Rime scelte di M. Cino da Pistoia/Primi versi

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Rime scelte di M. Cino da Pistoia Dedica e indirizzo delle rime d'amore
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PRIMI VERSI




I

DANTE ALIGHIERI

a tutti i poeti amanti


     A ciascun’alma presa e gentil core
Nel cui cospetto viene il dir presente,
A ciò che mi riscrivan suo parvente,
Salute in lor signor, cioè Amore.
     5Già eran quasi che atterzate l’ore
Del tempo ch’ogni stella è più lucente.
Quando m’apparve Amor subitamente,
Cui essenza membrar mi dà orrore.
     Allegro mi sembrava Amor, tenendo
10Mio core in mano; e nelle braccia avea
Madonna, involta in un drappo dormendo.
     Poi la svegliava, e d’esto core ardendo
Lei paventosa umilmente pascea:
Appresso gir ne lo vedea piangendo.




II


M. CINO A DANTE ALIGHIERI


     Naturalmente chere ogni amadore
Di suo cor la sua donna far saccente:
E questo per la visïon presente
Intese di mostrare a te Amore,

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     In ciò che dello tuo ardente core5
Pasceva la tua donna umilemente;
Che lungamente stata era dormente.
Involta in drappo, d’ogni pena fore.
     Allegro si mostrò Amor venendo
10A te per darti ciò che ’l cor chiedea,
Insieme due coraggi comprendendo:
     E l’amorosa pena conoscendo
Che nella donna conceputo avea.
Per pietà di lei pianse partendo.



III


M. ONESTO BOLOGNESE A M. CINO


     Quella che in cor l’amorosa radice
Mi piantò nel primier che mal la vidi,
Cioè la dispietata ingannatrice,
A morir m’ha condotto; e stu nol cridi,
     5Mira gli occhi miei morti in la cervice,
E del cor odi gli angosciosi stridi,
E dell’altro mio corpo ogni pendice,
Che par ciascuna che la morte gridi.
     A tal m’ha giunto mia donna crudele
10Ch’entro tal dolor sento in ogni parte,
Che l’alma a forza dallo cor si parte;
     Chè ’l mio dolzor con l’amaror del fele
Haggio ben visto, Amor, com’ si comparte.
Ben ti consiglio, di lui servir guarte.



IV


M. CINO A M. ONESTO


     Anzi che Amore nella mente guidi
Donna ch’è poi del core ucciditrice,
Si convien dire all’uom — Non sei fenice:
Guarti d’Amor, se tu piangi e tu ridi;

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     5Quand’odirai gridare — Ancidi, ancidi. —
Chè poi consiglia in van chi ’l contradice:
Però si leva tardi chi mi dice
Ch’Amor non serva nè di lui mi fidi.
     Io li son tanto soggetto e fedele,
10Che morte ancor di lui non mi diparte;
Ch’io ’l servo nella pace e sotto Marte.
     Dovunque vola o va drizzo le vele,
Come colui che non li servo ad arte.
Così, amico mio, convene farte.

(Questo e l’antecedente sonetto son riprodotti dal Vol. I del Manuale della letter. del primo sec. della lingua, del prof. V. Nannucci; Firenze, Barbèra, 1856.)



V


A GHERARDUCCIO GARISENDI

da bologna


     Deh Gherarduccio, com’ campasti tue
Che non moristi allor subitamente
Che tu ponesti a quella donna mente
Di cui ci dice Amor ch’angelo fue;
     5La qual va sopra ogn’altra tanto piue
Quanto gentil si vede umilemente,
E muove gli occhi mirabilemente.
Che si fan dardi le bellezze sue?
     Dunque fu quello grazïoso punto
10Che gli occhi tuoi la soffrîr a vedere,
Sì che ’l desïo nello cor fu giunto.
     Ciò che t’incontra, omai ti dèi tenere
In allegrezza; perchè tu sei punto,
E non morto, di quel che t’è in piacere.



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VI



    Quai son le cose vostre ch’io vi tolgo,
Deh, Guido, che mi fate sì vil ladro?
Certo bei motti volentieri io colgo,
Ma funne mai de’ vostri alcun leggiadro?
    5Guardate ben ogni carta ch’io volgo:
S’io dico vero, io non sarò bugiadro:
Queste cosette come io le assolgo,
Ben lo sa Amor dinanzi a cui le squadro.
    Quivi è palese che non sono artista
10Nè ricopro ignoranza con disdegno,
’Vegna che ’l mondo guarda pur la vista:
    Ma son un cotal uom di basso ’ngegno
Che vo piangendo sol con l’alma trista
Per un cor, lasso!, ch’è fuor d’esto regno.



VII


A DANTE ALIGHIERI

in morte di beatrice


    Avvegna i’ m’abbia più volte per tempo
Per voi richiesto pïetade e amore
Per confortar la vostra grave vita;
E’ non è ancor sì trapassato il tempo,
5Che ’l mio sermon non truovi il vostro core
Piangendo star con l’anima smarrita
Fra sè dicendo — Già sarà ’n ciel gita,
Beata cosa ch’uom chiamava il nome! —
Lasso me!, quando e come
10Vedervi potrò io visibilmente,
Sì che ancora presente
Far i’ vi possa di conforto aita?
Dunque mi udite, poi ch’io parlo a posta
D’Amor, alli sospir ponendo sosta.

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     15Noi proviamo che in questo cieco mondo
Ciascun ci vive in angosciosa noia,
Chè in ogni avversità ventura il tira:
Beata l’alma che lassa tal pondo
E va nel ciel dov’è compita gioia!
20Gioioso il cor fuor di corrotto e d’ira!
Or dunque di che il vostro cor sospira,
Che rallegrar si dee del suo migliore?
Chè Dio nostro signore
Volle di lei, come avea l’angel detto,
25Fare il cielo perfetto:
Per nova cosa ogni santo la mira,
Ed ella sta dinanzi alla salute.
Ed in vêr lei parla ogni virtute.
     Di che vi stringe il cor pianto ed angoscia,
30Chè dovreste d’amor sopraggioire,
Chè avete in ciel la mente e l’intelletto?
Li vostri spirti trapassâr da poscia
Per sua virtù nel ciel: tal è il desire,
Che amor là su li pinge per diletto.
35O uomo saggio, oh Dio!, perchè distretto
Vi tien così l’affannoso pensiero?
Per suo onor vi chiero.
Che all’egra mente prendiate conforto,
Nè aggiate più il cor morto
40Nè figura di morte in vostro aspetto:
Perchè Dio l’aggia allocata fra i suoi.
Ella tutt’ora dimora con voi.
     Conforto già conforto l’Amor chiama,
E Pietà prega — Per Dio, fate presto: —
45Or v’inchinate a sì dolce preghiera,
Spogliatevi di questa vesta grama,
Da che voi siete per ragion richiesto;
Chè l’uomo per dolor more e dispera.
Come vedreste poi la bella ciera,
50Se vi cogliesse morte in disperanza?
Di sì grave pesanza
Traete il vostro core omai, per dio!
Che non sia così rio
Vêr l’alma vostra, che ancora ispera

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55Vederla in cielo e star nelle sue braccia;
Dunque di speme confortarvi piaccia.
     Mirate nel piacer dove dimora
La vostra donna, ch’è in ciel coronata;
Ond’è la vostra speme in paradiso
60E tutta santa ormai vostra memora,
Contemplando nel ciel dov’è locata
Il vostro cor, per cui istà diviso,
Che pinto tiene in sì beato viso.
Secondo ch’era qua giù meraviglia.
65Così là su somiglia;
E tanto più quanto è me’ conosciuta.
Come fu ricevuta
Dagli angioli con dolce canto e riso,
Li spirti vostri rapportato l’hanno,
70Che spesse volte quel vïaggio fanno.
     Ella parla di voi con que’ beati,
E dice loro — Mentre che io fui
Nel mondo, ricevetti onor da lui,
Laudando me ne’ suoi detti laudati: —
75E prega Iddïo lor signor verace,
Che vi conforti sì come a voi piace.


(Impressa dall’Allacci e riprodotta nella Raccolta fiorentina de’ Poeti del primo secolo e nella palermitana di Rime antiche sotto nome di Guido Guinicelli; ma sull’autorità di più codici ragionevolmente restituita a Cino, nelle Poesie italiane inedite di dugento autori, da Francesco Trucchi; della cui lezione ci siam giovati in più punti.)




VIII


DELLE CONDIZIONI DI AMORE


     Se non si move d’ogni parte Amore
Sì dall’amato come dall’amante,
Non può molto durar lo suo valore;
Che ’l mezzo Amor non è fermo nè stante.

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     5E di partir si sforzi ogni amatore,
Sed ei non trova paro o simigliante:
Ma, se ’l si sente amato di buon core,
L’Amor sta fermo o pure assale avante.
     Però che Amor è radice di luce
10Che nutrisce lo corpo alluminato.
Di fuora il mostra e dentro lo riduce.
     Così l’Amor, se è dall’amante amato,
Si accresce e si nutrica e si conduce;
E d’ora in ora è l’uom più innamorato.




IX


SEGUE IL MEDESIMO SOGGETTO


     Amor, sì come credo, ha signorìa
E forza e potestate nella gente,
E non cura riccor nè gentilìa
Nè vassallaggio nè signor potente,
 E ogn’uom tien con paraggio ’n sua balìa:5
Quest’è d’Amor lo proprio convenente,
Pur che d’Amor cominci uomo la via
Con umiltate e sia ubidïente.
     E già non era lo mio ’ntendimento
Ch’Amor guardi riccor nè potestate,10
Chè non val più che ’l cor innamorato;
     Ma con par grado stesse lo talento
Di due amanti con pura amistate:
Di quello il dio d’amor avea pregato.