Poesie (Fantoni)/Scherzi/VII. Le quattro parti del piacere

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VII. Le quattro parti del piacere

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VII. Le quattro parti del piacere
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VII

Le quattro parti del piacere

(1778)

I

A Lesbia

Invio.

     Sotto ridente pergola,
al mormorar lascivo
di rugiadoso zeffiro,
vezzeggiator del rivo,

     5dove gorgoglia tremolo,
lussureggiando, un fonte,
sacro alle muse e al tenero
loquace Anacreonte,

     questa, che sparsa récati
10carta di tosco inchiostro
pafia colomba candida
con il purpureo rostro,

     Lesbia, vergai sul margine
dell’onda lusinghiera,
15che bacia, errando, querula
i mirti di Citerá.

     La penna Amor dagli òmeri
svelse, che a me tempráro
le Grazie, dividendola
20sotto britanno acciaro.

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     Tu le soavi e docili
rime alle losche ciglia
nascondi della rigida
socratica famiglia.

     25Ne sian custodi il pallido
Piacere e la Speranza,
che all’ara intorno vegliano
della beata stanza,

     ove, del brando immemore,
30mentre Cupido ride,
tratta l’eburneo pettine
piú d’un novello Alcide.

     Cosí Corinna agl’invidi
sguardi i puniti amori
35celava, e la difficile
arte che vince i cuori,

     mentre Nason la vindice
ira spingea di un nume
ai freddi lidi getici,
40per le tiniache spume.

2

Le lusinghe

     Omai la notte placida
si stende in ciel piú bruna,
e in mezzo agli astri tacita
corre l’argentea luna.

     5Sol, nel comun silenzio,
del rio gemono l’onde,
e si lamenta Zeffiro
fra l’agitate fronde,

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     e i Sogni alati ronzano
10dei tollerati mali
a ridestar le imagini
nei languidi mortali.

     Sorgi, garzon cimmerio,
sorgi dal tuo sopore:
15Giove t’udi propizio,
ride a’ tuoi voti Amore.

     Nuda, ravvolta in roseo
insidioso velo,
per te l’amica Grazia
20lascia dolente il cielo.

     Invan, piangendo, baciala
la bella Citerea,
— Deh! madre mia, non piangere —
le dice Pasitea.

     25— Vo lusingando a scuotere
l’amante sonnacchioso,
ed a turbar coi palpiti
il lungo suo riposo.

     Ritornerò col nascere
30del giorno alle tue braccia; —
dice, sorride Venere
e la sua figlia abbraccia.

     Pietoso Sogno, guidala
nell’antro tenebroso,
35dove le piume ascondono
il pigro dio cisposo.

     A lui d’intorno il vigile
Timor, vietando il calle,
l’orecchia tende e piegasi
40su l’incurvate spalle.

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     I suoi ministri spargono
la tacita quiete,
e dalle tazze versano
il freddo umor di Lete.

     45Varca la porta eburnea
col condottier la sposa:
la riconosce e inchinasi
la turba sospettosa.

     Il varco cede; arrestasi
50il bruno fanciulletto,
presso la sponda tacita
dell’amoroso letto.

     Giá la cortina timida
la bella dea divide;
55urtato il letto sdegnasi
e Pasitea si asside.

     Si desta il Sonno al tremito,
sospira e si lamenta,
si torce, a destra volgesi,
60s’accheta e si addormenta.

     Appoggia su la candida
mano le rosee gote:
fuggir la sposa cercane,
e il biondo dio riscuote.

     65Rompe tremante palpito
dal petto, a forza schiuso,
sordo lamento languido,
che sibila confuso.

     Solleva il capo, indocile
70ei cede, e, mentre inchina,
lambe col labbro il turgido
seno di lei vicina.

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     Soave fuoco sparsesi
vermiglio a lei sul volto:
75sorride e scuote gl’invidi
lini, onde giace involto;

     inarca il ciglio e volgesi,
quasi ei vegliasse intorno;
ma le pupille negano
80tarde di aprirsi al giorno.

     La bella sposa incurvasi
sul labbro e un bacio scocca;
fa il dolce fiato un vortice
nella dischiusa bocca.

     85Mordonsi invan le gravide
chiuse palpèbre insieme;
invan, negando schiuderle,
tenace umor le preme.

     Alle lusinghe tepide
90del caro labbro, il figlio
muto di notte svegliasi
e volge intorno il ciglio.

     Vede la sposa: fuggono
i sogni, e l’alma luce
95sui rosei vanni aleggia,
e il giorno riconduce.

     Rompe le spesse tenebre,
circonda il letto, ai baci
il velo toglie, accendono
100a lei gli Amor le faci.

     Su l’antro i giochi vegliano,
germani dei piaceri,
perché i sogni non turbino
i taciti misteri.

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3

I sospiri

     Schiude la porta d’ebano
l’Aurora in oriente,
vezzeggia l’onda tremula
il biondo sol nascente.

     5Molle, un soave zeffiro
di rugiadosi umori
lambe la fronte languida
dei palpitanti fiori.

     E, sospirando, a vivere
10in sen d’amor consiglia,
fra i rami dove mormora,
l’aligera famiglia.

     Della gemente tortora
al tremito lascivo,
15dolce compagno, s’agita
lussureggiando il rivo.

     Delle robuste braccia
sotto il martel pesante,
s’ode su l’ Etna gemere
20la fucina sonante.

     Ferve nell’opra il mantice,
il ferro si divide,
nell’onda il tuffa Sterope,
impallidisce e stride.

     25Gl’irsuti fauni infiorano,
sul margine di un fonte,
all’amorose driadi
la bionda arcata fronte.

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     Le algo-criniti naiadi
30lascian l’amica sponda,
e lusinghiere scherzano
fuggendosi per l’onda.

     Le mira ascoso un satiro,
sorride e sen compiace,
35ignoto un altro ascondesi
fra il nudo stuol fugace.

     Le bionde chiome scendono,
dell’inganno gelose,
e coronate celano
40le corna invidiose.

     Giá vinto il monte indocile,
Psiche raffrena il passo;
stanca, anelante assidesi
su di muscoso sasso.

     45Omai, disperse, rompono
le pigre nebbie il velo,
e croceo-azzurra nuvola
forman, sdegnate, in cielo.

     Volge la vergin pavido
50intorno il ciglio, e vede
che su di alpestre ed orrido
scosceso monte siede.

     Da lungi l’odorifera,
negata a lei, rimira
55sacra foresta idalia,
e di dolor sospira.

     De’ suoi sospiri flebile,
dal vorticoso speco,
l’estremo suon ripetere
60tenta, pietosa, l’eco.

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     L’aspro pensiero pallido
tinge la faccia smorta;
quando una voce ascoltasi,
che il suo dolor conforta:

     65— Psiche, che tardi? in Idalo
perché non fai ritorno?
Psiche, t’affretta; Venere
regge i destrier del giorno.

     Impaziente chiamati
70a nome il tuo diletto,
e ad ogni moto volgesi
per l’inquieto letto.

     Io son l’amico genio,
nunzio fedel di pace. —
75Cede la stanca vergine
al dolce invito, e tace.

     Nube feconda e gravida
di brina rugiadosa
al del nemico ed invido
80copre d’Amor la sposa,

     che affretta il passo e crucciasi
che mai non giunge dove
i suoi sospir la guidano,
dove il suo ben ritrove.

     85Di sacri mirti e d’edera
giunge a un boschetto ombroso:
a riposare invitala
un venticel pietoso.

     Dispar la guida: candida
90colomba allor dal suolo
s’erge, tre volte incurvasi
e poi dispiega il volo.

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     — Sacra al mio sposo, guidami
Psiche sospira e dice, —
95bella colomba, al talamo
dove sarò felice.

     Il primo bacio suggere
a te sará concesso
su queste labbra; giurolo
100al dio d’amore istesso. —

     Lusinga il prezzo il docile
augello: arresta il corso,
l’ali dibatte e beccasi
il variopinto dorso.

     105Un vitreo bagno celano
siepi di mirto e rose,
che la vitalba e l’edera
intrecciali tortuose.

     Qui sul fiorito margine
110a riposar sen viene;
Psiche lo segue e cupida
l’incerto piè ritiene.

     Fra i rami il bagno scopresi,
intorno a lor si aggira,
115li scuote; tace e, timida,
l’incerto piè ritira.

     Le nude Grazie dormono:
fomentan lusinghieri
i sonni l'onde, e invitano
120ai taciti misteri.

     Gli Amori pargoleggiano
volubili, vivaci:
librati in aria libano,
senza svegliarle, i baci.

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     125Cupido appoggia l’òmero
a un origlier muscoso,
che al nostro dio, che lagnasi,
cede voluttuoso.

     Psiche egli chiama e piegasi
130per osservar su l’arco:
Psiche l’ascolta e schiudesi,
malgrado i rami, il varco.

     Sospira e, tutta in lacrime,
dipinta di pallore,
135tremante si precipita
fra le braccia d’Amore.

     — Psiche, t’ascondi: giungere
la suocera nemica
non vedi? ahi! quanto rèstati
140di pianto e di fatica.

     Ma invan lo tenti: cedere
al tuo destin conviene;
va’, che ti sia propizio
Amore in altre arene; —

     145grida il Timor sollecito,
che veglia al bagno accanto.
Vien Citerea, né muovesi
alle querele o al pianto.

     Parte la ninfa; fremono
150le Grazie sdegnosette;
sul crine Amor si lacera
le sparse ghirlandette.

     Dei giuochi accorre garrula
la turba multiforme;
155ma invano lo consolano:
piange, sospira e dorme.

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4

Le lagrime

     L’ore fugate pendono
dalla metá del corso,
ed i destrier di Apolline
scuoton noiosi il morso,

     5ché giá, inquieti, veggono
lent’ondeggiar vicina,
sul curvo lido esperio,
la placida marina.

     Sotto dell’Etna a stendersi
10Tifeo non trova loco,
e dalla bocca vomita
globi di fumo e fuoco.

     Entro di grotta tacita,
a’ rai del sol negata,
15col dio di Nisa celasi
la bella abbandonata.

     Sileno, stropicciandosi
il semiaperto ciglio,
mesce di Chianti il nettare,
20quasi rubin vermiglio.

     Bacco sui verdi pampani
si corca lascivetto,
di cui gli fanno i satiri
voluttuoso letto;

     25e della pelle spogliasi,
che porta al fianco unita,
e la cretense giovane
a riposare invita.

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     Tardi i ciclopi abbassano
30le stanche braccia ignude,
e ritti s’addormentano
su la trinacria incude.

     Sol Polifemo, il siculo
pastor, non ha riposo,
35che nutre in sen sollecito,
mesto pensier geloso.

     Curvo su l’antro, volgesi
spesso al soggetto mare,
su cui né l’alma Doride,
40né la sua figlia appare.

     Sotto del monte incurvasi
vasta spelonca annosa:
qui Galatea con Acide
siede, al ciclope ascosa.

     45I folti dumi coprono
la solitaria entrata
con l’edra e la pieghevole
vitalba imprigionata.

     Stanco il fratel di Sterope
50del vano indugio, scende
dal monte, dove l’orrida
rupe un torrente fende.

     Vede gli amanti stringersi
al sen fra dolci amplessi,
55e del piacer, fra i languidi
moti, obliar se stessi.

     Freme, sospira e incurvasi
prono sul monte; ondeggia,
crolla la rupe e stridula,
60cadendo, romoreggia.

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     Al fragor sordo sdegnasi
il sottoposto lido,
l’ode l’amante e il timido
Aci previen col grido.

     65Fugge, ma incontro guidalo
al sasso ingiusta sorte,
e sotto quello, ahi misero!
tomba ritrova e morte.

     Corre la ninfa e pallida
70frena alla rupe il passo,
e col suo pianto il gelido
bagna nemico sasso.

     Le dolci stille accogliere
tenta pietoso Amore,
75e per l’arena a serpere
scende l’argenteo umore,

     che gorgogliando mormora
sotto il diviso monte
e forma, sprigionandosi,
80dal duro sasso un fonte.

     L’amate piante baciano
l'onde, che gemon meste,
e i curvi lembi increspano
della cerulea veste,

     85che la donzella, pavida
che la nuov’onda tocchi,
oltre il confin ripiegasi
dei tremoli ginocchi.

     Spumoso il flutto frangesi,
90laddove amor l’invita,
e, in sen dell’onda tepida,
Aci ritorna in vita.

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     Al sen lo stringe e, lucide
le tremule pupille,
95le rosee gote irrigano
di fuggitive stille.

     Aci i singhiozzi rendono
e Galatea confusi,
e spesso i nomi languono
100presso il finir delusi.

     Le vive gocce cadono
a ricercar tremanti,
ed a lambire instabili
le labbra palpitanti.

     105Il vivo umor ne suggono,
mentre le chiome ignote
fuggenti le rasciugano
su le rigate gote.

     Quale sará quel barbaro
110tiranno cor sdegnoso,
che a così dolci lacrime
non diverrá pietoso?

     Yolea il ciclope svellere
un altro sasso, e chino
115ei giá pendea d’un scoglio
su l’ondeggiar vicino;

     ma l’onda crebbe e l’invido
etnèo pastor deluse,
e nei pietosi vortici
120le lacrime confuse.

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5

I baci

     Nel rispettoso oceano
fa il biondo dio ritorno:
l’ombre nascenti coprono
il fuggitivo giorno,

     5che impallidisce e languido
fugge dal monte all’onde,
dove tremante s’agita
ed i color confonde.

     La biondi-bruna Tetide,
10di chiare-azzurre ciglia,
su l’onda appare e incurvasi
la scherzosa famiglia.

     Nel sen di valle tacita
le amiche pastorelle
15a ritornar invitano
al fido ovil l’agnelle,

     che van smarrite a perdersi
a un limpido ruscello,
dove lascivo mormora
20un fresco venticello,

     che susurrando aleggia,
e del canuto umore
invita i lenti vortici
a palpitar d’amore.

     25Corre tra i fior: volubile
s’apre declive il calle,
e prigionier precipita
nel fondo della valle:

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     i pigri giunchi arrestano
30e le canne sonanti
l’onde, che curve sdegnano
di riposar tremanti.

     Sotto di amaro salice
sorge muscoso un sasso:
35quivi Talia rivolgere
suol, non veduta, il passo.

     Un lascivetto fauno,
fra i giunchi su la riva,
guata con occhio cupido
40quando la ninfa arriva.

     Giunge e dei lini spogliasi;
la voluttá li scioglie:
dal nudo fianco cadono,
e Amore li raccoglie.

     45Curva sul sasso reggesi
l’onda a tentar col piede,
che irresoluto immergesi
e alla nuov’onda cede.

     — Pastor, ti affretta: invòlati
50l’istante l’onda infida; —
Amor gli dice e al gelido
sasso per man lo guida.

     Corre il pastor sollecito,
e col robusto braccio
55forma alla nuda Grazia
un amoroso laccio.

     Grida e dal sasso spiccasi;
ma l’amator la preme:
l’onda li accoglie e mescesi
60fra le lor braccia insieme.

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     La sbigottita vergine
si scuote sdegnosetta,
e, mentre irata torcesi,
l’altrui vittoria affretta.

     65Cede la ninfa: ascondono
entro di fosco velo
le piú frequenti tenebre
gli estremi baci al cielo.

     Impallidisce Cinzia,
70e languida non osa
gl’invidiati palpiti
di palesar gelosa.

     Fra l’ombre pargoleggiano
i Scherzi, e su le nude
75membra l’umor si spruzzano
dell’invida palude.

     Giovani amanti e semplici,
donzelle vergognose,
di mirto il crin cingetevi
80e di nascenti rose.

     Fra le lusinghe scorrono
per voi piú tardi gli anni,
ed i sospiri alternano
le gioie e i mesti affanni.

     85Rasciugherá le lagrime
la coronata fede,
saran di un dolce spasimo
i baci la mercede.

     Non vi spaventi il querulo
90stuol di color, cui langue
nel pigro core il vivido
moto e col moto il sangue.

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     Godete: e alfin l’invidia
ne tacerá schernita;
ma, nel goder, sovvengavi
di rispettar la vita.