Il genio buono e il genio cattivo/Atto III

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Atto III

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Atto II Atto IV

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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Bottega di caffè all’inglese con vari tavolini e sedie, e vari garzoni che vanno e vengono.

Un Mercante inglese, poi un Capitano di nave inglese,
poi un Artefice inglese, poi un Piloto inglese.

Mercante. (Entra serioso; sì mette a sedere vicino ad un piccolo tavolino, e domanda caffè. Un Garzone porta il caffè, ed una pipa di tabacco, ed una candela di cera che mette sul tavolino, e versa il caffè nella tazza, e parte. Il Mercante accende la sua pipa, prende il caffè, e fuma alternativamente. In questo

Capitano. (Entra, e siede ad un altro tavolino, e domanda) Tè. (Un Garzone porta il tè, ed una pipa di tabacco, e passa la candela da un tavolino all’altro. Il Capitano prende il tè, e fuma come l’altro. In questo [p. 106 modifica]

Artefice. (Viene, e siede ad un altro tavolino, e domanda) Ponch. (Il Garzone porta il ponch, e passa la candela. L’Artefice fa come gli altri. In questo

Piloto. (Viene, siede ad un quarto tavolino, e domanda) Birra. (Il Garzone porta una bottiglia di birra, ed un bicchiere, ed una pipa di tabacco, e passa la candela. Anche questi fa come gli altri, e tutti quattro bevono e fumano senza parlare. In questo

SCENA II.

Arlecchino con l’abito alla francese e detti.

Arlecchino. (Viene con allegria cantando, saltando, e facendo strepito, chiamando forte) Zoveni1, chioccolata2.

Garzone. Subito la servo.
(I quattro Inglesi lo guardano con ammirazione, e poi continuano a bere, a fumare, e a leggere. Arlecchino si accosta al Mercante, e lo saluta alla francese, con brio. Il Mercante lo guarda, si leva un poco il cappello, poi lo rimette in testa, e continua come prima. Arlecchino si maraviglia della serietà. Si accosta al Capitano, e lo saluta come sopra. Il Capitano fa lo stesso, come il Mercante. Arlecchino continua a maravigliarsi, va dall’Artefice e gli dice:

Arlecchino. Ghe xe novità in paese? Belle donne ghe n’è? Propriamente moro de voia de vedergliene qualcheduna.

Artefice. (Lo guarda, poi gli volta la schiena, e non gli risponde. Arlecchino va al Piloto, gli domanda cosa legge di bello. Il Piloto non risponde. Vuol egli veder cosa legge. Il Piloto gli getta in faccia una boccata di fumo.)

Arlecchino. (Si sdegna e grida) Maledetto! El m’ha soffegà. Oh poveretto mi! Aiuto, una chioccolata, una chioccolata almanco per carità. Zoveni, disè, la chioccolata quando me la deu? Destrigheve3 no posso più. [p. 107 modifica]

Garzone. ("Viene con una pipa di tabacco e la presenta ad Arlecchino).

Arlecchino. Coss’è sta roba? Mi domando la chioccolata, e ti me porti una pipa? Sastu che son el cavalier Batocchio? Voio esser respettà, sangue de mi, son el cavalier Batocchio, el cavalier Batocchio. Pipa a mi? A mi pipa? Tiò suso, tocco de senza creanza. (gli rompe la pipa sulla faccia) T’impararà un’altra volta a trattar coi cavalieri della mia stirpe. Animo, la chioccolata, destrighete4 che no vôi spettar altro. La chioccolata al cavalier Batocchio.

Garzone. Presto, il cioccolato al cavalier Batocchio (con impazienza)
(I quattro Inglesi fanno atti d’ammirazione e d’impazienza. Un altro Garzone porta una tazza di cioccolata. Arlecchino la prende, e volendo sedere, e trovando tutti i tavolini occupati, vuol sedere accanto al Capitano; il Capitano lo guarda con dispetto, si alza, e porta il suo caffè e la sua pipa vicino al Mercante. Arlecchino resta solo, siede, si burla degli Inglesi, i quali fremono. Arlecchino domanda biscottini, gliene portano; mangia, beve, canta e siede, burlandosi degl'Inglesi. In questo

SCENA III.

Due Donne inglesi e i suddetti.

All’arrivo delle due Donne inglesi, Arlecchino si alza, e se ne compiace, e vuol fare il grazioso; esse non gli badano. Il Mercante ed il Capitano ne chiamano una al loro tavolino; ella ci va; essi la prendono in mezzo di loro, e domandano della birra. I Garzoni portano della birra. Arlecchino vuol far il grazioso con l’altra. L’Artefice la fa sedere presso di lui, e domanda birra. Il Piloto va al tavolino dell’Artefice, e li due prendono in mezzo la Donna. Arlecchino arrabbiato vuol meschiarsi in conversazione colle donne, e fa l’insolente cogl’Inglesi. Tutti si alzano adirati contro Arlecchino. Egli si mette in paura, credendo che vogliano insultarlo. I quattro Inglesi gli sono addosso, lo disarmano, e lo sfidano a pugni. Le Donne partono.

Arlecchino. (Eh, me fido dell’anello. Gnente paura). (Li sfida tutti e quattro a pugni. Gl’Inglesi con serietà dicono a vicenda:) No; uno alla volta, senza soperchieria: farò io, tocca a me, voglio io [p. 108 modifica]e cose simili, con parole corte e interrotte, mettendosi tutti in azione contro Arlecchino. Lui si annoia e si arrabbia, ed attacca il Piloto. Si battono questi due, e gli altri Inglesi osservano, in positura di battersi anch’essi dopo il Piloto. Questi carica Arlecchino di pugni, ed egli non potendo resistere, volta l’anello, batte il piede, chiama lo Spirito, si rende invisibile, e mena un pugno al Piloto. Il Piloto non vedendo arlecchino, crede che il pugno venga dall'Artefice, e lo attacca, e si battono questi due. Arlecchino invisibile dà un pugno al Capitano, egli crede averlo avuto da quei che si battono, ed entra per terzo. Arlecchino come sopra dà un pugno al Mercante, si battono i quattro. Arlecchino ride e gode, poi si fa vedere. Tutti quattro sono contro di lui. Egli torna invisibile. Gli Inglesi, acciecati dalla collera, prendono i Garzoni per Arlecchino, vogliono batterli. I Garzoni fuggono. Gl’Inglesi li seguono. Arlecchino resta solo, ridendo, e saltando, e baciando l’anello. In questo

SCENA IV.

Betzi ed Arlecchino.

Betzi. Cos’è questo rumore?

Arlecchino. Quattro matti che s’ha bastonà coi omeni de bottega.

Betzi. Mi maraviglio che abbiano osato di perdere il rispetto alla mia bottega! Licenzierò i garzoni, e gl’Inglesi me ne renderanno conto.

Arlecchino. Me consolo a sentir che la sia ella la patrona. La gh’ha rason d’esser disgustada, e la consegio de far castigar quei quattro Inglesi. Sopratutto uno che all’abito m’ha parso mariner o piloto. Maledetto! El menava pugni da diavolo. (Squasi più el me rompeva una costa). (da se)

Betzi. Avete veduto? Siete stato presente?

Arlecchino. Son stà presente, seguro, anca troppo.

Betzi. Mi dispiace, signore, che per la prima volta che onorate la mia bottega, sia accaduto5 una tale discordia. [p. 109 modifica]

Arlecchino. Eh, no serve gnente, no serve gnente. Quel che xe stà, xe stà, parlemo de altro. La diga.... el so reverito nome se porlo saver?

Betzi. Io mi chiamo Betzi, per servirla.

Arlecchino. Mi, siora Betzi, gh’ho da pagar una chioccolata. Cossa oio6 da dar?

Betzi. Uno scellino, signore.

Arlecchino. Cossa vai un scellin.

Betzi. Vale ventiquattro baiocchi romani.

Arlecchino. Che voi dir quaranta otto soldi de Bergamo.

Betzi. Per l’appunto.

Arlecchino. Oh, a Londra xe tutto caro, ma non importa. (tira fuori la borsa, e le dà una moneta d’oro)

Betzi. Vado a cambiare, e vi porto il resto.

Arlecchino. Eh non importa, la tegna pur, la la riceva per un piccolo sagrifizio alle so bellezze.

Betzi. Sono obbligata alla cortesia del signor forastiere. Di che paese è vossignoria.

Arlecchino. Son italian.

Betzi. Veramente i signori italiani sono cortesi, affabili, e generosi. Le piace questo nostro paese? Si tratterrà qui lungamente?

Arlecchino. Mi sì che el me piaseria, e ghe staria anca.... ma sto costume no lo posso soffrir, sto disprezzo che i fa dei foresti....

Betzi. Signore, se voi conosceste bene questo paese, non ne sareste sì malcontento. Gl’Inglesi sono di buonissimo core, e quando hanno dell’amicizia per qualcheduno, sono amici veri, fedeli, e operosi. Non è vero che sprezzino le altre nazioni, e che si credano superiori, ma come sono portati dal clima e dall’educazione alla serietà ed alla compostezza, non possono soffrire la pompa vana e l’allegria smoderata. Uniformatevi un poco al gusto della nazione, e vedrete col tempo, che il soggiorno di Londra è il miglior soggiorno del mondo. [p. 110 modifica]

Arlecchino. Co l’è cussì, son contentissimo. Credo a quel che la me dise, e me fermare.... Ma belle donne, pulite, che le se possa trattar, ghe ne xe?

Betzi. Un gran paese non può mancare di belle donne. La cortesia, la gentilezza, la buona grazia sono doni o acquisti particolari; e vi sono qui ancora delle donne di merito, come se ne trovano dappertutto.

Arlecchino. Ghe ne capita alla so bottega?

Betzi. Sì signore. In questo paese le donne godono di una pienissima libertà; e vanno per le botteghe senza essere criticate.

Arlecchino. Donca me raccomando a ella. Vorave cognosser qualche bella inglesina: cara ella, la me daga una man.

Betzi. La proposizione è un poco equivoca. Siete voi ammogliato?

Arlecchino. (E per questo no me posso divertir? Ma se a questa ghe digo de sì, ho paura de no far gnente). (da sè) Siora no, son putto.

Betzi. Vorreste voi ammogliarvi a Londra?

Arlecchino. Mi sì, se me capitasse una bona occasion.

Betzi. Per dirvi la verità, io ho buona mano per i matrimoni, e sono sempre riuscita in ciò con onore.

Arlecchino. Tanto meio! Donca la se interessa anca per mi.

Betzi. Signore, senza conoscervi, non posso adoperarmi per voi.

Arlecchino. Per questo po basta che la sappia che son cavalier. A tempo e logo la saverà el resto.

Betzi. Quando è così, signor cavaliere, lasci operare a me, e vedrò di servirla; ma voglio darle un avvertimento. Si cambi di abito; si vesta all’inglese, e sarà meglio veduto dagli uomini, e con più facilità trattato ancor dalle donne.

Arlecchino. Benissimo; co no gh’è altro che questo, lo fazzo subito. (Vardè se Corallina no xe una donna de garbo! La s’ha vestio subito all’inglese senza che ghel diga nissun). x(da sè) Vado a muarme de abito, e se intanto vegnisse qualche bella donna, la la trattegna. Patrona. (vuol partire) Tornarò all’inglese, me contegnirò alla maniera inglese, parerò tutto inglese. La varda se fazzo pulito, la osserva con che naturalezza che me scomenzo a inglesar. (sì compone goffamente e duro come un palo, e parte) [p. 111 modifica]

SCENA V.

Betzi, poi il primo Garzone.

Betzi. Ecco il solito inganno de’ viaggiatori. Osservano i costumi delle nazioni, ma trascurano il buono, e portano via le caricature. Garzoni! (chiama) Ripulite questi tavolini, e rimettete le sedie al loro luogo. (parte)

SCENA VI.

Il primo Garzone che accomoda e ripulisce; poi Corallina, vestita all’inglese.

Corallina. Dove mai si sarà perduto questo birbante di mio marito? Mi ha detto che andava al caffè e che subito ritornava.

Garzone. Comanda qualche cosa, signora?

Corallina. Ditemi, amico, questa mattina sarebbe capitato per avventura alla vostra bottega un signor forastiere?

Garzone. Sì signora; il diavolo ne ha mandato uno.

Corallina. Perchè dite che il diavolo lo ha mandato?

Garzone. Perchè mi ha fatto l’impertinenza di rompermi una pipa in faccia.

Corallina. Lo conoscete questo forastiere?

Garzone. Non lo conosco, non è più stato a questa bottega, e spero non avrà più voglia di ritornarvi.

Corallina. Perchè? Cos’è stato? (Non vorrei che fosse Arlecchino). (da sè) Gli è succeduto qualche cosa di male?

Garzone. Ha avuto una ronfa di pugni, che se ne ricorderà per un pezzo.

Corallina. (Povera me!) (da sè) Sapete di che nazione sia questo forastiere?

Garzone. Al parlare, io l’ho preso per italiano.

Corallina. E non sapete come si chiami?

Garzone. Io non lo so precisamente, ma l’ho sentito gridare come uno spiritato: Sono il cavaliere Batocchio, rispettate il cavaliere Batocchio. [p. 112 modifica]

Corallina. Batocchio? (con affanno)

Garzone. Sì, signora, Batocchio.

Corallina. (Povero Arlecchino!) Siete stato forse voi che l’ha maltrattato? (con isdegno)

Garzone. Non signora, non sono stato io, anzi per sua cagione ne ho buscato la parte mia. Sono stati quattro Inglesi quelli che lo han regalato.

Corallina. E per qual causa?

Garzone. Perchè il signor cavaliere, con sua e vostra permissione, è un impertinente. Sono capitate delle donne. Il signor cavaliere è saltato in furia, le voleva tutte per lui, si è messo come un diavolo per averle. Gl’Inglesi l’hanno sfidato, l’hanno battuto, e se non fuggiva, ci sarebbe forse restato.

Corallina. (Mortificata) Questo signor Batocchio voleva domesticarsi con delle donne?

Garzone. E in che maniera! Io non ho veduto un uomo più effeminato di lui.

Corallina. Oimè! non posso più, mi vien male. (siede)

Garzone. Che cos’è stato? Lo conoscete questo signore? Vi appartiene egli per qualche cosa?

Corallina. No, no, non lo conosco, non so chi sia. (Povera me! Sento che la gelosia mi divora). (da sè, con affanno)

Garzone. Ma avete bisogno di qualche cosa? Volete del caffè, del rosolio, del vino di Spagna? Vorrei pure soccorrervi, se potessi.

Corallina. Non ho bisogno di niente.

Garzone. (Eppure ci dovrebbe essere qualche imbroglio; avviserò la padrona). (da se) Se volete qualche cosa, chiamate. (parte)

SCENA VII.

Corallina sola.

Briccone! Indegno! (alzandosi con impeto) Ha cominciato questa vita a Parigi, e la continua a Londra egualmente. L’ho tirato di là, sperando che cambiando cielo cambierebbe costume, ma fa lo stesso qui ancora, e farà lo stesso per tutto. Ecco il frutto dei [p. 113 modifica] cattivi consigli del Genio Nero. Ma io ne ho la colpa, io che mi sono lasciata vincere dall’ambizione, dalla curiosità. Quale rimedio vi può essere presentemente? Ah sì, mi par ancor di vederlo quel giovinetto dabbene che mi ha consigliato a non abbandonare la mia capanna; mi par di vederlo venirmi incontro, e dirmi con quel labbro ridente, con quella voce gentile: Corallina, ritorna al tuo paese; ritorna, Corallina; Corallina, ritorna. Sì caro, ritornerò... Ma mio marito? Che tuo marito ritorni anche esso con te. Sì, mio marito verrà con me, torneremo insieme... E se mio marito, che ora ha preso un’altra carriera di vivere, continuasse a fare la stessa vita? Non potrebbe lasciarmi sola nel bosco, e andar qua e là cercando delle avventure, e correndo dietro alle paesane de’ nostri contorni? Sì, certamente; e in tal caso? Povera me! in tal caso sarei io sola la sagrificata. Qual rimedio dunque potrei trovare per rimettere nello stato primiero il cuore di mio marito? Indegno! Mi lascia sola? Si scorda di me? Corre dietro alle donne? Mi vuol far crepar di gelosia? Bisognerebbe... Sì, se lo merita quel briccone; sì, voglio che provi anch’esso la gelosia. Il primo incontro che mi capita, il primo Inglese che mi fa buona ciera, vedrà Arlecchino, se saprò prevalermi del suo buon esempio. Onestamente, m’intendo onestissimamente, ma voglio farlo crepare. Il cuor mi dice ch’io non lo faccia.... Ma se non vi è altro rimedio, per farlo pentire della sua condotta, bisogna assolutamente ch’io gli faccia provare quella stessa pena che io provo per lui. E quando sarà disperato, e quando sarà pentito, allora poi faremo de’ nuovi patti, e niente fu, niente sia, saremo allora del pari, e torneremo nella nostra prima tranquillità.

SCENA VIII.

Betzi e la suddetta.

Betzi. Signora, avete voi bisogno di qualche cura?

Corallina. Chi siete voi, quella giovane?

Betzi. Sono la padrona della bottega. Mi ha detto il garzone che [p. 114 modifica] voi non istate bene. Mi sono spicciata di un affare importante, e sono qui a vedere, se posso in qualche cosa servirvi.

Corallina. Vi ringrazio della vostra attenzione. Ho avuto un picciolo incomodo, ma non è niente.

Betzi. Me ne consolo infinitamente. Di che paese siete, signora?

Corallina. Sono italiana.

Betzi. È molto tempo che siete in Londra?

Corallina. Pochissimo.

Betzi. Vi piace questo nostro paese?

Corallina. Non lo conosco, perchè sono appena arrivata.

Betzi. Se è lecito, signora, siete venuta qui per affari?

Corallina. No, ci sono venuta unicamente per divertirmi.

Betzi. Non sarete venuta sola.

Corallina. No certamente.

Betzi. Avrete in Londra delle conoscenze.

Corallina. Non ne ho, ma spero di farne.

Betzi. Scusatemi, se troppo m’inoltro. Di qual genere di conoscenze vorreste fare?

Corallina. Delle conoscenze oneste e civili.

Betzi. Questo è quello che promette il vostro aspetto e la vostra maniera, e pensando come pensate, io posso contribuire a rendervi il soggiorno un poco più dilettevole.

Corallina. Oh sì, fatemi conoscere qualcheduno. (con allegria)

Betzi. Siete voi maritata, o da maritare?

Corallina. Che cosa importa ch’io sia maritata o non maritata?

Betzi. Scusatemi, importa moltissimo. Se siete da maritare, e che vogliate far qualche conoscenza per accasarvi, io mi presterò volentieri a procurarvi qualche buona occasione. Ma se foste mai maritata, nè a voi sarebbe lecito di venire in un pubblico caffè a far delle conoscenze, nè io dal canto mio avrei la bassezza di contribuirvi.

Corallina. Vi dirò. Per parlarvi sinceramente.... (in questo entra un Servitore e chiama Betzi)

Betzi. Con permissione. Quel servitore vuol qualche cosa dalla mia bottega. Vado a sentir cosa vuole, e torno immediata[p. 115 modifica]mente da voi. (Betzi si accosta al Servitore che le dà del denaro. Ella va a prendere una bottiglia e gliela dà; il Servitore colla bottiglia parte. Intanto Corallina dice:

Corallina. Lo so che non è lecito ad una giovane maritata il far delle conoscenze, ma perchè sarà lecito ad un marito? Questa è una legge ingiusta. Eppure bisognerà uniformarsi. Ma la vendetta ch’io voglio fare di mio marito? E la lezione ch’io voglio darci, acciò non mi faccia più soffrire la gelosia? Zitto, mi viene un pensiere7 a proposito. Non è necessario ch’io dica di essere maritata. Se passo per fanciulla, mi è permesso di far qualche conoscenza col pretesto di volermi accasare. La cosa non dee andar in lungo. Mi basta poter tormentar Arlecchino, e poi la conoscenza si manda a spasso... Non vorrei per altro... Eh niente, niente, non vi è paura di niente.

Betzi. E così, signora? Torno a dirvi ch’io non facilito le conoscenze alle giovani maritate.

Corallina. Ma chi vi ha detto ch’io sia maritata?

Betzi. Lo siete o non lo siete?

Corallina. Non lo sono.

Betzi. Siete dunque fanciulla?

Corallina. Fanciullissima.

Betzi. Vorreste voi maritarvi?

Corallina. Perchè no?

Betzi. Chi avete con voi? chi vi ha condotta? chi vi custodisce?

Corallina. Una persona.

Betzi. Una persona? Maschio o femmina?

Corallina. Maschio, maschio.

Betzi. Maschio, maschio! Signora mia, scusatemi, io non ho l’onor di conoscervi. Questo maschio che vi custodisce, è qualche vostro parente?

Corallina. Oh sì, mio parente.

Betzi. Parente vero, o parente supposto? [p. 116 modifica]

Corallina. Ma voi mi fareste venir la rabbia. Chi credete ch’io sia? Sono una giovane onesta e civile, e questo mio parente, è parente, e non ci sono nè supposti, nè cabale, nè raggiri. (alterata)

Betzi. Vi domando mille volte perdono. Scusate la mia delicatezza, e prendetela in buona parte. Se siete quella che dite e quale l’aspetto vostro mi fa creder che siate, avrei un’ottima congiuntura da offrirvi.

Corallina. Sì, sì, animo, animo, procuratemi questa buona occasione.

Betzi. Un cavaliere italiano mi si è raccomandato per ch’io gli faccia far qualche conoscenza.

Corallina. Un cavalier italiano? (Sarebbe mal quel briccone di Arlecchino?) (da se) Lo conoscete questo cavaliere italiano?

Betzi. No, non lo conosco, ma voi che siete della stessa nazione, lo conoscerete più facilmente.

Corallina. Ditemi.... per qual ragione vuol egli far questa conoscenza?

Betzi. Perchè ha intenzione di ammogliarsi.

Corallina. Di ammogliarsi?

Betzi. Sì, certo; in altra maniera non mi sarei esibita di secondarlo.

Corallina. (Quand’è così, non è dunque Arlecchino). (da se)

Betzi. Per quel che mi ha detto, dovrebbe capitare a momenti.

Corallina. L’aspetterò, se volete.

Betzi. Sì, a vostro comodo, e se non vi piace di restar qui ad aspettarlo, potrete entrar in quello stanzino, dove starete con più libertà.

Corallina. Volentieri; mandatemi del caffè, e quando viene questo signore, avvisatemi.

Betzi. Sì, gli parlerò, e poi vi farò chiamare.

Corallina. Vi sarò infinitamente obbligata. Sono una giovane generosa; non mi manca il modo di ricompensarvi, e sarete contenta di me. (Lascia fare. Arlecchino; se questo forastiere mi dà nel genio, ti voglio tormentar come va). (da sè; entra in uno stanzino) [p. 117 modifica]

SCENA IX.

Betzi e Giovani.

Betzi. Garzoni, portate il caffè a quella signora. Sono sì grandi le spese che si fanno in questa città, che non ostante il guadagno considerabile di questo mestiere, in capo all’anno non si avanza gran cosa; se non mi meschiassi a far qualche matrimonio, non mi vedrei mai cento ghinee al mio comando. Ecco il signor italiano. Si è vestito all’inglese. Non ve n’era bisogno, se avesse saputo che dovea trattar con un’italiana.

SCENA X.

Arlecchino vestito all’inglese, e detta.

Arlecchino. (Affettando la caricatura inglese.)

Betzi. Via, via, signore, non affettate di caricare i ridicoli di questa nazione. Delle caricature se ne trovano per tutto il mondo.

Arlecchino. Me studio de imitar la maniera inglese per piaser a qualche donna inglese.

Betzi. Potete dispensarvene presentemente, poichè ho da proporvi la conoscenza di una signora italiana.

Arlecchino. Italiana? Sì ben, son contento. Con una patriota farò manco fadiga a far conoscenza; ma xela bella, graziosa, zentil?

Betzi. Ella ha tutte le amabili qualità.

Arlecchino. Eia maridada, o putta?

Betzi. Mi maraviglio che mi facciate questa interrogazione. Sapete ch’io non m’interesso per le persone maritate. Ella è libera, come voi lo siete, ed ha come voi la medesima intenzione di maritarsi.

Arlecchino. (Se la xe libera come mi, no la gh’averà intenzion de sposarme). (da sè) E cussì? Dove xela? Quando se lassela veder?

Betzi. Ella è in quello stanzino.

Arlecchino. Andarò donca a trovarla. [p. 118 modifica]

Betzi. No, no, signore. Un poco di modestia e di convenienza. La farò venir qui. Aspettatela, e non l’abbordate con troppa vivacità. Con le donne non si dee mostrare nè troppa passione, nè troppa curiosità. State in contegno. Esaminatela di lontano, e poi accostatevi con civiltà. Scusatemi s’io vi do quegl’insegnamenti che mi paiono necessari.

Arlecchino. Va benissimo, ghe son obligà, ma cara ella, la la fazza vegnir.

Betzi. Vado, e torno con lei. (entra nel camerino)

SCENA XI.

Arlecchino, poi Betzi e Corallina.

Arlecchino. Colle donne no bisogna mostrar nè troppa passion, nè troppa curiosità? Benissimo, e mi farò cussì. Per altro vorave saver... Ma eccola qua; no mostremo curiosità, e componemose.

Betzi. Ecco il signor italiano. (a Corallina)

Corallina. E vestito anch’egli all’inglese. (a Betzi)

Betzi. Sì, come voi, per uniformarsi al paese.

Corallina. Non mi guarda nemmeno.

Betzi. Dee pensare a qualche cosa d’importanza. Ora gli parlerò. (si accosta ad Arlecchino)

Corallina. (Non so cosa sia. Il core mi batte terribilmente), (da sè)

Betzi. Signore, ecco qui la signora italiana.

Arlecchino. Sì! vediamola, (si volta, fa qualche passo; marito e moglie si conoscono, e restano ammutoliti e mortificati.)

Betzi. Che vuol dire questa sorpresa? Vi conoscete, signori?

Arlecchino. Mia muggier. (a Betzi, pateticamente)

Corallina. Mio marito. (a Betzi, pateticamente)

Betzi. Come! Marito e moglie! E tutti due venite a parlarmi di conoscenze e di matrimonio? Mi maraviglio di voi. Sono una donna d’onore, non tengo mano a simili galanterie. Vergognatevi di voi stessi, ed alla mia bottega non ci capitate mai più. (parte) [p. 119 modifica]

SCENA XII.

Corallina ed Arlecchino, distanti l’uno dall’altra.

Corallina. (L’ho fatta). (da sè)

Arlecchino. (Ghe son cascà). (da sè)

Corallina. (Come farò per accomodarla?)

Arlecchino. (Come l’agglusteremio?)

Corallina. (Oh maledetto Genio Cattivo!)

Arlecchino. (Oh vecchio barbon maledetto!)

Corallina. (Non mi dà l’animo di alzare gli occhi).

Arlecchino. (No gh’ho coraggio de vardarla in fazza).

Corallina. (Il cuor mi dice: pentiti, vagli a dimandar perdono).

Arlecchino. (Se procuressimo de far pase? Se ghe domandasse8 perdon?)

Corallina. (Ma perchè avvilirmi a tal segno?)

Arlecchino. (Ma perchè usar sta poltroneria?)

Corallina. (Briccone! non cercava anch’egli di rimaritarsi?)

Arlecchino. (Desgraziada! no volevela un altro mario?)

Corallina. (Mi ha perduto affatto l’amore).

Arlecchino. (No la ghe pensa più gnente dei fatti mii).

Corallina. (Potrei tentar di ricuperarlo).

Arlecchino. (La se poderia accomodar).

Corallina. (Ma che? Anderò io a pregarlo?)

Arlecchino. (Saroi mi el primo a andarme a raccomandar?)

Corallina. (Oh questo no).

Arlecchino. (No sarà mai vero).

Corallina. (Animo).

Arlecchino. (Coraggio).

Corallina. (È rotta per sempre). (passeggia in collera)

Arlecchino. (No la se comoda più). (passeggia con sdegno)

Corallina. Bell’azione! (verso Arlecchino)

Arlecchino. Bella reputazion! (verso Corallina) [p. 120 modifica]

Corallina. Indegno! (passeggiando, e passando dall’altra parte)

Arlecchino. Desgraziada! (passeggiando, e passando)

Corallina. Un’altra moglie! (voltandosi, e passeggiando)

Arlecchino. Un altro mario! (voltandosi, e passeggiando)

Corallina. Bell’onor di un consorte! (passeggiando)

Arlecchino. Bella fedeltà de muggier! (passeggiando)

Corallina. Il tuo pessimo esempio. (ad Arlecchino, con collera)

Arlecchino. La to cattiva intenzion. (a Corallina, con collera)

Corallina. Lo sai, indegno, quanto ti ho amato? (come sopra)

Arlecchino. Ti te ricordi, se t’ho volesto ben! (come sopra)

Corallina. (Oh quanto volentieri farei la pace!) (da se)

Arlecchino. (Squasi, squasi me butteria9). (da se)

Corallina. (Ma no).

Arlecchino. (No gh’è più remedio).

Corallina. Uomo cattivo. (ad Arlecchino, passeggiando)

Arlecchino. Femena poco de bon. (a Corallina, passeggiando)

Corallina. Per te è finita. (come sopra)

Arlecchino. No ghe penso più. (passeggiando)

Corallina. Non ho più marito. (passeggiando)

Arlecchino. No gh’ho più muggier. (passeggiando)

Corallina. Andrò dove mi pare e piace. (passeggiando)

Arlecchino. Farò quel che me parerà. (passeggiando)

Corallina. Addio. (voltandosi ad Arlecchino con sdegno)

Arlecchino. Bona notte. (voltandosi a Corallina con sdegno)

Corallina. Non ti curi di me?

Arlecchino. No ti me preghi?

Corallina. Pregarti, indegno?

Arlecchino. Curarme de ri, desgraziada!

Corallina. È finita.

Arlecchino. La xe decisa.

Corallina. Vado via.

Arlecchino. Va a bon viazo10.

Corallina. Che ognun dal canto suo cura si prenda. [p. 121 modifica]

Arlecchino. Tu ver Gerusalemme, io verso Egitto11 (partono da due parti opposte)

SCENA XIII.

Notte.

Luogo delizioso in vicinanza di Londra, detto Faxal12, dove si mangia, si beve, si balla e si passeggia. Nel fondo si vedono quattro stanzini aperti, come i camerini di caffè in Venezia. Sono i detti stanzini illuminati di dentro, e in due di essi vi sono uomini e donne alle rispettive tavole, mangiando e bevendo. Tutto il Faxal è illuminato con fanali. Uomini e Donne che passeggiano, e vanno e vengono; poi

I quattro Inglesi e le due Donne delle prime scene di quest’atto e vari Garzoni che servono.

I quattro Inglesi, tenendo sotto il braccio le Donne, vengono con quell’allegria che può comportare la società del paese, domandano Ponch, birra, pane, butirro ed entrano a tre, a tre, ed occupano gli altri due stanzini. Garzoni portano nei due stanzini tutto quello ch’è stato domandato. Tutti siedono, e mangiano, e bevono colla medesima giovialità.

SCENA XIV.

Arlecchino tenendo sotto il braccio una Donna all’inglese, che sarà
una ballerina, affettando anch’egli con caricatura l'allegria
composta degli Inglesi, dice alla Donna

Arlecchino. Disè, parlè, comandè, cossa voleu?

Donna. Ballare.

Arlecchino. Sonadori, sonè. (si mette in figura colla Donna, mentre i Suonatori accordano gli strumenti.) [p. 122 modifica]

SCENA XV.

Corallina tenuta pel braccio da due Inglesi
che saranno due Ballerini.

Vengono tutti tre dalla parte opposta, cosicchè Corallina non vede in faccia Arlecchino, ed egli non vede Corallina. Gl’Inglesi domandano a Corallina se vuol rinfreschi. Ella dice di no. Domandano se vuol ballare. Ella con allegria dice di sì. Si avanzano per ballare. Marito e moglie si scoprono, hanno soggezione, e per non farsi scoprir dagli altri, tutti due a tempo accennano che vogliono servirsi dell’anello per rendersi invisibili; Suonatori suonano. I Ballerini principiano a ballare. La Donna non vede più Arlecchino. I due Ballerini non vedono più Corallina. Si maravigliano, sempre ballando e continuando il ballo fra loro tre, cioè i due Ballerini e la Ballerina. Arlecchino e Corallina invisibili.

Corallina. Crede il briccone ch’io non lo veda.
(Arlecchino disgustato di aver lasciato la Donna, va intorno di essa, si meschia nel ballo, e l’abbraccia. La Ballerina si spaventa, e fugge via)

Corallina. Briccone, galeotto! In faccia mia?

Arlecchino. A mi briccon? A mi? maledetta! No so chi me tegna.

 (Si attaccano sempre più di parole. Gl’ Inglesi dai camerini sentono le voci e non vedono le persone. Cresce la rissa fra Arlecchino e Corallina invisibili. Corallina prende una sedia per dare ad Arlecchino. Arlecchino un’altra per difendersi. Gl' Inglesi vedono le sedie in aria senza saper chi le mova. Chiamano le Guardie. La Guardia arriva. Corallina batte il piede. I due camerini si trasformano in una grotta, da dove escono quattro Furie con fiaccole accese. Arlecchino batte il piede, e gli altri camerini si trasformano in un luogo infernale. Escono Demoni con fiaccole accese. Tutti fuggono. Si fa un ballo di Spiriti e Furie, e con questo

Fine dell’Atto Terzo.


Note

  1. Giovani, garzoni.
  2. Lo Zatta stampa qui cioccolata, ma poi sempre chioccolata, come usavano i Veneziani nei settecento: v. anche il Vocabolario yeneziano e Padovano di Gasparo Patriarchi, I. ed., Padova, 1775.
  3. Sbrigatevi.
  4. Nell’ed. Zatta è stampato destrigate.
  5. Ed. Zatta: accaduto.
  6. Nell’ed. Zatta è stampato: hojo. Noi seguiamo la forma più comune: oio, oppure aggio.
  7. Così nel testo.
  8. Ed. Zatta: domandassi.
  9. Farsi vicino, accostarsi, e quindi cedere.
  10. Zatta: viazzo, viaggio.
  11. "Io a Gerusalem, tu verso Egitto": Tasso. Ger. Lib., c. II, str. 94.
  12. Così il testo, in vece di Vauxhall.