Trattato di archeologia (Gentile)/Arte romana/II/Terzo periodo/Architettura

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Terzo periodo - Architettura

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II - Terzo periodo II - Plastica
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A. — Architettura.


L’impero degli Antonini segna la decadenza delle arti in Roma. A volta si rianima anche dopo l’attività edificatrice nell’Impero romano; ma sempre maggiore è la deviazione dalle forme architettoniche antiche e l’introduzione di elementi nuovi, con prevalenza del pomposo e del ricco in luogo del semplice e del bello. Si moltiplicano le forme e gli elementi accessori degli ornamenti, la chiarezza del pensiero architettonico si offusca; mensole a sostegno di statue, colonne per semplice ornamento posate su cornicioni sporgenti, colonne e pilastri finti, un moltiplicarsi di archi posanti sulle colonne dànno ricchezza e varietà agli edifizî, che rimangono ancora mirabili per solida e sontuosa grandiosità. Testimonianza di tali caratteri dànno le notizie e le ruine dei grandi edifizî posteriori agli Antonini, che in gran numero abbellirono Roma e le città dell’Impero.

1. Il Settizonio. — Settimio Severo a piedi del Palatino fece erigere il Septizonium, del quale rimanevano ancora grandi avanzi nel secolo XVII. [p. 320 modifica]Sembra fosse un edifizio sepolcrale di ricchissimo lavoro a sette ordini di colonne (ved. tav. n. 82).

2. L’arco di Settimio Severo. — Di vari archi costruiti sotto Settimio Severo esiste ancora quello trionfale, che all’imperatore ed ai figli suoi Caracalla e Geta fu eretto dal Senato e dal popolo a piedi del Capitolino, nell’estremo del Foro romano. Messo a confronto coll’arco di Tito dà prova evidente di quel gusto sontuoso che faceva deviare dalle norme della semplicità antica. Sono tre le arcate, una grande mediana fiancheggiata da due minori; ne risulta che il monumento ha proporzioni maggiori in larghezza che non in altezza, formando una massa grandiosa ma alquanto greve. Le due fronti sono ornate di quattro colonne d’ordine composito, su cui posa la sporgenza del cornicione; negli spazî intermedi fra le colonne s’inquadrano molti bassirilievi rappresentanti le vittorie riportate contro i Parti, gli Arabi, gli Adiabeni (ved. per l’epigrafe: S. Ricci, Epigr. lat. tav. XLIII).

3. L’Arco di Costantino. — Le medesime forme e il medesimo stile vedonsi nell’arco di Costantino presso il Colosseo, che, eretto dopo l’anno 312 in ricordo della vittoria riportata da Costantino contro Massenzio a Ponte Milvio, può riguardarsi come il monumento che inaugura la ricognizione del Cristianesimo; straricco di statue e di bassirilievi, ma non genuino, perchè per la fretta del costruire, o per l’impotenza dell’arte, porta seco molte opere plastiche tolte dall’arco di Trajano; perciò nell’arco di Costantino, con un anacronismo strano, trovansi insieme raccolti i saggi di due momenti dell’arte romana, nei quali i buoni lavori dell’età di Trajano in confronto con quelli dell’età più tarda mostrano la decadenza dell’arte in Roma (ved. Atl. [p. 323 modifica]cit., tav. LXXVIII); per l’epigrafe S. Ricci, op. cit., tav. XLIV-XLV1.

4. Le Terme di Caracalla e di Diocleziano e le loro opere d’arte. — Testimonianza dei grandiosi monumenti di quest’età danno le rovine delle Terme di Caracalla, fra il Celio e l’Aventino, il più grande e più splendido edificio balneare che fosse in Roma (ved. Atl. cit., tav. LXXIX). Alimentate dall’acqua che passava sull’arco di Druso, comprendevano le terme di Caracalla ampî spazî aperti e gran numero di vastissime e sontuose sale, e porticati destinati, oltrechè ai bagni, anche ad esercizî ginnastici, a giuochi, ad academie e a dotte riunioni. Tutti i porticati e le sale erano ornati con singolare ricchezza di opere d’arte, di grandi mosaici, e di sculture de’ più insigni maestri dell’antichità (ved. tav. 84). Dalle rovine delle terme di Caracalla e da altri edifici si trassero il gruppo del Toro Farnese, l’Ercole di Glicone, il torso di Belvedere, per non dire di molte altre opere minori2.

Ma nemmeno queste sontuose terme3 non bastarono al lusso ed alla mollezza romana; altre nuove [p. 324 modifica]e ancor maggiori ne edificò Diocleziano; in una delle ampie sale di queste terme fu poi inalzata la chiesa di S. Maria degli Angeli4. E altre ancora ne costrusse Costantino.

Alle cause interne che alteravano o svigorivano lo spirito dell’arte ancòra se ne aggiungevano di esterne; già erano incominciate le invasioni barbariche oltre i confini dell’Impero, e ai tempi di Gallieno eransi spinte fino al settentrione d’Italia; in pari tempo l’Impero era scosso all’interno, come fu nella lunga contesa dei trenta tiranni. Per queste due cause di fatto cresceva ed estendevasi l’attività edificatrice, sia per munire con opere di difesa le città minacciate ed anche la stessa capitale, sia per abbellire nei lunghi respiri di pace queste ed altre città, che, o nello smembramento dell’Impero o per importanza strategica della loro posizione, erano elette a sede di principi. Ma in queste città gli elementi nuovi, le straniere o barbariche influenze acquistarono sopra le forme antiche una prevalenza sempre maggiore, e l’architettura romana, considerata nei suoi elementi estetici, alteravasi appunto con l’estensione maggiore. Al principiare del III secolo crebbero in importanza e s’abbellirono di molte opere Milano, Verona, Treviri, Cartagine, Nicomedia, Petra sul Mar Rosso, Antiochia ed Eliopoli, e Tadmor, o Palmira in Siria.

5. Le rovine di Palmira. — Quest’ultima città, fondata ai tempi di Salomone, cioè nell’XI sec. a. C., divenne un grande emporio commerciale, fu sede dell’Impero del re Odenato e della regina [p. 326 modifica]Zenobia, e venne da Aureliano conquistata l’anno 273 d. C.; fra le sue grandiose rovine sorgenti nel deserto ammirasi lo stile corinzio del III secolo.

6. Il palazzo imperiale a Spalato (o Spàlatron). — Splendido esempio dell’architettura romana ai tempi di Diocleziano abbiamo nelle grandi reliquie del palazzo imperiale a Spalato (ved. tav. 85). Quello che già fu osservato per Adriano potrebbe ripetersi anche per Costantino, cioè che, se per favore di principe l’arte potesse rifiorire, nuovo splendore avrebbe trovato al tempo in cui, trasferita la capitale a Bisanzio, l’imperatore ornava la sua città di molti e grandiosi edificî, di fori, d’ippodromi, di terme, di circhi, d’archi e di colonne trionfali, affinchè degnamente rivaleggiasse con Roma, mentre restorava altre città dai danni patiti, e fondava scuole per lo studio delle arti. Ma invece con Costantino l’arte classica ha suo fine; nel IV secolo il mondo pagano in sèguito alla proclamazione del Cristianesimo si dissolve; nasce l’arte cristiana. Il tempio dell’ antico politeismo più non risponde al nuovo pensiero religioso, e si costruisce la basilica cristiana, che non ha di comune con la pagana se non il nome, e si sviluppa e si forma per altri e ben diversi ufficî. Uno spirito nuovo informava l’arte, che non spezzava interamente il legame con l’antico, bensì tramutavasi con un lento e graduale svolgimento, poichè il pensiero animatore dell’arte mutava, ma le forme dell’espressione rimanevano ancora antiche, e, malgrado l’aborrimento dei Cristiani, era inevitabile che questi usassero materiale antico e pagano per riedificare ed ornare i nuovi monumenti. L’arte classica si spense col cessare di quelle forze che in Roma le avevano dato rinvigorimento di vita. La potenza politica romana trasse a sè la vita artistica del mondo ellenico; [p. 329 modifica]se non chè, siccome il centro della vita politica era spostato a Bisanzio, l’opera di spogliazione della Grecia continua, ma la preda è trasportata nella nuova capitale dell’Impero, dove Costantino e Teodosio cercano di dare nuovo impulso all’arte, e dove essa più da presso sente gli influssi orientali e barbarici, dai quali si sviluppa lo stile bisantino.


Tavole

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Il “Septizonium„ di Settimio Severo.


Edificio decorativo sul Palatino (ricostruzione).



Tavola 82.


Il Settizonio fu distrutto sotto Sisto V. Ved. Schneider, Das alte Rom, XIII, 9; Cfr. 46° Berliner Winckelmannsprogramm di Hülsen-Gräf (tav. IV).


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Pianta del Circo di Massenzio a Roma


(conosciuto sotto il nome di “Circo di Caracalla„).



Tavola 83.


Ved. Melani, Architettura cit., pag. 123, fig. 67.


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Pianta delle Terme di Caracalla a Roma.




Tavola 84.


Ved. Melani, Architettura cit., pag. 121, fig. 66; cfr. idem, tav. XI (“Frigidarium„ delle Terme di Caracalla a Roma, secondo una ricostruzione ideale).


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Pianta del Palazzo di Diocleziano a Spalato.



Tavola 85.


Ved. Melani, Architettura, cit., pag-. 177, fig. 76.


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L’Arco di Giano Quadrifronte all’ingresso del Foro Boario a Roma


(verosimilmente dell’età costantiniana).



Tavola 86. - Ved. Strack, Baudenkmäler des alten Rom, tav. 32; cfr. Borsari, Topografia di Roma antica, Milano, Hoepli, 1897, pag. 371-372.


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Pianta della Basilica di Costantino a Roma.



Tavola 87.


Ved. Melani, Architettura, pag. 115, fig. 64.


Note

  1. Ved. E. Petersen, I rilievi tondi dell’arco di Costantino, Mittheil. d. k. d. arch. Instit.; Röm. Abtheil., vol. IV (1889), pag. 314-339, tav. XII. Cfr. A. Monaci, Le sculture aureliane sull’arco di Costantino in Bull. Com. arch. di Roma, 1900, pag. 75 e segg.
  2. Ved. Gentile, Storia dell’arte greca, op. cit., pag 171, 189, 190-91.
  3. Sulle terme di Caracalla ved. Blouet, Restauration des thermes d’Antonin Caracalla. Parigi, 1828. Su quelle di Diocleziano ved. E. Paulin, Les thermes de Diocletien (Restauration des mon. ant.). Cfr. gli studi su altre terme, come p. es., su quelle di Civitavecchia: G. Torraca, Delle antiche terme taurine esistenti nel territorio di Civitavecchia. Roma, 1761; su quelle di Pisa: C. Lupi, Nuovi studi sulle antiche terme pisane. Pisa, 1885; per Pompei: Terme stabiane, in Nissen, Pompejanische studien, pag. 140 e segg. Ved. S. A. Iwanoff, Aus den Thermen des Caracalla. Mit Erlaüterungen von Chr. Hülsen. Berlino, 1891.
  4. Cfr. Fr. Cerasoli, Documenti inediti medievali circa le terme di Diocleziano e il Mausoleo di Augusto, in Bull. Comm. arch. comun. di Roma 1895, pag. 301 e segg.