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Vite dei filosofi/Libro Sesto/Vita di Antistene

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Libro Sesto - Vita di Antistene

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Diogene Laerzio - Vite dei filosofi (III secolo)
Traduzione dal greco di Luigi Lechi (1842)
Libro Sesto - Vita di Antistene
Libro Sesto Libro Sesto - Vita di Diogene
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LIBRO SESTO




CAPO I.


A n t i s t e n e.


I. Antistene figlio di Antistene era ateniese, ma non ingenuo, per quanto si dice: quindi ad uno che gliel rinfacciò rispose: Anche la madre degli iddii è frigia; perchè, credevasi che fosse nato di madre trace. Onde inTanagra, acquistatasi gloria combattendo, diè motivo a Socrate di affermare, che da due Ateniesi non sarebbe nato un sì prode. Ed egli a svilire gli Ateniesi che si vantavano di essere nati dalla terra, diceva, che non erano più nobili delle lumache e dei grilli.

II. Questi fu da principio uditore del retore Gorgia; per ciò ne’ suoi dialoghi usa stile retorico, e massime in quello della Verità, e negli Esortatorii. Racconta Ermippo che nell’adunanza generale dell’Istmo avea stabilito e di biasimare e di lodare gli Ateniesi, i Tebani, i Lacedemoni, ma che poi se ne dispensò veggendo che molti [p. 2 modifica]erano accorsi da quelle città. In seguilo s’accostò a Socrate, e n’ebbe tal profitto ch’ei stesso esortava gli scolari a farsi suoi condiscepoli presso di lui; e abitando il Pireo, tornava ogni giorno, per quaranta stadj, a udir Socrate.

III. Dal quale togliendo la pazienza, e imitandone l’imperturbabilità, primo istituì il Cinismo; e provò che la fatica era un bene, cogli esempi del magno Ercole e di Ciro, l’uno da’ Greci, l’altro dai barbari traendo.

IV. Primo definì il discorso dicendo: Il discorso è quello che dichiara ciò che fu ed è. — Ripeteva di continuo: Più presto pazzo che voluttuoso; — e: Bisogna praticare con quelle donne che ne sapranno grado. — Ad un giovinotto di Ponto, che dovea venire a scuola da lui, e che gli domandava di quali cose avrebbe avuto mestieri: Di un libretto nuovo, risposegli; di uno stile nuovo; e di una tavoletta nuova; significando nello stesso tempo la mente. — Ad uno che gli domandava di qual sorte donna e’ dovesse sposare, disse: Se bella, l’avrai comune con altri; avrai una pena, se brutta. — Sentendo una volta che Platone parlava male di lui: È cosa da re, disse, che oprando bene s’oda dir male. - Iniziandosi un giorno ne’ misteri-orfici, dicevagli il sacerdote, che all’inferno gli iniziati partecipavano di molte cose ed egli: Perchè dunque non muori? — Un altro dì essendogli rinfacciato ch’e’ non nascesse da due persone libere: E nè meno, disse, da due lottatori, e pure sono lottatore. — Domandato perchè avesse pochi scolari, rispose: Perchè gli scaccio con verga d’argento. - Do-mandato perchè aspramente riprendesse i suoi discepoli, [p. 3 modifica]rispose: Anche i medici gii infermi. — Vedendo una volta fuggire un adultero: Disgraziato, gli disse, a che gran pericolo tu potevi sottrarli con un obolo!Meglio, diceva, al riferire di Ecatone, nelle Crie, dare ne’ corvi che negli adulatori; poichè quelli i morti, i vivi mangiano questi. — Interrogato qual cosa fosse più beata tra gli uomini, rispose: Morire quando si è fortunati. — Un suo famigliare dolevasi seco di avere smarriti i comentarj: Bisognava, disse, scriverli nell’anima, non sulla carta. — Come dalla ruggine il ferro, così, diceva, gli invidiosi dal proprio costume essere divorati. - Que’ che bramano di essere immortali, diceva, aver mestieri di vivere piamente e giustamente. — Allora, diceva, rovinare le città, quando discernere non ponno i malvagi dai buoni. — Lodato una volta da tristi, disse: Temo assai di non aver fatto qualche male. — I fratelli che vivono concordemente, affermava, essere di qualunque muro più forti. — Diceva: doversi apprestare viatico di tal fatta che anche col naufrago potesse insieme nuotare. — Una volta rimprocciandogli taluno il suo conversare coi malvagi: Anche i medici, rispose, stanno in compagnia dei malati, ma non hanno la febbre. — Strano, diceva, che si separasse dal grano il loglio, e dalla guerra poi gli inetti, dalla cosa pubblica non si rigettassero i malvagi. — Richiesto qual fruito avesse ritratto dalla filosofia, rispose: Il poter conversare con me stesso. — Un tale dicendogli in un convito: canta; Tu suonami il flauto, rispose. — A Diogene chiedente una veste propose di raddoppiare il mantello. — Interrogato quale tra le discipline fosse la più necessaria, rispose: Disparare [p. 4 modifica]il male. — Esortava chi era biasimato ad aver pazienza più che se alcuno gli gettasse dei sassi. — Burlava Platone come vanitoso. Ora facendosi una pubblica festa, osservato un cavallo che nitriva, disse, vólto a Platone: Parmi che anche tu saresti un cavallo da sfoggio; e questo perchè Platone continuava a lodare quel cavallo. Ed una volta visitandolo malato, e veduto il bacino in cui Platone avea vomitalo: La bile certo, disse, veggo qui dentro, ma il fumo, non lo vedo. — Consigliava gli Ateniesi a dichiarare con un decreto gli asini cavalli; e stimato pazzo: Ma pure anche capitani, disse, si fanno da voi che non intendono nulla, e sono tali pel solo cenno della mano. — Ad uno che gli disse, molti ti lodano, rispose: Ho forse fatto qualche cosa di male? — Rivoltando egli la parte lacera del suo vecchio mantello per metterla in vista, Socrate, che lo osservava, disse: Veggo a traverso di quel mantellaccio la tua ambizione. — Interrogato da un tale — come racconta Fania nel libro intorno a’ Socratici — che cosa egli avrebbe dovuto fare per essere uomo dabbene? Rispose: Apparare da chi sa, che i mali, che tu hai, sono da fuggirsi. — Con uno che lodava le delicature, disse: privano delicatamente i figli dei nemici. — Ad un giovine che stava a modello col suo scultore: Dimmi, chiese, se il bronzo pigliasse voce, di che avrebbesi a gloriare? E quegli rispondendo, di beltà: Dunque, riprese, non ti vergogni godere di cose simili alle inanimate? - Un giovinetto politico prometteva di avere gran cura di lui, se gli fosse giunta una barca di salumi. Antistene, preso costui ed un acco vuoto, andò da una farinajuola, [p. 5 modifica]e riempiuto questo, se ne partiva. Ora dimandandogli la donna il prezzo: Te lo darà il giovinetto, le rispose, se arriverà la sua barca di salumi. — Pare ch’egli sia stato cagione e del bando di Anito, e della morte di Melito: perciocchè abbattutosi in alcuni giovani di Ponto, accorsi al nome di Socrate, li condusse da Anito, affermando che nel costume era più savio di Socrate; per la qual cosa, que’ che gli stavano d’intorno, forte sdegnati lo discacciarono. — Se per caso vedeva qualche donnicciuola adorna, andava alla casa di lei e sollecitava il marito di mostrargli cavallo ed armi; onde se queste cose avesse avute, la lasciasse sfoggiare — poichè queste lo avrebbero difeso — altrimenti le togliesse d’intorno quegli ornamenti.

V. Sue massime erano queste: Insegnabile dimostrava la virtù.E quei medesimi esser nobili che sono virtuosi.E la virtù essere bastevole per la felicità, non d’altro avendo mestieri che del vigore socratico.E la virtù consistere in opere, nè di molti discorsi, nè di lezioni aver d’uopo.Che il savio basta a sè stesso, poichè sono sue tutte le cose degli altri.Che l’abbiettezza è un bene, ed è eguale alla fatica. — Che il savio non dee governarsi secondo le leggi stanziate, ma secondo quelle della virtù.E s’ammoglierebbe per procreare figliuoli unendosi con donne bellissime.E potrebbe anco innamorarsi, poichè il solo sapiente sa chi dee amare. — Diocle ascrive a lui anche queste: Al saggio nessuna cosa, è straniera o nuova. — L’uomo dabbene è degno d’amore. — I buoni sono amici. — Farsi alleati gli animosi insieme e giusti. — Arma che non si [p. 6 modifica]può torre è la virtù.Meglio è con pochi buoni contro tutti i cattivi, che con molti cattivi contro pochi buoni combattere. — Fare attenzione a’ nemici, poichè primi s’accorgono dei falli. — L’uom giusto stimare più del congiunto.Dell’uomo e della donna la virtù è la stessa. — Le cose buone, belle; le cattive, deformi; tutte le malvage, stima forestiere.Muro saldissimo è la prudenza, che nè crolla, nè si dà per tradimento. Muro da fabbricarsi nei nostri invincibili ragionamenti.

VI. Disputava nel Cinosarge, ginnasio poco discosto dalle porte. Onde affermano alcuni che da quello fosse nomata la setta cinica; ed egli chiamato semplice cane.

VII. Fu il primo, secondo racconta Diocle, a raddoppiare il mantello, e ad usare soltanto di questo. Prese bastone e bisaccia; e al dire di Neante fece anche scempia la veste. Ma Sosicrate, nel terzo Delle successioni, racconta che fu Diodoro aspendio, ed anche a lasciar crescere la barba, e ad usare ii bastone e la bisaccia.

VIII. Costui solo di tutti i socratici è lodato da Teopompo; il quale asserisce ch’egli era meraviglioso nello attrarre qualunque si fosse anche coll’elegante conversazione. E ciò si manifesta dagli scritti suoi, e dal Convito di Senofonte. Sembra ancora che da lui avesse principio la virilissima setta stoica, al cui proposito così parla anche l’epigrammista Ateneo:

     Oh dotti negli stoici discorsi,
        Oh voi, che nobilissime dottrine,
        Ne’ vostri sacri libri riponete,
        È virtute dell’alma unico bene.

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        Poichè sola a’ mortali custodisce
        La vita e le città. Ma della carne,
        Dolce fine agli altri uomini, il piacere
        Affinò una figlia di Mnemosine.


Questi fu il maestro e dell’apatia di Diogene e della continenza di Crate e della tolleranza di Zenone; egli soppose i fondamenti alle città. Senofonte afferma ch’ei fu piacevolissimo nelle conversazioni, ma del resto assai ritenuto.

IX. Corrono, di suoi scritti, dieci tomi. Il primo in cui si contiene, Della dizione, ovvero degli stiliL’Ajace, o discorso d’AjaceL’Ulisse, ossia di UlisseL’apologia di Oreste, o dei causidiciL’accusa pari ([testo greco]) ossia Lisia ed IsocrateContro l’orazione d’Isocrate senza testimoni ([testo greco]) — Il tomo secondo, in cui, Della natura degli animaliDel fare figliuoli, o del maritarsi, erotico — De’ sofisti, fisionomico — Della giustizia e della fortezza; esortatorio, primo, secondo, terzo — Di Teognide, 5. — Il tomo terzo in cui, Del beneDella fortezzaDella legge, ovvero dell’amministrazione della repubblicaDella legge, ovvero dell’onesto e del giustoDella libertà e della schiavitùDella fedeDel curatore, o dell’obbedireDella vittoria, economico. — Il tomo quarto in cui, Il CiroL’Ercole maggiore, o della robustezza. — Il tomo quinto, nel quale, Il Ciro, ovvero del regnoL’Aspasia. — Il tomo sesto, nel quale, La veritàDel disputare, contraddittorio — Il Satone, o Del contraddire, 1, 2, 3 — Del dialetto'. - Il tomo settimo, [p. 8 modifica]in cui, Dell’insegnamento, ossia dei nomi, 1, 2, 3, 4, 5 — Dell’uso dei nomi, o il contenziosoDella interrogazione e della rispostaDell’opinione e della scienza, 1, 2, 3, 4 — Del morireDella vita e della morteDelle cose dell’infernoDella natura, 1, 2 — Quistioni sulla natura, 2 — Le opinioni, ovvero il contenziosoDell’imparare i problemi. — Il tomo ottavo, nel quale, Della musicaDegli interpretiDi OmeroDell’ingiustizia e dell’empietàSopra CalcanteDell’esploratoreDella voluttà. — Il tomo nono, in cui, Dell’OdisseaDella vergaMinerva, ovvero Di TelemacoDi Elena e di PenelopeDi ProteoIl Ciclope, ovvero di UlisseDell’uso del vino, o dell’ubriachezza, ossia del CiclopeSopra CirceSopra AnfiaraoSopra Ulisse e Penelope, e del cane. — Il tomo decimo, nel quale, Ercole, o MidaErcole, ovvero della prudenza, o della fortezzaIl signore, o l’amato — 'I padroni, o gli esploratoriMenesseno, ovvero del comandareL’AlcibiadeL’Archelao, o dell’autorità regia. — E questi sono i libri ch’egli compose; della cui moltiplicità per altro biasimandolo Timone, lo chiama fertile dicitore d’inezie.

X. Morì consunto da malattia; durante la quale Diogene ito da lui gli chiese: se aveva bisogno d’un amico? Una volta venne anche da lui con un pugnale, e Antistene dicendogli: Chi mi libererà dagli affanni? mostratogli il pugnale: questo, gli rispose. E l’altro: Dagli affanni, diceva, non dal vivere. Poichè sembrava in qualche maniera che, per l’amore della vita, egli portasse il male peggio che vilmente. - V’ha su di lui un nostro epigramma, che è così: [p. 9 modifica]

     Antistene, tu in vita, per natura
        Fosti un cane, che il cor colle parole
        Morde, non colla bocca. Or tu morivi
        Tisico.Forse chiederà tantosto
        Qualcun: Questo perchè?Mestieri al tutto
        E d’aver qualche guida all’altro mondo.

XI. Furono anche altri tre Antisteni: l’eracliteo uno, l’altro efesio, e un rodiano, istorico.

E dacchè abbiamo discorsi quelli che da Aristippo e da Fedone discesero, ora annaseremo i Cinici e gli Stoici che da Antistene. Così n’è la serie.

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