Durante la guerra della successione spagnuola

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Giuseppe Ranieri Sanesi

1891 Indice:Archivio storico italiano, serie 5, volume 7 (1891).djvu Archivio storico italiano 1891/Spagna Durante la guerra della successione spagnuola Intestazione 22 giugno 2017 75% Da definire

Questo testo fa parte della rivista Archivio storico italiano, serie 5, volume 7 (1891)

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DURANTE LA GUERRA DELLA SUCCESSIONE SPAGNUOLA.


Carlo II di Spagna rendeva all’Europa un cattivo servizio: moriva senza figliuoli.

Egli stesso si era dovuto accorgere delle difficoltà, che ne sarebbero sorte. Prima di tutto, troppi erano gli aspiranti alla sua corona: gli Asburgo d’Austria, i Borboni di Francia, l’Elettore di Baviera, fin anche il Duca di Savoia, che si faceva forte del matrimonio fra il suo bisnonno Carlo Emanuele I e Caterina, figlia del famoso Filippo II. Poi c’eran di mezzo le simpatie degli Spagnuoli, da tenersi anch’esse in un debito conto; e gli Spagnuoli, per esempio, non avrebbero accettato volentieri gli Asburgo, verso i quali, invece, Carlo II si sentiva maggiormente inclinato. Poi, le ragioni politiche degli altri Stati d’Europa, che avrebbero visto con occhio non certamente benevolo il soverchio accrescersi della potenza d’Austria o di Francia. E su chi, dunque, far cadere la scelta?

Per uscir d’imbarazzo, Carlo II finì col rimettersi alla decisione del Papa; e Innocenzo XII, che non poteva aver dimenticato le antiche lotte fra la Chiesa e l’Impero, scartò senz’altro gli Imperatori d’Asburgo, e designò Filippo di Borbone, basandosi, diceva, sulle maggiori simpatie degli Spagnuoli per lui. Carlo II fece allora il suo [p. 401 modifica]testamento. Ma nell’eleggere a proprio successore il nipote di Luigi XIV, dichiarava pure che le due corone di Spagna e di Francia non si potessero mai riunire in un solo monarca.

Tutto ciò è noto. Ed è ugualmente noto che la prepotente ambizione di Luigi XIV, cui non frapponeva ostacolo nemmeno la volontà di un defunto, fece divampare l’incendio. Come era possibile che gli Stati europei accogliessero in silenzio la dichiarazione del re francese, che ormai non esistevano più i Pirenei e che, contrariamente al testamento di Carlo II, le due corone di Francia e di Spagna avrebbero benissimo potuto riunirsi in un solo?

Ecco perchè il principio del secolo XVIII segnò il principio di quella accanitissima guerra per la successione spagnuola, mediante la quale seppero divenir popolari anche presso la posterità il Malborough, il principe Eugenio, Pietro Micca. L’Europa si divise in due campi: l’imperatore Leopoldo d’Austria co’ principi della Germania, l’Inghilterra, l’Olanda si schierarono contro la Francia; in favore di questa la Spagna, il Portogallo e Mantova: chè il Duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, seguì ora l’uno ora l’altro dei contendenti e, messosi dapprima in alleanza con Luigi XIV, diede poi al suo esercito la disastrosa sconfitta di Torino.

Mentre dunque l’Europa battagliava per decidere con la forza se Filippo V di Borbone o Carlo III d’Asburgo dovessero stare sul trono di Spagna, anche gli Italiani seguivano con interesse le fasi della lotta; e certi scrittori, in verità assai dozzinali, si studiavano d’interpetrare i diversi sentimenti popolari, con certe composizioni di cui ho trovato qualche saggio nei codici1.

In esse gli Italiani sembrano, invero, scherzare su tanto strepito d’armi, con un’aria di umorismo e di scetticismo, confacente ad un popolo che non poteva nutrire molta speranza di miglioramento politico, qualunque fosse la parte che avrebbe finito col preponderare. Tuttavia anch’essi nutrivano maggiori simpatie per l’uno per l’altro dei contendenti. E queste simpatie si ritrovano anche seriamente espresse nelle scritture accennate.

Pare che fossero più specialmente di n.oda certe librerie, con le quali si fingeva che ognuno dei personaggi allora famosi avesse composto un libro, o certe grammatiche, nelle quali ad ognuna delle potenze interessate nella guerra si assegnavano le funzioni di una qualche parte del discorso.

Di quest’ultime serve d’esempio una Grammatica moderna stampata in Leone per i Signori Curiosi, dove se ne trovano dei particolari [p. 402 modifica]veramente curiosi. Il Re di Francia vi è definito " maestro che sa tutte le regole a memoria, et è sempre attivo, essendo rarissimi gli esempi che sia passivo „; la Spagna "ha imparato a pronunciare un nuovo dittongo e fa buona concordanza con Francia, che è il sustantivo suo „; il Pontefice " è della prima de’ Neutri, onde per conseguenza non dovrebbe essere passivo „; il Duca di Parma " è una lettera muta, e forse gli scapperà la liquida per tema che il moto passi nel suo Stato „; la Savoia " ò una parentesi che non ha il claudatur verso la Francia „; Milano " è un errore d’ortografia, dovendosi scrivere Malanno d’Italia „; la Turchia " è un barbarismo che potrebbe sporcare il foglio „; e infine l’Europa tutta " è una Grammatica stracciata „.

In una Nota dei Libri che sono nella Libreria del Sig. Duca di Medina Celi, si fanno terribili insinuazioni ed accuse contro questo Viceré di Napoli, ed altri personaggi napoletani, come il Principe d’Ottaiano, il Cantelmo, il Caraffa, ecc.; insinuazioni ed accuse, che troppo bene appariscono dai titoli dei loro libri. L’uno ha composto " Il Pedante Sodomita „; l’altro " La Religione per pulitica „; e chi una " Consulta di guerra: si perda il Regno e si salvi il Viceré „: chi il " Modo d’ingannare due monarchi col proprio utile „. — Ritroviamo, invece, una satira più fina ed urbana nella Nuova e curiosa Libreria uscita alle Stampe. In essa Luigi XIV è autore d’un’opera intitolata " L’Atlante delle Spagne „; l’imperatore Leopoldo ha composto " Le massime d’un preteso Dominio appoggiate sulla politica d’una forza ideale „; Filippo V pubblica un itinerario marziale, che ha per titolo " La Monarchia combattuta contro la Giustizia de’ Regij, e sostenuta a volo „; l’Imperatrice ha stampato " Li sospiri e stenti d’un afflitto core „; e così via dicendo. Qui, si vede bene, si parteggiava per Francia.

Ma era un partigiano dell’Austria l’autore dei Quadri apparecchiati dalla Begina vedova di Spagna per l’appartamento di Carlo 3.° nel Palazzo Reale di Madrid; ed era un uomo che sperava anche per la sua patria, come apparisce dal quadro in cui finge rappresentato un Congresso di Fisici. Non dispiacerà, spero, che riporti integralmente questo scritto:

I. Faraone nel Mare. - Ritratto del Re di Francia, immerso nel sangue de’sudditi, con motto - Dextera tua. Domine, percussit inimicum.

II. Saul appoggiato sopra l’asta, che prega il soldato Amalechita che l’ammazzi. - Ritratto del Duca di Baviera, con motto - tenent me angustiae.

III. Il cieco nato illuminato dal Signore. - Ritratto del Duca di Savoia col motto - Modo vides.

IV. Giuditta che impugna la testa d’Oloferne. - Ritratto della Regina d’Inghilterra col motto - Dedisti potentiam in manu foeminae.

[p. 403 modifica]V. Le Donzelle festeggiami che precedono David. - Ritratto di Carlo 3.° al possesso della Monarchia di Spugna, col motto - Astulisti obrobrium gentis nostrae.

VI. Giuda che s’impicca ad un albero di zambuco. - Ritratto del Card. Portocarrero col motto - Peccavi tradens sanguinem iustum.

VII. Un Leone che escie dal suo antro por divorare il gallo impertinente, che lo sveglia - Ritratto della Rep.ca di Venezia, col motto - Ecce nunc tempus acceptabile.

VIII. Il figliol prodigo, che dimanda pietà al padre. - Ritratto del Duca di Mantova, che chiede misericordia all’Imperatore, col motto - Poenitet me peccasse.

IX. Una turba di gente inginocchiata con le mani stese al Cielo. - Ritratto di quelle povere genti dissipate dalla presente guerra, col motto Sub trono Dei omnes clamant, vindica sanguinem iustum.

X. Una Dama estatica involta in gran pensieri. - Ritratto della Rep. di Genova, col motto - Nescio quid faciam.

XI. Alcuni Guerrieri in atto di voler ferire. - Ritratto de’ Milanesi pronti per Carlo 3.°, col motto - Parati sumus.

XII. Un Signore avanti il Crocefisso in atto di renderli grazie - Ritratto del Duca di Modena restituito nelli suoi Stati, col motto - Auxilium tuum, Domine, mihi proficit.

XIII. Lucifero con li Angeli ribelli, che cadono dal Cielo. - Ritratto del Ragozzi ? e suoi seguaci sottomessi all’armi Imperiali, col motto – Ite, maledicti, in disperazionem.

XIV. Un Congresso di Fisici, che consultano la ricetta per liberar l’Italia. - Ritratto de’ Neutrali, col motto - Jam est ora de somno surgere.

XV. Sansone con la mascella d’asino che sbaraglia l’esercito de’ Filistei. - Ritratto del Duca di Malemburgh flagello de’ Francesi, col motto Sic percussi eos.

XVI. Il Regio pastorello Davidde, che recide la testa al Gigante Filisteo. – Ritratto del Principe Eugenio sopra l’Orleans, col motto - Te cum omnibus seguacibus tuis anichilabo.

XVII. Giasone alla conquista del vello d’oro - Ritratto del Principe di Baden che vuol dilatare i confini del S. Rom.° Imperio, col motto Divisum est Regnum, et datum est Medis.

XVIII. La Giustitia coronata, col brando nella destra e scudo nella sinistra. - Ritratto del Re di Portogallo in aiuto di Carlo 3.°, col motto Propter justitiam appehendit arma, et scutum.

XIX. Il soldato finto Totila Re dei Goti avanti S. Benedetto Abbate. Ritratto del Duca d’Angiò finto Re di Spagna, col motto - Depone, fili, depone; nam quod geris tuum non est.

XX. Li SS.ti PP. del Limbo, che desiderosi attendono il loro Redentore. – Ritratto de’ Napolitani, ch’attendono con ansietà Carlo 3.° loro legittimo Monarca, col motto - Noli tardare, relaxa facinora plebi tuae.

XXI Una gran schiera di Diavoli mascherati con dispaccio in mano. – Ritratto de’ Corrieri di Parigi che vogliono cuoprire le loro disgrazie, col motto - Mendaces sunt filij Diaboli.

XXII. La trasfigurazione di Cristo nostro Signore nel Tabor. - Ritratto di Carlo 3.°, col motto - Hic est filius meus dilectus.

[p. 404 modifica]Ed esprimeva ugualmente sentimenti favorevoli all’Austria, sebbene non con tanto calore, l’autore del Gioco dell’Ombre. Vi si fingono impegnati il Papa, l’Imperatore, il Re di Francia, il Duca di Savoia, ecc. Ognuno di questi personaggi dice due versi, bruttissimi, quasi a spiegazione del giuoco che intende fare. Così, Luigi XIV esclama:


D’entrar con la spadiglia ho già proposto,
Ma s’altro non m’aiuta io son riposto;


e Savoia

Due Re io tengo in mano, e in spade ho l’Asso;
Per non rischiare il tutto, io dico: passo;


e per ultimo il Principe Eugenio:

De’ Basti ho lo sluccetto; entro ancor io,
E, se trionfo, il Cascariglio è mio:

Accanto a queste composizioni, che mostrano chiaramente di non avere alcuna pretesa letteraria, se ne trovano altre che mostrerebbero tendenze opposte. - V’è una lunga sfilata di terzine, ribelli alle regole metriche, in cui Mantova pentita supplica l’Imperatore per il perdono. Alla fine di ogni terzina stanno una o due parole del Pater noster.

Ravveduta, Signor, del grave errore
eccomi genuflessa al Trono Augusto.
Chiedo pietade a te, che mi siei giusto - Pater
Son rea di ribellion, già lo confesso;
ma la necessità tale mi rese
per non veder distrutto il bel Paese - Noster
. . . . . . . . . . . . .
Già la Gallica fè pentita abiuro
e ravveduta ornai, mi si condoni
a te, cortese Cesare, il perdono - da nobis.


E la preghiera termina, com’era naturale, con l’amen:

Fa, Signor, che non sian gettate al vento
l’humili preci mia. Leopoldo invitto,
dona la grazia con gentil rescritto - Amen.

Più solenne ancora, più tendenzioso, vuol essere il seguente sonetto, a base di bisticcio:

Venezia neutrale.


Dimmi chi sei? Sei pace, o pur sei Guerra?
Guerra non son; perchè mi trovo in pace.
Pace non son; perchè ho nel sen la Guerra.
Nella Guerra mi trovo con la Pace.

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In sembianza di Pace annido Guerra,
Armata in Guerra rappresento Pace,
E se Pace non son, pur non son Guerra.
Alla Guerra m' accingo per la Pace.
Porterò Guerra a chi non vuol la Pace,
E darò Pace a chi non vuol la Guerra,
Pronta all'armi, ed avvezza in Guerra, e Pace.
Indifferente son per Guerra e Pace:
Per chi m' insulterà sarò la Guerra,
Per chi m' ossequierà sarò la Pace.

E ancora più solenne e tendenzioso vorrebbe essere il poeta dell’Olanda dolente, la quale si lamenta che

. . . . . . . ’l Giglio
Par che si cangi in un rapace artiglio;


ed è incerta su qual partito definitivo appigliarsi; e finisce col chiedere a sè stessa:

Misera, or che farò?
cederò?
no.
Troppo è dura
la sciagura
d’un’indegna servitù.
Pugnerò?
no.
Troppo forte
è la sorte
della Gallica virtù,
cederò cederò,
che della forza tua, del tuo Tesoro
troppo paventa Grange il ferro, e l’oro.

Siffatta roba non e’ è davvero da considerarla con criterii artistici! Ma come espressione del sentimento popolare (che è quasi sempre rozzo, perchè è quasi sempre sincero), non manca d’importanza. E da essa potremo concludere che il sentimento popolare degli Italiani, mentre si estrinsecava generalmente sotto la forma dell’ironia, era generalmente più favorevole all’Imperatore che al Re di Francia. Nè è da farsene meraviglia. La Francia e la Spagna correvano nella lotta una medesima sorte. Che non avrebbero desiderato gli Italiani, pur di veder cessare nella penisola l’odiosa dominazione spagnuola?


Note

  1. Sono i codd. Riccardiani 2112, 2113. 2121.