Ascensioni umane/Per un recente raffronto delle teorie di S. Agostino e di Darwin circa la creazione

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Per un recente raffronto delle teorie di S. Agostino e di Darwin circa la creazione

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Per un recente raffronto delle teorie di S. Agostino e di Darwin circa la creazione
Proemio Per la bellezza d'un'idea

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PER UN RECENTE RAFFRONTO


DELLE TEORIE


di S. Agostino e di Darwin


CIRCA LA CREAZIONE

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A

JOSEPH LE CONTE

Professore di geologia nella Università di California




Signore,

Ella sa con qual gioia io abbia intravveduto nel Suo libro «Evolution and its relations to religious Thought» le ragioni morali e religiose di una dottrina che prima amavo per istinto di poeta, perchè nella unità originaria della Vita, nel vario suo svolgersi di forma in forma secondo una energia operante in tutta la Natura, mi pareva divinare il segreto della passione che mi ha sempre fatto ricercare e sentir nelle cose un’anima oscura, parlante alla mia. [p. 4 modifica]

Molti altri libri di simile argomento lessi dopo il Suo; e ora quella dottrina mi risplende nell’intelletto, m’illumina le ragioni dell’arte pura e fiera che amai, dell’arte che promuove una ulteriore ascensione umana, combattendo tutte le animalità che ci ritardano ancora. Se un tempo volli così l’arte mia perchè la voleva così la mia fede, adesso mi paiono quasi incominciate le rivelazioni che aspettai dalla tomba, quel che un tempo ho creduto adesso lo so, e il libro della scienza è diventato religioso per me.

Debbo a Lei, Signore, una parte di questa luce. Ella vedrà forse non senza meraviglia a quali pensatori io debba l’altra. I libri Suoi sono d’un cristiano insigne per scienza e pietà, del quale ignoro se inclini al sabellianismo, come vuole il signor Mac Queary: il mio pensiero e la mia parola debbono essere d’un cattolico. Dedicando il tenue scritto presente a Lei, intendo esprimerle gratitudine, ammirazione, affetto, e insieme tacitamente rispondere a ciò ch’Ella scrisse circa un invocato rinnovamento della teologia cristiana, mostrarle spiegata, all’avanguardia della scienza, una vecchia bandiera cattolica.


Antonio Fogazzaro.


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PER UN RECENTE RAFFRONTO

DELLE TEORIE

DI S. AGOSTINO E DI DARWIN

CIRCA LA CREAZIONE

I.

Nel 1884 la facoltà teologica dell’Università di Monaco pose a concorso il tema seguente:

«Si espongano e si raffrontino le teorie di S. Agostino e di Darwin circa la creazione.».

Il prof. Grassmann, del Seminario di Freising, vinse il concorso e pubblicò nel 1889 la sua dotta e lucida Memoria, in cui le due dottrine sono sommariamente descritte con perfetta lealtà1. Nel compararle il Grassmann mira, in fatto, a porne in luce ogni dissomiglianza. Intende dimostrare che S. Agostino e Darwin avevano un diverso concetto dell’individuo e della specie; che se S. Agostino ha meditato sulla origine della Vita, Darwin stimò follia il proporsi un tale problema; [p. 6 modifica]che il naturalista esclude, contro il Santo, ogni differenza specifica fra lo spirito dell’uomo e quello del bruto; che Darwin non vide nel mondo se non la operazione di cause fisico-meccaniche, e deplorò, secondo scrisse a Hooker, di avere una volta usato la parola «Creato» invece di queste altre «comparso in seguito ad un processo totalmente sconosciuto.» Avrò a ricordare di passaggio, più avanti, fatti assai noti che non concordano con questo giudizio sulle opinioni religiose di Darwin; mi basta ora osservare che la via seguita dal prof. Grassmann era sufficientemente facile, non solo perchè le due teorie procedono evidentemente in un campo diverso, con intendimenti diversi, secondo leggi diverse di ragionamento, criteri diversi di verità; ma perchè, altresì, nessuno potrebbe ragionevolmente attendersi dal più colto e forte pensatore del secolo IV o del secolo V una dottrina rispondente in tutto a quell’altra che il pensiero umano ha generata quattordici o quindici secoli più tardi, dopo una trasformazione completa di metodi scientifici, una immensa conquista di strumenti straordinariamente poderosi ed esatti, una intensità, una molteplicità di lavoro che gli antichi neppur potevano immaginare, un meritato premio di scoperte meravigliose che hanno contraddetto interamente, o quasi, le opinioni e i giudizi dei [p. 7 modifica]contemporanei di S. Agostino circa i fatti naturali, e hanno dato alla osservazione e alla meditazione umana campi nuovi, senza paragone più estesi e più fertili.

A me sembra che la Facoltà teologica della Ludovico Maximilianea non abbia posto bene il suo tema. La dottrina di Darwin, in quanto è propria dell’illustre naturalista, va distinta dalla ipotesi fondamentale della Evoluzione; intende a porre in luce i fattori e le forme di questo supposto processo, limitatamente al nostro pianeta e con particolare riguardo alle specie animali. Poichè altri naturalisti e pensatori, sì prima che dopo di lui hanno costrutto sulla stessa base teorie scientifiche diverse, non appare sufficientemente dimostrata la opportunità di paragonare le intuizioni teologiche e metafisiche di S. Agostino ad alcuno di questi sistemi particolari. Di fronte alle idee di S. Agostino nulla importa che fattori della Evoluzione sieno la influenza dell’ambiente, gli effetti dell’esercizio e dell’inerzia degli organi come parve a Lamark, o la selezione naturale di Darwin, o quella growth force, nella quale, modificata dall’ambiente o dallo sforzo del soggetto, il prof. Cope vede l’origine delle variazioni individuali, o la selezione fisiologica proposta nel 1886 dal Romanes, il maggior passo, secondo qualcuno, fatto dalla [p. 8 modifica]scienza su questa via. Di fronte a S. Agostino solo è rilevante la ipotesi della derivazione genealogica di ogni specie da una comune origine sia per insensibili gradi, sia per salti e per via di eterogenesi come vogliono il Kölliker e il Wigand. Se la immensa celebrità di Darwin lo indicava alla Facoltà teologica come il massimo rappresentante del trasformismo, i dotti professori di Monaco non potevano ignorare che la selezione naturale è combattuta vigorosamente nello stesso campo evoluzionista, e viene a ogni modo giudicata insufficiente, per confessione del suo medesimo autore, a spiegare la variabilità delle specie, poichè parte da un fatto inesplicato, le variazioni individuali entro i limiti di ciascuna specie.

Era la ipotesi fondamentale comune a Darwin e al teologo Henslow, al materialista Haeckel e allo spiritualista Le Comte, al prof. Huxley e al suo contradditore Mivart, che conveniva porre a fronte della teoria di S. Agostino; anzi non la ipotesi di una evoluzione ristretta agli organismi terrestri, ma la ipotesi di una evoluzione universale della materia, la grande ipotesi che si chiama nebulare prima di chiamarsi trasformista. Proposto il tema così, i concorrenti avrebbero fatto bene a esaminare se le due dottrine offrissero qualche somiglianza sostanziale, qualche mutuo contatto. [p. 9 modifica]

La inconciliabilità del dogma cristiano della Creazione con la dottrina evoluzionista è predicata, come un osservatore imparziale facilmente noterebbe, dagli scienziati più lontani dal Cristianesimo e dai credenti più lontani dalla scienza, cioè da coloro che poco conoscono almeno una metà della materia di cui ragionano. È uno strano accordo fatto di odio da un lato, di terrore dall’altro. Dal lato della scienza irreligiosa l’odium antitheologicum ha turbato parecchi pensatori più misurati del Vogt, al quale parve probabile che gli apostoli offrissero nella struttura del cranio spiccati caratteri scimmieschi2. Haeckel, impetuoso discepolo di un prudente maestro, sebbene dichiari che la Creazione, in quanto significa origine della materia dal niente, non può essere oggetto di considerazioni scientifiche, subito soggiunge che la materia è dalla scienza giudicata eterna, esclude il concetto teleologico dell’Universo, e a proposito di evoluzione mette in campo i Papi e la gerarchia3. Riconosce nel racconto mosaico due grandi e fondamentali idee comuni ad esso e alla teoria evoluzionista, ossia l’idea di [p. 10 modifica]differenziazione, e l’idea di progressivo perfezionamento degli organismi, ma tutta l’opera sua è intesa a dimostrare l’antagonismo delle tradizioni religiose e della dottrina ch’egli vede combattuta dai preti di tutte le chiese, e di cui riverisce il massimo autore in quel Carlo Darwin che protestò sempre contro l’accusa di irreligiosità, che in tutte le edizioni del suo libro sull’Origine delle specie mantenne, malgrado la nota lettera a Hooker, il vocabolo Creato. In fronte alla seconda edizione di quel libro Carlo Darwin scrisse le parole con le quali il vescovo Butler riconosce nelle leggi naturali la stabile volontà di una mente intelligente; Haeckel prese il motto della sua Anthropogenie nel Prometeo di Goethe, nel poema dell’odio contro Dio.

Anche il Virchow, che racchiude in sè uno scienziato e un filosofo tra loro discordi, dopo avere assalito con violenza le stesse basi scientifiche del trasformismo, si abbandona all’odium antitheologicum, cui dà l’onesto nome di Gefühlsstandpunkt4; oppone, con argomenti morali, ai teologi cristiani quella stessa teoria sulla origine dell’uomo di cui prima ha voluto demolire le prove scientifiche, ed esce in queste parole ben [p. 11 modifica]singolari per uno scienziato: «Wo die Thatsachen fehlen, da bleibt auch für die Gefühlswissenschaft ein Platz»5. Ancora più note sono le violenze materialiste del Büchner. Così per opera principalmente di alcuni darwinisti tedeschi la passione ha preso in questo argomento il posto della scienza, e il vessillo monistico di Haeckel, inalberato sulla teoria dell’Evoluzione, ha persuaso parecchi che questa sia veramente una trincea di guerra, un lavoro d’approccio contro il Cristianesimo: opinione confermata da moltissimi scritti che si vennero pubblicando in ogni parte del mondo, nei quali è svolto con singolare compiacenza quel punto della teoria che si riferisce alla discendenza della specie umana, punto supposto capitale nella lite con le tradizioni religiose.

Negli Stati Uniti il monismo haeckeliano è penetrato, malgrado l’attitudine ostile di alcuni dotti insigni, sotto una veste mistica che attesta non tanto il buon giudizio, quanto la buona indole degli adepti. Uno dei più ardenti e dei più immaginosi fra questi, il Powell, ha scritto sulla [p. 12 modifica]Evoluzione un libro6 con propositi assai più metafisici che scientifici, L’autore, un calvinista che, non potendo sopportare le dure dottrine della sua Chiesa, ne uscì di slancio e andò a cader fuori del Cristianesimo, afferma, nel bel principio del suo libro pieno di cuore, di caldo e torbido ingegno, il necessario antagonismo della dottrina trasformista e della fede religiosa; e se il Laplace ha detto che ogni progresso della scienza spinge più indietro nella storia dell’Universo l’azione di una Causa prima, il Powell si domanda se non si potrebbe con uno spintone definitivo «by one final push» eliminarla del tutto; e aspira evidentemente a questa gloria. Fra noi, per citare un esempio recentissimo, il prof. Morselli, riproducendo sostanzialmente nelle sue dottissime lezioni di antropologia generale, un passo del Saggio sull’ipotesi nebulare di H. Spencer, afferma che il concetto di Creazione, inconciliabile con quello di Evoluzione, appartiene a uno stadio inferiore della conoscenza umana7. Oggi, a suo avviso, l’unico sistema filosofico vitale è l’evoluzionismo monistico, Segue tali maestri una folla anonima pigliando anzitutto delle nuove dottrine le due che [p. 13 modifica]più intende e più le vanno a grado e più si sono identificate nella sua mente; la derivazione dell’uomo dalla scimmia e la negazione del Creatore.

Dall’altro lato alcune Riviste inglesi e americane, come la North British Review, il Christian Examiner, la North American Review, denunciarono sino dal principio come atea la teoria trasformista di Darwin, pure ammettendo il teismo dell’autore. L’accusa fu confermata da un teologo americano di grande riputazione, il dott. Hodge, e da altri. Agassiz, nella mente del quale, dice il Le Conte8, sorse la grande idea della essenziale identità della serie tassinomica, ontogenica e filogenica, non volle edificare su questa base, come sarebbe stato logico, la teoria dell’Evoluzione, e la combattè in Darwin perchè gli parve condurre alla negazione di una verità più alta e più certa, la esistenza del Creatore; meritando così di venire citato dal Grassmann con grande favore, quantunque non si tratti poi d’un ortodosso ma d’un poligenista.

Il libro di Darwin sull’origine dell’uomo, l’asserita identità di natura dello spirito umano e dello spirito delle bestie, il ruvido dogmatismo di Haeckel, [p. 14 modifica]gittarono lo spavento e il ribrezzo nei credenti. Insigni pensatori cattolici, quali lo Zanella e il Fornari, scrissero della Evoluzione con aborrimento, e con maggiore violenza ne parlò Ausonio Franchi nell’Ultima Critica. Il professore Grassmann, premiato, come dissi, dalla Facoltà teologica di Monaco, vuol dimostrare l’inconciliabilità della Fede con il trasformismo darwiniano per quanto riguarda l’anima umana, considera vani i tentativi che si son fatti per accordare l’idea generale di evoluzione con l’idea di Creazione. Nel 1888 un’assemblea ecclesiastica presbiteriana tolse la cattedra a un professore di teologia perchè insegnava che Adamo era stato formato con la polvere d’altri organismi e non con materia inorganica9; e io rammento aver udito il padre Agostino da Montefeltro chiudere una delle sue più eloquenti prediche con un aneddoto inteso a riprovare e a schernire la supposta derivazione dell’uomo dai bruti. E un’altra folla anonima, rifuggendo dalle nuove dottrine perchè le ode maledire dai suoi maestri, predicare dagli avversari d’ogni fede, e sopra tutto perchè le paiono contraddire il racconto mosaico, prontamente e bonariamente concede al nemico che Evoluzione e materialismo sono [p. 15 modifica]la stessa cosa, che Evoluzione e Cristianesimo non possono accordarsi.

Ciò è quanto Haeckel e i suoi seguaci desiderano; ogni opposizione di carattere religioso è loro gradita: essi la prevengono proclamandola necessaria, inevitabile; essi ignorano le opinioni e le testimonianze contrarie. Il Powell, pubblicando nel 1889 la lunga nota degli autori da lui consultati per scrivere il suo libro, v’inchiude il Quatrefages, avversario antico della variabilità delle specie, non il Le Conte, americano come lui, professore all’Università di California, geologo insigne, che due anni prima, nel 1887, aveva pubblicato un’apologia dell’Evoluzione, ispirata a profonde convinzioni cristiane.

Queste inesattezze non dovrebbero commettersi, perchè il monismo si trova a fronte di oppositori meno impauriti e meno compiacenti di quelli accennati, niente disposti di riconoscergli alcuna signoria sulla ipotesi dell’Evoluzione, pronti a notare i suoi errori di fatto e persino l’apparenza di un artificio poco lodevole, Perciò Haeckel e i suoi partigiani commettono una imprudenza grave quando, esponendo le origini storiche dell’idea trasformista, trattando dei precursori, si occupano di Anassimandro, di Eraclito, di Empedocle, di Lucrezio Caro e tacciono del tutto le intuizioni potenti e [p. 16 modifica]chiare dei grandi pensatori cristiani. Non essendo in grado di sopprimere le testimonianze dei Padri della Chiesa, valeva assai meglio affrontarle e discuterle. Così il professore Grassmann avrebbe da canto suo meglio provveduto, io credo, alla sua causa ove, notate le dissomiglianze fra le ipotesi di S. Agostino e la ipotesi evoluzionista, pure riservando ogni discussione circa la natura e la origine dell’anima umana avesse altresì notate espressamente le coincidenze fra le due dottrine che si rilevano in parte dalla sua stessa analisi, poichè queste coincidenze sono evidenti e di singolare importanza.



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II.


Nel trattato De Genesi ad litteram, Sant’Agostino, considerando principalmente il passo: «Qui vivit in æternum creavit omnia simul»10 e i versetti 4.° e 5.° del Capo ii del Genesi «Hic est liber creaturæ cœli et terræ, cum factus est dies, fecit Deus cœlum et terram et omne viride agri antequam esset super terram et omne fœnum agri antequam exortum est»,11 giudica [p. 18 modifica]probabile che tutti gli organismi sieno stati creati simultaneamente e potenzialmente, potentialiter, causaliter, primordialiter, in una materia prima, dalla quale si sarebbero poi svolti, ciascuno a suo tempo, nell’ordine indicato dal Genesi. Il mondo attuale con tutte le varie sue forme esiste virtualmente nel seme. «Sicut autem in ipso grano invisibiliter erant omnia simul quæ per tempora in arborem surgant, ita ipse mundus cogitandus est, cum Deus simul omnia creavit, habuisse simul omnia quæ in illo et cum illo facta sunt cum factus est dies»12. S. Agostino non ha fatto eccezione per il corpo umano, non vi ha ravvisato una particolare nobiltà che lo distingua dal corpo delle bestie, «Si ergo et hominem de terra et bestias de terra ipse formavit, quid habet homo excellentius in hac re nisi quod ipse ad imaginem Dei creatus est? Nec tamen hoc secundum corpus, sed secundum intellectum mentis13[p. 19 modifica]

Egli lo ha veduto esistere potenzialmente nella materia prima e svolgersene «secundum causalem rationem» come ha veduto esistere nel mondo, fin dalla prima creazione, l’anima umana, «Illud ergo videamus utrum forsitan verum esse possit quod certe humanæ rationi tolerabilius mihi videtur, Deum in illis primis operibus, quæ simul omnia creavit, animam etiam humanam creasse quam suo tempore membris ex limo formati corporis inspiraret, cuius corporis in illis simul conditis rebus rationem, creasset causaliter, secundum quam fieret, cum faciendum esset, corpus humanum. Credatur ergo si nulla Scripturarum auctoritas seu veritatis ratio contradicit, hominem ita factum sexto die ut corporis quidem humani ratio causalis in elementis mundi, anima vero jam ipsa crearetur sicut primitus conditus est dies et creata lateret in operibus Dei»14. [p. 20 modifica]

La ipotesi che S. Agostino esprime con modestia e prudenza si accorda con l’ipotesi evoluzionista nell’escludere le creazioni speciali successive mediante atti creativi diretti, le quali a molti credenti paiono indissolubili dal concetto cristiano di creazione, almeno per quanto riguarda il corpo umano. In questo punto capitale coincide; ammettendo poi la derivazione successiva di tutti gli organismi da una materia prima come di un’albero dal seme, ammette circa la origine delle specie qualsiasi teoria fondata nella loro naturale evoluzione, conciliandosi tuttavia più facilmente con la opinione di quegli evoluzionisti che ai fattori darwiniani antepongono l’azione di cause interne; sentenza che il Wigand stimò dover prossimamente riunire tutti gli scismatici della Evoluzione, tutti coloro che, spiegando diversamente il processo genealogico degli organismi, ne ammettono la unità. Ma se nel trattato De Genesi ad litteram S. Agostino ha esposte le sue idee sulla creazione quasi con peritanza, «si nulla Scripturarum auctoritas, seu veritatis ratio contradicit», egli le ha invece manifestate altrove con un linguaggio sicuro e veemente che si direbbe mosso, come quello dei profeti, da un soffio superiore,

Nel libro XII delle Confessioni, questo uomo che all’intelletto altissimo congiunse un cuore [p. 21 modifica]ardente, riferendo le sue meditazioni sul secondo versetto del primo capitolo del Genesi, e singolarmente sulle parole ch’egli cita così; «Terra autem erat invisibilis et incomposita», glorifica con entusiasmo Iddio che gliene ha rilevato il senso arcano. Nel significarlo gli scoppiano dal cuore accenti quasi intraducibili di preghiera, di gratitudine, di ammirazione; e io confesso non conoscere pagine di scrittore antico o moderno in cui una speculazione metafisica così eccelsa mandi per le regioni più alte del pensiero umano getti lirici così potenti. Nella «terra incomposita et invisibilis» egli ha ravvisato una sostanza di cui non può dire se sia materia o spirito, una sostanza senza forma però capace di tutte le forme che verranno prendendo successivamente i corpi, causa, per meglio dire, delle loro variazioni continue, sempre permanente in esse. Questo «informe quiddam» per virtù del quale tutti i corpi passano di forma in forma, che non è visibile, che non è corpo, che non è spirito, che è e non è al tempo stesso, tanto da potersi chiamare nihil aliquid, non ha esso alcuni caratteri di ciò che noi moderni chiamiamo forza? Non sarebbe questa la vis essentialis di Wolf, il nisus formativus di Blumenbach, il principoi senziente organizzatore di Rosmini, la innere Ursache di Kolliker e di Wigand, la [p. 22 modifica]unknown internal law di Mivart? Non sarebbe quella variabilità originaria che il darwinismo lascia inesplicata, quella Permutation o mutability, di cui il Powell scrisse che è «the original tendency in nature?» «Mutabilitas enim rerum mutabilium ipsa capax est formarum omnium in quas mutantur res mutabiles»15. Questa è la verità ch’egli narra di avere domandata «æstuans et anhelas»16 a Dio, e da Lui ottenuta. «Nonne tu, Domine, docuisti me?17 «Che il senso da lui divinato nel testo mosaico sia diverso da quello accettato comunemente, non lo turba. Il testo si adatta alle intelligenze umane; i sensi salutari sono più, chi ne può prendere uno, chi un altro; quale di tanti vi abbia inteso mettere Mosè non può affermarsi senza temerità. Contro colui che gli opponesse «Mosè non ha pensato come tu dici, bensì come dico io,» S. Agostino si accende tanto da supplicar Dio che gli doni pazienza.

Secondo il Grasmann la ipotesi di S. Agostino non ebbe seguito ed è rimasta solitaria nella Chiesa. [p. 23 modifica]Il Mivart aveva prima dimostrato il contrario citando S. Tommaso, S. Bonaventura, Alberto Magno e alcuni teologi meno antichi come il Cardinale Noris, Berti e il gesuita Pianciani nostro contemporaneo.

Anche Asa Gray citato dal Morselli come fautore di Darwin, ma fautore, se pur tale, assai misurato e circospetto, lontano, a ogni modo, dalle opinioni monistiche, ricordando come la dottrina della fissità della specie sia relativamente recente e come gli antichi teologi sapessero farne a meno cita insieme S. Agostino e S. Tommaso chiamandoli «model evolutionists»18. Forse il Mivart, citando S. Tommaso, ommise una distinzione opportuna, e certo la parola «evolutionists» usata da Asa Gray è impropria: ma queste inesattezze e improprietà posson levarsi senza scemare di molto il valore delle citazioni.

In fatto S. Tommaso non ha risolutamente approvata la ipotesi di S. Agostino, quantunque ne parli con grande rispetto e con l’evidente studio di conciliare per quanto è possibile le vedute di S. Agostino con quelle degli altri teologi. Nella parte che riguarda la creazione dell’anima umana e le giornate del Genesi, cui S. Agostino, [p. 24 modifica]attribuendo un senso figurato alle parole mane e vespere, considera un giorno solo, S. Tommaso lo contraddice: ma nella parte che concerne la creazione potenziale degli organismi, S. Tommaso, senza dipartirsi dal solito prudente linguaggio, gli si dimostra favorevole. Ne scrive nelle Sententiæ: «Hæc opinio plus mihi placet»19 e, nella Somma teologica, trattando delle opere del quinto giorno, ossia della comune origine dei rettili e degli uccelli che S. Ambrogio cantò generati «stirpe ab una» e la cui parentela è oggi dimostrata dalla paleontologia, scrive: «In prima autem rerum institutione principium activum fuit verbum Dei, quod ex materia elementari produxit animalia, vel in actu secundum alios sanctos, vel virtute secundum Augustinum»20.

E altrove ha proposizioni che all’opinione di S. Agostino si conformano. «Species novæ, si qua apparent, præxtiterunt in quibusdam activis virtutibus»21. Nella Expositio aurea in Genesim [p. 25 modifica]dissente da S. Agostino quanto alla interpretazione dei giorni ed esprime il dissenso degli altri teologi: «istam tamen viam non tenent doctores moderni»; ma pronuncia giudizi e usa espressioni che ancor più nettamente, benchè parzialmente, riproducono le opinioni di S. Agostino circa il modo di creazione degli organismi. Nel germinet terra egli vede una potenza infusa nella terra, in virtù della quale seguì la produzione dell’erba e degli alberi. «Dicit igitur germinet: ad productionem enim sequitur collatio potestatis ipsi terræ ad producendum terræ nascentia, pro nihilo enim materia requireretur nisi illi data esset seminalis potentia.... at subdit productionem actualem cum dicit: et protulit terra herbem virentem»22.

S. Tommaso non ha pensato a una legge universale di trasformazione per la quale gli organismi vegetali tutti si sieno venuti successivamente svolgendo per effetto della potentia seminalis di specie in specie, bensì ha pensato a qualche possibile trasformazione particolare, come si desume dal [p. 26 modifica]passo seguente: «Si autem sunt aliqua ligna ad quæ non est terra in potentia seminali ex se nisi mediante aliqua specie, sicut pinus et ficus et talia, exponitur quod protulit ista quia in eis ista prolata sint»23. Non possono dunque nè S. TommasoS. Agostino dirsi «model evolutionists». Essi non hanno pensato alla successiva derivazione di tutti gli organismi da una o da poche forme primitive, ma le loro opinioni sullo sviluppo delle varie forme dalla materia originaria possono assai bene o nel tutto o almeno in qualche parte accordarsi con la ipotesi che nello stesso argomento hanno posto innanzi, secondo criteri propri, le scienze fisiche moderne. Questo è da ricercare nelle opinioni dei grandi teologi cristiani e non se vi sieno differenze fra la loro metafisica e la fisica nostra, nè se si accordino fra loro nella interpretazione delle Scritture, ciò che si direbbe troppo importare al Grassmann quando vuol dimostrarci solitario il concetto di S. Agostino. Coloro che hanno il glorioso uificio di difendere pubblicamente il Cristianesimo, dovrebbero guardarsi dal chiudere [p. 27 modifica]alcuna delle vie anche solitarie e remote per le quali taluno potrebbe indursi di venire alla fede cristiana; dovrebbero notare come S. Tommaso dica di preferire la interpretazione di S. Agostino anche perchè meno espone la Sacra Scrittura ad essere derisa dagli increduli, e con quale cura tenga aperte le vie della fede:

«Sic ergo circa mundi principium aliquid est, quod ad substantiam fidei pertinet seilicet mundum incepisse creatum; et hoc omnes concorditer dicunt; quo autem modo et ordine factum sit non pertinet ad fidem nisi per accidens, in quantum in Scriptura traditur; cujus veritatem diversa exposition Sancti salvantes diversa tradiderunt24».

Perciò anche se le dottrine trasformiste, e in particolare la Pythecoidentheorie, ispirano a molti credenti viva ripugnanza, anche se è vano di ricercare negli antichi scrittori cristiani una teoria sulla discendenza in generale di tutte le specie da una o da poche forme primitive e in particolare [p. 28 modifica]della specie umana dai bruti, è tuttavia utile, nel senso religioso, di mantenere le ipotesi circa uno svolgimento graduale degli organismi e segnatamente del corpo umano, che, concepite da quegli illustri teologi antichi, possono conciliarsi col trasformismo moderno. È utile, per esempio, di ricordare che Suarez, il quale combatte le ipotesi di S. Agostino e sostiene la creazione immediata e diretta dell’uomo, così riferisce le opinioni di S. Giovanni Grisostomo, dell’Abulense e del Castro circa quest’ultimo punto: «Intelligunt ergo corpus hominis delineatum ed externa hominis forma compositum et imperfecte dispositum præcessisse tempore introductionem animæ, ac proinde ab imperfecto ad perfectum successive producendo, tandem ad ultimam dispositionem pervenisse25». Questo corpo abbozzato e imperfetto, che verrà conformandosi col tempo alla disposizione perfetta del corpo di Adamo e, raggiuntala, acquisterà un’anima; questo corpo che vive e non è ancora uomo, non possiede ancora uno spirito umano, in [p. 29 modifica]che differirebbe dai bruti? Il Grisostomo professa circa le opere del quinto giorno una opinione rispondente al concetto di S. Agostino e di quegli evoluzionisti che poco stimando i fattori esterni attribuiscono principalmente ad una forza interna le trasformazioni degli esseri viventi. «Mihi videtur fuisse in aquis efficacem quandam et vitalem operationem26». Infatti non sarà mai possibile di spiegare l’origine della vita con la virtù dell’ambiente, nè con l’uso o il disuso degli organi, nè con la selezione naturale, nè con la sessuale, nè con la fisiologica; e se la prima cellula ha dovuto essere formata da una energia interna della materia, è difficile ammettere che una energia capace di operare mutazioni così straordinarie come il passaggio della materia dallo stato inorganico all’organico, non abbia pure dato origine alle mutazioni meno radicali che i primi organismi subirono.

Cornelio a Lapide, contrario come Suarez alla ipotesi di S. Agostino, ammette però la creazione potenziale di alcune specie. «Minora animalia quæ ex sudore, exhalatione aut putrefactione nascuntur uti pulices, mures, aliique vermiculi, non fuerunt [p. 30 modifica]hoc sexto die creata formaliter, sed potentialiter et quasi seminali ratione27». La stessa concessione è fatta da Suarez per quelle specie imperfette «quæ per influentiam cœlorum ex putrida materia terræ aut aqua generari solent28». La concessione sembra ma non è parziale, poichè accorda il principio che specie viventi possano aver origine da cause naturali preordinate, della cui azione si ignorano il modo e il tempo.

Il solo Huxley, ch’io sappia, fra i maggiori apostoli del trasformismo anticristiano, ha consentito a esaminare e a discutere alcuni documenti dell’antica teologia cristiana che dimostrano come fra il Cristianesimo e la dottrina dell’Evoluzione non vi sia antagonismo. Huxley, se ha vigorosamente affermato di non essere ateo29, non tacque però che la dottrina evoluzionista aveva agli occhi suoi, fra gli altri pregi, quello grandissimo di non potersi accordare con la religione cristiana30. [p. 31 modifica]Egli espresse lealmente il suo stupore quando vide asserita dal Mivart nella sua «Genesis of species» la possibile convivenza pacifica della ipotesi evoluzionista e della dottrina cristiana. Cercò ed esaminò i testi, ma non seppe esercitarvi una critica imparziale, commise l’errore che, a mio avviso, ha commesso, da un opposto punto di vista, il Grassmann. L’uno e l’altro si studiarono di rivelare le differenze fra opinioni metafisiche antiche e ipotesi scientifiche moderne; e certo il dimostrare del Padre Suarez che non fosse fautore del trasformismo riesce ancora più facile che il dimostrarlo di S. Agostino.

Però se il prof. Huxley pensò avere dimostrato contro il Mivart che la teologia cattolica non offriva concordanze con le dottrine trasformiste, la risposta del Mivart dovette porlo in un serio imbarazzo. Il Mivart gli rispondeva nel suo libro «Lessons from Nature» confutando le sue ragioni e adducendo nuovi testi a prova della perfetta libertà dei cattolici rispetto alla teoria dell’Evoluzione. I nuovi testi e i nuovi argomenti potevano discutersi ma non poteva discutersi il fatto che il D. Newman aveva benignamente accettata la dedica del libro fattagli dal prof. St. George Mivart, con parole che chiaramente attestano conformi le vedute dell’ecclesiastico a quelle del laico. Ora poco [p. 32 modifica]importava metter fuori di combattimento il Padre Suarez se si aveva poi a fronte, non alcune testimonianze parziali e inconscie, ma con tutta la sua autorità, con la sua piena scienza e coscienza del pensiero moderno, uno fra i più illustri teologi del nostro tempo, cardinale di Santa Romana Chiesa.

Questo ci conduce a osservare che il Grassmann, cattolico, si accorda col Morselli nel toccare alla sfuggita un tale nuovo atteggiarsi del pensiero religioso di fronte alle ipotesi trasformiste, nel tenerne ben poco conto. Ora tanto nel campo della teologia, quanto nel campo della scienza, il pensiero religioso moderno si viene senza dubbio elevando in modo da sottrarsi al conflitto fra evoluzionisti ed antievoluzionisti, che rimarrà ben presto puramente scientifico. Non è un movimento di ieri. Sino dal 1851, otto anni prima che Darwin pubblicasse il suo libro sulla origine della specie, il padre G. B. Pianciani, gesuita, scriveva un libro intitolato: «In historiam Creationis Mosaicam Commentatio». Trattando l’alto tema con piena notizia della dottrina e delle investigazioni scientifiche del suo tempo, il Pianciani argomentava essere stato il regno animale «successive, gradatim et paullatim in lucem editum31». Se più avanti [p. 33 modifica]scrive, «potuerunt eæ teluris perturbationes quas indicavimus parvas aliquas modificationes in viventium corpora inducere32», con che ammette solo l’azione trasformatrice dell’ambiente e la giudica poco efficace, egli non è venuto in questa opinione per ragioni teologiche, ma solamente per una ragione scientifica che fu poi ampiamente discussa, per le grandi lacune che si riscontrarono nelle specie fossili. Un altro gesuita, il padre Bellinck, posteriormente alla prima grande pubblicazione di Darwin, usciva in queste parole citate da un illustre, antico e tenace avversario scientifico del trasformismo, il Quatrefages: «Qu’importe après cela qu’il y ait eu des Créations antérieures à celles dont Moïse nous fait le récit; que les périodes de la génèse de l’Univers soient des jours ou des époques; que l’apparition de l’homme sur la terre soit plus ou moins reculée; que les animaux aient conservé leurs formes primitives ou qu’ils se soient transformés insensiblement; que le corps même l’homme ait subi des modifications; qu’importe enfin qu’en vertu de la volonté créatrice, la matière inorganique puisse engendrer spontanément des plantes et des animaux? Toutes [p. 34 modifica]ces questions sont livrées aux disputes des hommes et c’est à la science à faire ici justice de l’erreur33».

È inutile citare, dopo il Bellinck, altri scrittori ecclesiastici di gran fama, come il Bougaud, il Monsabrè che con simile larghezza di vedute trattarono dell’argomento, Il Monsabré, per verità, in una lettera diretta al Jousset nel giugno del 188934 si schiera contro il trasformismo, ma solamente per credute ragioni di fatto, le quali lo inducono a giudicare, un po’ alla lesta, che ce qui eût pu se faire ne s’est pas fait. Solamente riferirò honoris causa alcune parole di un ecclesiastico insigne che alle profonde convinzioni religiose e alla pietà singolare congiunse una grande riputazione scientifica, le seguenti chiare parole del compianto Stoppani, che vogliono essere e sono una succinta volgarizzazione moderna dell’ipotesi di S. Agostino:

«L’individuarsi, cioè il presentarsi e il sussistere l’una dopo l’altra delle creature nel tempo non dipende da un atto nuovo di Dio, quasi Dio [p. 35 modifica]operasse per atti successivi di volontà, con mezzi diversi secondo i diversi fini, insomma a guisa dell’uomo; ma da quell’atto primo, eterno, per cui l’Universo, una volta creato con tutti i suoi sostanziali principii, con tutte le sue categorie, con tutte le sue naturali relazioni, con tutti i suoi legami attivi e passivi di causa e d’effetto, doveva svolgersi naturalmente nello spazio e nel tempo35».

Chi ha seguito l’illustre scrittore di queste linee nei suoi lavori di preparazione all’Hexemeron, sa che professò grande rispetto alla lettera del racconto mosaico, e può quindi maggiormente apprezzare il valore del precedente giudizio. [p. 37 modifica]

III.


Se nel campo della fede si manifestarono concetti affini alle teorie trasformiste, se vi fu almeno autorevolmente affermata la libertà di aderire al trasformismo, del pari nel campo trasformista sorsero teorie governate da credenze e sentimenti cristiani e vi fu almeno autorevolmente affermata la libertà di aderire alla fede.

Quando nel 1866, in una seduta pubblica dell’Accademia belga36, il suo venerabile decano ottantenne, D’Omalius d’Halloy, confermava fra gli applausi la propria antica fede trasformista e insieme il proprio ossequio alla Bibbia, egli, geologo insigne, non era il primo fra i trasformisti a negare quell’antagonismo fra l’idea di Evoluzione e l’idea di Creazione che l’odium antitheologicum [p. 38 modifica]ha posto in campo, turbando la discussione scientifica di una teoria non ancora uscita dallo stato d’ipotesi, È noto che Lamarck, il vero fondatore del trasformismo, e Geoffroy St. Hilaire credevano in un Dio autore di tutte le cose; che lo stesso Darwin, anche nel suo libro sulla discendenza dell’uomo ha protestato contro l’accusa di ateismo, e che, secondo il Wallace, uno fra i più autorevoli suoi fautori, le leggi della Evoluzione si ricercarono solo per sapere «come il Creatore abbia operato37». Delle opinioni religiose che professarono Lamarck, Geoffroy St. Hilaire e Darwin parlò più volte, anche assai recentemente, il Quatrefages38 volendo appunto dimostrare con il loro esempio come le teorie trasformiste da lui combattute non abbiano relazioni necessarie nè con la filosofia nè col dogma. Ma il Quatrefages avrebbe potuto udirsi rispondere che v’era contraddizione logica fra le dottrine di quei naturalisti e i loro sentimenti personali, Infatti fu detto di Darwin che l’uomo non era imputabile di ateismo, ma che la sua dottrina lo era,

A ciò rispose uno scienziato americano eminente, [p. 39 modifica]il prof. Asa Gray39, cui piacque appunto di conconsiderare la ipotesi trasformista nelle sue attinenze con la filosofia e la religione; e la sua analisi completa avvalora gli argomenti del Quatrefages.

Esaminate con animo freddo e sereno le obbiezioni teologiche mosse al libro di Darwin sull’origine delle specie, le respinge; e dimostra che la dottrina delle cause prime resta dopo Darwin quale era innanzi, che la sua ipotesi concerne l’ordine e non la causa, il come e non il perchè dei fenomeni, Conchiude affermando che di fronte al problema inesplicato delle variazioni individuali al scienza inclina evidentemente non già verso l’onnipotenza della materia ma verso l’onnipotenza dello spirito40.

Agli imprudenti difensori della fede che non vogliono concedere aver il Creatore operato per via di evoluzione, poichè a loro giudizio della teoria dell’Evoluzione discende che non vi ha Creatore, Asa Gray osserva come abbiano maggior zelo che giudizio, come non convenga loro di scagliare a pezzi sul nemico i baluardi più forti per difendere posizioni insostenibili, come sieno [p. 40 modifica]possibili sempre, con evoluzione o senza evoluzione, tanto il concetto ateo quanto il concetto teistico dell’universo.

Ragionando intorno all’ordinamento teleologico, al piano divino dell’universo, Asa Gray nota come coloro che credono in esso e insieme professane la dottrina della fissità della specie, non sappiano lodevolmente giustificare la presenza di quegli organi privi di funzione e quasi abortivi che si trovano in moltissime specie; e come il problema si affacci loro più grave quando, presso altre specie, riconoscono gli stessi organi, ma idonei a una funzione utile41. Se l’occhio fu dato squisitamente perfetto ad alcuni animali superiori, se meno perfetto ma tuttora utile lo ebbero altri animali inferiori, perchè in qualche specie infima lo troviamo noi affatto rudimentale e incapace di visione? Coloro che ammettono a priori un ordine provvidenziale possono trovare la soluzione del problema solo negando la stabilità della specie, affermando che quegli organi hanno servito in passato, o serviranno, forse in qualche nuovo modo, nell’avvenire, che rispondono insomma ad una finalità più larga e più comprensiva. Così la teoria della Evoluzione illumina, secondo Asa [p. 41 modifica]Gray, una seria intera di oscuri fatti nel modo che più si conviene al concetto teistico dell’Universo, all’idea di un piano sapiente della Creazione, di un ordine divino delle cose: idea che infiniti pensatori e scienziati, da Voltaire a Darwin, per tacere de’ più antichi, ebbero comune con i credenti. Mi piace notare qui che lo stesso Haeckel offre con la sua genealogia dell’uomo un involontario aiuto a coloro che conciliano l’idea d’Evoluzione con l’idea di una Intelligenza ordinatrice; poichè secondo lui, nelle ventidue serie di forme animali onde consta quella genealogia, un solo individuo o una sola coppia ha ogni volta prodotta la forma nuova che sale verso l’uomo; come se ad alcuni esseri viventi fosse stata affidata in particolare la missione gloriosa di condurre la vita alla sua forma più elevata, attraverso forme destinate a rimanere inferiori42.

La prudente critica di Asa Gray si limita a dimostrare che la ipotesi dell’Evoluzione, anche se provata, non può in alcuna maniera influire sulle dottrine filosofiche e religiose. Altri più convinti fautori della nuova teoria vi edificarono sopra intieri sistemi di filosofia cristiana. Non parlerò di [p. 42 modifica]coloro che, come il Savage e il Mac Queary43, si finsero un cristianesimo di loro fattura, caldo, per verità, di nobilissime aspirazioni al bene, ma troppo lontano dai dogmi; toccherò invece di un libro rigorosamente cristiano, dove le convinzioni scientifiche e le credenze religiose sono fuse insieme tanto perfettamente, per opera di un così straordinario calore morale, che l’autore avrebbe meritato, io credo, almeno una menzione speciale dal Grassmann, ove parla di sforzi fatti per conciliare la teoria trasformista col dogma.

Il professore Joseph Le Conte, della Università di California, geologo riputatissimo, ha pubblicato nel 1887 un libro sulla Evoluzione e il pensiero religioso44, dove si dimostra, con una serie di elevatissime considerazioni, come si ingannino quei materialisti e quei credenti che si accordano nel giudicare il valore filosofico della ipotesi evoluzionista, la quale agli occhi suoi ha ormai rivestiti i caratteri della certezza. È strano che quando non si sapeva immaginare come si fossero prodotte le varie forme organiche, si ammettesse [p. 43 modifica]l’opera d’un Creatore, e che poi, quando fu scopetta la loro origine dall’Evoluzione, questo Creatore figurasse posto da banda. Si giudica solitamente così l’opera di un ciurmadore ch’è ammirato soltanto fino a che non discopriamo il suo metodo; ma se si tratta di un lavoro sincero e serio, di uno strumento che operi veramente cose mirabili, quando ne veniamo a conoscere i segreti congegni, la nostra ammirazione, lungi dal dileguarsi, diventa un piacere intellettuale squisito ed intenso. E quando la scienza, adempiendo l’ufficio suo, ci discopre in parte il metodo col quale sono state fatte le specie viventi, essa non altro discopre che il lavoro sincero e serio d’Iddio,

Chi contempla la natura a questa nuova luce prova un piacere intellettuale più squisito e più intenso, rende a Dio un culto più intelligente, più degno. Se da un lato coloro che confessano essere stati creati da Dio non ammettono per la specie quel metodo di creazione che ammettono per l’individuo, se dall’altro si pensa abbattere con l’idea di evoluzione l’idea di creazione, n’è causa quel dogmatismo che si tiene stretto alle idee vecchie solo perchè son vecchie, e quell’altro dogmatismo che abbraccia le idee nuove solo perchè son nuove. Ai primi si può rivolgere l’amaro sarcasmo di Giobbe: «Voi siete uomini davvero e la sapienza morrà [p. 44 modifica]con voi»; ai secondi, che ora sono in auge, si può dire colla stessa ironia: «Voi siete uomini davvero e la sapienza è nata con voi».

Il Le Conte considera il problema del male nella nuova luce che gli viene da una teoria spiritualista dell’Evoluzione45. Osserva come il dolore che precedette la umanità nel mondo fosse inseparabile da alcuni fattori di evoluzione, dalla lotta per l’esistenza, dal conflitto con l’ambiente, e non possa chiamarsi male se ha condotto la natura terrestre alla sua sommità, l’uomo. Osserva quindi come non possa chiamarsi male neppur più tardi, se, movendo l’uomo a difendersi dagli elementi, dalle fiere, dai morbi, a studiare e usare le leggi del mondo fisico, è stato potente strumento del suo progresso. Ma vi ha un male peggiore di tutti, quello che dagli organismi è passato nello spirito, il male morale.

Anche lo spirito si trova in conflitto con un ambiente nemico; deve vincere o soccombere. Come vincerà? Con lo studio e la pratica delle leggi del mondo morale. La evoluzione ideale dello spirito umano lo conduce dall’innocenza alla virtù; nella virtù sta la suprema grandezza dell’uomo, e chi dice virtù dice libertà, dice violenza contro il [p. 45 modifica]male, che divien così necessaria condizione di questo glorioso innalzarsi. Come il mondo inorganico, scrive Le Conte, alimenta il mondo organico, come il mondo organico alimenta il mondo razionale e morale, come i sensi alimentano l’intelletto, così le stesse cupidigie sensuali alimentano i sentimenti morali più nobili purchè non sia violato l’ordine delle cose come la storia dell’Evoluzione lo indica, e le inferiori non si sovrappongano alle superiori. Più è forte l’impulso dell’animalità inferiore, più s’innalza il sentimento morale che la tien soggiogata, più grandeggia l’umanità. Male vi ha solamente quando cupidigie e sentimento morale mutano posto, quando contro l’ordine storico, per così dire, delle cose, la parte inferiore dell’uomo, il senso, si sovrappone alla superiore, la ragione.

Nessuno dirà che queste nobili pagine sciolgano il problema del male; nessuno negherà che ne rischiarino un lato di vivida luce cristiana. Tuttavia conviene ammettere che se l’edificio del Le Conte non pericola qui, pericola in un altro punto, nel punto dove il prof. Grassmann si trincerò per respingere qualsiasi trattativa pacifica con i fautori di Darwin.

Il Mivart ha chiaramente affermato che la supposta derivazione del corpo umano da una specie [p. 46 modifica]animale inferiore non contraddirebbe alla fede e il Grassmann confessa che infatti una tale ipotesi avrebbe i caratteri di ciò che i teologi chiamano sententia temeraria, non di una eresia46. Ma le cose corrono diversamente quanto all’altra ipotesi trasformista, secondo la quale anche le facoltà dello spirito umano sarebbero venute svolgendosi e preparandosi nei bruti, avrebbero compiuto una evoluzione come il corpo. Ora la religione cristiana non concede ai bruti un’anima sostanzialmente identica all’umana, un’anima che solo differisca dalla nostra per l’imperfetto sviluppo delle sue facoltà. Circa questo punto le sentenze dei teologi cristiani d’ogni tempo sono chiare e concordi.

Il Le Conte procede peritoso sopra un terreno difficile esprimendo modestamente la sua opinione personale. Egli tiene che l’anima umana abbia origine da qualche cosa di preesistente nella natura inferiore, da qualche cosa ch’egli paragona ad un germe, ad un embrione, il quale solamente nell’uomo arriverebbe a quella essenziale, mirabile trasformazione cui gli embrioni comuni attraversano nella nascita. Il principio vitale delle piante l’anima dei bruti, sarebbero stadii nella vita [p. 47 modifica]embrionale dello spirito, nato finalmente nell’uomo alla ragione, alla libertà, alla immortalità47.

Il Le Conte che comprese bene la opportunità di paragonare per questo rispetto la evoluzione filogenica alla evoluzione ontogenica, avrebbe potuto approfondire il suo studio con l’aiuto di S. Tommaso, e più ancora di Rosmini. S. Tommaso, trattando dell’anima nell’embrione umano scrive: «Dicendum est quod anima existit in embrione a principio quidem nutritiva, postmodum autem sensitiva et tandem intellectiva»48. E parlando del succedersi di queste anime: «Superadditio maioris perfectionis facit aliam speciem... quando perfectior forma advenit, fit corruptio prioris... sequens forma habet quidquid habebat prima et adhuc amplius»49.

Egli non divide, per verità, l’opinione di coloro che stimano l’anima vegetativa venir poi [p. 48 modifica]acquistando la facoltà di sentire e finalmente la facoltà d’intendere, sia pure che questa le venga conferita direttamente da Dio. «Et ideo alii dicunt quod illa eadem anima quae fuit vegetativa tantum, postmodum per actionem virtutis quæ est in semine perducitur ad hoc ut ipsa eadem fiat intellectiva non quidem per virtutem activam seminis, sed per virtutem superioris agentis, scilicet Dei, deforis illustrantis.... Sed hoc stare non potest»50. San Tommaso dimostra che la seperadditio perfectionis non può lasciar sussistere l’anima precedente e dà origine a una nuova specie, facit aliam speciem, come l’aggiunta di una unità fa un’altra specie nei numeri. Perciò chi dicesse: «In un dato momento della vita embrionale sopraggiunge all’anima inferiore un complemento di perfezione che ne muta la specie» non contraddirebbe a San Tommaso.

Ma se così avviene nella evoluzione ontogenica sarà illecito l’opinare che ciò avvenga pure nella evoluzione filogenica e che se il corpo umano è derivato da un organismo inferiore di specie [p. 49 modifica]diversa, anche l’anima umana abbia origine da un’anima inferiore, cui un sopraggiunto complemente di perfezione avrebbe mutato specie?

Se il Grassmann e il Le Conte avessero conosciuto la Psicologia di Antonio Rosmini, del maggior filosofo cattolico moderno, il primo avrebbe dovuto sicuramente tenerne conto nel capitolo Menschen und Tierseele, il secondo avrebbe, io credo, corrette in parte le sue idee sulla evoluzione dello spirito, le avrebbe insieme posate sopra una ben solida e ferma autorità. Il Rosmini, attribuendo al principio senziente la facoltà di organizzare la materia, viene implicitamente a confermare la ipotesi della evoluzione fisica per effetto di cause interne, e viene poi implicitamente a includervi l’uomo con queste parole: «Conviene che l’animalità e il suo organismo sia recato alla maggior perfezione acciocchè l’anima intellettiva o razionale vi si aggiunga, ma questa coll’aggiungervisi dà poi a tale organismo quel cotale finimento, quell’attualità, quell’indole di finimento, quel guizzo, quella vita che in niun ente che fosse meramente animale potrebbe essere»51. Parole che fanno pensare al giudizio di Wallace, non bastare le leggi comuni della Evoluzione e spiegare [p. 50 modifica]l’uomo, e doversi ammettere che una Intelligenza superiore ne ha diretto lo sviluppo in un dato senso per vie speciali. Ma come e di dove ha origine, secondo il Rosmini, quest’anima intellettiva? Ha origine da ciò che Iddio rivela l’essere intelligibile all’anima sensitiva, la quale diventa così intelligente. «E che ripugna,» esclama il Rosmini «che un principio senziente, come direbbe Aristotile, sia in potenza intelligente? Cioè, che ripugna che egli venga elevato a condizione intelligente?52. Nella mente del Rosmini lo spirito dei bruti, l’anima sensitiva, è pure indistruttibile, ma non conserva la propria individualità; rappresenta uno stadio nella evoluzione da lui tratteggiata con le seguenti parole:

«Qualora sia vero che ogni elemento materiale ha seco essenzialmente congiunto un principio senziente e che, avendosi più elementi... più principii senzienti si unificano in uno, rimane vero che il sentimento creato non perisce giammai, ma solo collo scomporsi dei corpi o col ricomporsi si modifica in mille maniere continuamente e prende mille forme diverse. Le quali mutazioni essendo prevedute dalla Sapientissima Provvidenza devono essere rivolte a ridurre lo spirito della vita che [p. 51 modifica]anima il mondo a stato e condizione sempre migliore, a perfezionarsi senza posa»53. Poteva dunque il Le Conte appoggiare la sua opinione circa l’origine dell’anima umana ad un’autorità insigne, e con l’autorità stessa mantenere l’indistruttibilità dell’anima dei bruti insieme alla differenza specifica delle due anime, insieme alla dottrina che sola immortale riconosce l’anima umana. [p. 53 modifica]

IV.


Si potrebbe finalmente, a mio giudizio, portare nella discussione una intatta e vigorosa schiera di argomenti tratti dalla essenza stessa della religione cristiana. Non solo non vi ha dissidio fra questa e il concetto fondamentale dell’Evoluzione, non solo è libera di aderirvi la più severa coscienza cattolica, ma esso risponde, se non m’illudo, alla natura stessa e all’indirizzo del Cristianesimo. Non è la prima volta che una teoria combattuta sulle prime in nome della Fede trionfa di ogni opposizione e rivela un accordo della verità religiosa che innalza lo spirito umano e lo avvicina ad entrambe. A tutti è noto come la esistenza degli antipodi fosse anticamente combattuta da molti, anche da S. Agostino, in nome della Fede. Si sostenne, con maggior ragione e con miglior successo, che doveva invece confermarsi e tornare a [p. 54 modifica]maggior gloria di Dio. La teoria eliocentrica onde si allargò il concetto dell’Universo, e quindi l’idea di Dio, ebbe la stessa sorte. La dottrina dell’attrazione universale fu al suo nascere accusata dagli uni, glorificata dagli altri come una ipotesi atea che togliesse a Dio il governo dei mondi per concederlo alle cieche forze della materia. Toccò al pio Leibnitz di combatterla e toccò a Voltaire di dimostrare che Newton aveva con la sua scoperta magnificamente illustrate la sapienza e la potenza divina. La generazione spontanea parve ai materialisti una prova del loro sistema e fu perciò combattuta dagli spiritualisti; ma come scrisse Antonio Rosmini54, erravano gli uni e gli altri, poichè, se vi è una generazione spontanea, essa non prova già, come voleva il Cabanis, che la materia morta diventa viva da sè, ma che essa viveva anche prima, e che un principio vitale, operando in lei, produsse l’organismo; il qual principio vitale delle cose venne ravvisato da alcuni Padri, secondo scrive più oltre lo stesso Rosmini, in quelle parole della Genesi: «et Spiritus Dei ferebatur super aquas.» Dopo la scoperta di Newton che dimostra l’unità del Creato nello spazio, venne la ipotesi sulla discendenza delle specie, che affermando la [p. 55 modifica]comune origine e la continuità di tutti gli esseri viventi, dal principio delle cose fino a noi, dimostra la continuità di tutti gli esseri viventi, dal principio delle cose fino a noi, dimostra la unità del Creato nel tempo. L’accordo di queste due unità nell’Universo offre allo spirito umano la più sublime visione del Creatore ch’egli abbia raggiunta mai, e fu poeticamente paragonato dal Le Conte all’accordo dell’armonia, la unità nello spazio, con la melodia, la unità nel tempo, accordo che è la vera musica delle sfere55.

Il tumulto e il disordine intellettuale che accompagnano ciascuna di queste grandi fasi del progresso scientifico atterriscono gli spiriti conservatori ma si ricompongono dopo ciascuna di esse in un ordine superiore dove l’intelletto umano si trova più alto a fronte di un Dio più visibilmente grande. Così dopo ciascuna delle maggiori rivoluzioni politiche come la inglese, l’americana, la francese e la nostra, l’ordine civile si vede ricomporsi più elevato, più conforme al diritto eterno, ricco di conquiste imperiture come il rispetto al diritto nazionale, la eguaglianza civile, la separazione dei poteri giusta la loro natura.

Ma vi ha di più, Alcuno potrebbe notare che [p. 56 modifica]il Cristianesimo, col suo dogma di una umanità futura derivata dalla presente, dotata di potenze superiori, vestita del suo corpo attuale ma meglio conformato al predominio dello spirito, corpus spiritale, indica nel futuro una continuazione diretta e logica, un complemento del processo evolutivo trascorso, è essenzialmente una religione evoluzionista; come è evoluzionista in sostanza la morale cristiana che insegna il continuo sforzo di liberarsi maggiormente da quell’animalità onde l’essere umano si è svolto, di preparare appunto in sè quel predominio dello spirito che naturalmente appartiene alla specie futura, come un tempo da pochi o molti individui di qualche specie infima fu, secondo si asserisce, istintivamente iniziato e conquistato ai loro discendenti il palpito del cuore56. Ma vi ha di più. Nè il professore Asa Gray che a proposito di un giudizio di Agassiz esprimeva scherzando il suo scarso desiderio di rifar conoscenza, in una vita futura, con tutto il regno animale57, nè il signor Powell, tanto fidente nel progresso degli animali da intolare un capitolo del suo libro: Animals on the road58, [p. 57 modifica]paiono sospettare che i libri sacri del Cristianesimo promettono solennemente una evoluzione futura non all’uomo soltanto ma benanco ai bruti e a tutto il Creato.

La expectatio creaturæ è bandita da S. Paolo. Secondo S. Paolo, tutta la natura aspira a uno stato superiore che conseguirà quando anche l’umanità sia trasfigurata nello splendore futuro. «Ipsa creatura liberabitur a servitute corruptionis in libertatem gloriæ filiorum Dei. Scimus enim quod omnis creatura ingemiscit et parturit usque adhuc»59 Molti indizi, dice un commentatore cattolico della Bibbia, il teologo Allioli, rispondono, specie nella creazione vivente, nel mondo delle piante e degli animali, alla rivelazione divina comunicataci da S. Paolo; la cupidità, comune alle creature viventi, di formare, di riprodursi, ch’è infallibile segno del loro tendere inconscio a una forma migliore, la costanza di questo impulso, perfino la tristezza impressa nel volto degli animali60 Come l’uomo, soggiunge l’Allioli citando [p. 58 modifica]Toletus e Cornelio a Lapide, anche le altre creature ascenderanno dallo stato imperfetto in cui giacciono come prigioniere, ad una simile libertà, stabilità, immortalità, «Tota creatura sensibilis» commenta S. Tommaso «quandam novitatem gloriæ consequetur»61. Il commento di S. Ambrogio è pieno di triste e grandiosa poesia. Egli considera il travaglio e la pena di tutta la Natura, dagli astri che faticosamente percorrono il loro cammino, sorgono, cadono, risorgono, sino allo spirito degli animali che servono e gemono perchè l’opera loro servile è caduca, non è per il servizio di Dio e per l’eternità, ma per il servizio dell’uomo peccatore e per la corruzione. «Quantum ergo datur intelligi, satis de nostra salute sollicita sunt, scientes ad liberationem suam proficere maturius, si modo nos citius agnoscamus auctorem»62. S. Ambrogio ne trae quindi una esortazione ai cristiani di operare il bene anche per pietà della natura inferiore «quæ diebus ac noctibus iniurias patiens inge[p. 59 modifica]miscit»63. A chi considera nella divina rivelazione comunicataci da S. Paolo quella sola parte che riguarda la evoluzione futura dei bruti, non deve poi ripugnare la ipotesi della evoluzione passata dell’uomo.

Per queste ragioni di ordine diverso giudicai non opportuno quell’indirizzo del pensiero religioso che si manifesta e si afferma nel lavoro sicuramente assai dotto e serio del prof. Grassmann. E l’argomento, oltre alla sua importanza generale mi parve averne una particolare per l’arte che crea con la parola, per l’artista cristiano che non intende operare contro la sua fede; poichè la teoria della discendenza di tutti gli esseri viventi da una origine sola, la idea di una attività vitale immensa, intesa a produrre dalla prima nebulosa, grado a grado, l’essere intelligente e libero, intesa in pari tempo e in pari modo a preparargli con le proprie deviazioni un contorno che lo regga e gli serva per salire ancora, mi parvero conferire alla rappresentazione intellettuale dell’Universo una meravigliosa ispiratrice bellezza cui non si rinuncerebbe senza violenza e dolore. E se io penso che dovunque certe leggi eterne sono, involontariamente nel [p. 60 modifica]mondo della necessità, volontariamente nel mondo della libertà contraddette, evoluzione non significa progresso ma decadenza; se io penso che non vi è ascensione della vita a forme superiori senza lotta contro una resistenza universale e costante nella natura; se mi persuado che l’essere libero deve partecipare a questa lotta, sia pur faticosa e dolorosa, con la propria volontà, sento che l’arte obbedisce a un’indicazione tacita della nuova scienza e combatte veramente sulla fronte della razza quando da ogni animalità inferiore trae lo spirito umano all’accesa ricerca, sia pur faticosa e dolorosa, di quella bellezza complessa che più è pura di animalità, che compenetra in una luce indissolubile la bellezza intellettuale e la bellezza morale.

Note

  1. F. L. Grassmann, Die Schöpfungslehre des heiligen Augustinus und Darwins. Regensburg, Manz, 1889.
  2. Vogt, Vorlesungen über den Menschen. Vedi Mivart, Genesis of Species, Introductory.
  3. Haeckel. Natürliche Schöpfungsgeschichte, Cap. ii.
  4. Punto di vista del sentimento.
  5. Dove mancano i fatti rimane tuttavia un posto per la scienza fondata sul sentimento, Virchow, Menschen und Affenschätel. Vedi Wigand, Der Darwinismus und die Naturforschung Newtons und Cuviers, vol. iii, pag. 171.
  6. Powell, Our heredity from God.
  7. Morselli, Lezioni di antropologia. Lezione seconda, pag. 40.
  8. Le Conte, Evolutions and its relations religious Thought, pag. 43.
  9. Mac Queary, Evolution of Man and Christianity, pagina 72.
  10. Colui che vive in eterno creò tutte insieme le cose. Ecclesiastico, xviii, 1.
  11. La dizione usata da S. Agostino si scosta qui un poco da quella della Volgata che il Martini traduce: «Tale fu l’origine dei cielo e della terra quando l’una e l’altra fu creata nel giorno in cui il Signore Dio fece il cielo e la terra e tutte le piante dei campi prima che nascessero sulla terra e tutte l’erbe della terra prima che (da essa) spuntassero». Le differenze sono irrilevanti per l’argomento.
  12. Come nel seme istesso tutte invisibilmente si contenevano le parti dell’albero futuro, così è da pensare che il mondo quando Iddio creò a un punto ogni cosa, avesse in sè tutto che in lui e con lui fu fatto quando il dì. De Gen. ad litt. v, 45.
  13. «S’egli dunque formò di terra l’uomo e le bestie, che ha l’uomo di più eccellente a questo riguardo se non ch’egli fu creato a immagine di Dio? Nè ciò secondo il corpo, ma secondo l’intelletto della mente.» De Gen. ad litt. vi, 22.
  14. «Vediamo adunque se possa esser vero ciò che indubbiamente mi pare più comportabile dalla ragione umana, avere Iddio creato, in quelle prime operazioni sue quando tutto a un punto creò, anche l’anina umana, onde spirarla poi, a suo tempo, nelle membra ch’Egli formava dal fango; delle quali membra avrebbe infuso in quelle cose a un punto create la ragione causale, secondo cui ne uscisse fatto, all’ora debita, il corpo umano. Credasi pertanto, ove nè autorità di scritture nè ragion di verità il contraddica, che l’uomo venne a esser fatto, nel sesto giorno, di un corpo che già potenzialmente esisteva negli elementi del mondo, di un’anima creata quando il giorno, e nascosta poi nelle opere di Dio.» De Gen. ad litt. vii, 35.
  15. «Poichè la mutabilità delle cose mutabili è capace di tutte le forme in che si mutano le cose mutabili.» Conf, xii 6, 6.
  16. «Ardendo e anelando,»
  17. «Non me l’apprendesti, o Signore, tu stesso?»
  18. Asa Gray, Darwiniana.
  19. «Preferisco questa opinione». Thomas Aquinas, Sent. Dist. xii, Quæst i, art. 2.
  20. «Nella originaria produzione delle cose principio attivo fu la parola di Dio, che produsse gli animali dalla materia elementare, o in atto secondo altri santi, o in potenza secondo Agostino.» Summ. Theol. P. i, Quæst. 71.
  21. «Le specie nuove, se ne appaiono, preesistettero in certe virtù attive.» Summ. Theol. P. i, Quæst. 78.
  22. «Dice pertanto germini perchè in ordine alla produzione (dei vegetali) è conferita alla terra la potestà di produrre ciò che dalla terra nasce, e vano sarebbe quel comandare alla materia se non le fosse data la potenza seminale... accenna poi alla produzione attuale quando dice: e la terra produsse l’erba verdeggiante», Exp. Aur. in Gen. Cap. i.
  23. Se vi hanno dunque alcuni alberi come il pino, il fico ed altri siffatti cui la terra non ha virtù di produrre se non per altre interposte specie, dichiarasi che li produsse perchè in quelle specie furono generati.» Ibid.
  24. «Così circa il principio del mondo alcunchè appartiene alla sostanza della fede, ed è che il mondo principiò per creazione; in ciò si accordano tutti; in qual modo ed ordine poi sia stato il mondo creato non appartiene alla fede se non per accessorio, in quanto ne parla la Scrittura, la quale i Santi diversamente spiegarono, sempre nelle loro varie interpretazioni mantenendone la veracità.» Comm. in quat. Lib. Sent. Dist. x i, Quæst. i, art. 2.
  25. «Pensano dunque che il corpo umano delineato e composto in forma d’uomo e imperfettamente lavorato, abbia avitto esistenza prima che vi fosse introdotta l’anima; e poscia conducendosi passo passo da uno stato imperfetto a uno perfetto, sia pervenuto all’ultima sua condizione,» e Suarez, De opere sex dierum, Lib. iii, Cap. i.
  26. «A me pare essere stata nelle acque certa operazione efficace e vitale.» Chrys. Comm. in Gen. Hom. iii.
  27. «Gli animali minori che nascono di sudore, di esaltazione o di putrefazione come le pulci, i topi e altri vermiciattoli, non furono in questa giornata sesta creati formalmente, ma potenzialmente e quasi per via seminale.» — Corn. a Lap. In Gen. Comm. Cap. i.
  28. «Che per influenza del cieli sogliono generarsi dalla putrida materia della terra o dall’acqua.»
  29. Vedi rgyll., Reign of Law, Ch. ii.
  30. Vedi Mivart, Lessons from Nature, A. Postcript.
  31. «Successivamente, gradatamente e lentamente posto in luce.» Pianciani, In hist. Creat. pag. 47.
  32. «Le accennate perturbazioni della terra poteron recare qualche leggiera modificazione ai corpi dei viventi.»
  33. Études réligieuses, historiques et littéraires par des Pères de la Compagnie de Jesus, — xii Année, Quatrième série, Avril 1868.
  34. Jousset, Evolution e transformisme. Ouvrage précèdé par une lettre du R. P. Monsabrè.
  35. Stoppani, Sulla cosmogonia mosaica, xvi, p. 205.
  36. Bulletin de l’Academie de Belgique, ii Serie, Tome xxxvi.
  37. Vedi Atgyll, Reign of Law, Chap. v.
  38. Vedi Revue scientifique del 19 maggio 1888. Journal des savants del febbraio 1890.
  39. Asa Gray, Darwiniana, Darwin and his reviewers.
  40. Asa Gray, id. id.
  41. Asa Gray, Darwiniana, Evolutionary teleology.
  42. Vedi Perrier, Le transformisme, Chap. iv.
  43. Savage, Religion of evolution. Mac Queary, Evolution of Man and Christianity.
  44. Joseph Le Conte, Evolution and its relations to religions Thought.
  45. Le Conte, Op. Cit. The problem of evil.
  46. Grassmann, Op. cit. Menschen und Tierseele.
  47. Le Conte, Op. Cit. The relatio of Mon to Nature.
  48. «Pertanto altri dice che quell’anima stessa la quale unicamente vegetativa era, conducesi poi per la virtù del seme al punto in cui è fatta intellettiva non più per la virtà del seme, ma per la virtù di un agente superiore, ossia d’Iddio, che dal di fuori la illumima.... Ma ciò non può stare.» Ibid.
  49. «È a dire che l’anima esiste nell’embrione, da principio nutritiva, poi sensitiva e finalmente intellettiva.» Th. Aq. Summ. Theol. Quæst. 118, art. 2.
  50. «L’esservi sopraggiunta una perfezione maggiore, dà origine a un’altra specie.... quando arriva la forma più perfetta, si corrompe la precedente.... la forma posteriore ha tutto che aveva la prima e anche più.» Ibid.
  51. Rosmini, Psicologia, Lib. iv, Cap. 23.
  52. Rosmini, Psicologia, ecc.
  53. Psicologia, Lib. v. Cap. 2.
  54. Psicologia, Lib. iv. Cap. 14.
  55. Le Conte, op. cit. Relation of Agassizato Evolultion.
  56. Vedi Powell, Op. Cit., pag. 195.
  57. Asa Gray, Op. Cit. Darwin and his reviewers.
  58. «Animali in cammino.» Powell, Opera citata, Lecture iv.
  59. «Che anche il mondo creato sarà renduto libero dalla servitù della comunione alla libertà della gloria de’ figliuoli di Dio. Conciossiachè sappiamo che tutte insieme le creature sospirano e sono ne’ dolori del parto fino ad ora». (Versione del Martini). Ep. ad Rom. viii, 21, 22.
  60. Ep. ad Rom. viii, nota 33.
  61. «Tutte le creature sensibili conseguiranno certa innovazione gloriosa,» In Epistolas D. Pauli Espositio.
  62. «Per quanto n’è dato intendere hanno sufficentemente a cuore la salvezza nostra, sapendo che tanto più presto saranno liberati essi, quanto più presto riconosceremo noi il Liberatore.» Ambr. Comm. in Ep. ad Rom.
  63. «Che geme notte e dì soffrendo ingiustizie.»