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Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 45

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N. 45 - 6 novembre 1842

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N. 43-44 N. 46
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GAZZETTA MUSICALE

N. 45

DOMENICA
6 Novembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


OSSERVAZIONI Di un vecchio suonatore ili viola, ecc. (Tedi il foglio IV. 42, 43 e 44 di quella Gazzetta) f a in che cosa mai consiste il )pregio ed il mirabile effetto di? quella esecuzione?Non già nella Svantaggiosa acustica costruzio!§>>ne della Cappella Sistina-non già nell’apparato della stessa, perocché la si spoglia di ogni arredo, e non vi rimane che la pittura dell’estremo giudizio fatta dal terribile pennello di Michelangelo, e vi ardono soltanto quindici candele, che si estinguono poco a poco lino a notte, mentre pare, come dice madama de Stàel, che vi compariscano le ombre dei Profeti e delle Sibille, - non consiste nemmeno nelle impressioni che produce la presenza del sommo Pontefice, di tutti i Cardinali e di moltissimi Prelati, i quali, allorché dopo un breve silenzio si intuonano le melodie dei cantori invisibili al pubblico, si prostrano umilmente al suolo:, ma piuttosto si deve attribuire quell’immenso effetto a’ pregi intrinseci di quella inimitabile [esecuzione, che invano fu tentala altrove. Essi sembrano dipendere da una scelta unione di voci di bassi ripieni di forza, e molto estesi nel profondo, di tenori robusti, e nel pari estesi negli acuti - di contralti e soprani musici, le cui voci hanno già da per sè stesse qualche cosa di penetrante-, da una mirabile intuonazione, così perfetta, che le stesse dissonanze sembrano armonia - da una particolare coltura nell’arte del canto, per cui si odono quelle sì dolci messe, quei sì studiati e piacevoli portamenti di voce, e da una singolare concordanza nel tempo. E per questa non s’intende già una secca osservanza di misura, ma quella somma intelligenza nell’uniforme e contemporaneo smorzar delle voci, che sembrano uscir tutte da una sola bocca, ora nel concitato e marcato, ed ora nel ritardato e nel molle, ma non arbitrario, anzi ritmico e appieno corrispondente al senso delle parole ed allo spirito delle frasi musicali. Tale intelligenza si manifesta in quel chiaro-scuro che non consiste in alcun modo, come erroneamente vogliono taluni, nel passare dal pianissimo al fortissimo, o viceversa dall’estrema forza alla quasi totale estinzione della voce (la quale è affettazion da teatro) ma nella particolarità che ivi il suono più debole è un mezzo piano, ed il più intenso un mezzo forte, da cui risulta una soavità incomprensibile, poiché il passaggio dall’una all’altra modificazione di voce suggerito dal sentimento è cosi insensibile, che l’uditore ne sente l’incantesimo’, senza aver compreso come sia stato prodotto. Si aggiunga, che quelle cantilene, le quali pajon tanto semplici sulle carte, vengono animate ed arricchite da sceltissime fioriture e da bellissimi ornamenti adattati alle voci ed alle situazioni, sempre eseguiti col più lodevole magistero, e non mai discordanti dall’altezza dell’argomento, nè sconvenienti alla santità del luogo e del rito. Perlocchè sembra evidente, che tutto ciò non possa essere che il risultamento di una preziosa tradizione convalidata da fine osservazioni sul gusto, e da uno studio ed esercizio indefesso, e da uno zelo intenso di sostenere la gloria della Cappella Pontificia, e la supremazia del canto italiano. Sono queste idee, che non ha guari mi comunicò un esimio maestro, che reduce da Roma passò per Bergamo ritornando alla sua patria, ed alla meglio che potei le ho riportate nel mio Album. Ma guai allorché si comincia! E nota l’usanza dei cantori di Orazio, ed in quanto al difetto di non voler finirla posso esser messo anch’io nel loro novero. Mi pare, che siccome generalmente costumasi nelle Biografie, non avrebbe dovuto scordarsi il signor Sevelingès di accennare, non già tutte le opere del Palestrina, che il loro indice avrebbe occupato uno spazio tre volte maggiore che lutto l’articolo, ma almeno le più pregiate; affinchè i giovani, che per loro vantaggio e pei progressi del1 arte volessero prevalersene ne proprj studj, e se qualche amatore bramasse arricchirne il suo archivio, fossero in grado di poterne fare immediatamente un’ottima scelta. Chi volesse mandare ad esecuzione questo pensiero si potrebbe giovare dell’accennato libro dell’Abate Baini, il quale, assai diverso di tanti altri scritti, contiene ben più di ciò che ne promette il titolo. E quell’abate un eruditissimo e valente scrittore di musica ecclesiastica, ed un suo Miserere cantasi a Roma nella settimana santa. - Siffatto onore non venne mai ottenuto da niuno, salvo che dal Palestrina, dall Allegri e dal Baini. Egli ha formato il divisamente dì pubblicare una edizione compiuta di tutte le opere del nostro Pier Luigi - e molte sono inedite - le quali si cantano ancora nella Cappella Pontificia. Io unisco i più ardenti miei voti a quelli deifi Europa musicale, affinché non l’avanzata età, nò la salute infievolita possano impedire all’egregio scrittore di effettuare un sì nobile pensiero, per cui si acquisterà nuovi diritti alla nostra stima e gratitudine. Non voglio finalmente passar sotto silenzio una cosa, che è degna sicuramente di essere conosciutissima, trattandosi di gloria tutta italiana, ma la quale però difficilmente poteva giungere a notizia del Sevélinges.Nella.introduzione ad una nuova Teoria di musica del nostro professore Alessandro Barca, di grata memoria, inserita negli atti accademici di Padova, si legge quanto segue: «Non v’è persona nelle «cose musiche anche appena iniziata, la «quale non riconosca l’epoca del nascili inerito di quella scienza nel tempo della «pubblicazione dell1 opera del signor Rati meaù stampata a Parigi nell’anno 17212 n col titolo di T/ attato deWarmonia, opera «in cui si propone per principio immoti diato dell’armonia, e in conseguenza di «tutta la musica teorico-pratica, il così «detto basso fondamentale. Ma se tutti “ oggi, o da gran tempo sanno in quanto ti pregio deliba aversi una siffatta scoperta, «molto meno è lecito ignorarlo fra noi, it mentre qui in Padova, assai prima che «in Francia, si ora nella farraginosa serie «degli accordi trovato il paragone del n suono principale accompagnato sempre «di terza e quinta, ossia del basso fonti damentale; e due valentissimi uomini si «crearono per così dire un nuovo perii lèttissimo sistema di armonia.Francesco «Antonio Calegari condotto maestro delti l’insigne Cappella di S. Antonio l’anno «1705; egli fu che desiderosissimo di pulii avere una sicura scorta nella pratica, «prima incertissima, degli accordi, si «pensò di scrivere in partitura le arruoli nie del celebratissimo Pier Luigi da Pati lestrina, affine di ponderarle con ogni «studio, e vedere ancora se polea mai «scoprire qualche ordine negli accordi i «più composti e nel medesimo tempo i u più armoniosi del secolo XVI. Così in «quella maniera che dalla considerazione ii di numeri rappresentanti la più piena u e la più diretta armonia consonante, riti sulta, che la si risolve sempre in annoti nia di terza e quinta, questo stesso doti dusse il Calegari dalle diverse posizioni «degli accordi nella musica del Palestrina; «con ciò di più, che siccome gli esem«plari del secondo erano pienissima arti nionia consonante insieme e dissonante, «s incontrò felicemente a proporre la «stessa semplicità tanto nell1 una come «nell’altra specie d’armonia, mentre al «contrario non avendo esaminato Rameau [p. 194 modifica]«nel suo esemplare che la sola armonia u consonante; gli convenne per la dissoci nante progredire a tentone, e dare in “ mille inciampi, ed adottare tali errori «che sfigurarono poi sgraziatamente nelle a sue opere la bella teoria del basso fonti damentale.» Risulta adunque da questa esposizione, che la gloria dei nuovo sistema di armonia adottato al giorno d oggi è tutta quanta italiana, poiché esso venne fondato dal Caiegari, e da questi trasmesso al suo scolaro Francesc’Antonio Valletti, il quale lo comunicò poscia al proprio allievo l’abate Vogler che lo promulgò in Germania. Quel sistema fu spiegato praticamente nell’opera del Padre Sabbattini delle Numeriche segnature e nel trattato delle fughe e quindi in quell’altro, più recente, d’armonia, di Bonifazio Asioli. Lo stesso Caiegari confessa candidamente più volte nella sua opera inedita, la quale è intitolata Ampia dimostrazione degli armoniali musicali tuoni, d’aver desunto il sullodato sistema dalla erudita pratica di Palestrina, sovra cui ne dovrà riflettere eternamente il primo onore, perocché le leggi dell’armonia sono immutabili, essendo fondate nella natura. Una bellissima lode ne debbe pure venire al Caiegari, avendo egli cqll’acume del suo ingegno saputo trovare nelle opere del nostro sommo maestro ciò che non fu capace di dimostrare Rameau, ciò che non videro i Paolucci, i Martini i quali dagli esempi tratti dalle composizioni di Pier-Luigi non dedussero che le regole di un rigido contrappunto. Vuoisi avere un grande obbligo a’ primi scopritori del vero ed a coloro che lo mostrarono altrui, diventando in tal modo benemeriti della patria, a cui crebbero un nuovo lustro. Perciò disse un illustre letterato, che niun pittore in Atene ebbe iscrizione più onorevole di Apollodoro, solo perchè egli trovò l’arte di comporre i colori e cavarne le ombre. I TEATRI MUSICALI A MADRID. I COMPOSITOI» SPIGIIIOLI. (Da una lettera scritta da Madrid ai Direttori della Franco Musicale il 18 agosto)....» Bisogna dire ch’io sia arrivato a Madrid in un cattivo momento musicale, e bisogna dire in oltre che questo cattivo momento musicale dura troppo a lungo. La compagnia italiana è debole, la compagnia spagnuola è ancor più debole, e per conseguenza naturale, i compositori scrivono pochissimo. Nondimeno, con vostra licenza, vi darò relazione in breve delle due più solenni serate ch’io passai a Madrid, la prima al teatro della Crux, la seconda al teatro del Circo o dell’Opera. Anzi tutto poi vi dirò che una rivalità molto viva esiste continuamente fra le due Imprese, circostanza fortunata che mette all’impegno e l’una e l’altra di fare ogni possibile sforzo per rendere contento il pubblico, e mostrare uno zelo e un’attività di cui pochi esempi ci son dati dalle più acclamate Direzioni teatrali di Francia e di Italia. Ei fu in forza di questo spirito d’emulazione che durante il mio primo soggiorno a Madrid, i due teatri avevano preso a rappresentare ciascuno a.Lucrezia Borgia di Donizetti con gran fracasso di cartelloni e di manifesti, coni’è facile supporre. Le due platee eran piene, stantechè i dilettanti spagnuoli volevano col proprio orecchio far il confronto fra i cantanti italiani e i nazionali, e ad un tempo non perdere un’ottima occasione di applaudire al favorito loro maestro, il sig. Donizetti. Molto meno pressato di essi, io, che pel corso di due intere stagioni aveva udito al Teatro Italiano di Parigi la Lucrezia Borgia, cantata dalla Grisi, da Tamburini e da Mario, io non mi curavo nè tanto nè poco di udire ancora due volte la medesima Opera, e di tuffarmi nella soffocante atmosfera di una platea, ecc... Mi tenni quindi pago di recarmi per una sol volta al leggiadro teatro della Crux, e fui tutt’altro che malcontento d’avere imposto un freno al mio entusiasmo musicale....» II corrispondente della France Musicale segue esponendo il suo giudizio intorno ai cantanti spagnuoli e al modo col quale eseguirono la Lucrezia di Donizetti. «Il signor Lomhia sosteneva la parte di Orsini e cantava con anima pochi pezzi di comparsa a lui affidati. Egli è un attore dotato di molta intelligenza e abile a porre in bella mostra il suo sapere e a far buon’effetto a momento opportuno, nel che sta la grande arte dei cantanti d’oggidì. Le parti di Gennaro e di Don Alfonso, sostenuta la prima da el Senor Ilamos, la seconda da el Senor Burba, parve a me avessero perduta tutta la loro importanza, tanto fiaccamente eran eseguite! La romanza di Gennaro nel primo atto, il terzétto del veleno con Lucrezia, il duetto finale fra Gennaro e sua madre, tutti questi pezzi perdevano presso che al tutto il loro colorito, sicché pareva si cantassero dei pezzi staccati, come in un’accademia5 era scomparsa e sagrificata 1 unità di ispirazione. La sola Senora Lillà, incaricata della parte di Lucrezia, si disimpegnò, non dirò solo con lode, ma con vero clamore. I suoi mezzi vocali non le mancano mai; ella esprimeva il suo amore materno, i suoi timori, il suo orrore con fuoco e con vera ispirazione. Gli applausi furono continui e meritati, che ella sola sosteneva tutto il peso della rappresentazione. I cori cantarono con insieme, l’orchestra accompagnò passabilmente, benché di tratto in tratto ia si sentisse mancante; tutto compreso, l’esecuzione fu lungi dal soddisfarmi, e per dirla ad onore del pubblico spagnolo, tre quarti degli spettatori manifestarono a diverse riprese il loro malcontento. Al teatro del Circo avvenne la cosa stessane più né meno: vi cantava una compagnia italiana e vi si dava la Saffo di Pacini, Opera di fresco messa in iscena con grande spesa di apparato e di vestiario. Non occorre che lo dica a voi, signori (è il corrispondente della France Musicale che parla ai redattori di questo foglio). Se la Lucrezia non è stimato un gran spartito dai severi apprezzatovi del bello drammatico musicale, qual sentenza profferire della Saffo? La Lucrezia Borgia è musica fiacca, ma pure qui e là si sostiene con dei passi di grand’effetto e con delle felici melodie. Lo stesso non può dirsi della Saffo; è un’Opera che tocca rasente al grandioso e per poco non dà nello stucchevole; un’Opera che non seppero condurre a buon porto i sommi cantanti del nostro Teatro Italiano! (0» (t).4. Parigi di fatto la Sago non piacque, ma nelle principali città della nostra Penisola ebbe grande esito. Questa diversità di riuscita, ove potesse venir esaminata attentamente e con una critica indipendente e libera di personali riguardi, basterebbe a dar idea deila diversità dell’intelligenza e del grado di coltura musicale cui potino pretendere i due diversi paesi. Il corrispondente della France Musicale offre qui un cenno dèlia varia abilità dei cantanti cui“era affidata l’Opera. Ha scarse parole di lode pel basso Ancorti, severe di biasimo pel signor Devezzi nella parte di Faonv. della signora Bassi-Borio è molto più soddisfatto. La signora Bassi-Borio, così egli, è una cantante molto comendevole tanto pel merito della sua voce espressiva e larga, quanto per la sua intelligenza drammatica ed arte scenica; solamente fa pena che talvolta al suo slancio non corrispondano le sue facoltà, e che nelle situazioni patetiche ella sia, per così dire, costretta a gridare.» I cori del teatro del Circo sono discreti. •L’orchestra numerosissima, manca spesso d insieme, sebbene sia composta di stromentisti distinti i quali poi si riscattano ne’ pezzi d’assolo ff). «Senza voler fare il menomo confronto fra i cori, l’orchestra e le decorazioni del nostro grand Opera, dirò che il teatro dell’Opera di Madrid potrebbe toccare a un alto grado di perfezione, se la scelta delle Opere che vi si rappresentano venisse fatta con miglior discernimento, e non alla cieca e secondo il capriccio e l’inscienza degli appaltatori. 11 maggior male sta in questo che non vi hanno cantanti di vaglia die si fermino a lungo presso quel teatro. Delle compagnie italiane vi si recano di passaggio, vi rappresentano il loro repertorio moderno, dal quale pare, che sia proscritto anche l’illustre Rossini, come colui la cui musica è troppo forte e difficile!! Dopo tutto ciò mi affretto ad aggiugnere che di questo stato di cose non è per nulla da accagionarsi il pubblico spagnuolo. Il Governo non si occupa nè punto nè poco dell’Opera di Madrid, ed ognuno sa quale protezione valida, intelligente e immediata è necessaria al teatro lirico di una capitale perchè possa prosperare nelle vie di un’arte illuminala e non mercenaria. «Si ama molto a Madrid la nuova scuola italiana. Donizetti e Mercadante vi fanno furore; ma da ciò non si deve conchiudere che questo sia il solo gusto della nazione. La Muta di Portici è popolare a Madrid tanto quanto a Parigi, e gli Spagnuoli che visitarono la Francia seppero ammirarvi i capolavori della scuola tedesca e francese. La cosa di cui più abbisogna la Spagna per la prosperità del suo teatro come pel progresso delle scienze e del commercio, si è una tranquillità stabile che permetta agli artisti stranieri di venire a fermar dimora a Madrid e quivi recare de buoni modelli. Il dominio delle arti non si dilata che per forza di emulazione, ed ecco ciò che in fatto manca al teatro spagnuolo. «Vi ho detto ora che Donizetti e Mercadante piacciono molto in lspagna, ma tutto non istà qui. Se vi si rappresentano quasi mai le Opere di Rossini è da darsene colpa alle compagnie italiane, le quali in compenso, hanno l’accortezza di far aggradire la melanconica e tenera musica di Bellini. La società di Madrid comprende ed ama alla pazzia tutte le produzioni di questo maestro, ed ogniqualvolta vi si rappresentano la Norma o i Puritani, il teatro è zeppo. E in fatto è impossibile che la patria dei Garcia, degli lsabel, delle Colbran, dei Montenegro, dei Valdemosa, rimanga insensibile aila toccante nota di Bellini. Altre due prove di ciò stanno in questo, che Rubini e madama Viardot-Garcia vi ()) Questo può dirsi di taluna delle principali orchestre d’Italia. [p. 195 modifica]furono stimate giusta il loro merito, e che tutte le seno ras di Madrid, che hanno udito il finale della Lucia cantato dal re dei tenori. alzano sempre al cielo i loro grandi occhi neri in segno di estasi, quando ricordano la divina sua maniera ai cantare. «Pare a me che gli Spagnuoli sentano vivamente la musica, e non mancano d’entusiasmo ogniqualvolta sono contenti di un artista. «Ma sin qui, signori, vi ho parlato di cantanti e di suonatori, ma non v’ho detta neppuruna parola de’compositori spagnuoli. Essi sono poco noti nel mondo musicale, il che non toglie nulla al loro merito, quando si pensi che la Spagna vive per ora pressocchè al tutto separata dal resto dell’Europa. 44 Don Baltasar Saldo ni’, autore delle Opere Ipermestra e Cleonice, abita ordinariamente Madrid. La sua Ipermestra è mollo popolare in Ispagna, e si dice che essa fu rappresentata con gran successo anche in Italia (B; quanto a me dirò che dell’Ipermestra non ho udito che una sola ariaf, e che non posso quindi giudicare del merito dell’Opera intera. Se non che, Saidoni è un maestro italiano. «Citiamo ora il primo dei maestri spagnuoli; Don Ramon. Carnicer, autore di molte opere di merito; poi Don Joac/uin Espiri, parente di madama Colbran, moglie di Rossini. Egli è un compositore di talento molto desideroso del progresso in Ispagna, e scrittore zelante dell’Iberia musical, giornale di musica del formalo medesimo della France 31 risicale, che a quanto pare esso pigliasi a modello. 44La Lancion andalusa ha per rappresentante principale Don Sebastian Fradier, autore di molte melodie andaluse scritte nel genere di Manuel Garcia. Le sue produzioni lo hanno reso molto popolare e notissimo. Ho udito spesso cantare delle canzoni di Fradier, e avrò occasione di parlarvene in altra mia. 44 Voi conoscete per fama Don Francisco Vald.omosa, eccellente professore e maestro di canto della regina, il quale cantò con madama Paolina Garcia un duetto il cui successo risuonò fino a Parigi. E però non aggiugnerò altro e darò fine alla rapida mia nomenclatura citando quale rappresentante della musica sacra in Ispagna Don Manuel Lederma, maestro della Cappella reale di S. M. «Non mi è possibile estendermi a lungo sui merito di questi diversi compositori; le loro Opere sono troppo di rado rappresentate, poiché la musica italiana predomina in Ispagna a scapito della nazionale. Non mi rimane quindi che a dirvi poche parole della musica religiosa da me udita nelle chiese. Non vi ha in Ispagna chiesa per quanto piccola, tranne che non sia una semplice cappi/la (cappella) la quale non possegga il suo organo. Le cattedrali ne hanno di stupendi come lavori d’architettura. Ma devo aggiugnere che i suoni dello stromeuto non corrispondono degnamente alla bellezza degli ornati esterni. L’organo di Siviglia è di grandiosa vastità; anche quello di Granata è magnifico; ma mi accadde spesso di entrar nella chiesa ed udire l’organista suonare delle ariette di carattere tutt’altro che sacro, se pur mi sono formato una giusta idea dello stile di chiesa. Talvolta però, e ciò m’avvenne nella chiesa di Granata, i gemiti dell’orti) Crediamo che in ciò vi sia errore per parte del corrispondente della France Musicale. gano mi toccarono profondamente. Anche nel chiostro dell’Escoriai, la presenza della signora Espartero alla messa aveva dato occasione a un po’ di solennità. «L’organistacompose all’improvviso delle toccate molto semplici che, in questa vasta chiesa mirabilmente sonora, produssero molto effetto. «In conchiusione, manca in Ispagna una scuola musicale qualunque, manca un capo di schiera il qual dia l’impulso alla massa, e che questa imiti finché sia atta a studiarlo. Sórto che sia quest’uomo dotato di genio, e la sua comparsa per ora impossibile fra le turbazioni politiche, io non dispero di vedere la Spagna collocarsi a un buon posto fra le altre nazioni musicali. Questa è quistione di tempo, non, come altri volle far credere, effetto di mancanza di genio e di gusto, Ma lo rifieto pieno di convinzione: E mestieri che a Spagna desideri l’attrito della sua civiltà con quella dei popoli a lei stranieri, perocché da ciò solo le sarà dato quel progresso nelle arti e nel sapere a cui anela con tanto ardore». BIBLIOGRAFIA. •— La Tipografia del nostro Ricordi sta preparando un importante pubblicazione: Filosofia della musica, o Estetica applicata a quest’arte. È questo il titolo della nuova opera didascalica che vedrà quanto prima la luce in elegante formato. Noi cominciamo dall’anticipare le nostre congratulazioni coll’egregio autore il sig. maestre* Raimondo Boucneron, al quale inoltre dobbiamo i più vivi ringraziamenti per averci conceduto di inserire, come inserimmo già in questa stessa Gazzetta (della quale egli è tra i principali collaboratori), alcuni dei più interessanti capitoli della bella sua produzione. Da codesti saggi avranno potuto i nostri colti lettori formarsi vantaggioso concetto di un’opera dettata con larghe vedute, ricca di dottrina, di gusto e di retto sentimento, e scritta in oltre con gastigato e chiaro stile e con sufficiente correzione di lingua. In Italia, ove la musica è troppo comunemente considerata come arte atta poco più che a svegliare impressioni fisiche variamente piacevoli, è a desiderare che sorgano degli scrittori eruditi e coscienziosi i quali additar sappiano e scandagliare gli intimi rapporti ch’ella ha cogli alti studii riguardanti l’uomo morale. Questo trattato della Filosofia della musica o Estetica musicale, gioverà in gran parte a quest’uopo, come quello che addimostrerà con fine analisi e ben appropriati esempii quanto le ispirazioni musicali siano atte a dipingere le umane passioni e ad esprimere i varii e potenti affetti dai quali il nostro animo suole essere agitato. Pubblicata che sia l’opera, noi ci intratteremo molto più paratamente intorno ad essa, e ciò faremo ogni qualvolta produzioni di simil genere verranno regalate a quella porzione di pubblico musicale (forse troppo scarsa) che non si accontenta di possedere le più materiali nozioni tecniche intorno all’arte dei suoni, ma si compiace di potersi procacciare un’istruzione più elevata riguardante la parte filosofica ed estetica di essa. Fatalmente tra noi, ove pare che sia tanto stimata ed amata la musica, in generale non si ama e si stima che quanto vi ha in essa di più frivolo e di più falso, e la vera e buona cultura musicale è in Italia per addesso avuta in troppo poco conto. Un indigesto articolo impastocchiato di iperbolici elogi profusi a qualche cantante favorita del giorno, o un’insipida cronaca di notizie teatrali tessute di bugie, sono lette più volentieri che non la più elaborata dissertazione storico-musicale, o la più piccante analisi estetica di qualche classica composizione. Ma non per questo debbono sconfortarsi gli amatori dei buoni studii; essi devono insistere, perseverare. A poco a poco qualche buon frutto se ne otterrà. I progressi della verità sono lenti, ma pur infallibili. Solo pochi anni fa a chi parlava di estetica, di filosofia della musica, d’espressione, di imitazione musicale, si rideva in viso da’ così detti artisti, ai quali parevano queste parole arabe, geroglifiche. Ma in poco tempo abbiamo fatto qualche progresso. Ora il linguaggio dell’alta critica comincia a non parere strano ai nostri maestri, professori, cantanti. Speriamo che non sia lontano il momento in cui lo comprenderanno e ne approfiitteranno. A questo intento adopera specialmente questa Gazzetta. B. Varietà. Moschelés a Rrusseli.es. — Alcuni amatori della buona e seria musica assistettero giorni fa ad un trattenimento musicale interessantissimo. Moschelés, il famoso pianista, reduce da Amburgo e di passaggio per Londra, volle fermarsi alcune ore a Rrusselles per consacrarle al sig. Fétis, direttore di quel R. Conservatorio col quale ei mantiene da lungo tempo delle relazioni d’amicizia. In una serata organizzata da quest’ultimo all’improvviso, il valente pianista fece udire alcune delle sue ultime produzioni. Uno dei pezzi più interessanti fu un terzetto per piano, violino e violoncello, nel quale Moscbelés venne accompagnato dal sig. De Bériot e Demunck. De Bériot suonò poscia alcuni brani di uno de’ suoi concerti ed un duetto sopra motivi di Roberto il Diavolo, nel quale Dòliler gli servì di partner. Moschelés chiuse poi il trattenimento con degli studii e con una di quelle sue fantasie estemporanee nelle quali suol dar prova di tanto sapere musicale. Fra tante rinomanze speciali che nell’arte di suonare il pianoforte valsero ad emergere in questi ultimi dieci anni, Moschelés seppe conservare la sua propria fisionomia caratteristica; egli è pur sempre il pianista pensatore per eccellenza. Indubbiamente egli è tra tutti il suonatore più ricco di idee, quello che in più alto grado collega la scienza e 1 immaginazione, due cose non punto incompatibili, checché ne dicano certe persone. Ciò che vi ha di più ammirabile in Moschelés si è ch’ei seppe conservare tutta la sua freschezza di pensiero in mezzo a tante occupazioni atte a tutt’altro fuorché a svegliare il genio, anzi acconce a sopirlo. Dappoiché egli dimora a Londra, e ormai sono vent’anni, Moschelés è il solo professore di pianoforte adottato dalla fashion. La sua clientela si compone delle persone più distinte appartenenti alle primarie famiglie dell’Inghilterra. Nelle diverse stagioni •dell’anno ei suol dare delle lezioni dalle sette ore del mattino fino alle dieci della sera; spesso desina nella sua carrozza, e passa delle intere settimane senza vedere [p. 196 modifica]i suoi figli. Vi hanno poche teste,per quanto bene organizzate, che resister possano a tanta fatica; è a dire che quella di Moschelés sia dotata di grande vigore. (G. M. de P.) — La musica a gran strepito pare vada a poeo a poco invadendo tutte le scene liriche d’Europa. I genii i più classici non sanno resistere all’esempio contagioso. Spontini, il celebre autore della Vestale, segue di tanto in tanto ei pure il torrente della moda. Un moto piccante di S. M. il re di Prussia lo fece ultimamente avvertito con, molto lepore della sua riprovevole mania. S. M., essendo stata tempo fa invitata ad udire una nuova composizione dell’illustre maestro, scritta nel moderno stile fragoroso, fu indispettito al vedere le tante trombe, tromboni, tamtam ed altri slmili soavi stromenti introdotti nella nuova composizione. Dopo alcune ore di così penoso divertimento, il Re lasciò la sala ddl’Accademia, e poiché al suo uscire trenta tamburi battevano alla distesa,S. M. esclamò sogghignando: a Lodato il cielo che alfine odo un po’ di melodia!» (Dal Menestrel.’) NOTIZIE VARIE. I. B. TEATRO AULA SCALA. Negli or passali quindici giorni abbiamo avute due novità alla Scala: una farsa in musica, di Donizetti, e un ballo del coreografo Villa. La prima, le Convenienze teatrali, imitata da una nota commedia dei Sografi, fredda e scucita congerie di lungaggini musicali senza gusto, senza sapor comico, senza novità di pensieri o leggiadria di immagini, tessuta a casaccio sul più insipido telaio di scene ora scurrili, ora platealmente goffe, ora diremo anche invereconde nella loro nullità. - Pare impossibile che l’autore àe’Elisir d’amore e dell’Ajo nelVìmbarazzo abbia potuto sprecare il suo tempo intorno a un tema sì infelice, e che dopo averlo vestito di abiti musicali sì meschini, non si decidesse a dare alle fiamme lo spartito, anziché mostrarne, alla luce della ribalta la nuda squallidezza. E sì che doveva aver udito più volte e le Cantatrici villane di Fioravanti, e la Prova di un’Opera seria di Gneeco, Opere entrambe del genere al quale egli studiò di avvicinarsi colle sue Convenienze, e che pure distano tanto da queste come un buon modello differisce da una pallida e snervata copia. Ma manco male quanto a Donizetti! Egli ha tanti bei meriti per pretendere a fronte alzata alfa corona della celebrità artistica, che è da perdonarsegli di tutto cuore se qualche peccatuccio può pesare sulla sua buona coscienza di maestro. Ciò che veramente fece inarcare le ciglia di stupore si fu il vedere che una sì digraziata creazione, forse a quest’ora ripudiata dal suo medesimo autore. potesse venir diseppellita dall’obblio ove merita di riposare per tutta l’eternità, ed essere trascinata pei Capegli sul palco scenico della Scala a far mostra della squallida sua cera e delle sue grottesche smorfie! - Or che diremo dell’esecuzione? - La più bella e fresca elùdente’ musica cantata al modo col quale si eseguirono alla Scala queste sconvenientissime Convenienze teatrali, avrebbe fatta ben trista figura. Immaginate dùnque che cosa doveva essere di un cattivo centone di quella fatta, ecc. - Il pubblico, che pure qui è qua ebbe voglia di ridere ni lazzi del Rovere, travestilo da vecchia comaraccia, il pubblico ha fatto severa ‘giustizia della cattiva scelta dell’Impresa, tanto che questa farsa in musica non comparve più a far dispetto al buon senso e al gusto dilicato della sana parte dell’uditorio. Il nuovo ballo la Fedra del sig. Villa è tessuto su un vecchio argomento mitologico che per la propria indole si offre antipatico a tutte le buone leggi della coreografia drammatica. In altro articolo faremo di dar le ragioni di quanto ora brevemente affermiamo. Intanto ci basti il dire che il ballo destò ben poco interesse e come azione psicologica e come quadro spettacoloso. Non mancarono le solite marcie militari, i soliti trionfali ricevimenti, i soliti ingressi solenni, i soliti capitomboli col grido obbligalo dal loggione; ma tutti questi ormai troppo usilati mezzi d’effetto hanno trovato poco meu che freddo il pubblico. Piacquero le danze. - La musica fu trovata senza colore e senza vita. - Gli abiti dei molti personaggi principali del ballo, benché nuovi e sfolgoranti, presentavano un bizzarro contrasto di verità di antico costume greco e di caricature da figurino delle mode! La reggia di Nettuno chiuse lo spettacolo con una delle solite tanto ripetute apoteosi a fuoco del Rengala, nella quale si vedeva il trono del Dio delfacque avanzarsi tirato da quattro cavallini di cartone! — Leggiamo in un foglio francese ■ Il celebre cantante c attore italiano Filippo Galli, quello stesso die lasciò tra noi si belle rimembranze nelle parti di Fernando della Gazza Ladra c il’rissavo nella Semiramide, ora ritirato dal teatro, trovasi al presente a Parigi.» Tempo fa venne annunziato in questa Gazzetta Musicale che Filippo Galli proponevasi di dar lezioni di canto in questa nostra città; osservammo allora che di questa determinazione del vaiente virtuoso doveano compiacersi tutti coloro ai quali sta a petto il bene dell’arte del canto e desiderano vederne affidato a vaienti professori l’insegnamento. L’udire ora che il Galli si trasferì a Parigi ne fa temere che quella splendida Capitale trattenga per sempre un artista di tanto valore. In questo caso non potremmo tacere il nostro dispetto die il mondo musicale milanese se lo sia lasciato rapire. Qui da noi, ove c’è tanta penuria di ìnslitutori dotati di vera dottrina e pratica, la perdita di Galli non sarebbe sì agevolmente riparata. — I nostri lettori ricorderanno le espressioni colle quali in un nostro breve articolo abbiamo nel passato foglio accennato al gran concerto dato ultimamente in Brusselles dal signor E. Berlioz. Ad appoggio di quelle nostre parole di lode e di simpatia per l’esimio artista, leggiamo ora in un giornale belgico, intitolato I’Eclair, una molto sottile e viva analisi della Sin fonia fantastica. 1 pregi estetici, e le bellezze di ispirazione, il vigor di pensiero, e la superior scienza di cui riplende questa composizione musicale tanto vantata per la sua poetica originalità, sono molto bene sentite ed indicate nello scritto critico accennato, e attestano della gratide estimazione in cui è avuto il signor Berlioz presso quanti amano veder allargati i confini dell’arte musicale e spezzati i vincoli dei pedantismo, dei quali si sforza ad incepparla la impotente ma garrula mediocrità. — Il secondo concerto dato dai signori Dòliter e Ronconi a Brusselles, il 17 ottobre, chiamò gran numero di spettatori nella Sala della Società filarmonica. 1 tre pezzi eseguiti da Dòhler hanno svegliato il più vivo entusiasmo, e furono la Ballata e la Tarantella graziosa composizione che servì in certo modo di. preludio, per il gran caprìccio sulla romanza di Guido e Ginevra, opera capitale nella quale è da ammirarsi ad una volta il sonatore c il compositore. (G. DI. de P. ) — A Londra nel teatro di Corent-Garden, si produsse ultimamente l’0|>era di Grelry Richard-Coeurde-Lion, ed ebbe un pieno successo. A Londra si ha ancora della stima iter la vecchia musica classica e se ue sanno gustare ie bellezze. Questa riverenza per. gli antichi maestri e questo culto, alle loro più vantate composizioni è nodrilo presso il scelto dilettantismo inglese da alcune Società musicali che appunto un sì lodevole scopo si propongono. Vi ha citi crede di poter supporre che anche in Milano alcuni valenti professori, in concorso con qualche zelante e colto amatore della buona musica, si adoperino per erigere ima fondazione musicale destinata appunto alla diligente e coscienziosa esecuzione dei capolavori delle migliòri scuole, e in ispccie delie più vantale composizioni strumentali. Noi facciamo voli perchè, se ciò non è finora che una speranza, possa al più presto avverarsi; tra noi e’è grande bisógno che l’alta educazione musicale venga aiutata e guidata da codesta specie di insegnamento pratico di cui per ora ci vengono troppo di rado dati dei saggi imperfetti. Torneremo di proposito su questo argomento, e ci adopereremo con tutte le nostre forze a giovare al buon avviamento della sperata istituzione, o Società Accademica che voglia dirsi, tosto che avremo potuto raccogliere i dati necessarii e le opportune nozioni. Noi ci lusinghiamo che le parole che sapremo dire su questo proposito saranno tali che e faranno più animosi nella diffìcile loro opera i benemeriti intraprenditori, c prepareranno il pubblico musicale ad incoraggiarla con sempre crescente favore. — Il teatro reale della Grand’Opera, a Berlino, celebrò Je nozze di S. A. R. ia Principessa Maria di Prussia con S. A. il principe reale di Baviera, colla prima rappresentazione del Guglielmo Teli di Rossini, dato col libretto francese, e non già, cerne per lo innanzi, con il lesto ridotto e sotto il titolo di Andrea Hofer, la qual riduzione necessitava non lievi alterazioni nella musica. Questo grandioso spartito, reintegrato di tal guisa nella pienezza della sua forma primitiva, venne accolto con clamoroso entusiasmo. (G. DI. di P.) — L’Accademia di canto, di ^Berlino, sotto la direzione. del signor Ronsenscagen, annunziò cinque Concerti Spirituali, dei quali farà parte un’Oratorio di nuova composizione di Sphoor. — A Lipsia l’Opera di Halevy la Bey ne ie Chyprg è diventala l’Opera favorita. — Il bello spartito i Due Sergenti del maestro Mazzuccato, composto tempo fa per le scene del nostro teatro Re, ove ebbe esito fortunato le poche sere che potè recitarsi, venne giorni fa riprodotto con molla fortuna sulle scene del Carlo Felice a Genova. Non abbiamo potuto negarci il piacere di far consapevoli di ciò i nostri lettori anche a rischio di essere accusati di avere derogato dalla nostra massima dì non impacciarci di notizie teatrali. — Il Signor Girolamo P«y»r invita nella Gazzella musicale di Vienna, N. 128 (25 ottobre 1842) i signori Maestri a risolvere il seguente canone enlmmatico Can. Aeniy. quinque l’oc. odo a CL. pop messo dal maestro cavaliere Ncukomm nell’anno 1SI4 suH’epitafio di Giuseppe Haydn. Per quanto difficile e complicato sembri questo ingegnoso tema, senza rigo, senza chiave, modo e misura, non offre però un impedimento insormontabile per la sua risoluzione, e nel caso che fra un mese il suddetto foglio non ne riceva una, il sig. Paycr si offre di risolvere quel canone in note. — Nella notte del 20 al 2J ottobre è morto, in età di 56 anni, il rinomato profetsore di violino al Conservatorio di Praga, sig. Pixis, fratello del noto pianista di questo nome. — L’Unione per la Musica di Chiesa a Wildenschwert nella Boemia, eseguì ultimamente la Creazione di Haydtj in lingua boema, e la ripetè il dì seguente. — L’intero introito delle contribuzioni pel monumento di Mozart a Salisburgo monta a 25,492 fior, c 33 car. V.V. — Il rinomato violinista Schupanzig disse un giorno dopo la esecuzione di un quartetto di Beethoven, u questo lavoro si capirò soltanto dopo 4000 anni „ Magra consolazione per l’esimio compositore! — Madamigella Pixis ebbe il 15 ottobre la sua serata sul teatro di Pestìi nelle Prigioni d’Edimburgo del maestro Ricci. Essa si distinse oltremodo nella parte di Giovanna, come altresì madamigella Wirnscr in quella di Ida, e il signor Rott in quella di Tommaso. — Il 22 ottobre si rappresentò per la prima volta con buon successo nell’I. R. teatro alla porta di Corinzia a Yienna l’opera buffa tedesca: Czaar e Falegname, del poeta e maestro Alberto Lortzing. L’autore mostra non. comune talento tanto nel libro quanto nella musica. — A Dresda ebbe un brillante incontro nel mese scorso la nuova opera, intitolata: Rienzi, libretto e musica del signor Riccardo Wagner di Lipsia, del quale abbiamo dati in questa Gazzetta alcuni belli articoli sulla musica in Germania. Fra poco si rappresenterà sul regio teatro di Corte di Berlino la sua nuova opera romantica* il Fuggitivo Olandese. (Gai. Mas. di Fien.J GIOVANNI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOV ANNI RICORRI Contrada degli Omenoni N- 4720.