Un tallero di Sabbioneta

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Giuseppe Ruggero

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Un tallero di Sabbioneta Intestazione 6 ottobre 2011 75% Numismatica

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UN TALLERO DI SABBIONETA




Questa moneta, quantunque senza data, segna la fine della monetazione di Sabbioneta, e rappresenta come unico tipo finora conosciuto una nuova serie, quella cioè di Luigi Caraffa solo, dal 1637 al 1638.

Dopo la serie di Vespasiano Gonzaga che va distinta per molte e buone monete, segue quella della figlia Isabella col marito Luigi, dal 1591 al 1637, che comprende finora alcune poche monete in mistura e rame, delle quali la più importante per valore è il cavallotto. Questo, conosciuto soltanto per mezzo di documenti dal P. Affò, venne pubblicato dal Kunz1 e poi dallo Ambrosoli in una sua variante2. Per ultimo, in un Catalogo di vendite [p. 366 modifica]3 è descritta una prova di scudo in rame, collo stemma al diritto e la Madonna al rovescio, colla data del 1605, di mediocre conservazione, del quale riparlerò in seguito.

La nuova moneta, che qui sopra ho disegnato, è una contraffazione del tallero del Brabante.

D/MO • NO • ALOY •• CARF (sic) • DVX • SAB

Mezza figura di guerriero sopra lo scudo del leone rampante.

R/ • CONFIDENS • DNO • NON • MOVETVR •

Leone rampante.

Peso Gr. 25,36. — Buona conservazione. !

Fa parte della collezione del Dott. Arcari Segretario Generale dell’Ufficio Prov. di Cremona, il quale cortesemente mi invitò a pubblicarla.

Se è una vera contraffazione per il tipo, è invece una delle più spudorate falsificazioni per il metallo. A primo aspetto mi parve quasi migliore delle solite contraffazioni di scudi e talleri, tanto che io rimasi sorpreso di trovare una simile moneta con titolo apparentemente alto, uscita da una zecca che in quell’epoca era scaduta d’assai. Poi, guardandola meglio, mi avvidi che la superficie non era omogenea, ma pareva ricoperta in diversi punti da una foglia più chiara e lucente. Assaggiata al tocco, si dimostrò d’argento in quei tratti dove persisteva la sottile fodera, mentre la lega biancastra del corpo della moneta non dava segno alcuno di quel metallo.

Non risultava sino ad oggi, che io mi sappia, che il Caraffa avesse coniato da solo: ma d’altronde era facile di supporlo, essendogli rimasto il Ducato [p. 367 modifica]dal 1637 sino alla sua morte. Veramente il Litta4 si limita a dire che alla morte della Duchessa, avvenuta il 10 feb. 1637, il Ducato venne consegnato agli spagnuoli, i quali ne misero in possesso Anna Caraffa moglie a Ramires de Guzman Duca di Medina las Torres, malgrado i diritti del Principe di Bozzolo, che ne avea ricevuto precedentemente l’investitura imperiale. Il Racheli5 non fa per noi perchè termina le sue memorie nel 1591. Ci rimane l’Affò6: questi ci riferisce che dopo la morte della Duchessa, un Governatore reggeva il Ducato a nome del Duca Luigi: e che un anno dopo, dunque nel 1638, morì a sua volta il vedovo marito. Questo nuovo tallero vien dunque opportunamente a dar ragione all’Affò, ed a confermarci che il possesso di Sabbioneta passò ad Anna Caraffa, nipote ai defunti coniugi, perché figlia di Antonio premorto ai genitori, non già nel 1637, come sembrerebbe leggendo il Litta, ma bensì nel 1638. Rimaneva quindi tempo sufficiente al Duca Luigi di coniare questa e forse anche altre monete.

L’esempio di questo pseudo tallero di Sabbioneta ha forse suggerito al Principe di Bozzolo la coniazione dello stesso tipo, variandone però la leggenda al rovescio come ce ne dà notizia l’Affò7, ripetuto certamente in anni diversi, perchè se ne conosce altra variante del 16598, che il possessore dice essere di mistura con pochissimo argento. Lo stesso tipo del Tallero del Brabante fu imitato anche in altre zecche, come a Loano nel 1669; e probabilmente [p. 368 modifica]era già stato coniato in Correggio fin dal 1620 circa, quantunque non se ne conoscano esemplari effettivi, volendosi ritenere che il famigerato Rivarola non abbia trascurato di valersi della concessione avuta9.

Questa falsificazione, che invece di essere di mistura più o meno cattiva, è addirittura di un metallo privo di qualsiasi valore foderato di argento, conferma in parte la ipotesi del Dott. Umberto Rossi10 a proposito della prova di scudo del 1605 del Catalogo Rossi già citato: cioè che la presunta prova di zecca possa essere invece uno scudo effettivo. Egli dice che può essere di mistura, bassissima da parer rame a chi non l’assaggi colla pietra; ed io aggiungerò: rame o mistura poco importa, perché molto probabilmente quello scudo era foderato in origine come il tallero. Infatti la conservazione mediocre, che nella maggior parte dei cataloghi di vendita vuolsi interpretare come tendente alla cattiva, può spiegare la totale scomparsa della foglia sottile destinata in origine a mascherare la mancanza di valore dell’intrinseco.

Cremona, ottobre 1890.



Note

  1. Museo Bottacin, nel Periodico di Num, e Sfrag. dello Strozzi, Anno I, pag. 261 e tav. XII, n. 8.
  2. Nella Gazzetta Numismatica. Como. Anno IV, pag. 86.
  3. Catalogo della Collezione Rossi. Roma, 1880, n. 4587.
  4. Famiglia Gonzaga, tav. XIV.
  5. Memorie storiche di Sabbioneta. Casalmaggiore, 1849.
  6. In Zanetti. Vol. III, pag. 151.
  7. Idem. Pag. 174, e Luchini, Bozzolo e i suoi dominii. Cremona, 1883.
  8. Papadopoli, nel Periodico dello Strozzi. Pag. 309, vol. V.
  9. E. Gnecchi, nella Riv. Ital. di Num., 1888, pag. 217, e tav. V.
  10. In Gazzetta Numismatica di Como. Anno I, pag. 7.