Francesco Marchi e le medaglie di Margherita d'Austria

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Umberto Rossi

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Francesco Marchi e le medaglie di Margherita d’Austria Intestazione 28 novembre 2011 75% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1888
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FRANCESCO MARCHI


E LE MEDAGLIE DI MARGHERITA D’AUSTRIA


Ii capitano Francesco Marchi, celebre pel suo classico trattato di architettura militare, fu per molti anni al servizio della famiglia Farnese, e specialmente di Margherita d’Austria, moglie di Ottavio duca di Parma, anche nel tempo in cui questa principessa fu chiamata da Filippo II al governo dei Paesi Bassi. Le sue lettere, scoperte e pubblicate dal commendator Amadio Ronchini, formano un grosso volume1 la cui lettura è piacevolissima, non tanto per le notizie autobiografiche dell’illustre ingegnere militare, quanto per le curiose e minute relazioni degli avvenimenti che si succedevano in Fiandra in quell’epoca fortunosa di guerre di religione e d’indipendenza. Per questo io confido che agli studiosi non riescirà sgradita la pubblicazione di tre nuove lettere del Marchi, che ebbi la fortuna di rinvenire nell’Archivio di Stato di Parma, due delle quali parlano appunto di medaglie e ci danno notizie interessanti sugli artisti che le modellarono. [p. 334 modifica]La prima in data è la seguente:

“Molto mag.co sig.or mio oss.mo — Hora in questo punto si finisse un torneo bellissimo che si è fatto in la sala reale, dove erano 12 per parte; e l’Ecc. del Principe, era capo de’ dodeci che portavano la livrea bianca, incarnata e bisa, havevano due Ninfe, vestite richissimamente e un Dio d’Amore: le ninfe menavano dodeci incatenati armati; havevano dodeci padrini, 4 tamburri e duo fiffari vestiti alla livrea. L’altra compagnia era il visconte di Gante con dodeci padrini e 3 tamburri e 2 fiffari: portavano per livrea bianca, gialla e berettina, i quali vestiti eran molto belli: e la parte Italiana ha portato via la maggior parte delli precii; dove erano tutti giovani e deboli, e dall’altra parte eran li più bravi e più soventi de qui; nondimeno hanno perso: così han giudicato loro medesimi, cioè Mons.or de Berlemont, Mons.or d’Assecurt, Signori de l’Ordine. Il Prencipe ha fatto cose grande con il stocco centra li dua più bravi di Fiandra, centra Mons.or de Lumé e contra Mons.or de Carlotto, tutti duo Rodamonti, e contra alla folla ad altri hanno preso d’acordo stocchi larghi 4 dita e uno di 12 libre, e così ferociamente menava che andò in pezzi, et ha uno li ha fatto una orecchia e guantia molto gonfiata. Imprometto a V. S. che menava molto bene le mani e penso che havrà il pretio della folla e della spada: dico il populo giubilava e massime le Dame vedere menare così bene le mani a S. E. Ma che diremo di S. Alt. e della Principessa l’allegrezze che havevano: non lo potevano dispartire e ferì il Capitan Francesco in una mano volendo tirare adietro e in su; un brazzo diede ad un altro; non bastò questo, voleva fare un’altra volta con un altro bravo giovane, ma li giudici non volsero: li pretii non si sono ancora dati, e il mazzo si serra, non mi estendo molto. Li nomi de i combattenti, l’Ecc. del Principe: il S.or Marcello Lampugnano, il Conte Honorio Scotto, il Conte Anniballo, il Conte Bernardino, il S.or Ferdinando Loppes, il S.or Gio. Battista Calco, il S.or Brisao. [p. 335 modifica]“Mons.or de Vimmes, il S.or Pietro Favolò Varesino, il S.or Alonso Loppes Gallo, Mons.or Vandermese. L’altra compagnia: il conte d’Hocstrat, il visconte di Gante, Croy Poe, Vandra, Damuin, Lumeé, Olimo, Carlo Trameri, Lemdal: e così facendo fine mi raccomando all’Ill.mo S.or Pavolo.

Da Brusselles, alli 25 del Febraro 1666.

Di V. S.

Ser.or Franc.o Marchi.

(fuori). Al molto mag.co Sig.or mio Oss.mo il Sig.or Giovanni Battista Pico Sec.rio di S. Ecc. 2.”

Alessandro Farnese, di cui si parla in questa lettera e che aveva allora di fresco sposato Maria di Portogallo, parti di Fiandra verso la metà di maggio dello stesso anno, e al Marchi, che pel giovane principe sentiva molto affetto, dispiacque assai dividersi da lui. Fino dal 1565 il capitano bolognese aveva fatto eseguire a Brusselles una medaglia del principe Alessandro, e ne dava avviso così a Giambattista Pico, segretario ducale:

“Ho ottenuto gratia da S. E. che si lassi tirare in medaglia: di che un valent’huomo lo tira. V. S. vedrà una ciera d’huomo sì come molte volte l’ho dipinto a V. S.3,”

E circa un mese dopo tornava a scrìvere:

““V. S. saprà come la medaglia del Principe è finita dinanzi di S. A., la quale è molto naturale. Hora V. S. faccia interpetrare [p. 336 modifica]e mandatemelo in iscritto questo che qui ho inventato e fatto fare. E una Venere in un carro che esce da una nube tirato il carro da doi cigni che volano per aria. La Venere è vestita all’antica: ha il braccio dritto nudo con una corona reale in mano e la porge innanzi. All’incontro vi è un huomo armato all’antica, che mostra il nudo, in su un cavallo e porge la mano e mostra fermare quel carro4.”

Dalla descrizione che il Marchi ne fa, si riconosce agevolmente la nota medaglia di Alessandro Farnese pubblicata dal Litta5 e dall’Armand6, dal quale ultimo traduco:

Diam. 38.

D — ALEXANDER • FARNESIVS • P • ET • P • PRINCEPS
Busto a destra di Alessandro Farnese, testa nuda, barba nascente> abito a colletto dritto.

R/ — EX • VIRTVTE • HONOR • — 1565.
Alessandro armato all’antica, su un cavallo che s’impenna, riceve una corona dalle mani di Venere che passa sopra la testa di lui, nel suo carro.

Francesco Marchi aveva curata l’esecuzione della medaglia, che dice fatta per mano di un valent’huomo, e aveva egli stesso inventata l’allegoria del rovescio. Meno di due anni dopo egli tornava ancora ad occuparsi, di medaglie e a comporne i rovesci, come lo dimostra la lettera seguente ch’egli scriveva al cardinale Alessandro Farnese:

“Ill.mo e E.mo S.e mio obs.mo — Mando duve medaje a V. S. Ill.ma, una per Sua Santità e una per V. S. in ne [p. 337 modifica]“le quale medaje è lo afigie scolpite de la alteza de Madama, la quale medaia l’a fata Jachomo Jonelinghe e l’a così bene retrata al naturale, che non è mai state nesuno che l’abia fato più al naturale de questo; ora questa medaia io l’ò fata fare con tanti preghi che ho fate a suva Alteza, tanto che al fine la me fece gracia de lasarse ritirare: e così io ho voluto le duva prime per poderle mandare chomo cosa da farne conte per esere il retrato de una tanto degna principesa, la quale è veramente una difensora della religione cristiana, sichomo la fate vedere in fati a tuto il mondo, che senza l’animo e valore e constancia suva tuti quisti paiesi erano persi quanto ala religione e forse il stade anchora, e penso che la fuse la mira de alchuni mali stanti: ora suplicho Vostra Ill.ma S.ra a fare dare una dele dua medaje ala Santità del nostro S.re che a tale fine la fece fare per mandarla a Suva Santità, per esere la figura di quela che ha difeso il suvo nome e la suva potestà: e ritralta con le arme in mane e con farlo predichare per tutto il paiese, poi perchè so quanto suva alteza sia afacionata de Suva Santità, però io ebe ardire de farli talle presente anchora sia minime, ma è grande l’animo de chi vi è retrate. E lo mando V. Ill.ma e R.ma S.ra perchè la veda il retrato dela suva cara cugnata a tale che vi alegrate de vedere tale medaja de una maritata in la gran casa Femesa.”

“Lo inventore del roverse son stato io che l’ò fato fare senza che suva Alteza lo sapese, ma la se fidò di me e lasò fare, del che lasarò indichare quelo voglia infirire a quelo misterie ch’è in dite roverse.”


“Il Data in Anversa, adi 7 de luglio 1567.”

D. V. Ill.ma e R.ma S.ra

S. Francesco de Marchi.

“(fuori.) Alo Ill.mo et mo.mo Cardinale Fernese, mio S.re Ob.mo

Non è necessario di far risaltare l’importanza di questa lettera, che ci rivela il nome dell’artefice che [p. 338 modifica]lavorò le belle medaglie del 1567. Di Giacomo Jonghelinck scrisse a lungo un erudito belga, il signor Alessandro Pinchart7, e dal suo accurato lavoro trarrò qualche notizia che potrà interessare i lettori italiani.

Questo celebre scultore, nacque ad Anversa nel 1530, e cominciò la sua carriera artistica come incisore di sigilli: infatti nel 1556 fece un controsigillo per l’ordine del Toson d’oro, e in seguito i sigilli della cancelleria di Gueldria e di Brabante, quelli degli Stati Generali, del consiglio delle finanze e del consiglio privato degli arciduchi Alberto e Isabella. Aveva ventinove anni, quando gli fu affidata l’esecuzione del mausoleo di Carlo il Temerario, eretto poi nella Chiesa di Nostra Donna a Bruges, lavoro di grande mole, colla statua del principe di bronzo dorato e con molti altri ornamenti di difficile esecuzione. Nel 1570 modellò e fuse pel signor di Wyneghem otto statue di bronzo, rappresentanti Bacco e i sette pianeti, sculture che subirono curiose vicende, perchè dopo essere state l’oggetto di una lunga lite tra il signor di Wyneghem e il governatore di Brusselles, furono vendute nel 1584 per 8000 fiorini alla città d’Anversa. Quando Alessandro Farnese fece del 1585 il suo solenne ingresso in quella città, le statue servirono ad adornare il palazzo comunale e in seguito per decreto del Consiglio furono offerte in dono al celebre capitano, che le fece trasportare in Italia.

Jonghelinck fu altresì l’autore di una statua colossale del duca d’Alba distrutta nel 1577, di un busto dello stesso personaggio8, e di due figure di bronzo, [p. 339 modifica]un Cupido e un Nettuno che dovevano ornare la fontana del parco di Brusselles. Filippo II gli concedette la carica di fonditore e incisore di sigilli del re, che conservò sino alla morte, avvenuta in Anversa nel 1606.

Jonghelinck fu anche medaglista di molto valore; si sa che il cardinal Granvela gli affidò l’esecuzione in metallo in una sua medaglia, modellata da Domenico Compagni9, e il sig. Pinchart inoltre ne descrive altre quindici, quasi tutte di personaggi fiamminghi10. Quelle di Margherita d’Austria che il documento parmense aggiunge alla sua opera, sono senza dubbio le seguenti:

Diam. 60.

D/ – MARGARETA • DE • AVSTRIA • D • P • ET • P • GERMANIÆ • INFERIORIS • GVB • — ÆT• 45. —
Busto a destra di Margherita d’Austria, col capo velato.

R/ — FAVENTE • DEO. — 1567.
Una donna che ha nella destra una spada e nella sinistra una palma e un ramo d’olivo; essa è sopra uno scoglio battuto dalle onde ed esposto al soffio di quattro venti11.

Diam. 32.

D/ — MARGARETA • AB • AVSTRIA • D • P • ET • P • GERM • INFER • G • — ÆET. 45.
Busto a destra di Margherita d’Austria. [p. 340 modifica] R/ — A • DOMINO • FACTVM • EST • ISTVD. — 1567.
Una donna che ha nella destra una spada e nella sinistra una palma e un ramo d’olivo12.

Benché Francesco Marchi nella sua lettera non faccia cenno che di una medaglia sola, pure è tanto evidente che le due più sopra descritte sono della stessa mano, che non ho punto esitato a classificarle ambedue fra i lavori di Jonghelinck: si può dire infatti che, salvo le leggende, sì il diritto che il rovescio della medaglia di diametro minore sono la riproduzione di quella più grande13. Fors’anche è da ascriversi allo stesso artista la medaglia di Alessandro Farnese di cui ho parlato più sopra: lo stile ne è uguale, i rovesci sono ambidue invenzione del Marchi ambidue sono eseguite in Fiandra e a breve intervallo l’una dall’altra, infine il Marchi è quegli che la commette e ne sorveglia l’esecuzione: viene quindi naturale l’idea che siano lavoro del medesimo artefice.

La terza lettera ci dà notizie curiosissime intorno [p. 341 modifica]ad una medaglia del duca d’Alba e all’orefice fiorentino che ne fabbricava i conii; è diretta al segretario ducale Giambattista Pico14.

“L’Altezza di Madama è sanata e sta ben dio gratia, ma penso bene che sia carica di fastidij, e in tra l’altre se ne dà a noi, perchè la vedemo tanto deliberata di volere tornare quest’inverno in Italia e fa mettere ogni cosa all’ordine, come se domani havessimo a partire; S. Alt. sta allegra e non parla di cosa ninna se non di tornar in Italia, ma noi che havemo delli debiti da pagare non ci piace troppo, se già non fosseno pagati. Poi havemo delli muleti più d’una docena da condurre, e tutti piccoli, delli quali havemo paura del freddo che non ce gli amazza, io per me lassaria prima uno braccio che Cleopatra15, hora havemo delli affanni assai, et pensare che S. Altz. così determinatamente si mette all’ordine, et più dice, se il Ee non vuole, che lei in tutti i modi vuole partire; qui non si spetta se non la venuta del Macchiavelli16. Noi altri cortegiani saressimo una poca cosa a dire che per questo inverno s’havesse da partire S. Altz., ma tutti li popoli del paese, tutti se ne appellano della sua partita, e non vogliono a modo alcuno, et dicano, se la se parte, che non sarà gran cosa, che torna peggio il paese di quel che è stato, si come bano voglia di fare e peggio farebbe li boni che li tristi del passato, bora saperiano da qual scoglio guardarse che u prima non sapevano: basta, che ogni bomo prega Dio, che la non si parta, perchè cognoscono benissimo che se S. Altz. parte dal paese, che essi restaranno schiavi, ma mentre vedine S. Altz. vivano in speranza di perdono e di libertà.”

[p. 342 modifica]“Il Conte d’Arembergh si trova nel paese di Cambrè, ove ha d’andare cinque compagnie d’huomini d’arme del paese e quattro compagnie de Cavailegeri Borgognone, dove vanno de molti venturiero a vedere quella guerra, in Francia contro li dui Re di Francia, l’uno salvadico e l’altro domestico, cioè il Re di Francia, l’altro è Monsignor de Condè, che si fa battere in moneta, il Re primo del Vangelio in Franza, il quale pianta il Vangelio in Franza, e così stamparanno nelle monete Re primo di Franza e del Vangelio, cosa odiosa assai in Francia.”

“Il Duca d’Alva è in Anversa e lavorono alla fortezza, la quale de uno quinto angola, ma la piantano troppo contraria dall’acqua del fiume Schelda, altrimente saria sicome io ho disegnato17. Prima tremasi della venuta del duca d’Alba, e li homini del paese voriano che lui insieme con li spagnoli fusse in Barbarìa, per li mali portamenti che fanno qui. Il detto duca ha fatto fare la sua medaia, et nel reverso ci fa mettere un homo armato e due figure in ginocchio che li porgono le chiavi, ch’è Barbancia e Fiandra: non si è veduto questo, poi fa un tempio con una donna, con un vaso al piede, la quale mostra di cadere, e se gli porge la mano e la sostenta, ch’è Fiandra che cadeva, cioè la religione et esso la tiene in piede: questo non ha fatto lui, perchè mentre la religione stava per cadere, S. Alt.za la tene in piede, et non lui che era in mezo della Spagna, et è venuto a mani lavate a tavola; voria che il fusse stato in mezo solamente delli trecento Gentilhomini, che intorno in Palazzo armati, a dui del paro, con li archibugeti alla cintura, si come se ci trovò S. Alt.za nel mezo all’hora [p. 343 modifica]e se l’avesse reduta la religione saria stato un valent’homo; over quando si trovò due mila homini intorno al Palazzo, e in esso più di mile cinquecento tra la corte, la piazza e case convicine, all’hora haveria voluto che avesse redotta la religione, li quali erano per minare la capella del palazzo della corte, e sacheggiare la roba, e amazzare ogn’homo che centra li volesse dire, et anco di più voria che havesse reduta la religione quando in questa terra si trovava più d’ottomila anime d’eretici, e non haver nissuno con chi poterse diffendere, né fidarse all’hora, e saria stato il tempo di tener la religione in piede, si come fece S. Altezza, si come voria che anco havesse fatto nella Badia d’Artois, contra undici insegne d’heretici armati alla .... ed a Stroneli, a Tornaio, e a Valenciana, quando ogni giorno se combatteva a Gante, Anversa, a Ostradame, in Gilanda, in Olanda, in Geldre, in Barbancia, in Mastriche, finalmente per tutto il paese, et havesse hauto più d’un milione d’anime contra, e non havesse hauto altra gente di quel numero, che havea S. Altezza, all’hora haveressimo veduto se l’haveria tenuto la religione in piede. Poi quelli due che stanno in ginocchio e gli dano la chiave, devono essere dui suoi servitori, che gli darano le chiave delle lettere che dicano che il compone in nome de S. M. Quel tempio deve essere quello che lui ha fatto disfare delli hereti, che erano tutti per terra ed ogn’un se ne burla. Il mastro che fa la medaglia si chiama Giuliano Fiorentino, et esso me l’ha detto in camera mia.”

“Qui si è sparso la voce che il conte Agamonte si liberava in termine di dui giorni. Volesse Dio che fusse in termine d’un mese, che sariii contento, se non fusse mai se non per essere tanto amico del nostro padrone18.”

[p. 344 modifica]“La Regina d’Inghilterra arma per sicurezza del suo regno e Dio voglia che non sia per dar soccorso alli eretici di Franza li quali si fortificano appresso Parigi: per mare e per terra sono sarati li passi per passare in Spagna, di modo che il sig.re Tomaso Machiavelli sarà tardato a tornare di là con la licenza di S. Alt. di poter tornare in Italia, io non la credo a dir l’opinione mia, perchè potrebbe essere che se ne pentisse, se le cose di Franza andasseno un poco peggio per il re, e se vederà levare qui un gran remore e se farla da dovere.”

“Il figliolo del sig.re Bartolameo del Monte e il capitan Virgilio da Bologna e il figliolo del marchese del Monte e tre altri son passati in Franza, cioè passarano con il soccorso di questi paesi. Il S.re Chiappino Vitelli gli ha donato cavalli, danari e licenza che vadino a servire il re di Francia centra li heretici. Il detto S.re Chiappino si fa valere et è tenuto la meglio testa de guerra, che habbia il Duca d’Alva appresso di lui, et ogn’uno stima più il predetto S.re Chiappino che non fanno il Priore suo figlio.”

“Dui giorni sono che il conte d’Agamonte giocava con il Mastro di Campo del Terzo di Napoli, et vene il Capitano Salina che ha carico del conte d’Agamonte, e gitò via le carte e disse che non voleva che si giocasse, dove il Mastro di Campo messe mano alla spada e volse dare al castellano, cioè Salina, con ingiuriarlo: molti dicono che non avea cosa alcuna centra al detto conte per la quale potesseno attaccarsi centra d’esso conte, e si pensa che saria stato meglio che non fosse stato fatto prigione.”

[p. 345 modifica]Il signor Pinchart ha pubblicato due documenti relativi a Giuliano Giannini, orefice italiano, il quale nell’ottobre del 1599 vieu et caducque, réduict eu pouvreté et maladie, non avendo alcun mezzo di sussistenza indirizzò una supplica alla camera dei conti di Brabante, per ottenere qualche sussidio; nella supplica egli diceva di aver servito i governatori dei Paesi Bassi e specialmente il Duca di Parma, durante diciotto anni e la Camera gli accordava dodici lire en pure aulmosne pour en ses vieulx jour l'ayder à vivre19. Senza alcun dubbio questo Giuliano Giannini deve identificarsi col Giuliano Fiorentino di cui è fatto cenno nella lettera e con quello che segnava ivliano ― f ― f le medaglie di Alessandro Farnese allusive alla presa di Maestricht.

Il Giannini si trovava in Fiandra fino dal 1560, e in quell’anno era incaricato da Francesco Marchi di fare una medaglia di Margherita d’Austria, come appare da quanto costui scriveva al segretario Pico:

Io fo fare una medaglia di S. A., che credo sarà naturale. In dua modi la faremo: con il velo e senza. La fa uno fiorentino. Persino a un piombo potrò mandare; se di argento o d’oro si vorrà, per bon mercato l’avremo, se li viene bene20. [p. 346 modifica]Molto probabilmente qui si tratta di quella che pubblicò per primo il Litta e che il sig. Armand descrive cosi21:

Diam. 40.

D/ — OCTAVIVS • F • PARM • ET • PUC • DVX • II • — IVLIAN • F.
Busto a destra d’Ottavio, testa nuda, barbuto, con corazza e sciarpa.

R/ — MARGARETA • AB • AVSTRIA • D • P • ET • P.
Busto a destra di Margherita, colla testa coperta da un velo che le cade sulle spalle.

L’essere l’effigie della principessa unita a quella del marito non infirma punto l’opinione che questa debba essere appunto la medaglia fatta eseguire dal Marchi; si sa quanto questi fosse devoto di Casa Farnese e quindi non è impossibile che invece di uno dei soliti rovesci che egli si compiaceva ad ideare, abbia voluto accoppiare al ritratto della sua padrona quello del di lei marito, traendolo da qualcuna delle molte medaglie di Ottavio.

Dalla lettera più sopra pubblicata risulta che il Giannini fu incaricato verso la fine del 1567 di modellare due medaglie del duca d’Alba: una doveva avere per rovescio un uomo armato (il duca) con due figure in ginocchio davanti a lui che gli porgevano le chiavi e che rappresentavano il Brabante e la Fiandra; il rovescio dell’altra doveva raffigurare il duca che sosteneva una donna con un vaso al piede, presso un tempio, la quale stava per cadere, alludendo alla religione ristaurata dal feroce governatore. Queste due [p. 347 modifica]medaglie, se pure furono eseguite secondo il progetto accennato, non giunsero fino a noi: non è però improbabile che, dietro rimostranze di Margherita d’Austria, il duca abbia abbandonato il pensiero di quei due troppo vanitosi e bugiardi rovesci, poiché dell’anno successivo esiste una sua medaglia, lavoro dello stesso artefice, con una leggenda allusiva alle repressioni operate nei Paesi Bassi. Il sig. Armand la descrive in tal modo22.

Diam. 37.

D/ — FERDINANDVS • ALVAREZ • A • TOLETO • DVX • ALVÆ — IVLIAN • G • F.
Busto a destra del duca d’Alba, testa nuda, barba lunga, con corazza.

R/ — RELIGIONEM • ET • OBEDIENTIAM • REDINTEGRAVIT. — MDLXVIII.
Minerva sopra un carro tirato da due civette23.

Dopo l’esecuzione della medaglia del duca d’Alba non si ha più alcuna notizia dell’artista fiorentino fino al 1580, nel qual anno, secondo la supplica già citata, fu assunto al servizio speciale di Alessandro Farnese; e di questo celebre capitano son note due medaglie, incise dal Giannini, e pubblicate già dal Litta24 e dall’Armand25.

[p. 348 modifica]Diam. 40.

D/ — ALEXANDER • FARNESIVS • — IVLIAN • F • F.
Busto a sinistra d’Alessandro, testa nuda, con corazza e toson d’oro.

R/ — INVITVS • INVITOS •
Veduta della città di Maestricht, assediata.

Diam. 40.

D/ — ALEXANDER • FAR • PAR • PLAC • DVX • III • ET • CT • — IVLIANO • F • F.
Busto a destra d’Alessandro Farnese, testa nuda.

R/ — INVITVS • INVITOS. — MAESTREHC.
Veduta della città di Maestricht, assediata.

L’esecuzione della prima medaglia non può essere anteriore all’anno 1585, perchè il Farnese vi è rappresentato col Toson d’oro al collo, distinzione che egli ottenne solo in quell’anno, dopo la presa d’Anversa. La seconda invece è posteriore al 18 settembre 1586, data della morte d’Ottavio Farnese, avendovi Alessandro il titolo di duca di Parma. Il signor Pinchart giustamente osserva che non si può spiegare perchè l’artista abbia preso per soggetto la presa di Maestricht che fu uno dei primi fatti d’arme con cui il principe iniziò la sua carriera militare nei Paesi Bassi, piuttosto che l’assedio o la resa d’Anversa, la quale aveva procurato tanta gloria all’illustre capitano. Quanto alla leggenda invitus invitos, essa è evidentemente un’allusione al saccheggio di Maestricht, che Alessandro non potè impedire.

In un altro suo lavoro 26 il sig. Pinchart attribuisce [p. 349 modifica]a Giuliano fiorentino anche le seguenti medaglie del Farnese:

Diam. 48.

D/ — ALEXANDER • FARNES • PAR • PLA * PRIN • BELG • DVM • GVBERN.
Busto a destra di Alessandro Farnese, testa nuda, con corazza e sciarpa.

R/ — INVICTO • OPTIMO • PRINCIPI. — 1586.
Entro una corona d’alloro, una colonna rostrale, sormontata dalla statua di Alessandro Farnese, vestito all’antica; agli angoli del piedestallo vi sono dei prigionieri27.

Diam. 33.

D/ — ALEXANDER • FARNES • PAR • PLA • DVX. — 1589.
Busto di Alessandro Farnese a destra, testa nuda, barbuto, con corazza e toson d’oro.

R/ — SIVE • PACEM • SIVE • BELLA • GERAS.
Un ramo di palma ed uno d’olivo legati assieme con un nastro28.

D/ — ALEXANDER • FARNES • PAR • PLA • DVX.
Busto di Alessandro Farnese a destra, testa nuda, barbuto, con corazza.

R/ — PHILIPPVS • D • G • HISPAN • REX.
Busto di Filippo II a sinistra, barbuto, con corazza29.

Sebbene queste tre medaglie non portino la firma di Giuliano, tuttavia il giudizio del sig. Pinchart è [p. 350 modifica]accettabile, perchè lo stile di esse è identico a quello delle altre che sono lavoro certo del fiorentino30, il quale nella sua lunga dimora ai Paesi Bassi deve avere prodotto assai, ed è a sperarsi che più accurate indagini negli archivi belgi ed olandesi mettano in luce altri documenti su questo medaglista non ultimo fra quanti in quella regione fecero sentire l’influenza dell’arte italiana.



Note

  1. Cento lettere del capitano Francesco Marchi bolognese. - Parma a spese della R. Deputazione di storia patria, moccclxiv.
  2. Giova avvertire che in questa lettera e nelle successive, l’Ecc. del Principe è Alessandro Farnese, la Principessa è sua moglie, Maria di Portogallo, l’Altezza di Madama, o S. Alt. è Margherita d’Austria e S. Ecc. è Ottavio Farnese.
  3. Cento lettere di Francesco Marchi pag. 84. — Lettera al segretario Pico, da Brusselles, 9 settembre 1565.
  4. Cento lettere cit., pag. 41. — Lettera al segretario Pico, da Brusselles, 7 ottobre 1665.
  5. Litta. Famiglie celebri d’Italia. Famiglia Farnese, tav. III, 3.
  6. Armand. Les médailleurs italiens II, 265, 13.
  7. Pinchart. Recherches sur la vie et les travaux des graveurs de médailles, de sceaux et de monnaies des Pays-Bas, pag. 312.
  8. Questo busto eseguito nel 1571, è posseduto a Parigi dal sig. visconte Gustavo Reille. — V. Plon, Leone Leoni et Pompeo Leoni, pag. 298.
  9. Plon, op. cit, pag. 276.
  10. Dalle medaglie che il sig. Pinchart riporta nella sua opera citata bisogna toglierne una di Filippo II, che appartiene a Giampaolo Poggini, e una di Bianca Pansana Carcania, probabilmente milanese, che è lavoro di Pier Paolo Galeotti.
  11. Armand, op. cit, II, 211, 40.
  12. Armand, op. cit, n, 211, 41.
  13. Al diritto della medaglia maggiore venne applicato anohd il rovescio seguente: “qvid . premitis . redeat . si . nobilis . ira . leonis. — 1566.” Un leone posto sotto un torchio munito di barre a cui diversi personaggi danno impulso. È evidente che la data 1566 non si accorda con quella del diritto (1567) che risulta dall’età di 45 anni attribuita alla principessa, e quindi la medaglia è ibrida.

    Il diritto della medaglia minore ha servito da rovescio a quello di Filippo II, di Giampaolo Poggini (Armand, I, 239, 11, ibrida), inoltre molti anni più tardi fu adoperato per fondere una medaglia di Margherita d’Austria, da porsi nelle fondamenta di qualche edificio. Quest’ultima ha il diritto già descritto, da cui non si è nemmeno tolto di il titolo Governatrice dei Paesi Bassi, ed il rovescio è formato dall’iscrizione seguente. “diva margarita . ab . avstria. caroli . v . cæs . filia . p . gen . has. ædes . erexit . ann . ætatis . 61 . 1584 . martii
  14. In fronte al foglio si legge: “Copia d’una lettera che il capitan Francesco de Marchi scrive al secretario Pico, di 2 di 9bre 1567.
  15. Cleopatra era figliuola naturale di Francesco Marchi.
  16. Tomaso Machiavelli, segretario di Margherita d’Austria.
  17. Il Marchi aveva fatto un progetto per la costruzione della cittadella d’Anversa, che venne scartato; fu invece adottato il disegno di Francesco Paciotti da Urbino e di qui le ire del capitano bolognese il quale voleva ad ogni costo trovar difetti nel lavoro del suo rivale. Il Promis però giudica il progetto del Paciotti superiore a quello del Marchi.
  18. Il conte d’Egmont era in stretta relazione con Ottavio Farnese: il Marchi, che non poteva soffrire il Duca d’Alba, parteggiava apertamente per l’infelice gentiluomo e quando Egmont ed Horn furono decapitati egli scriveva:

    “Il traditore del Duca ha tagliato quella testa tanto onorata di monsignor di Agamonte, il quale ha combattuto per l’imperatore e per il re così onoratamente e vinte più battaglie e scaramuccie che non ha fatto lo invidioso, pieno di furore e di invidia e di malignità.... Spero in Dio vederne vendetta e grande e presto. È stato tradito uno grande uomo e amico nostro.” (Cento lettere cit, pag. 160).
  19. Pinchart, op. cit., pag. 340.
  20. Cento lettere cit., pag. 4. — Lettera al Pico, da Brusselles, 14 gennaio 1560.
    La medaglia non era ancora finita ai 20 di Gennaio. — Lettera al Pico da Brusselles, 20 gennaio, 1560.
  21. Armand, op. cit., I. 290, 1.
  22. Armand, op. cit, II, 246, 9.
  23. Il signor Armand realmente non riporta nella sua descrizione la firma di Giuliano; però alcnni esemplari della medaglia portano effettivamente ivlian . g . f . onde ho creduto bene di completare le leggende.
  24. Litta, op. cit, tav. III, 4 e 5.
  25. Armand, op. cit. I. 290, 2 e 8.
  26. Pinchart. Histoire de la gravure des médailles en Belgique, depuis le XV siècle jusqu’en 1794, pag. 30 e seg.
  27. Armand, op. cit., II, 265, 15.
  28. Affò. La zecca e moneta parmigiana, tav. 5a, XLIV.
  29. Affò. Op. cit., tav. 5a, XLV.
  30. Lo stile di Giuliano si avvicina assai a quello di Domenico Poggini e ha tutti i difetti della scuola toscana, la quale del resto non ha mai dato grandi medaglisti, specialmente nel secolo XVI. Le stesse medaglie di Benvenuto non escono dalla mediocrità, ed è notorio d’altra parte che l’arte della medaglia è tutta cosa dell’alta Italia