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Il mio diario di guerra/III/Saluto, marciando, il 1917

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Saluto, marciando, il 1917

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III - Natale III - Ferito!

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Saluto, marciando, il 1917



1° Gennaio 1917.


Il 1916 è morto, mentre io marciavo sulla strada da Doberdò. Il 1917 l’ho salutato marciando. Ciò è di buon auspicio...

Primi dieci giorni, riposo a Palazzotto, vicino ad Isola Morosini, in un deserto fangoso. Baraccamenti e brande. Bagno. Iniezioni anticoleriche. Esame delle feci. Segregazione contumaciale. Noia. Dal 10 gennaio al 20, riposo nei baraccamenti di Santo Stefano presso Aquileja. Visita al Museo. Conoscenza dello scultore Furlan, milanese, e del pompiere Sala della III Armata, un interventista milanese della vigilia, ancora entusiasta. Notte dall’11 al 12, incursione di areoplani. Cinquantadue bombe innocue. Io pensavo alle nidiate di bambini veduti ruzzare nelle strade di Aquileja. Lavori di trincea presso le Mura romane. Scoperta di ruderi. Istruzione del lancio delle bombe. Maestro, un maresciallo di cavalleria. Mi dice di aver istruito anche Malusardi e Trerè, volontari milanesi. [p. 206 modifica]

19 Gennaio.


Ripasso l’Isonzo. Emozione. Grande fiume ceruleo. Sulle vie del Tevere è nata l’Italia, sulle vie dell’Isonzo è rinata. Pieris. Ancora popolata di donne e bambini. Nella piazzetta c’è una statua rappresentante una donna in piedi con un libro in mano. La leggenda dice: All’Imperatrice Elisabetta. Il popolo di Pieris. Il paese è intatto. Soltanto qua e là, nei muri delle case abbandonate, i occhio di una granata. Nel cortile del nostro accantonamento alcuni soldati di sanità hanno impiantato una scuola, frequentata da un centinaio tra maschi e femmine. Domando a una bambina:

— Che cosa hai imparato oggi a scuola?

— Niente.

— Vuoi un poco di pagnotta?

— Màgnatela. —

Radi borghesi.

20 Gennaio.


Incontro con Guido Podrecca. A Ronchi per gli alloggiamenti. Lungo la strada, poco prima di Ronchi, c'è una tomba, che reca sulla croce: «Soldato sconosciuto». Vento freddo. Sole.

21 Gennaio.


Bora di Trieste. Freddo. Giornata insignificante, che tempo di un «morale» pessimo. Parlottano [p. 207 modifica]II colonnello Benito se ne andato a comandare la Brigata Cremona. Lo ha sostituito il tenente colonnello Capanni, che ha mandato un vibrante saluto all’11° glorioso.

26 Gennaio.


Lavoro di trincea su Dolina Berg, quota 70, primo ciglione del Carso, sopra Selz. Il campo di battaglia. Impressionante ancora! Atterramento forzato di un nostro velivolo vicino a Doberdò. Croci con le corone di rosario appese. Rotoli di carta e cestini di vimini colla telaiatura di ferro. Morti isolati. Mucchi di cadaveri, appena ricoperti di sacchi a terra. Piedi che sporgono. Un teschio. Frammenti di ossa. «Pace, o fratelli» (14° fante- ria). Ferraglie in quantità. Il mare. Laggiù, il cam- panile quadrato di Aquile ja. Più in là un biancheggiare di case: Cervignano.

27-28 Gennaio.


Neve, freddo, noia infinita. Ordine, contrordine, disordine.

30 Gennaio.


I soldati che tornano dalla licenza sono da quala bassa voce del bordello che «ci sta» in Italia, [p. 208 modifica]perchè quei «quattro vecchietti» e le donne vogliono la pace. Va da sè, che gli ufficiali pensano... ad altro. A Roma, ciurlano nel manico. Governo dell’impotenza nazionale!

1° Febbraio.


Lanciatorpedini. Ho lasciato il mio plotone destinato a formare il 64° battaglione, probabilmente in Italia. Si è costituita una seconda sezione di lancia Bettica e me ne hanno offerto il comando. Esercitazioni al Poligono di Ronchi.

9 Febbraio.


Marcia alla trincea. In posizione. Notte di plenilunio.

— Caporal maggiore, siamo tutti e due del ’97.

— Uno venga nel mio ricovero. —


10 Febbraio.


E’ cessato il vento gelato. Mattinata di sole radioso. Anticipazione di primavera. Piccoli lavori al camminamento. Solito fuoco delle artiglierie. Solito passaggio di velivoli. Alcune delle loro granate sono cadute in pieno nelle loro trincee. Il tiro dell’artiglieria nemica continua ad essere molto irregolare ed altrettanto innocuo. [p. 209 modifica]

11 Febbraio.


Cannoneggiamento. Gli austriaci ci hanno tirato con te loro bombarde, ma senza far vittime. Pochi colpi. Scoppio solenne. Quando la bombarda cade, sembra un gatto con la coda in alto.

12 Febbraio.


Lavorai al «camminamento del morto» (austriaco). Sul cocuzzolo ci sono ancora una decina di cadaveri austriaci e due italiani, insepolti. Uno è senza testa. Pomeriggio di pioggia. Vento sciroccale. Il lago di Doberdò sgela. Reciproco concentramento vivacissimo di fuochi d’artiglieria.


13 Febbraio.


Il lago di Doberdò, tutto ricoperto di canne palustri, presenta l’aspetto miserevole di uno stagno come il limitrofo «Pietra Rossa». I giornalisti che lo hanno trovato «pittoresco» l’hanno veramente visto? Violento fuoco. Qualche ferito. Un autoferito. Niente altro. Grande, tepido sole.


14 Febbraio.


Mattinata di sole. Passa un morto tutto ravvolto in un telo da tenda. Pochi commilitoni lo seguono. [p. 210 modifica]Un prete fa qualche gesto. I passanti si scoprono e poi se ne vanno. Ieri sera gli austriaci hanno buttato alcune bombe nella nostra trincea. Ai piedi di queste quote, ci sono i cimiteri che le consacrano. Il nostro si allarga... Il breve funerale non ha interrotto il traffico e il movimento degli altri. Io penso con mestizia a quell’ignoto soldato d’Italia che se ne va sottoterra, mentre nel cielo si annunzia coi suoi tepori la primavera. Il cannone lavora. Il morto è del 531° reparto mitraglieri. E’ l’unica vittima della bomba di ieri sera. Pomeriggio di cannonate. Una nostra granata è caduta in pieno nella loro trincea. Gridavano i boches e scappavano. Un loro portaferiti è accorso. Concerto dei nostri grossissimi calibri, sulla loro prima e seconda trincea. Dall’estrema destra della nostra trincea ho visto Duino. Di lassù si domina tutto il golfo di Panzano. Causa la foschìa del mare, non ho potuto vedere Trieste. Lanciate dieci torpedini sui loro reticolati. Per rappresaglia, gli austriaci hanno lanciato sette granate da 152 sul rovescio di quota 144. Feriti: uno, alla rotula del ginocchio.


15 Febbraio.


Sole. Stanotte ho lavorato sino alle quattro.

Quando mi sono levato dai camminamenti per tornare al mio giaciglio, un quarto di luna rossa illuminava sinistramente il campo di battaglia. [p. 211 modifica]Nessuna novità, stamani. Pomeriggio, solita sinfonia.

Gergo di guerra:

un telegramma = scheggia di granata;
attaccare un bottone = tenere un discorso noioso;
signorina = sigaretta;
sigaretta = cartuccia da fucile;
chioccia = mitragliatrice.
andare alla riparazione = andare all’ospedale.

Canzone in voga:

Al 25 luglio,
Quando matura il grano,
M’è nata una bambina
Con una rosa in mano.

Non è una paesana
E nemmeno contadina,
E’ nata in un boschetto
Vicino alla marina.

Vicino alla marina
Dove mi piace stare,
Si vede i bastimenti
A galleggiar sul mare.

Per galleggiar sul mare,
Ci voglion le barchette,
Per far l’amor di sera,
Ci vuol le ragazzette.

Le ragazzette belle
L’amor non lo san fare;

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Noialtri bersaglieri
Glielo faremo fare.

Glielo faremo fare,
Glielo farem sentire,
E in capo a nove mesi
Le vedrem partorire.

Gli ufficiali mi domandano con troppa insistenza le mie opinioni circa la prossima, o lontana, fine della guerra.


16 Febbraio.


Conosciuto il dott. Vella, fratello di Arturo.

Sole grande. Solito fuoco. Nel pomeriggio, grande concerto. Parte della loro prima trincea è saltata in aria. Un baracchino incendiato. Lavorato sino quasi all’alba. Solito insignificante fuoco delle artiglierie. Mezzogiorno. Sole incerto.


17 Febbraio.


Ieri sera, alle dieci, c’è stato allarme nella nostra trincea avanzata. Una pattuglia di austriaci ha tentato una piccola sorpresa. Si è avvicinata ai reticolati. Lancio di bombe fumigene. Una forte esplosione. Tubo di gelatina sotto ai nostri reticolati. Due cavalli di Frisia distrutti. Lancio di bombe. Un nostro caporale ferito. Le vedette [p. 213 modifica]vigilavano. Fuoco di fucileria. Bombe Benaglia. Per rappresaglia, abbiamo gettato nove torpedini sulla loro linea. Si è sentito lo zoccolare di un rinforzo austriaco. Tutta la notte lancio di bombe e cannonate. Lavorato per le piazzole di due cannoncini da bombe, per trincea.


18 Febbraio.

Mi accorgo che è domenica, perchè dinanzi al Comando del reggimento c’è messa. Pochi ascoltatori. Solito discorso. Pomeriggio di fuoco abbastanza vivace delle nostre artiglierie. Pomeriggio nubiloso. Le batterie austriache non hanno risposto che fiacchissimamente.


19 Febbraio.

Fame. Il cantiniere si è circondato di cavalli di Frisia, per evitare l’assalto dei bersaglieri alle gerle di pane. Stamani cielo grigio. Fuoco tambureggiante dei nostri cannoni e dei loro. Non ho potuto dormire, perchè la terra sobbalzava e nell’aria era una vibrazione che scuoteva i nostri ripari sulle doline. Le bombarde sono bruciate. Sintomo.


20 Febbraio.

Ieri sera, sull’imbrunire, ho sparato il cannoncino lanciabombe. Le bombe sono cadute in piena [p. 214 modifica]trincea dei tedeschi. Soliti cannoneggiamenti, nostro e loro. Mattinata ventosa. Grande messa al Comando. Il tenente medico Scalpelli se ne va in un ospedaletto da campo oltre Isonzo. Era in prima linea dall’inizio della guerra.

21 Febbraio.


Lavorato gran parte della notte per la postazione di un cannoncino lanciabomhe. Stamani, all’alba, ho dato il buon giorno ai tedeschi, con una bomba Excelsior tipo B, che è caduta in pieno nella loro trincea. Il puntino rosso di una sigaretta accesa si è spenta e probabilmente anche il fumatore. Oggi ci hanno bombardato per parecchie ore di seguito. Le nostre perdite non sono gravi. Tra gli uomini fuori di combattimento ci sono due ufficiali, uno dei quali bombardiere. Ho aumentato la dose per la buona sera. Ho lanciato due bombe. Bersaglio. Giornata di sole. Le postazioni sono finite. Stanotte conto di dormire a lungo.

22 Febbraio.


Sospese le licenze sia per gli ufficiali come per i bersaglieri. Altro sintomo. Rivista alle scatolette e munizioni. Sole. Ore tre del pomeriggio. Giungono da lontano, e passano sulle nostre teste, grossi proiettili destinati alle prime linee nemiche. Le [p. 215 modifica]nuvole delle esplosioni oscurano di quando in quando il sole. Sono diventato un fumatore. Conseguenze della trincea. Le «macedonia» sono eccellenti. Gli austriaci rispondono con spring-granate fra la prima e la seconda linea: due morti e cinque feriti della mia compagnia: la quinta. Un ferito al braccio fuma la sigaretta. Due sono gravi.