Canti della guerra latina/All'America in armi

Da Wikisource.
All'America in armi

../La canzone del Quarnaro ../La preghiera di Sernaglia IncludiIntestazione 24 aprile 2010 75% Da definire

La canzone del Quarnaro La preghiera di Sernaglia


[p. 153 modifica]

ALL’AMERICA IN ARMI

[VI LUGLIO MCMXVIII]




[p. 154 modifica]

While we were marching on!
LA CANZONE DI JOHN BROWN



[p. 155 modifica]

ALL’AMERICA IN ARMI


I

1. Mattino oceanico della Libertà alzata sul fondamento di sangue e d’anima dalle spalle dei suoi tredici artieri,

2. giorno della giovine Republica che delle tredici colonie fece il fascio consolare di tredici verghe intorno alla scure dei pionieri,

3. gli Italiani lodano l’Iddio che lor concesse di salutarti oggi in piedi sotto il croscio della vittoria romana,

4. essi che oggi ti danno, o Libertà, per tuo diadema il sasso scolpito del Grappa e ti danno il Piave flessibile per tua collana.

5. O Terrestre, lasciato hai il tuo piedestallo solitario e non voli, ma cammini stampando la terra co’ tuoi calcagni senza calzati.

6. Guardaci. Siamo il tuo amore. Amiamo il lampo de’ tuoi occhi più che il guizzo dei nostri focolari. [p. 156 modifica]

7. Guardaci. Riconosci il tuo amore. Abbiamo combattuto per te divinamente come la giovinezza del mondo pugnava a Maratona.

8. Per questo tuo giorno, con la mano della vita e con la mano della morte, liberali entrambe, abbiamo tessuto la tua corona.

9. La corona di spighe alla Fertile! L’ora del combattimento fu l’ora della messe per la Madre degli eroi e delle biade.

10. Per mietere, la sua gente ha impugnato le falci; e per uccidere ha brandito le spade.

11. S’inchinarono le messi e brillarono nel vento come le schiere nella battaglia.

12. Rinasce a noi un pane vittorioso, e ai nostri dolci feriti si rinnova il letto di paglia.

13. Abbiamo mietuto e abbiamo combattuto, con la faccia sempre volta a oriente.

14. Riarsi, abbiamo bevuto alla più profonda delle nostre piaghe come alla sorgente. [p. 157 modifica]15. O Libertà, ma la collina tumida tra Nervesa e Biàdene ci nutriva come la tua mammella.

16. Per sette dì e per sette notti i petti eroici ne trassero una forza sempre novella.

17. Per sette mattini gli eroi videro te levarti dall’Adriatico prima del sole e aprire al giorno la porta.

18. Gridarono: «Benché tu ci uccida, lèvati. Lèvati, e che tutti moriamo per te, non importa.»

19. È questo il grido di questo giorno, più alto che i gridi delle aquile d’Eschilo, più selvaggio che i gridi delle Erine di Dante.

20. È il grido che comanda alla battaglia di riaccendersi e al tempo di sostare e ai morti di risorgere e ai vivi di moltiplicarsi nel sangue. [p. 158 modifica]


II


21. Come i vasti cavalli criniti di spuma nell’oceano che uguagli, come le miriadi dei corsieri spumanti nell’Atlantico indomo,

22. i flutti del tuo vigore, o Republica, accorrono verso le rosse rive dove grandeggia quanto più sanguina la speranza dell’uomo.

23. Gli eroi morienti con occhi pio che umani guardano levarsi la tua luce dove il loro sole si colca.

24. E pensano: «O eternità del mare, non sapesti mai forza più bella di questo spirito che ti solca.»

25. Non ti fa bella, o Republica, l’immenso tuo cumulo d’oro, non la copia inesausta che ti versano dal buio i tuoi genii senz’ali,

26. non l’ascia tua celere che ti muta in chiare città le tue selve, non l’impeto delle aeree tue case che ti sono le tue cattedrali, [p. 159 modifica]

27. non il numero delle tue macchine schiave che servono i tuoi lucri e i tuoi agi, non l’orgoglio che le tue stirpi arroventa e martella,

28. ma una parola che in te parlò una voce republicana, una parola ti fa la più bella.

29. E di sùbito il tuo oro e tutti i tuoi metalli e tutte le tue fucine e tutte le tue genti non sono se non luce operante.

30. Tutta sei luce. E fin l’oscurità delle tue miniere s’irraggia, così che il tuo nero carbone t’è diamante.

31. Teco sono le sorgenti solari, negli occhi tuoi fissi. Dalla fronte al calcagno, tutta quanta sei luce.

32. Sopra l’oceano che è la tua anima vera, l’ora prima, l’ora bianca dell’Alba a noi ti conduce.

33. Innanzi che le mille e mille tue prore fendano il cielo e il mare, la tua parola risana il cuore profondo della terra gonfio di doglia.

34. Rescissa dal ferro, incesa dal fuoco, intrisa di sangue, la divina radice per te rigermoglia. [p. 160 modifica]

35. T’avevam conosciuta e disconosciuta, t’avevamo amata e poi rinnegata prima che il gallo cantasse.

36. Troppo aspettammo che i colpi del tuo vecchio tamburo riscotessero le tarde tue masse.

37. Dato avevi due volte il tuo messaggio col sigillo purpureo, due volte vestita di porpora; e il tuo terzo era atteso dai vivi e dai morti nella notte feroce.

38. Gloria! Agitasti alfine la tua bandiera seminando dalle sue pieghe le stelle; e nella notte sfolgorò la tua voce.

39. «Vivete, perché la verità è vivente. Morite, perché la morte è immortale. Riordinate la battaglia. Noi siamo gli eguali del Tempo. Incomincia la guerra.

40. Se questa è l’ora del combattimento e della messe, ecco le armi, ecco le falci. Si combatta e si mieta. Si muoia e si raccolga. Non più partiremo col bruto il pane della terra.» [p. 161 modifica]


III


41. In marcia! La vecchia canzone di John Brown, radicata nella memore gleba, riscoppia come il fiore dell’agave ardente.

42. Dal fondo degli anni ritorna e si spande il rombo dei bronzi che sonarono il transito del martire nell’Occidente.

43. In marcia! la semenza è fervida. Gli uomini nuovi bàlzano in armi dai tuoi solchi fulvi e dalle tue bianche strade.

44. Recando nel pugno il tuo gruppo di stelle, cacciano in fuga la pace ignobile da tutte le tue contrade.

45. In marcia! Come nella valle dello Shenandoah, c’è il ferro e c’è il fuoco, c’è il sangue e c’è il sudore, c’è il fiele e c’è il pianto, l’urlo e il lagno, la sete e la fame, la falange spedita e il branco immondo.

46. In marcia! Come allora, nella selva, nell’alpe, nel piano, sul fiume, sul lago, sul mare, [p. 162 modifica]l’uomo inventi la sua vita e la sua morte ogni giorno. Non v’è più sonno. Non v’è più tregua. Non v’è più respiro. In marcia verso la battaglia del mondo!

47. Si sveglia, laggiù, nella dolce valle virginiana ove geme l’uccello notturno, si sveglia Stonewall Jackson e sente il suo sangue che tuttavia cola, e ordina: «Avanti!»

48. Si poggia sul gomito sano, solleva con l’anima il suo braccio stroncato, lascia pendere i suoi rossi brandelli, e ordina con la voce d’allora: «Portate innanzi i miei fanti!»

49. Balza di nuovo in sella Philip Sheridan fiutando la disfatta lontana, mette il suo cuore in bocca al suo baio; e galoppa le sue venti miglia.

50. Non ha in bocca né cuore né freno il cavallo. Il cuore fu più veloce dei quattro suoi zoccoli. E, quando arriva, la vittoria gli prende la briglia.

51. «Navi! Navi! Navi!» grida David Farragut, l’affondatore di arieti, l’incendiatore di [p. 163 modifica]zattere, lo spezzator di catene, a cui furono armi fedeli lo sperone diritto e l’anima ignuda.

52. Qual passo è da forzare? qual porto da violare? qual corazza da fendere? È pallido. Gli ruppe nel sepolcro i sonni e le glorie l’eroe di Premuda.

53. «Ali! Ali! Ali!» grida non il vittorioso che balza dalla tomba all’appello, né la giovine cerna anelante, né la folla dal piè di tempesta;

54. ma la stessa vittoria che, come quella d’Atene, non ha negli òmeri penne e non migra, sì arma la sua specie nei cieli a miriadi e con noi resta.

55. Resta con noi sul Piave, resta con noi su la Marna, con noi su i santissimi fiumi, con noi sopra i monti sublimi, con noi dove le è suora corporale la morte.

56. O Liberatrice, il tuono è incessante. Il fragore lacera il cielo come un velario che si ritessa. La nube infame acceca e soffoca la battaglia. Il coraggio ansa e soffre. Tutto è martirio celato. Ma la tua statura è più alta, ma la tua voce è più forte. [p. 164 modifica]

57. «Vivete, perché la verità è vivente. Morite, perché la morte è immortale. Riordinate la battaglia. Noi siamo gli eguali del Tempo. Incomincia la guerra.

58. Se questa è l’ora del combattimento e della messe, ecco le armi, ecco le falci. Si combatta e si mieta. Si muoia e si raccolga. Non più partiremo col bruto il pane della terra.

59. Siamo in marcia, non truppe noverate e marchiate come le greggi, non eserciti cacciati col pungolo come le mandre. Un popolo armato s’avanza. Consacra le sue stelle al Futuro.

60. In marcia! Fino a quando? Fino a che la via d’oriente, fino a che la via d’occidente non sia libera. Fino a che tra i quattro vènti del mondo la Libertà non sia sola con l’uomo. Fino a che non si compia il cammino del tempo, se non bastino al cómpito gli anni. Una fede armata s’avanza. Consacra i suoi segni al Futuro.»