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Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo IX/Nicolò ed Antonio Zeno

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Nicolò ed Antonio Zeno

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Capitolo IX - Viaggi di Madoc Capitolo IX - Pietro Quirini

[p. 160 modifica]51. Nicolò ed Antonio Zeno. — I paesi atlantici dell’America settentrionale, si trovano pure descritti, in parte, nella relazione dei viaggi eseguiti, nella seconda metà del secolo XIV, dai due nobili fratelli veneziani, Nicolò ed Antonio Zeno, nelle parti boreali dell’Atlantico.

Verso il 1390, navigando Nicolò alla volta delle Fiandre e dell’Inghilterra, per ragion di negozio, come usavano allora i nobili sì veneziani che genovesi, veniva colto da una furiosa tempesta e gettato su di un’isola che egli od il suo omonimo giuniore chiamano Frislanda e nella quale ebbe lieta accoglienza da Enrico Sinclair — detto nel racconto Zichmni — conte, a quel tempo, delle Faroer, delle Shetland, delle Orcadi e della contea scozzese di Caithness. Il Veneziano, assai perito nella navigazione, fu preposto da Zichmni alla propria flotta, ed alle imprese, tanto di guerra che aveva con certi nemici lungo le coste, quanto di scoprimenti di nuove regioni. Poco dopo, pare nel 1391, giunse anche colà Antonio Zeno, chiamatovi con lettera dal fratello, ed insieme passarono quattro anni, durante i quali si spinsero sino alla Groenlandia. Ma il clima rigido del Nord e le gravi fatiche condussero a morte Nicolò poco dopo il suo ritorno nella Frislanda, intorno al 1395. Antonio rimase ancora dieci anni al servizio di Sinclair, ed in questo tempo, oltre ad alcune spedizioni sue proprie, ebbe notizia di certe terre situate lungi a ponente, e delle quali si discorrerà più avanti: verso il 1405, per concessione di Zichmni, fece ritorno a Venezia, ove morì poco dopo.

Tanto nella relazione dei viaggi e delle avventure degli Zeno, [p. 161 modifica]pubblicata solo nell’anno 1558 da Nicolò Zeno iuniore, quanto nella carta che l’accompagna, conosciuta col nome di Carta da navegar è indicata un’immensa penisola, unita nella direzione di greco colla Scandinavia per mezzo di una linea mal definita, lungo la quale le parole «mare et terre incognite», chiaramente esprimono l’incertezza dell’autore. Questa terra porta ad oriente il nome di Grolandia ad occidente quello di Engronelant e, quantunque le denominazioni speciali date ai diversi luoghi della linea costiera non corrispondano a quelle accennate nelle topografie molto particolareggiate delle colonie scandinave, tuttavia è impossibile non riconoscere la Groenlandia in questo vasto paese dell’alto Nord. Al sud della Groenlandia, e a più di 1000 miglia ad occidente della Frislanda, che i comentatori moderni identificano colle Faröer, la carta e la relazione menzionano le due terre di Estotiland e di Droceo. Nella lettera di Antonio a suo fratello Carlo si narra come alcuni pescatori della Frislanda, messisi in mare, 26 anni prima, fossero stati assaliti da una fiera burrasca, che li condusse in vista di un’isola detta Estotianda poco minore dell’Islanda, ma di questa assai più ricca ed ubertosa, occupata nel mezzo da un monte altissimo, dal quale sorgevano quattro fiumi, ed abitata da famiglie industriose già in relazione con quelle della Frislanda, perchè, diceva uno dei pescatori, «si veggono libri latini nella libraria del re che non vengono hora da loro intesi». Il nome Estotiland pare la traduzione letterale del nordico East-ouland (terra esteriore dell’est), e conviene benissimo alla posizione del Labrador, della Nuova Brunswick e di Terranuova, paesi che occupano le più orientali sporgenze dell’America del Nord: tuttavia, per la giacitura più avanzata di Terranuova verso oriente, mi pare che a questa meglio che agli altri due paesi convenga quella denominazione.

Lo stesso pescatore della Frislanda dice che verso il sud «havvi un gran paese ricco di oro e popolato: seminano grano e fanno la cervosa, sorta di bevanda che usano i popoli settentrionali come noi il vino; hanno boschi di immensa grandezza e fabbricano a muraglia, e vi sono molte città e castella: fanno [p. 162 modifica]navili e navigano, ma non hanno la calamita, nè intendono col bossolo la tramontana. Per il che questi pescatori furono in gran pregio, sì che il re (dell’Estotiland) li spedì con dodici navili verso ostro nel paese che essi chiamano Drogio (Droceo nella carta annessa alla relazione zeniana)».

Gettati da una furiosa tempesta sulle coste di un paese sconosciuto e popolato da antropofagi, i marinai Frislandesi vi trovarono quasi tutti la morte: se gli altri non toccarono la medesima sorte, lo dovettero all’astuzia di uno di loro che avea insegnato al capo di quei selvaggi il modo di pigliare il pesce colle reti. Lo stesso pescatore salì poi a tanta rinomanza presso le popolazioni dei paesi vicini, che ebbe campo di conoscere e di praticare con piena sicurezza tutte quelle regioni. Delle quali dice «essere un paese grandissimo, e quasi un nuovo mondo, ma gente rozza e priva di ogni bene, perchè vanno nudi tuttochè patiscano freddi crudeli, nè sanno coprirsi delle pelli degli animali che prendono in caccia: non hanno metallo di sorta alcuna, vivono di cacciagioni e portano lancio di legno nella punta aguzze, e archi, le corde dei quali sono di pelle d’animali: sono popoli di grande ferocità, combattono insieme mortalmente, e si mangiano l’un l’altro; hanno superiori e certe leggi molto differenti tra di loro; ma più che si va verso garbino (libeccio) vi si trova più civiltà per l’aere temperato che vi è: di maniera che vi sono città, templi agli idoli, e vi sacrificano gli uomini, e se li mangiano poi, avendo in questa parte qualche intelligenza e uso dell’oro e dell’argento»1.

Nelle parole che precedono nulla è detto che possa condurre il geografo a fissare, anche solo in modo approssimativo, la posizione del paese di Drogio o Droceo. A questa mancanza provvede però la Carta da navegar annessa alla relazione, nella quale esso paese è segnato a mezzodì dell’Estotiland, per il che non si può a meno di riconoscerlo nella penisola che, detta Acadia dai primi coloni francesi, porta comunemente sulle nostre carte il nome di Nuova Scozia e nei paesi marittimi adiacenti dal [p. 163 modifica]lato dì sud-ovest. Quanto al grandissimo paese che il pescatore della Frislanda percorse nel lungo spazio di tredici anni, esso corrisponde senza dubbio a quelle parti dell’America settentrionale che si trovano a mezzogiorno od a sud-ovest della detta penisola e degli Stati della Nuova Inghilterra. Alcuni autori, e tra essi il cardinale Zurla2, volendo esaltare di troppo la relazione degli Zeno, caddero in evidente esagerazione, quando identificarono col Messico e col Perù i paesi a sud-ovest di Droceo. Gli unici argomenti in appoggio di questa opinione sono quelli stessi che si leggono nel racconto del pescatore della Frislanda cioè il clima sempre più mite di mano in mano che si procede verso libeccio, i templi e gli idoli venerati da quelle lontane famiglie, la civiltà più avanzata, l’uso dei metalli preziosi. Non è tuttavia necessario spingersi sino a quelle latitudini tropicali per trovare tutto ciò; che anzi, per rispetto al clima, gli altipiani dell’Anahuac e le valli andine del Perù giacciono in una zona climatologica meno favorita di quella della Georgia, della Florida e del bacino inferiore del Mississippi. Manca inoltre, nella relazione, l’elemento geografico, importantissimo in queste difficili ricerche.

Il più bel titolo di gloria dei due illustri patrizi veneti è quello della esplorazione, per vero dire molto limitata, del paese che Erik Rauda chiamava, 400 anni prima, col nome di Grönland3. Nella state dell’anno 1392, allestiti tre piccoli legni, i due Zeno navigano verso tramontana, partendo da Bressay nelle Shetland, e giungono all’Engronelant. Ivi trovano un convento di Domenicani sotto il titolo di San Tommaso, presso una montagna che butta fuoco come il Vesuvio e l’Etna; vi è, poco lontana, una sorgente d’acqua bollente, della quale si servivano i monaci per riscaldare la chiesa e il monastero, cucinare le vivande e cuocere il pane: coll’uso di quell’acqua, e mediante canali sotterranei, si ottenevano ne’ giardini i fiori, i frutti e le erbe dei più temperati climi; attirandosi con ciò [p. 164 modifica]l’ammirazione e doni d’ogni sorta dal popolo, verso cui d’altra parte erano liberali nello spendere e nell’occuparlo in lavori di artificio. Gettando acqua fredda sulle pietre ardenti si otteneva buonissima calce e cemento, e colle medesime pietre estinte ottimi materiali di costruzione. Il superfluo dell’acqua calda correndo al mare rendeva in qualunque stagione liquido e pescoso un gran porto e il mare medesimo per grande tratto, con molto profitto del commercio di quel paese, dove andavano per far cambi persino i mercatanti di Drontheim e del Capo di Sopra Norvegia4.

Nella Engronelant della carta zeniana il Cenobio di S. Tommaso è segnato ad un altissimo grado di latitudine (74° 30’), il quale si opporrebbe ricisamente alle meravigliose circostanze accennate nella relazione. È anzi questo uno degli argomenti messi in campo da quegli autori che negano l’estensione delle nozioni degli Zeno sino a quel paese dell’alto Nord. Ma qui è necessario osservare, che l’alta latitudine attribuita al convento di S. Tommaso proviene specialmente dall’errore di Nicolò giuniore dello avere trasportato le Shetland di fianco all’Islanda, e dalla quantità del viaggio che in tal caso si calcola dal luogo di partenza dall’Islanda sino al monastero di S. Tommaso. Laddove, osserva il De Simoni, se il punto di partenza fosse stato, come doveva essere, il gruppo vero delle Shetland, l’arrivo al monastero sarebbe stato verso il 63° parallelo, vale a dire non lungi dal capo Farewel5. A questa latitudine di 63° si giunge semplicemente sottraendo primieramente da quella di 74°30’ la differenza in latitudine tra la costa settentrionale dell’Islanda e il gruppo delle Shetland, cioè circa 5 gradi, e quindi sottraendo dal risultato altri 5 gradi, accettando l’osservazione del Nordenskiöld, che, se si diminuiscono rispettivamente, ciascuno di cinque, i gradi di latitudine sovrapposti alla [p. 165 modifica]carta, si viene ad avere una quasi generale conformità colle posizioni latitudinali moderne6.

Non possiamo, in questo lavoro, discutere una ad una le molte opinioni, le une favorevoli le altre contrarie all’autenticità, tanto della relazione quanto della Carta da navegar dei fratelli veneziani. Il lettore che brami avere notizia di tutto ciò ricorra ai dottissimi lavori pubblicati, or non è molto, da Cornelio De Simoni, giudice competentissimo ed imparziale. Il quale, con ampio corredo di erudizione, ed appoggiandosi eziandio al giudizio di due sommi critici, Alessandro di Humboldt e il Nordenskiöld, riesce, nei due lavori più sopra citati, a dimostrare con tutta evidenza quanto poco sieno fondati i dubbi che vennero, specialmente in questi ultimi anni, espressi da parecchi geografi intorno alla verità dei viaggi e delle scoperte degli Zeno.

Strane e singolari parranno le particolarità che si leggono nella relazione a proposito del Chiostro di S. Tommaso e dei suoi dintorni. Ma qui viene in acconcio la testimonianza di un Islandese, Ivan Bardsen, il quale fu, nel secolo XIV, intendente del Vescovo di Gardar nella Groenlandia, e ci lasciò una preziosa descrizione delle colonie allora esistenti in quelle regioni. Ora, il fatto più interessante per la questione di cui ci stiamo occupando è questo, che, dopo aver accennato, sulla costa occidentale, un monastero dedicato a Sant’Olao e a Sant’Agostino, il Bardsen dice che nella parte più interna di un vicino fiord, [p. 166 modifica]detto Rafnfiord, si trovano alcune piccole isole abbondanti di acque termali. Senza alcun dubbio, dice qui Clemente Markham 7, si tratta delle sorgenti calde di Onartok, vicino alle quali si trovarono alcune rovine delle dimore degli antichi coloni: inoltre la posizione di Onartok coincide perfettamente col sito del monastero nella corografia di Ivan Bardsen. Riccardo Major, che si è molto occupato dei viaggi degli Zeno e della posizione delle antiche colonie scandinave o normanne sulle coste Groenlandesi, opina che il convento di Sant’Olao debbasi collocare sulle rive del golfo di Tassermiut, la cui posizione, del resto poco lontana da quella di Onartok, si confà meglio alla descrizione degli Zeno, essendovi colà un lago ed un alto monte. In riguardo di questa ultima circostanza si avverta che Antonio Zeno fu una seconda volta alla Groenlandia, dopo mortogli il fratello, e che in quella terra egli nomina un punto chiamato Trin, donde si vedeva di lontano un gran monte che gittava fumo e materie liquide e ardenti come pegola, che correvano al mare.

In una dissertazione letta all’Accademia delle Scienze di Stocolma nell’anno 1883, l’illustre Nordenskiöld così riassume le sue indagini intomo ai documenti cartografici più antichi, nei quali sono rappresentate le parti settentrionali dell’Europa e dell’America Nord-est.

1) La carta degli Zeno deve essere fondata sopra un’antica carta marittima del Nord costrutta prima del 1482, e probabilmente portata in Europa da Antonio Zeno. — 2) Non si conosce alcuna copia esatta dell’originale stesso, ma se ne conoscono però due, più o meno alterate, quella cioè dello Zeno giuniore stampata nel 1558 e nel 1561, e quella di Donis, stampata nel 1482. Sulla prima di queste due copie venne quasi esattamente conservata la distribuzione antica delle terre e del mare, ma per altro lato è stata adattata alla navigazione coll’aggiunta di vari nomi che compariscono nel testo, come le isole di Icaria, Bres, Brons, Irans, Iscant, ecc.: le isole Faröer [p. 167 modifica]e Shetland sono rappresentate assai più grandi del vero; ed in fine vi si aggiunsero le latitudini e le longitudini, di cui le prime sono generalmente troppo settentrionali. Queste alterazioni sono meno sensibili nella prima edizione della carta del Donis: buona è quella che si riferisce alla Groenlandia situata più verso il nord, per darle una posizione che meglio sì accordasse colle posteriori determinazioni fatte per mezzo della bussola, e colle idee geografiche della seconda metà del sec. XV. — 3) Le due carte del Zeno e del Donis non sono compilazioni indipendenti dalla carta originale: quella degli Zeno, più ricca e più corretta, tanto nei nomi quanto nei particolari, deve essere, delle due, la più antica. — 4) La carta delle regioni settentrionali che Antonio Zeno portò con sè dalla Frislanda deve essere considerata, dal punto di vista cartografico, come straordinariamente buona per que’ tempi, e quasi eguale a quella del Mediterraneo costrutta da Andrea Bianco. — 5) La medesima carta deve essere il risultato della esperienza di viaggi ripetuti in quelle regioni da marinai intelligenti, probabilmente prima che si introducesse colà l’applicazione della bussola nautica; dal che si deve conchiudere che, verso la fine del secolo XIV, e forse nel secolo XV, i viaggi verso la parte nord-est dell’America erano molto più frequenti di quanto generalmente si crede. — 6) Nello schizzo aggiunto da Zeno giuniore al libro pubblicato dal Marcolini nell’anno 1558 sono rappresentati, in generale con verità, i paesi circostanti alle Faröer visitati dai due veneziani insieme con un corsaro del nord8, tra cui un monastero situato probabilmente sulla costa orientale della Groenlandia, ed un porto situato in qualche luogo della costa meridionale. E bene si appone il Marinelli, affermando che la carta zeniana fu la prima a riprodurre, in forma esatta e giusta,


Note

  1. Ramusio, Navigazioni e viaggi, II, 230-233.
  2. Zurla, Dissertazioni, vol. II, pag. 76 e 77.
  3. V. pag. 33.
  4. Ramusio, vol. II dell’edizione del 1574; De Simoni, I viaggi e la carta dei fratelli Zeno veneziani, pag. 13.
  5. De Simoni, I viaggi e la carta dei fratelli Zeno veneziani, studio secondo, pag. 24.
  6. Nel 1558 fu stampata a Venezia per cura di Francesco Marcolini la relazione delle scoperte fatte da Nicolò e Antonio Zeno nel settentrione d’Europa tra il cadere del secolo XIV e il principio del seguente. L’edizione fu preparata da Nicolò Zeno giuniore, discendente diretto dal suo omonimo scopritore. Ivi però avverte il lettore che, essendo egli ancora fanciullo, aveva fatto sciupio delle lettere e carte relative, e che accortosi poi tardi della loro importanza aveva cercato di raccapezzarle il più che fosse possibile in un ben ordinato racconto, ristabilendo anche come aveva potuto la carta geografica che vi andava unita, rosa dai tarli e guasta dall’umidità, ed aggiungendovi del suo la graduazione tanto dei paralleli quanto dei meridiani.
  7. Markham, Les abords de la ragion inconnue, pag. 112.
  8. Secondo il Nordenskiöld, il personaggio che porta nella relazione il nome di Zichmni e dal quale Nicolò Zeno ebbe così buona accoglienza, non sarebbe Sinclair, conte delle Orcadi, sibbene uno qualunque degli arditi filibustieri che in quei secoli tanto infestarono il settentrione d’Europa.