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Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte II/Genj

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Genj

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Parte II Parte II - Genj, ed Ingegni
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GENJ.


Quell’entusiasmo, di cui abbiamo parlato, è quello propriamente, che costituisce il talento di coloro, che sono atti alle bell’arti, e li distingue sostanzialmente da quelli, che senz’attitudine vi si son dedicati. V’ha dunque un vero carattere distintivo in certuni, che producono certe opere, e riescono in certe professioni, che mal rispondono ad altri. Noi li chiamiamo anime grandi, indoli generose, spiriti rari, uomini d’estro, e di felice natura, nè, ch’io sappia, la nostra lingua ha ancor fissato un termine proprio di loro1. L’altre nazioni hanno adottato il nome di genio, pel quale in tutta l’Europa son conosciuti, e distinti; e quando anche tra noi la lingua filosofica si sarà ampliata nelle materie di lettere, e nelle facoltà dell’ingegno, troverem necessariamente un titolo proprio, [p. 6 modifica]e preciso, poichè hanno una lor propria facoltà, un carattere, un dono, che ad altri è negato. I romani dissero geniusa certe locali divinità, o semidivinità, e noi l’usiamo latinamente a dir angelo; e quindi sembra sia dato a quegli uomini un genio, che in lor parla, e gl’ispira, come fu quel sì famoso di Socrate, e quel d’Orazio in que’ versi2 Sallo il genio, che venuto dagli astri al nostro nascere fino al morire è il nume nostro fedel compagno... Molti altri ne favellarono, come di gente divina, o di dono divino privilegiata.

Chi fosse portato ai sistemi direbbe, che tali angeli, o Dei son di una specie diversa, aver un’altr’anima, non essere della nostra natura. Io dirò, che una maggior attività d’anima, abilità d’organi, un temperamento, un umore particolare forma in loro quell’ultima differenza. Ma qual ch’essa siasi, [p. 7 modifica]certo debbono riconoscersi a segni non dubbi, e a me par riscontrarli più chiaramente in quel, che ho detto dell’entusiasmo, quasi ei sia la forma lor propria; e vorrei farne il ritratto più forse finito, che non siasi ancor fatto, avendosi molto finora parlato, e scritto di questa classe d’uomini; ma non essendo fissati i suoi limiti così, che il lor linguaggio, talento, e costume, ed indole sian conosciuti abbastanza.

Io gli ho studiati, ed esaminati con diligenza, come un forestiere curioso in terra ignota, o in mezzo ad una straniera nazione; ed ho avuto a ciò più agio, perchè la mia vita ho passata con gente tutta occupata negli studi, e nelle lettere; onde ho potuto le varie classi d’ingegni considerare, e distinguere praticamente. Ma nondimeno dimando in prima perdono di por la lingua in cielo, temendo rassomigliare a coloro, che osarono porre sulla bilancia Platone e Aristotile, Tullio e Demostene, Pindaro e Orazio. Ed è certa eguale temerità parlar de’ genj; chi non è genio, qual io sono sicuramente. La prova di ciò non sol la trovo [p. 8 modifica]nell’intima mia coscienza, ma fuori si manifesta per questo scritto medesimo; in cui fo quasi un trattato dell’entusiasmo, e tento il ritratto de’ geni; il che può farsi da un osservatore , o al più dimostra un uomo di riflessione, d’industria, mentre nè l’entusiasmo è così riflessivo, nè il genio è così paziente.

Parmi adunque dall’entusiasmo, che li contraddistingue poter questi chiamarsi anime elevate a veder rapidamente cose inusitate, mirabili, passionandosi, e trasfondendo in altrui la passione. Veniamo al riscontro parte a parte.

E prima a più chiara intelligenza intendo parlare dei genj antichi, e moderni, d’autori illustri, che ottennero questo titolo da ogni gente, e di quelle insieme, che mi paiono somigliarli, e meritarlo. E siccome tutto il mio scrivere non ha altra mira, che di consultare me stesso, ed altrui sopra questo argomento, così protestomi di lasciare a chi vuole la decisione, non mai pretendendo di canonizzare di mia privata autorità chicchessia. Cerco la verità, vorrei trovarla, vorrei mostrarla, o destar altri almeno a trovarla, [p. 9 modifica]e a mostrarla dopo dime. Dopo ciò curo del resto.

Chi può dare per altra parte una degl’ingegni, chi calcolarli, chi noromizzarli, se ancor siamo negli elementi della metafisica quanto a loro? Fu detto, che ogni uomo può diventar buon geometra col tempo, e con lo studio, per quanto sia stupido; e si veggono spesso persone avute per inettissimi spiriti, giuocando alle carte far combinazioni prontissime, sicurissime, complicatissime, al che certo è richiesto ingegno di qualche sorta. Nelle scienze almeno, che han certi principi, e metodi si dee giugnere presto, o tardi a saper quanto seppero i predecessori con qualche ancor lieve disposizione unita a debita applicazione, e soprattutto con uso, ed esercizio. Or chi negar può assolutamente, che così non possa farsi qualche cosa nell’arti eziandio?

Tanto più, che di questi genj medesimi ve n’ha in grado diverso, come dalla diversità degli eccellenti autori in ogni arte si riconosce. E come abbiamo veduto esservi differenze non poche dell’entusiasmo, che è pur [p. 10 modifica]uno, secondo la varia forzale, e distribuzione delle sue proprietà, così ve n’ha fra i suoi alunni: e chi di loro per migliori organi, per origine più felice, chi per educazione, ed allevamento più diligente, e sagace, chi per altre ragioni or molte parti, or tutte, or alcune chiude in se d’entusiasmo, ed or nell’elevazione, e grandezza prevale, or nella rapidità, e nella passione, e resta addietro del pari per ciò che mancagli, o non è perfetto. Per la qual cosa v’ha pur de’ genj tra gente indotta e volgare, ve n’ha tra le donne senza alcun dubbio, come ben si ravvisano da chi ben l’esamina, e qua, e là ne faremo menzione.

Pur nondimeno intendo parlare singolarmente de’ genj delle bell’arti, standomi ognora al preso argomento. Forse vedrassi, che i genj filosofi per esempio son tali per aver ancor essi l’entusiasmo delle bell’arti, e a quelle dovere più che non credono, o potere in quelle, ove il volessero, più che altri non crede. Ed anche perciò sarei ben lieto di riconciliare insieme le due classi degli uomini più pregiati che forse in altri tempi non [p. 11 modifica]rico-conobbero, quanto era degno il legame gen, tile, che tfnivali insieme, loro malgrado (i).

E (1) Anime risentite, ardenti, fantastiche son tra’ filosofi, e ancor tra’ politici ec. La diversa educazione, occasion, professione talor non lascian conoscerle bene. Galileo forse era un Virgilio, e ’“Baccone un Omero, Cartesio, e Leibnizio tanti Miltoni, o Tiziani, o Michelangioii; così molt’altri, come dal loro filosofare, e dalle ior opere si manifesta. Mafuron tratti dal secolo, dall’impiego, dall’occasione alla metodica verità, ai sistemi del: mondo, alle scienze, alle controversie; seguirono il filo del calcolo, delle combinazioni, delle dispute. Altri tali si tennero terra terra con anche più piccioli oggetti e tra più stretti confini, mentre avrebbou potuto dall’ alto illuminare il mondo, colorirlo, ed ornarlo. Certo è, che furono sempre tra gli uomini i geni in ogni gente, ed età; rari, è vero, dispersi ed occupari in altro talvolta; l’armi, la navigazione, il commercio, ed or le crociate, la cavalleria paladina, or altri Mudj nemici, come quello de’miserandi scolastici, dice Pallavicino, quando di meglio non conoscevasi, furon voragini, in cui tanti Petrarchi, e Galilei perirono, i quali forse affrettar potevano il buon secolo, o perfezionarlo nascendo in quello. Da ciò confermarsi il detto, che Archimede aveva almeno tanta immaginazione, quanta n’ ebbe Omero. [p. 12 modifica]

E poiché entrando a parlare dell’ entusiasmo fte diedi un esempio, affine di più chiaramen te manifestarlo col fatto; qui pur far vorrei memoria d’alcun genio particolare, che ognuno potesse conoscere ed esaminare. Ma ripensando quant’ è difficile cosa, e pericolosa parlar dei viventi poeti, oratori, pittori, ed altri mi sono avvisato di rappresentare un personaggio in genere; ma descrivendo la vita sua, e i lineamenti più espressi del suo singoiar privilegio, e mettendolo a fronte d’un uomo d’ingegno, che il farà meglio così ravvisare. Che se io venissi al particolare mostrando tale, o tal altro siccome un genio in oratoria, pittura, o poesia, oltre il timore de’ giudizi altrui temerei anche del mio, t più ancora in quelle arti, ove ho minore esperimento. Nella musica, per esemplo,alcuni cantori, e suonatori avrei citati, che mi parvero geni; ma come assicurarmene ? Il signor Farinelli, e la signoraAgujari nominerei, ne’quali il ( i ) canto parve ut istinto quasi ( i ) Sembra fatto per questo luogo, e per l’argomento il passo seguente =; Non cercar, o [p. 13 modifica]{{Pt|quasi d’augelli, cantando essi ancor soli, distratti, occupati, e non pensandovi, sicché scoprironsi ancor fanciulli da chi per caso gli udì con quella lor voce, e con quell’ istinto o giovane artista, ciò che sia il genio. N’hai tu ? e tu M senti in te stesso, o non n’ hai, e non puoi mai conoscerlo. Il genio della musica sottomette all’ arte sua 1’ universo; dipigne tutt’ i quadri co’ Suoni, fa parlare lo stesso silenzio, espriire le idee cogli effetti, gli afferti con accenti, e le passioni, ch’esprime, quelle suscita, in fondo ai cuori. Da lui prende la voluttà nuovo fascino; il dolore, ch’egli fa gemere, strappa le grida; egli arde sempre, nè mai consumasi, sembra scaldarsi esprimendo le nevi, ed i ghiacci; sembra, quasi pingendo l’orror della morte, insinuare nell’ anima quel senso di vita, che mai non lo abbandona, e ch’ei comunica a’ cuori fatti per lui. Ma oimè, eh’ ei nulla sa dire a color, che il germe non n’hanno, e poco sentonsi i suo; prodigi da chi non possa imitarli ! Vuoi tu dunque sapere, se una scintilla di questo fuoco divoratore hai nell’ anima ? Corri, vola a Napoli ad udir le bell’ opere di Leo, di Dorante, di Jomelli, di Pergolese. Se di lagrime s’ empiono gli occhi tuoi, se palpitare ti senti il cuore, se guizzi tutto agitandoti, se il piacere t’opprime, e li soffoca, prendi in man Metastasio, e } [p. 14 modifica]stinto sopra l'usato cantar da se per la strada. E così giunsero in fatti alla prima eccellenza dell'arte, anzi al prodigio, che di lor fama empì l’Europa, e rapì le nazioni.

Del pari nominerei volentieri i signori Tartini, e Dallai suonatori di violino a me noti; e più da vicino il signor la Houssaye, che com’essi suonando mi penetrava profondamente nell'anima, ed era egli pur penetrato.

Senza quello stromento era uomo quieto, modesto, amico d’ozio, e di pace. Ma preso il violino, eccolo un altro. Si risveglia, si scuore, s’accende co’ primi arpeggi, come un amico, ed amante all’incontro è al possesso del suo caro bene. Par, che abbracci, e s’interponi: il suo genio scalderà il tuo; saprai crear col suo esempio; questo è l’effetto del genio, e gli occhj altrui renderannoti il pianto trappoco, che t’avran fatto spargere i tuoi maestri. Ma se l’incanto di questa grand’ arte ti lascia cheto, se non hai nè delirio, nè rapimento, se ciò che ti rapisce non ti par beilo, come ardisci di chiedere cos’è genio?

Uom volgare non lo profana questo nome sublime, qual prò di conoscerlo? Tu nol sentiresti ~ Diz. de Musique de I. I. Rousseau. [p. 15 modifica]

terni, e si perda in quel suono, e non bada ad altro con una forza, una rapidità, un'applicazion di trasporto, che par fuor di se, ed io presente son da lui trasportato, nè mi ricordo più il suonatore, non veggo più l’arco, e lo stromento, non ho altro senso, fuorchè l’orecchio, e l’anima è tutta armonia.

Le note a lui non servono, che di un disegno, o modello, su cui dipigne, vola, inventa, crea, signoreggia a talento; ed io non sentj da un violino giammai tante cose, poemi, quadri, affetti, contrasti, e non mi stanca per quanto pur suoni. Mi dicono, ch’ei non si stanca in casa suonando da se, e passa l’intere giornate con l’idolo suo. Ben riflettei, conversando con lui, che diviene eloquente parlando dell’arte sua, ch’è superiore ai pregiudizj della musica italiana o francese, che senza parzialità le concilia, ed è tutto fuoco parlando dell'armonia generosa, profonda, e passionata, odiator della fredda, affettata, e corrotta.

E qui prevengo il lettore, che questa seconda parte, la quale ai genj appartiene, esser dovrebbe una storia dell'opere loro più insigni, [p. 16 modifica]signi, e ragionata, siccome dicono, cioè guernira di riflessioni, confronti, e critiche ancora. Dovrebbono ad ogni attributo dell’entusiasmo de’ geni trovarsi i passi più celebri de’ gran maestri d’ ogni tempo, e nazione, più propri di quell’ attributo, e vi staran bene gli esempi antichi, e moderni del mirabii, del grande, e del bello in poesia, pittura, oratoria; e l’elevazioni, visioni, rapidità, novità, passioni, e trasfusioni che nell’ opere loro s’incontrano più manifeste, sian greche, o latine, italiane, o straniere. In quella guisa che dalle sperienze, ed osservazioni la fisica trae le leggi, e le teorie generali della scienza naturale, e con queste leggi e teorie fa nuove osservazioni di pqi, e sperienze più certe; nel modo medesimo la storia de geni, e dell’opere loro gran soccorso darebbe all’ intelligenza più intrinseca dell’entusiasmo; nè già si vorrebbon citare le loro autorità, ed esempi a capriccio; e non senza il consiglio de’ migliori intendenti, ed amici. Ma siccome l’impresa è difficile, e in parte pericolosa, così vuol prima tentarsi la via con questo saggio, in cui sol qualche cenno si faccia di ciò per maglio esplorarla.

  1. Si dice aver genio, un uomo di genio, un’opera piena di genio e simili: poi s’è detto un genio ad esprimere questo pregio con una parola. L’uno include l’altro.
  2. Scit genius natale comes qui temperat astrum
    Natura Deus humane &c. Epist. 2. l. 2. ma in altro senso.