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Sogni d'amore (canto di Rodolfo)

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Giovanni Prati

Olindo Malagodi 1844 Indice:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu sonetti Sogni d'amore (canto di Rodolfo) Intestazione 23 luglio 2020 25% Da definire

Ad un Mevio A Luigia Abbadia
Questo testo fa parte della raccolta VI. Dai 'Nuovi canti'
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VI

SOGNI D’AMORE

CANTO DI RODOLFO



     Poiché le stelle, o incognita
amica, lor piú bella,
a visitar ti vengono
nella magion novella,
5non senti un malinconico
spirto vagar tra i fiori,
e i suoi notturni amori
gemer, pensando a te?


     Odilo: ei canta. Un esule
10dal ciel son io. Nessuna
gioia m’allegra. Ai pallidi
riflessi della luna
erro solingo; e, memore
che il mio destino è questo,
15vo modulando il mesto
canto che Dio mi die’.

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     Oh, potess’io d’un zeffiro
lene vestir le tempre!
Il molle crin baciandoti,
20con te vivrei pur sempre,
E, per terror d’intendere
qualche crudel richiamo,
non ti direi che t’amo,
ma gemerei d’amor.


     25Fossi una rosa, un umile
bruno giacinto almeno!
e si affrettasse a portelo
anche un amante in seno!
purché suggessi gli atomi
30del mio romito incenso,
lieto del dono immenso
ti languirei sul cor.


     Nel dí d’un’agil rondine
mutassi i giorni miei!
35Sempre dall’alba al vespero
sul tuo balcon sarei;
e, respirando l’aere
della tua dolce stanza,
di pena e di speranza
40lá bramerei morir.


     Ma tutto indarno. Un esule
spinto dal ciel son io,
che di dolenti musiche
rivesto il pensier mio.
45La ingrata solitudine,
l’ira, il dolor sostenni:
come nel mondo venni
dovrò dal mondo uscir.

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     Ah! se nel grembo a un’isola
50o in un remoto speco
chi die’ la vita agli angeli
ti facea nascer meco!
Stati sarien partecipi,
in quelle verdi chiostre,
55delle allegrezze nostre
il mare immenso e il ciel.


     Noi, passeggiando il pelago
lunghesso i fior del lito,
ebri di gioie insolite
60avremmo sempre udito
tutto d’amor sorriderci,
d’amor parlarci tutto,
la luna errante, il flutto,
la barca e il venticel.


     65Quando alle dubbie tenebre
chiuso tu avessi gli occhi,
t’avrei raccolto, angelica
donna, su’ miei ginocchi;
rasciutto avrei le roride
70stille del tuo sudore;
t’avria battuto il core
sotto una conscia man.


     T’avrei chiamata in lacrime;
e tu, gentil, da tanto
75sonno d’amor svegliandoti,
terso m’avresti il pianto.
E le tue labbra, indocili
e per pudor tenaci,
dai prorompenti baci
80sarian fuggite invan.

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     Terribil Dio, rispondimi:
perché a crearmi questi
vani fantasmi un lucido
strano poter mi desti?
85Ah! le gioconde immagini
hanno un balen di vita,
e l’anima assopita
ritorna a lacrimar.


     Addio, fanciulla! In tramiti
90contrari il ciel ne pose.
Spine sul mio germoglino:
sul tuo fioriscan rose.
La gondoletta i placidi
seni aitraversi ancora;
95la fulminata prora
nuoti in balía del mar.


     Addio, fanciulla. Un intimo
di me pensier ti resti.
Lontani ancor ricòrdati
100che son fratelli i mesti.
Altri pur sua ti nomini
ne’tuoi felici giorni:
purché tu mia ritorni,
quando il dolor verrá.


     105Oh! se dispersi fossimo
anco alle plaghe estreme,
l’orme affrettiamo e i palpiti,
per ricercarci insieme.
Questa, tremando, è l’ultima
110ch’io t’oso dir parola;
questo pensier consola
la mia raminga etá.