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Si presenta come un agile libretto, di facile lettura e di carattere quasi divulgativo. Il trattato parte da Boezio (VI secolo) per arrivare a Luca Pacioli, la cui opera principale fu stampata (Summa de Arithmetica) nel 1494. Nei primi secoli i matematici furono prevalentemente fra gli astronomi, gli astrologi ed i monaci: Veratti cita anche Platone da Tivoli, traduttore dall'arabo e dall'ebraico del XII secolo, e Gherardo da Cremona, del XII secolo.
Notte! funesta, atroce, orribil notte,
presente ognora al mio pensiero! ogni anno,
oggi ha due lustri, ritornar ti veggio
vestita d'atre tenebre di sangue;
eppur quel sangue, ch'espiar ti debbe,
finor non scorre. - Oh rimembranza! Oh vista! Agamennón, misero padre! in queste
soglie svenato io ti vedea; svenato;
e per qual mano! - O notte, almen mi scorgi
non vista, al sacro avello. Ah! pur ch'Egisto,
pria che raggiorni, a disturbar non venga
il mio pianto, che al cenere paterno
misera reco in annual tributo!
Tributo, il sol ch'io dar per or ti possa,
di pianto, o padre, e di non morta speme
di possibil vendetta. Ah! sí: tel giuro:
se in Argo io vivo, entro tua reggia, al fianco
d'iniqua madre, e d'un Egisto io schiava,
null'altro fammi ancor soffrir tal vita,
che la speranza di vendetta. È lungi,
ma vivo, Oreste. Io ti salvai, fratello;
a te mi serbo; infin che sorga il giorno,
che tu, non pianto, ma sangue nemico
scorrer farai sulla paterna tomba.
Come gli atleti e coloro che attendono agli esercizi del corpo badano a rendersi gagliardi non pure con la fatica, ma anche ogni tanto col riposo, che è creduto parte grandissima della ginnastica; così ancora quelli che attendono agli studi pensomi che debbano dopo le gravi letture riposare la mente, per averla dipoi più fresca al lavoro.
Ed avranno conveniente riposo se si occuperanno in tali letture, che sieno piacevoli sì per certa grazia ed urbanità, e sì per ammaestramenti non privi di leggiadria, come io spero sarà tenuto questo mio scritto.
Il quale non solamente per la bizzarria del soggetto, e per la gaiezza de’ pensieri dovrà piacere, e per avervi messe dentro molte finzioni che paiono probabili e verosimili; ma perchè ciascuna delle baie che io conto, è una ridicola allusione a certi antichi poeti e storici e filosofi che scrissero tante favole e maraviglie; i quali ti nominerei se tu stesso leggendo non li riconoscessi. Ctesia figliuolo di Ctesioco di Cnido, scrisse intorno all’India cose che egli non vide, e non udì dire da nessuno.
Scrisse Iambulo molte maraviglie che si trovano nel gran mare; e benchè finse bugie da tutti riconosciute, pur compose opera non dispiacevole. Molti altri fecero anche così, e scrivendo come certi loro viaggi e peregrinazioni lontane narrano di fiere grandissime, di uomini crudeli, di costumi strani.
Duca di costoro e maestro di tale ciarlataneria fu l’Ulisse d’Omero, che nella corte d’Alcinoo contò della cattività de’ venti, di uomini bestioni e salvatici con un solo occhio in fronte, di belve con molte teste, de’ compagni tramutati per incantesimi, e di tante altre bugie, che ei sciorinò innanzi a quei poveri sciocchi dei Feaci.