Abbiamo avuto le nostre questioni in famiglia, questioni talvolta assai vive, ma in fondo avevamo tutti di mira un interesse comune: il benessere e la sicurezza della nazione. Io mi ero spesso burlato dei bellimbusti di Piccadilly; ma quando vidi che costoro, i quali possedevano tutto ciò che poteva dar loro l’agiatezza, rinunziarono a tutto per combattere per la Patria e per andar a morire nelle trincee a fianco dei nostri ragazzi di Poplar, allora li amai e li rispettai.

Noi ci ritrovammo tutti là nell’ora del pericolo; ed è così, oggi, come allora. Questa non è una guerra promossa dal Governo: è una guerra del popolo. Ci siamo tutti: il contadino, il fabbro, il falegname, il costruttore di navi e il benestante, ecc. Siamo tutti uniti e saldi perchè stiamo combattendo per la libertà e per salvaguardare la purezza dei nostri focolari.

I nostri soldati sono veramente ammirevoli. Si [p. 11 modifica]arruolarono volontari a migliaia, prima assai che si parlasse di coscrizione obbligatoria, e stanno sopportando stenti e fatiche senza un lamento. Lasciarono le loro case, le loro mogli, i loro bambini non solamente senza lagnarsi, ma col sorriso sulle labbra. Nelle nostre vie di Poplar, udiamo racconti di chi si guadagnò le strisce da sergente e partì per la Francia dove morì dopo tre settimane; di chi saltò in aria in un combattimento navale; di chi, ferito e guarito è tornato laggiù, in trincea.

L’esempio di quegli eroici ragazzi ebbe un effetto meraviglioso su quelli che son rimasti a casa. Io so di uomini che erano fannulloni e beoni: ebbene; i loro cari sono andati in guerra, ed io ho visto costoro cambiar vita. Ora non bevono più, tornano a casa presto la sera e di giorno si adattano al lavoro. E, se viene loro recata la notizia che il loro figlio è morto sulla Somme, sull’Ancre o ad Ypres, essi la ricevono con dolore, ma serenamente. Sembrano dire: «devo cercare di rendermi degno dei miei figli soldati».

Quando vidi che il popolo di Woolwich (il mio collegio) era tutto compatto per la guerra, non mi sorpresi perchè Woolwich vive principalmente della produzione di materiale guerresco. Ma a Poplar la cosa è ben diversa. Qui la guerra non poteva portare che maggiore povertà alla nostra gente già povera e rialzare il prezzo dei viveri, accrescere la disoccupazione; ed è quello che accadde in principio. Più tardi vi fu invece un’abbondante richiesta di mano d’opera. Ma anche quando le cose avevano l’aspetto il più fosco, noi non esitammo; restammo saldi. Abbiamo, è vero, un piccolo gruppo di pacifisti, ma si può giudicare della sua importanza dal fatto che, quando tiene i suoi comizi, l’assemblea è generalmente composta da [p. 12 modifica]cinque a quindici persone! E se io mi alzo a parlare della guerra, centinaia e centinaia di persone si fermano, in pochi minuti, ad ascoltarmi. Non si fermano soltanto perchè è Crooks «l’uomo del popolo» che parla loro da trent’anni, ma accorrono perchè parlo loro della guerra.

Un giorno, mentre passeggiavo per una via del mio quartiere, in compagnia di un giovane vestito in khaki ch’era tornato di recente dalle trincee, questi incontrò un suo antico compagno: «Oh Bert! — gli disse — perchè non sei vestito in khaki? Non ti sei arruolato?» «No! — rispose Bert — non sono tanto stupido!» E cominciò a sfoderare argomenti contro la guerra.

Il mio compagno non potè ascoltarlo a lungo, ma io rimasi a parlare col giovane e alzai la voce a bella posta per attirare l’attenzione dei passanti.

«Ho osservato — dissi — che prima di rispondere al vostro amico, voi vi siete tolto una sigaretta dalle labbra. Una sigaretta! È un lusso, converrete! E non capite che è mercè sua e di quelli che come lui fanno il loro dovere, che voi ed i vostri compagni potete vivere tranquilli nelle vostre case? Che è mercè sua che potete avere il necessario e anche il superfluo? Voi ricusate dunque di fare la vostra piccola parte per impedire al Kaiser di assassinare le donne e i bambini?».

Già numerose donne, circa una cinquantina, si erano radunate intorno, ad ascoltare. Io proseguii: «Lasciate ch’io vi racconti un incidente avvenuto in una stazione ferroviaria del Belgio, poco tempo fa. Un treno si trovava là, carico di ottocento donne, maritate e nubili. Esse erano state strappate alle loro case, alle loro famiglie dai soldati tedeschi. Le lagrime scorrevano giù per le loro gote, e le loro mani si protendevano supplici, verso un amico neutrale lì presente. «Dove [p. 13 modifica]La casetta operaia inglese. [p. 14 modifica]andiamo? Per l’amor di Dio, diteci, dove andiamo?» gridarono. Esse venivano trascinate via dalla felicità delle loro case, verso l’ignoto, verso la Germania...

«E voi, ragazzo mio, dite che non siete tanto stupido per dare il vostro aiuto e salvare le vostre donne e i vostri bambini da una simile sorte?».

Non fu necessario dire altro.

Udii le donne che ci circondavano gridare: «Lasciatecelo, Signor Crooks, ci pensiamo noi! Lasciatecelo». E io me ne andai.

Ecco come la pensano le nostre donne! Incoraggiano i loro mariti, i loro figli, a partire. Vogliono, sì, la fine di questa crudele, di questa orribile guerra; ma non vogliono che cessi prima che la potenza del Kaiser, il quale permette le cose più orribili, non sia stata abbattuta.

Ecco ciò che ha mosso il nostro popolo: il pericolo che sovrasta le sue dimore, le sue famiglie. Nelle adunanze io ho chiesto ripetutamente agli uomini che cosa farebbero, se tornando a casa di sera, non trovassero più nè famiglia, nè focolare, ma invece un ammasso di rovine fumanti, sotto le quali fossero seppelliti i cadaveri delle loro spose e dei loro bambini! Ed ho chiesto loro se preferissero combattere dopo, in mezzo a tali spettacoli strazianti, sparando appiattati negli angoli delle strade, oppure non preferissero combattere adesso. E la risposta è sempre stata la più logica: «Ciò che a noi importa prima di tutto e più di tutto, è il nostro focolare domestico, la nostra casa».

Voi le conoscete quelle scene famigliari! la piccola casuccia, la moglie, il bambino. Il padre si affretta a tornare a casa dal suo lavoro, per baloccarsi col piccino; non si ferma neppure per lavarsi; la moglie gli dice di non disturbarlo. « Ma è mio, come è tuo, mia [p. 15 modifica]cara», le dice. Egli lo adora e adora la sua donna Ma ecco che il bambino a un tratto si ammala. Ambedue per ore intere stanno chinati sul lettuccio, col cuore pieno di angoscia... e il bimbo muore! Col cuore affranto, il padre rimane curvo sul corpicino reggendosi il capo con le mani: «Dio mio! — esclama — che ho fatto mai per meritarmi tanta afflizione? Avrei dato qualunque cosa, avrei fatto qualunque cosa, purchè il mio bambino fosse rimasto in vita!».

Ciò che quel padre sente sul cadavere del suo piccino, noi lo sentiamo per i nostri focolari, per la libertà che difendiamo: daremo ogni cosa, faremo qualunque cosa, per salvarli.

«Ma — dice qualcuno» — voi state rinunziando alla libertà. Vi state prussianizzando. State adottando ogni sorta di restrizioni, di regolamenti. Il popolo non è più libero di far questa o quella cosa. Dovete lavorare per forza, dovete andar soldato se vi chiamano: non potete più vivere a vostro piacimento!».

Verissimo, ma perchè questo?

Noi abbiamo fatto il temporaneo sacrificio della nostra libertà individuale, per assicurarci quest’ultima permanentemente. Perciò stiamo pagando un prezzo elevato, ma lo stiamo pagando di nostra propria volontà. Nulla si può ottenere se non si paga, e un beneficio spirituale non si ottiene se non a costo di un sacrificio materiale.

Quando dovete eseguire un lavoro importante, che cosa fate? Chiamate l’uomo adatto, l’uomo esperto e vi ponete sotto la sua direzione. Ebbene, noi attendiamo ora al lavoro più grande che qualsiasi nazione abbia mai intrapreso. Abbiamo chiamato gli uomini più adatti, gli uomini più esperti. Lasciamo ad essi il compito di insegnarci che cosa dobbiamo fare, in qual modo dobbiamo eseguire il lavoro. [p. 16 modifica]

Ma se qualcuno supponesse che il popolo britannico, il quale per centinaia di anni è stato il pioniere nelle lotte per la libertà, permetterà, dopo la guerra, di essere permanentemente privato delle sue libertà sarebbe in errore. Il nostro popolo ha ben dimostrato, in passato, come esso sappia difendere i suoi diritti. Oggi, si adatta a sacrificare volontariamente molta parte della sua antica libertà, ma, quando le necessità della guerra non lo esigeranno più cesseranno pure queste condizioni transitorie.

Ora il grosso affare che ci occupa è la guerra. Questa è una lotta ad oltranza, ed il Kaiser deve essere schiacciato. Questa guerra è guerra di tutti, dell’operaio come del patrizio. Ognuno deve dare il suo aiuto, ed ogni classe sociale contribuisce col proprio. Dobbiamo andare fino in fondo e siamo pronti a sacrificare ogni cosa.

Ed è bene rammentarsi dei nostri baldi giovani che combattono. Visitando il fronte, ho veduto dei feriti e mi sono domandato: «Che siamo noi per meritarci tutti i sacrifici che fanno questi uomini? Essi stanno sacrificandosi per noi; stanno sacrificando la loro vita per noi! Ci offrono tutti loro stessi, «gli eroi!».

E mi è caro rievocare qui le parole pronunziate dal Re in una grande assemblea nel Guild Hall quando era ancora Principe di Galles e tornava da una visita al Dominions: «Ovunque noi andammo, i cuori dei popoli palpitavano di orgoglio al pensiero che essi facevano parte di questo grande Impero». Noi non abbiamo nè proprietà fondiarie, nè altri possedimenti, eppure noi tutti condividiamo il comune retaggio di libertà che si diffonde da questo Impero.

Ed è questo retaggio comune che è oggi in gioco.

Scegliete: «Libertà o Kaiserismo?».

Io sto per la libertà!

Note

  1. Uno dei centri aristocratici di Londra