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Vite dei filosofi/Libro Nono/Vita di Protagora

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Libro Nono - Vita di Protagora

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Diogene Laerzio - Vite dei filosofi (III secolo)
Traduzione dal greco di Luigi Lechi (1842)
Libro Nono - Vita di Protagora
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CAPO VIII.


Protagora.


I. Protagora figlio di Artemone o, come afferma Apollodoro, e Dinone, ne’ Persiani, di Meandro, era abderitano, al dire di Eraclide pontico, ne’ suoi libri Delle leggi; il quale racconta lui aver date leggi anco a’ Turii. Per altro, secondo Eupoli, nell’Adulatore, era tejo; poichè dice costui:

     È già dentro Protagora da Teo.


Egli e Prodico cejo guadagnavano la vita leggendo i loro scritti; e Platone, nel suo Protagora, dice che Prodico aveva la voce grave.

II. Protagora fu uditore di Democrito, e fu, secondo che narra Favorino, nella Varia istoria, chiamato Sapienza.

III. Primo affermò esservi per tutte le cose due ragionamenti opposti fra loro, coi quali usava argomentare, primo ciò avendo praticato; che anzi in qualche luogo cominciò in questa maniera: L’uomo è misura di tutte le cose, delle esistenti, come sono, delle non esistenti, come non sono. Diceva, secondo che scrive Platone, nel Teeteto, Niente essere l’anima fuori dei sensi, essere vera ogni cosa. Altrove incomincia così: Circa [p. 289 modifica]gli dei, sia che esistano, sia che non esistano, io non so nulla; poichè di molte cose impediscono che si sappia, e la oscurità dell’argomento e la vita dell’uomo che è breve. Pel quale principio dell’opera sua fu cacciato dagli Ateniesi, e i suoi libri arsi in piazza, avendoli raccolti il banditore da ciascuno che li possedeva. — Costui fu il primo ad esigere un salario di cento mine; primo definì le parti del tempo, ed espose la forza della occasione, ed istituì gare di discorsi, ed offerì sofismi a coloro che disputano delle cose; e messo da parte il senso, quistionò pel nome, e produsse il presente genere superficiale delle dispute. Il perchè Timone dice di lui:

     E tramisto Protagora, ben dotto
     Nelle quistioni.


Primo costui cangiò anche la forma socratica. E l’argomento di Antistene che tenta dimostrare che non s’ha a contradire, primo costui, come scrive Platone, nell’Eutidemo, mise in disputa. E primo, come scrive Artemidoro il dialettico, nel suo libro contro Crisippo, offerì argomenti per le quistini. E, come scrive Aristotele, nel primo Dell’educazione, ritrovò, primo, il così detto cuscino sul quale si portano i pesi. Egli stesso, afferma Epicuro in qualche luogo, era facchino; e fu come tale lodato da Democrito, quando lo vide legar delle legne. Divise primo anche il discorso in quattro, preghiera, interrogazione, risposta, comando. Alcuni affermano che in sette, narrazione, interrogazione, risposta, comando, enunciazione, preghiera, chiamata, [p. 290 modifica]le quali appellò eziandio fondamento del discorso. Per altro Alcidamo disse quattro i discorsi, affermazione, negazione, interrogazione, appellazione.

V. Il primo de’ suoi trattati, ch’e’ recitò, fu quello intorno agli dei, del quale sopra abbiamo posto il cominciamento; e recitollo ad Atene in casa di Euripide, o, secondo alcuni, in quella di Megaclide. Altri dicono che nel Liceo, servendosi della voce del suo discepolo Arcagora di Teodoto. Accusollo Pitodoro di Polizelo, uno dei quaranta. Aristotele crede Euatlo.

VI. I suoi libri, che si conservano, sono questi: Arte di chi disputaDella lottaDelle disciplineDella repubblicaDell’ambizioneDelle virtùDello stato primitivo delle coseDi quelli che sono all’infernoDi ciò che non si fa rettamente dagli uominiLibro di precettiGiudizio intorno alla mercedeDue libri di obbiezioni. E queste sono le sue opere. — Scrisse un dialogo sopra di lui anche Platone.

VII. Narra Filocoro che, navigando Protagora in Sicilia, il legno facesse naufragio, e che a ciò volesse alludere Euripide, nell’Issione; altri, ch’e’ morì per viaggio, avendo campato fin presso ai novanta. Per altro Apollodoro scrive settanta, e che ne impiegò quaranta a filosofare, ed essere fiorito nell’ottantesima quarta olimpiade. — Sta così un nostro epigramma sopra costui:

  Anche di te, Protagora, la fama
     Mi narrò che recandoti in Atene
     Un dì, già vecchio, per la via moristi.

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     Chè la città di Cecrope a fuggire
     Ti costrinse. Ma tu, certo, fuggisti
     Dalle mura palladie in altro loco;
     Fuggir per altro non potesti a Pluto.

VIII. Narrasi che una volta esigendo egli la mercede da Euatlo, suo discepolo, e costui dicendogli: Ma non ho ancora vinto, rispose: Ma se vincerò io, dovrò ricevere ciò che avrò vinto, se vincerai tu, ciò che tu.

IX. Vi fu un altro Protagora astrologo, pel quale Euforione scrisse un poemetto funebre; ed un terzo, filosofo stoico.