Sul mare delle perle/Capitolo XV

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XV. La fuga di Jean Baret

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Capitolo XIV Capitolo XVI

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CAPITOLO XV.

La fuga di Jean Baret.

Il re dei pescatori di perle, Jean Baret ed il capitano, usciti precipitosamente dal tempio, portando con loro le armi, videro Durga e l’altro marinaio inginocchiati dietro una sfinge, che si alzava in mezzo al pianerottolo.

— Padrone — disse il luogotenente — i cingalesi hanno scoperto il nostro rifugio.

— Li hai veduti?

— Ho udito un latrato sommesso.

— Dove?

— È partito da quel gruppo di bambù, che vedi dinanzi a noi. Vi devono essere degli uomini nascosti là dentro.

— Vengano pure.

— E non è tutto.

— Che cosa c’è d’altro.

— In lontananza ho udito nuovi latrati.

— Vuol dire che altri uomini stanno attraversando la jungla, — disse il francese. — Amali, se noi abbandonassimo questo tempio, ora che Maduri non vi è più d’impaccio? [p. 216 modifica]

— Mi pare che sarebbe peggio, avendo da combattere con tanti uomini, che possono assalirci da tutte le parti.

— E se ci assediassero sarebbe peggio — disse Jean Baret. — Fuggendo possiamo sperare di raggiungere il lago.

— E Maduri?

— Verremo a ritrovarlo più tardi. Anzi lasciando il tempio allontaneremo il pericolo che possa venire scoperto. Decidete prima che i cingalesi diano l’assalto. L’oscurità è fitta e la jungla è molto folta. Scivolando senza far rumore fra i vegetali, si potrebbe sottrarsi alla caccia.

— Sì, avete ragione, Jean Baret — rispose Amali. — Ci siete tutti?

— Tutti.

— Durga, mettiti alla testa; i marinai alla retroguardia.

Scesero cautamente la scala, strisciarono lungo le muraglie e, tenendosi nascosti dietro le macerie giunsero dietro il tempio.

— Se potessi trovare l’inferriata e avvertire Maduri — disse Amali.

— Non perdiamo tempo, — comandò Jean Baret.

— I cingalesi sono più vicini di quello che crediamo. Del ragazzo ci occuperemo domani.

Si slanciarono nella jungla, strisciando cautamente fra i bambù e le canne spinose, col dito sul grilletto del fucile, gli occhi fissi dinanzi a loro e gli orecchi tesi per raccogliere il più lieve rumore.

Un latrato sommesso li avvertì che i cingalesi erano a breve distanza. [p. 217 modifica]

— Vengono — disse Jean Baret.

Uno scoppio d’urla acute ruppe il silenzio. I cingalesi si slanciavano all’assalto del tempio, credendo che i fuggiaschi vi si trovassero ancora.

— Se tardavamo pochi minuti eravamo presi — disse il francese. — Mentre ci cercano, fuggiamo.

— Tremo per Maduri — disse Amali con angoscia.

— Non possono trovarlo e poi anche scoprendo la pietra, nessuno potrebbe scendere. Si trova più al sicuro di noi.

Le urla continuavano, accompagnate da colpi di fucile. I cingalesi battagliavano contro i muri del tempio e contro la statua di Budda.

— Bella sorpresa — disse Jean Baret, ridendo.

Ad un tratto le grida e le fucilate cessarono. I cingalesi dovevano essere entrati.

, cercateci — mormorò Durga. — Perderete del tempo che noi metteremo a profitto.

Fuggivano a precipizio, ansiosi di giungere al lago e di ritrovare il Bangalore, sul quale avrebbero potuto deridersi di tutte le forze del marajah.

Le canne di quando in quando li arrestavano, costringendoli a fare dei giri viziosi, essendo per lo più spinose. Per peggio il suolo, che diventava umidissimo, ritardava la loro marcia.

In certi momenti lo sentivano cedere e sprofondavano fino ai garetti.

Correvano da venti minuti, quando udirono dinanzi a loro dei latrati.

— Fermi, — disse Durga. — Vi è una colonna che ci marcia incontro. [p. 218 modifica]

— Preparate le armi — comandò Amali freddamente.

Si strinsero in circolo, puntando le carabine da tutte le parti e attesero intrepidamente l’attacco.

Si erano appena preparati, quando si videro balzare addosso quattro o cinque cani, i quali si misero a latrare con furore.

Jean Baret col calcio del fucile ne accoppò uno, costringendo gli altri a retrocedere.

— Ecco i cingalesi — gridò Amali.

Degli uomini accorrevano da tutte le parti urlando. Erano trenta, quaranta, forse anche di più.

I sei fuggiaschi fecero fuoco quasi a bruciapelo, poi, impugnate le carabine per le canne, si scagliarono sugli assalitori, fracassando teste e sfondando petti.

Fu una difesa che durò appena dieci secondi. Una valanga di cingalesi si rovesciò addosso a loro, stringendoli da tutte le parti ed in un baleno li atterrarono coprendoli alla lettera.

Per alcuni istanti quella montagna di corpi umani sussultò, poi i sei disgraziati fuggiaschi, quasi soffocati, cessarono ogni resistenza.

Urla di trionfo salutarono quella insperata cattura. Venti mani afferrarono Jean Baret, il quale si trovò subito legato così bene da non poter più fare il menomo movimento.

— L’uomo bianco! L’uomo bianco! — gridavano tutti. — L’abbiamo preso!

— Vi siete guastate le unghie? — chiese il francese ironicamente. — Venti contro uno! Bella prodezza in fede mia, canaglie! [p. 219 modifica]

Si guardò intorno e vide i suoi compagni del pari legati. Un freddo sudore gli bagnò la fronte.

— Povero Amali, — mormorò. — Potesse almeno salvarsi Maduri!... Il ragazzo è forte ed energico e forse riuscirà a trarsi d’impiccio. In quanto a noi..... è finita!...

I cingalesi avevano fatto avanzare alcuni servi, che portavano delle barelle formate da tele stese su due lunghe pertiche e che vengono per lo più usate da quegli isolani pel trasporto dei viveri.

Il francese fu gettato su una, poi coperto da una seconda tela per impedirgli di fare qualsiasi movimento, quindi quattro uomini l’alzarono e partirono a corsa sfrenata attraverso la jungla.

— Hanno fretta di portarmi dal marajah, — mormorò il povero cacciatore. — Che cosa farà di me quel cannibale? Mi farà schiacciare dagli elefanti. Se potessi battermela? Proviamo a sciogliere i legami.

Tentò di allargare le corde, facendo sforzi poderosi e dovette ben presto convincersi che ogni tentativo sarebbe stato vano.

— È inutile, — disse. — Rassegniamoci a rivedere il marajah ed a morire. Già senza l’intervento di Amali i selvaggi mi avrebbero ammazzato, quindi posso affrontare ancora la morte. Era destinato che Ceylan dovesse essermi fatale. Eppure se potessi fuggire.... ah!....

Nel dimenarsi aveva sentito un oggetto che gli aveva ammaccato il ventre.

— M’hanno lasciato il pugnale — esclamò. — [p. 220 modifica]Nell’oscurità non si sono accorti che l’avevo sotto la fascia. Se potessi prenderlo? Questi uomini corrono come demoni e non s’accorgerebbero subito dell’alleggerimento della barella.

Rianimato dalla speranza di poter riacquistare la libertà; Jean Baret rinnovò gli sforzi. Se riusciva a liberare un braccio e afferrare il pugnale, poteva tentare la salvezza.

Le corde gli entravano nelle carni, producendogli dolori acuti, nondimeno continuava a fare sforzi erculei per allargarle.

Dopo qualche po’, sentì che il braccio sinistro, a poco a poco, scivolava fra i nodi. Raddoppiò le trazioni e finalmente liberò il polso. Era già qualche cosa.

Torcendo la mano fino quasi al punto di slogarla, l’accostò alla fascia e riuscì a afferrare il pugnale. Con un grande sforzo potè trattenere un grido di gioia.

I portatori, che correvano sempre all’impazzata e che non si preoccupavano che di evitare le canne spinose, non si erano accorti di nulla. E poi, come abbiamo detto, una seconda tela copriva il prigioniero.

Jean Baret tagliò una prima corda, poi una seconda, quindi adagio adagio, senza scosse, liberò tutto il corpo.

— Ora sventrerò la tela inferiore e mi lascierò cadere.

Un pensiero lo trattenne.

— E se dietro questi portatori ci sono gli altri? — si chiese. [p. 221 modifica]

Tese gli orecchi e non gli parve di udire la corsa d’altri uomini.

— Perduto per perduto, tentiamo, — disse.

Tagliò senza far rumore la tela, in tutta la sua lunghezza, poi approffitando d’un salto fatto dai portatori per evitare qualche buca o qualche radice, si lasciò cadere al suolo, senza abbandonare il coltello.

Per una fortuna inaudita, era andato a cadere precisamente in un fossatello, che i portatori stavano saltando, sicchè non andò a urtare fra le gambe di coloro che venivano dietro.

I cingalesi, che correvano come lepri, avevano continuato la loro via, senza nemmeno accorgersi di quell’improvviso alleggerimento della barella. Non dovevano però andare molto lontani.

Jean Baret si era alzato precipitosamente e non vedendo nessuno, si era scagliato fra i bambù, correndo a perdifiato.

Aveva percorso due o trecento passi, quando udì i portatori gridare come aquile.

— Se ne sono accorti, — disse Jean Baret, raddoppiando la corsa. — Trovatemi ora! Ho le gambe più buone delle vostre.

Il francese, che era realmente un buon corridore, galoppava sfrenatamente, mentre i portatori, sorpresi da quella misteriosa scomparsa, che aveva per loro del soprannaturale, perdevano il loro tempo a discutere ed a strapparsi i capelli, prevedendo chissà quali terribili castighi da parte del loro feroce principe.

Jean Baret continuò la sua corsa per una [p. 222 modifica]buona mezz’ora, ossia finchè si vide fuori della jungla.

Dinanzi a lui vi era la foresta, più folta ancora della jungla, con macchie così folte da far impazzire perfino i cani.

— Deve scendere verso il lago — disse Jean Beret, respirando a pieni polmoni. — Se riesco a trovare il Bangalore, Amali può avere ancora qualche speranza di salvare la pelle senza perdere Mysora. Mysora! Con quella ragazza ha ancora una buona carta in mano e potrà cavarsela. Andiamo a cercar la nave e poi a liberare Maduri. Povero ragazzo, come si sarà spaventato udendo quelle grida e quelle fucilate! Può crederci tutti morti.

Vedendo dei banani maturi, ne mangiò un paio per dissetarsi, poi riprese la corsa, guardandosi alle spalle per vedere se i portatori lo inseguivano.

Dalla parte della jungla non si udiva più alcun rumore. I cingalesi dovevano averla abbandonata portando con loro i prigionieri.

— È stata una fortuna che siano rimasti indietro — disse Jean Baret. — Si vede che premeva loro di condurre prima me dinanzi al marajah e che non avevano riconosciuto Amali. Meglio così, perchè diversamente il mio giuoco non sarebbe riuscito. Ecco una brezzolina che annuncia la vicinanza del lago. Un’altra galoppata ancora e giungerò sulle sue rive.

Incoraggiato dal silenzio che regnava in quei dintorni e convinto che i cingalesi avessero preso un’altra via, il francese riprese la corsa, meno [p. 223 modifica]sfrenata però, non volendo giungere al lago interamente esausto.

La traversata di quell’ultimo tratto di foresta la compì felicemente, quantunque avesse veduto passare una tigre la quale, per sua buona fortuna, non l’aveva nemmeno guardato.

Alle tre del mattino Jean Baret si fermava sulla riva del lago e precisamente quasi di fronte alle tre isole.

Aveva appena dato uno sguardo, quando vide il Bangalore che stava in quel momento girando la terza isola, dirigendosi verso la palude.

— Che fortuna inaudita! — esclamò il francese, che non poteva quasi credere ai proprii occhi. — C’è qualcuno che mi protegge.

La nave passava a soli quattro o cinquecento metri dalla riva.

Jean Baret, credendo di non aver ormai più nulla da temere, colle mani fece portavoce e gridò:

— A terra! Sono il cacciatore francese, l’amico di Amali!

Sulla nave vide delle forme umane agitarsi, udì delle voci, quindi vide le vele cambiar di posto.

— Mi hanno riconosciuto — disse. — Ormai sono salvo.

No; aveva pronunciata quella parola troppo presto, perchè nell’istesso momento udì una voce gridare in cingalese:

— Eccolo! L’abbiamo raggiunto!

Jean Baret si era voltato col pugnale in mano.

Quattro uomini erano usciti dalla foresta e gli [p. 224 modifica]correvano addosso. Conobbe subito i portatori del palanchino.

— Amici! — gridò ai marinai del Bangalore. — Presto mi uccidono!

Un cingalese, che doveva essere più lesto degli altri, gli balzò addosso, tenendo in mano un coltellaccio.

Il francese con una rapida mossa si sottrasse all’attacco, poi piroettando velocemente su sè stesso, gli vibrò una tale pugnalata da stenderlo al suolo, senza che gettasse un grido.

— Ecco uno che non parlerà più — disse.

Poi si scagliò contro il secondo mentre dalla nave partivano alcuni colpi di fucile che gettarono a terra gli altri due.

Il francese ed il cingalese si afferrarono e mezzo corpo, lottando vigorosamente e cercando di atterrarsi.

L’isolano, che era alto e robusto, resisteva tenacemente agitando il coltellaccio, ma Jean Baret non si lasciava colpire.

Dal Bangalore si udivano i marinai gridare:

— Resistete un momento, signore, veniamo in vostro aiuto!

E Jean Baret teneva duro, stringendo sempre più l’avversario per impedirgli che si servisse del coltellaccio. Vedendo però che stava per essere sopraffatto, gli diede uno sgambetto, poi sul momento che stava per perdere l’equilibrio, gli cacciò la lama del pugnale nella gola, troncandogli la carotide.

Il Bangalore era giunto alla riva ed alcuni [p. - modifica]Due uomini saltano in acqua, tagliando.... (pag. 245). [p. 225 modifica]uomini, armati di fucile, correvano in soccorso del francese.

— È inutile, — diss’egli. — Sono tutti morti, miei cari amici.

— Non siete ferito? — chiese un vecchio pescatore che pareva un sotto-capo.

— Nemmeno una scalfittura.

— Ed il padrone?

— È stato preso dal marajah.

— Il padrone prigioniero! — esclamarono i marinai, con terrore.

— Signore, — disse il vecchio pescatore — quando è stato preso?

— Tre ore fa.

— E Durga?

— Anche lui è nelle mani del marajah, come lo sono i due marinai.

— Son tutti perduti! Oh! Disgrazia! Disgrazia!

— Sei tu che comandi a bordo in assenza di Amali e di Durga? — chiese Jean Baret.

— Sì, signore.

— Perchè non sei venuto alla palude?

— Non è stata colpa mia, signore — rispose il vecchio, quasi piangendo. — La marea ci aveva lasciati in secco, e quando cercammo di rimetterci alla vela, la nave non si potè più muovere. Nessuno sospettava che l’acqua si abbassasse tanto.

— Ed è il vostro ritardo che ci ha perduti. Avevamo già rapito il giovane Maduri, quindi se la nave giungeva eravamo tutti salvi.

— Ed è stato ripreso anche lui?

— No, anzi bisognerà andarlo a cercare. [p. 226 modifica]

— Dove?

— È nascosto in una pagoda, che si trova in mezzo ad una jungla.

— Signore, non potremo salvare il padrone? Noi siamo tutti a vostra disposizione e vi obbediremo come se voi foste il re dei pescatori di perle.

— Siete pronti a dare anche la vostra vita per salvare Amali?

— Sì, tutti, — risposero i pescatori ad una voce.

— L’impresa sarà difficile, tuttavia io ho ancora qualche speranza, — disse Jean Baret, come parlando fra sè stesso. — Purchè il marajah non torni subito a Jafnapatam, allora tutto sarebbe perduto.

Chiamò intorno a sè tutti i pescatori e narrò loro brevemente quanto era avvenuto in quella notte.

Quand’ebbe finito, si volse verso il vecchio, dicendogli:

— Al mio posto, che cosa faresti prima di tutto?

— Andrei a liberare Maduri, signore. Quel povero ragazzo deve essere molto inquieto e anche assai spaventato.

— È quello che faremo subito. E poi?

— Manderei degli uomini a spiare ciò che succede sul campo del marajah, per concertare poi qualche piano che abbia la possibilità d’un buon esito.

— Tale era infatti la mia idea, — disse Jean Baret. — Il marajah, prima di domani, non prenderà alcuna decisione verso i prigionieri. Hai due uomini fidatissimi, astuti e coraggiosi?

— Lo sono tutti.

— Li manderemo verso la palude. Con tanta gente che vi è colà, potranno entrare nel campo, [p. 227 modifica]senza che nessuno se ne accorga, per recarci poi preziose informazioni. Da quello che verremo a conoscere ci regoleremo per tentare la liberazione di Amali e dei suoi compagni. Ora scegli dieci uomini che mi accompagnino alla pagoda. A quest’ora i cingalesi avranno abbandonato la jungla.

— Ed io, signore?

— Tu rimarrai a guardia del Bangalore assieme agli altri e ti nasconderai in mezzo a quelle isole, tenendo pronte le spingarde. Quando udrai un colpo di fucile, accorrerai a imbarcarci. Avanti gli uomini, che devono accompagnarmi al tempio!

Dieci pescatori, armati di carabine, di pistole e di scimitarre, si fecero innanzi schierandosi dietro al francese.

— Solidi ed agili — disse questi. — Amali sa scegliere i suoi uomini.

— Buona fortuna, signore, e tornate presto, — augurò il vecchio pescatore.

— Manda subito a spiare il campo.

— Sono già pronti.

— Partiamo — disse Jean Baret ai suoi uomini. — Avrei desiderato riposarmi un po’ dopo tante corse; lo farò più tardi se mi rimarrà qualche ora di tempo e se gli avvenimenti non incalzeranno. Ci sarà da fare per togliere Amali dalle mani del marajah, tuttavia faremo il possibile. Nel caso che lo volesse tenere prigioniero, mi metterò io alla testa dei pescatori di perle e faremo la guerra.

Un po’ consolato da quell’idea, si mise in cammino di buon passo, attraverso la foresta.

Cominciava ad imbiancare il cielo, però il [p. 228 modifica]sole doveva alzarsi molto più tardi. Gli animali, vedendo albeggiare, fuggivano da tutte le parti per raggiungere i loro covi, mentre i kalao, dal becco enorme, si svegliavano facendo udire i loro cra-cra monotoni.

La foresta fu passata e la jungla comparve col suo caos di vegetali.

Essendo situata sopra un pendio che scendeva dolcemente, si poteva vedere subito se vi erano degli uomini in marcia.

Il francese, prima di cacciarsi fra le canne ed i bambù, la guardò a lungo, interrogando anche i suoi uomini, che dovevano avere, come tutti i marinai, buoni orecchi e buoni occhi.

— Non si vede nulla — disse. — I cingalesi l’hanno sgombrata, ben lieti di condurre al loro signore i prigionieri.

In alto appariva il tempio, colle sue pareti quasi nere e screpolate, nascosto da alcuni banani ricchi di fogliame. Anche lassù non si scorgeva alcuno.

— Se ne sono proprio andati, — soggiunse Jean Baret. — Che abbiano preso anche Maduri?

A quel pensiero il brav’uomo si sentì come una ferita al cuore.

— No — continuò — non è possibile. Era troppo ben nascosto e l’apertura era troppo stretta. Maduri non si sarà tradito.

Entrò nella jungla e cominciò a salire, preceduto da quattro uomini e fiancheggiato dagli altri sei, i quali tenevano le carabine in mano.

Anche in mezzo a quei vegetali non vi era nessuno. Solamente qualche cervo o qualche antilope, [p. 229 modifica]sorpresi nel loro sonno, fuggivano a rompicollo, sfondando impetuosamente le macchie o saltandole con agilità straordinaria.

Quando furono presso il tempio, Jean Baret, che era coraggioso quanto prudente, fece fermare i suoi uomini, volendo prima assicurarsi che non vi fosse proprio nessuno.

Dopo d’aver ascoltato un po’ senza udire alcun rumore, nè veder comparire alcuno sulla scala, si fece innanzi pian piano, comandando ai pescatori di preparare le armi.

Salì la scala, attraversò il largo pianerottolo ed entrò nella pagoda. Non vi era nessuno.

Corse innanzi alla statua di Budda e constatò, con gioia, che la pietra non era stata levata.

— Maduri deve essere ancora qui sotto, se non ha forzato l’inferriata.

Prese l’anello e lo tirò a sè, alzando la pietra.

— Maduri! Maduri! — chiamò.

Una voce, che subito riconobbe e che gli fece balzare il cuore, gli rispose.

— Siete voi, signore?

— Sì, sono io, Jean Baret.

Il ragazzo comparve sotto l’apertura.

Il francese lo prese per le braccia e lo tirò fuori.

— E mio zio? — chiese il ragazzo, non vedendolo fra gli uomini che lo circondavano.

— Disgrazia, mio buon ragazzo, disgrazia! Tuo zio, Durga, il capitano ed i due marinai sono stati presi dai cingalesi.

Due grosse lagrime spuntarono sulle ciglia del giovane. [p. 230 modifica]

— Mio zio prigioniero del marajah! — gemette, mentre un pallore cadaverico si diffondeva sul suo viso. — Grande Budda!... È perduto! Signore, credete che tornando io dal marajah potrei salvarlo? Parlate: sono pronto a farlo.

— Per tenervi poi tutti e due? No, mio valoroso Maduri, tu rimarrai con me e sotto buona guardia.

— E mio zio?

— Lo salveremo, non dubitare.

Il fanciullo scosse il capo, mentre due nuove lagrime gli bagnavano le gote.

— Il marajah è cattivo, e lo ucciderà.

— E noi, non ci conti?

— Lo salverete?

— Lo tenteremo.

— Il marajah è potente, signore, mentre voi non avete che dieci uomini.

— Che valgono cento cingalesi: e poi ve ne sono degli altri sul lago e abbiamo anche una nave bene armata, quella di tuo zio.

— Sarete sempre in pochi.

— Oggi forse sì; fra pochi giorni saremo in diecimila, od il doppio perchè tutti i pescatori di perle obbediscono a tuo zio. Se sarà necessario noi andremo a radunarli e li avventeremo contro Jafnapatam. Chi potrà resistere ad una simile fiumana di persone decise a tutto? Vieni, Maduri, torniamo verso il lago e aspettiamo gli eventi. Ti dico che rivedrai presto tuo zio.