Dopo le nozze/A chi lo scettro?

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A chi lo scettro?

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Il matrimonio del ricco Unioni infelici

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A CHI LO SCETTRO?


Nel mio libriccino intitolato: il regno della donna, ho dimostrato come fra le pareti domestiche la donna sia regina, ma naturalmente non intesi dire che il marito debba per questo esserle schiavo e soggetto. «Allora, chi comanderà fra le domestiche pareti?» mi par di sentirmi chiedere dalle mie amabile lettrici.

Tutti e due, rispondo. Colla sola differenza che mentre il marito deve esser uomo e re, la moglie, pur essendo regina, dovrà sempre e prima di tutto conservarsi donna, [p. 55 modifica] e saranno due autorità che non cozzeranno fra loro perchè d’indole affatto diversa. L’uno comanderà colla saldezza dei propositi, l’altra colla grazia e colla dolcezza; l’uno colla forza della volontà, l’altra con quella della persuasione; e se in molte cose l’uomo dovrà avere una certa superiorità non dovrà valersene che nelle grandi occasioni quando una soverchia debolezza potrebbe essere dannosa al benessere della famiglia.

Ecco perchè egli non è obbligato se intraprende alcuna cosa di chiedere il consenso alla moglie, però se la metterà a parte dei suoi progetti, essa per quest’atto di fiducia gliene sarà riconoscente, lo amerà cento volte di più e forse potrà dargli un buon consiglio non foss’altro perchè le cose si vedono meglio con quattr’occhi.

La moglie invece quando fa qualche cosa di una certa importanza dovrà sempre chiedere il consenso del marito, e purchè ciò che chiede sia cosa ragionevole sarà certa di ottenerlo, perchè colla sua esperienza avrà imparato a prenderlo dal lato migliore, [p. 56 modifica] e lo persuaderà colla sua grazietta ad appagarla in tutto ciò che desidera. È vero che chi concede può anche negare; e in questo modo la donna viene a riconoscere la superiorità di lui, ma ha il vantaggio di rinunciare ad una parte di responsabilità, cosa che alle volte riesce molto comoda, e toglie al marito il diritto di rimproverare la moglie, se la cosa chiesta non riesce. In conclusione — quando si ottiene ciò che si desidera — quando si riesce a far volere a nostro marito quello che vogliamo noi, sia pure colla forza della persuasione, possiamo vantarci d’essere potenti, e non dobbiamo badare a tanti cavilli.

Del resto è così bello e piacevole poter appoggiarsi sopra un braccio sicuro e aver consiglio e protezione, che la nostra sorte è piuttosto da invidiare che da compiangere, e tutte le donne che non soffrono di star soggette e si vorrebbero emancipare, devono essere o molto infelici o molto prepotenti. È vero che sta in nostro potere di far molto per modificare e migliorare il carattere [p. 57 modifica] del marito, ma non si potrà certo ridurlo nostro schiavo, anzi credo che la maggior parte di noi non vorrebbe nemmeno una cosa simile, perchè ove si volesse sempre in ogni occasione ridurlo a fare il nostro piacere, si finirebbe col non stimarlo più e poi col cessare di amarlo.

Però in ogni caso l’uomo non deve approfittare della sua superiorità per tenere oppressa la moglie, ma deve trattarla come amica e compagna ed essere verso di lei generoso; tutto concederle quando ciò che essa chiede sta nei limiti del possibile, nel mentre essa dal canto suo deve pensare che tanto più regna nel cuore di lui, quanto più gli si mostra umile e sottomessa.

Dove la influenza della donna è invece potente, dove la sua autorità illimitata, è verso i figliuoli. Basta che ne sappia usare a tempo e luogo. Non dico che anche il padre non abbia sui figli una certa autorità, ma portato dai suoi affari o dalle consuetudini a condurre una vita più esteriore che casalinga, la sua autorità è a sbalzi e sen[p. 58 modifica] z’ordine, il che la rende inefficace, mentre quella della madre è assidua, costante si esercita ad ogni ora, ad ogni momento, tanto che volere o non volere siamo noi donne che facciamo gli uomini, e se ci appoggiamo sui nostri mariti, a noi si appoggiano i nostri figliuoli; onde se da un lato siamo spose dolci e sottomesse, dall’altro per compensarcene siamo madri e regine assolute.

Tutto questo avviene in realtà, ma in apparenza l’autorità del marito e della moglie deve essere eguale verso i figli e i domestici che sono i sudditi di quel regno in miniatura che è la casa. Guai se la moglie proibisce che venga in casa eseguito un ordine dato dal marito, e guai se questi permette che alla sua presenza si perda di rispetto a colei che ha scelto per compagna della sua vita. È pure bruttissima cosa che l’uno protegga un servo che l’altro non potesse sopportare anche senza una ragione al mondo e per una semplice antipatia.

In confronto alla pace e felicità coniugale, il privarsi sia pure d’un servo fedele deve [p. 59 modifica] esser calcolato, come lo è infatti, una cosa da nulla, e marito e moglie in ogni caso e in ogni occasione devono essere uguali di fronte agli inferiori.

Non raccomanderei poi mai abbastanza di conservare verso i figliuoli quella certa aureola di stima e di rispetto senza la quale non è possibile che divengano un giorno uomini saggi e per bene. Ci sono è vero dei genitori troppo severi, ma in faccia ai figli nè uno nè l’altro deve aver torto, altrimenti sarebbe come guastarli per tutta la vita.

Per esempio un figlio commette una mancanza e la mamma lo condanna a star senza frutta; soffrirà, è vero, il suo cuore nell’infliggergli questo castigo, ma si rassegna trovandolo una crudele necessità.

Il bimbo fa il broncio con gran noia del padre, che in quelle poche ore che sta con lui vorrebbe vederlo allegro e sorridente.

Quando poi vengono in tavola le frutta il bimbo non può più reggere e dà in un pianto dirotto. [p. 60 modifica]

Il babbo si lascia vincere da un momento di debolezza e dice alla moglie:

— Via, poverino, perdonagli, dagliene una, una sola.

Il bimbo piange più forte e va rifugiarsi nelle braccia del pietoso genitore.

La mamma si sente straziare doppiamente il cuore perchè è offesa come moglie e come madre, ma che deve fare? È costretta a cedere.

E intanto sapete cosa ha imparato quel fanciullo?

Che la mamma è cattiva e il padrone in casa è il babbo, e se anche la mamma gli rifiuta qualche cosa, non gl’importa affatto perchè sa a chi dovrà rivolgersi per ottenere ciò che vuole. Forte di questa scoperta avrà tutti i giorni nuovi capricci, avrà imparato dal babbo a non rispettare la mamma, e fatto più grande imparerà da sè a non rispettare nemmeno il babbo, e i genitori dovranno pregare il cielo che da simili semi non escano poi pessimi frutti.

Qualche volta è invece il babbo che viene [p. 61 modifica] a casa di cattivo umore e non gli par vero di cogliere la più piccola occasione per castigare il figliuolo. La mamma naturalmente si sentirebbe voglia di rimproverare il marito e di scusare il bimbo, ma guai se si lascia dirigere dall’impulso del cuore; e se vuol proprio il bene del figlio deve pensare che è assai meglio lasciarlo soffrire per un ingiusto castigo, piuttosto che far perdere il rispetto che deve avere all’autore dei suoi giorni.

I genitori quando sono fra loro, son liberissimi di rimproverarsi e di mettersi d’accordo sul modo di educare i figliuoli, ma per carità, alla presenza dei figli non mostrino nè debolezze nè tentennamenti e diano l’esempio d’essere una sola volontà e di rispettarsi l’un l’altro se vogliono ch’essi crescano rispettosi ed ubbidienti.