Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo II/Libro IV/Capo IX

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Capo IX - Biblioteche

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Capo IX.

Biblioteche.

I. J1 deplorabile stato in cui erano comunc> mente gli studi in Italia a’ tempi di cui parliamo, ci persuaderebbe assai facilmente che scarso vi fosse stato il numero delle biblioteche e de’ libri. E nondimeno, se noi crediamo alla descrizione di Roma pubblicata dal Panciroli, e poscia dal Muratori, e che credesi fatta a’ tempi o di Onorio, o di Valentiniano III (V. Murat. Thes. Inscr. t. p. 2135), erano in Roma ventinove biblioteche: Bibliotecae xxix. Ex bis pra.eeipiute duae Palatina et Ulpia (ib. p. 2132); e lo stesso affermasi nell’altra alquanto più antica di Publio Vittore. Io confesso che non so indurmi a pensare che ve ne avesse di questi tempi in Roma un numero così grande. Dopo Adriano non veggo che alcun imperadore pensasse aa’aprire alcuna biblioteca; e al più potrebbesi credere che Gordiano rendesse pubblica quella che da Sereno Samonico avea ricevuta in dono. Che vi fosser privati verso il pubblico così liberali che a comun vantaggio le aprissero, non ne abbiamo alcun cenno negli antichi scrittori; e l’infelice condizion de’ tempi non ci permette di crederlo così di leggeri. Come dunque in Roma sì gran numero di pubbliche biblioteche? giacchè delle pubbliche ivi certamente ragionasi, non delle private. Non potrebbesi per avventura temere di qualche errore ne’ codici? Comunque sia, [p. 691 modifica]quarto (ig i reggiani* che le più celebri tra esse erano la palatina e laUlpia; quella aperta da Augusto, questa da Traiano di cui portava il-nome. Ma i disastri, i saccheggiamenti, gl’incendj a cui fu Roma soggetta dopo la morte di Teodosio, dovettero esser fatali alle biblioteche romane, come da ciò che vedremo nell’epoche susseguenti sarà manifesto. II. A questo tempo ancora appartiene l’uso più ampiamente introdotto delle biblioteche ecclesiastiche ad uso singolarmente degli studj sacri. Sembra che il primo autore ed esecutore di un tal pensiero fosse S. Alessandro vescovo di Gerusalemme verso la metà del III secolo (Euseb. Hist. eccl. l. 6, c. 20), della biblioteca del quale dice Eusebio di essersi giovato assai nel compilar la sua Storia. Finchè però la Chiesa non ebbe una stabile pace, dovette riuscir difficile il formare biblioteche di tal natura. Ma poichè le persecuzioni ebbero fine, abbiamo argomenti a credere che come altrove, così in Italia ancora, ciò fosse in uso. Le Opere di S. Ambrogio, di S. Filastrio, e di altri scrittori sacri italiani di questo tempo non potevan certamente comporsi senza l’aiuto di molti libri. Quindi ciò che di S. Ambrogio conghiettura con assai forti ragioni il ch. dottor Sassi (De studiis mediol, c. 2), adducendo il sentimento ancora di altri scrittori, cioè ch’egli avesse nella sua chiesa una copiosa biblioteca , deesi credere ugualmente degli altri vescovi ancora e delle altre chiese, o almeno di quelle che tra le altre erano per autorità e per fama più ragguardevoli. E come leggiamo di [p. 692 modifica]IN. Di quelle di lla Chiesa romana. IV. Biltliulcchc private. 692 LIBRO S. Agostino (Positi, in Vita c. 31) che vicino a morte raccomandò singolarmente a’ suoi successori la cura della biblioteca e di tutti i codici della sua chiesa d’Ippona, così non è a dubitare che uguale non fosse la sollecitudine degli altri vescovi intorno alle biblioteche della chiese lor proprie. Ma di ciò già si è accennata qualche cosa nel primo capo di questo libro. III. La Chiesa romana dovette in ciò ancora precedere coll’esempio alle altre. Noi, a dir vero, non troviam memoria di biblioteca sacra in Roma prima de’ tempi d1 Ilario che fu eletto pontefice fanno /JG i, perciocché prima di lui narra Anastasio Bibliotecario (in ejus Vita), che due biblioteche ei pose nella basilica di Laterano. Ma parmi probabile che non aspettassero fin a quel tempo i romani pontefici a procurare alla lor chiesa questo vantaggio; molto più che alcuni ve n ebbe tra essi, come S. Damaso e S. Leone, che per letteratura non meno che per santità si renderono illustri. IV. Per ciò che appartiene alle private biblioteche, come non furon molti coloro che in questi tempi attendessero agli studj, così pochi ancora dovettero esser solleciti di raccogliere libri. E nondimeno egli è verisimile che tutti gli uomini dotti anche a questa età avessero la loro propria biblioteca. Simmaco avea certamente la sua, di cui egli stesso ci ha lasciata memoria nelle sue Lettere (l.8, ep. 12). Anzi a questi tempi ancora aveano alcuni il costume di radunar gran copia di libri. lusingandosi che ciò bastasse a divenire, o almeno ad esser [p. 693 modifica]creduti uomini dotti. Quindi scherza leggiadramente Ausonio su un cotal Filomuso gramatico che per aver comprati gran libri credevasi un gran baccalare: Emptis quod libris libi bibliolbeca refe ria est, Doctum et gramaticum te, Philomuse, putas? Hoc genere et ehordas, etplectra, et barbila conde: Omnia mercatus, eras citharaedas eris. epig. 44. Ma queste private biblioteche ancora dovettero sofferire gran danno nelle invasioni de’ Barbari, e nei frequenti incendii che dal loro furore si accesero. In fatti vedremo ne’ secoli susseguenti quanto grande fosse la scarsezza de’ libri, e come perite fossero fin d’allora molte delle più pregevoli opere degli antichi scrittori, della cui perdita non potrem mai consolarci abbastanza.