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Il più lungo giorno/I – La notte mistica

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I – La notte mistica

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Il più lungo giorno L'Amore

[p. 5 modifica]La notte mistica dell'amore e del dolore. Scorci bizantini e morti cinematografiche

«Solo il dolore è vero»


Cinematografia sentimentale

L'amore

I La notte mistica


Ricordo una vecchia città rossa di mura e turrita, arsa sulla pianura sterminata nell'Agosto torrido con il lontano refrigerio di colline verdi e molli sullo sfondo. Archi enormemente vuoti di ponti sul fiume impaludato in magre stagnazioni plumbee. Sagome nere di zingari mobili e silenziosi sulla riva. Tra il barbaglio lontano di un canneto lontano forme ignude di adolescenti e il profilo e la barba giudaica di un vecchio. E a un tratto dal mezzo dell'acqua morta le zingare e un canto. Dalla palude afona una nenia primordiale monotona e irritante. E del tempo fu sospeso il corso.


Inconsciamente alzai gli occhi alla torre barbara che dominava il viale. [p. 6 modifica]lunghissimo dei platani. Sopra il silenzio fatto intenso essa riviveva il suo mito lontano e selvaggio. Mentre per visioni lontane - Per sensazioni scure e violente - Un altro mito anch'esso mistico e selvaggio mi ricorreva a tratti alla mente. Laggiù avevano tratto le lunghe vesti mollemente verso lo splendore vago della porta le passeggiatrici, le antiche. La campagna intorpidiva allora nella rete dei canali. Fanciulle dalle acconciature agili e dai profili di medaglia sparivano a tratti sui carrettini dietro gli svolti verdi. Poi Un tocco di campana argentino e dolce di lontananza: la sera. Nella chiesetta solitaria all'ombra delle modeste navate io stringevo Lei dalle carni rosee e dagli accesi occhi fuggitivi. Anni ed [p. 7 modifica]anni ed anni fondevano nella dolcezza trionfale del ricordo.


Inconsciamente colui che io ero stato si trovava avviato verso la torre barbara la mitica custode dei sogni della adolescenza. Saliva per il silenzio delle straducole antichissime lungo le mura di chiese e di conventi. Non si udiva il rumore dei suoi passi. Casupole basse finestre mute attorno a una piazzetta deserta. A lato in un balenio enorme la torre rossa impenetrabile arida. Una fontana del 500 taceva inaridita, la lapide spezzata nel mezzo del suo commento latino. Si svolgeva una strada acciottolata e deserta verso la città.

Una porta si spalancò. Dei vecchi si accalcavano spingendoli coi gomiti perforanti, obliqui e accaniti, [p. 8 modifica]terribili nella luce meridiana. Arrivati a la faccia barbuta di un frate che sporgeva dal vano di una porta sostavano in un inchino trepidante servile - strisciavano via mormorando rialzandosi poco a poco trascinando uno ad uno la loro ombra lungo i muri rossastri e scalcinati verso la città nell'incubo de la luce abbagliante essi tutti simili ad ombra. Una donna dal passo dondolante e dal riso incosciente si univa e chiudeva il corteo.


Muovevano le loro ombre lungo i muri rossastri scalcinati. Ultimo il riso incosciente il passo dondolante della donna ne la luce vasta inumana. Egli [p. 9 modifica]seguiva automa. Diresse alla donna una parola che cadde nel silenzio del meriggio - un vecchio si voltò a guardarlo con uno sguardo assurdo lucente e vuoto - e la donna sorrideva sempre di un sorriso molle nell'aridità meridiana - ebete e sola nella luce catastrofica.


Non seppi mai come costeggiando torpidi canali rividi la mia ombra che mi derideva nel fondo. Mi accompagnò per strade male odoranti dove le femine cantavano nella caldura. Ai confini della campagna una porta incisa di colpi vigilata da una giovine femina in veste rosa pallida e grassa la attrasse. Entrai. Una antica e splendente Matrona dal profilo di montone - coi neri capelli agilmente attorti su la testa sculturale barbaramente decorata da l'occhio liquido come da una [p. 10 modifica]gemma nera da gli sfaccettamenti bizzarri sedeva agitati da grazie infantili che rinascevano colla speranza traendo essa da un mazzo di carte lunghe e untuose strane teorie di regine languenti re fanti armi e cavalieri. Salutai - e una voce conventuale profonda e melodrammatica mi rispose insieme ad un grazioso sorriso aggrinzito. Distinsi ne l'ombra l'ancella che dormiva con la bocca semiaperta rantolante di un sonno pesante seminudo il bel corpo agile e ambrato. Sedetti piano.


La lunga teoria dei suoi amori sfilava monotona ai miei orecchi. Antichi ritratti di famiglia erano sparsi sul tavolo untuoso. L'agile forma di donna da la pelle ambrata [p. 11 modifica]stesa sul letto ascoltava curiosamente appoggiata sui gomiti come una Sfinge. Fuori gli orti verdissimi tra i muri rosseggiati. Noi soli tre vivi nel silenzio meridiano.


Era intanto calato il tramonto ed avvolgeva del suo oro il luogo commosso dai ricordi e pareva consacrarlo. La voce de la Ruffiana si era fatta man mano più dolce e la sua testa di sacerdotessa orientale compiaceva a pose languenti. La magia de la sera languida amica del criminale era galeotta de le nostre anime oscure e i suoi fastigi sembravano promettere un regno misterioso. E la sacerdotessa dei piaceri sterili l'ancella ingenua ed avida e il poeta si guardavano anime infeconde inconsciamente cercanti il problema de la loro vita. Ma la sera scendeva messaggio d'oro [p. 12 modifica]dei brividi freschi della notte.


La notte compì la conquista de l'ancella. Il suo corpo ambrato la sua bocca vorace i suoi ispidi neri capelli ed a tratti la rivelazione dei suoi occhi atterriti di voluttà intricarono una fantastica vicenda – mentre più dolce già presso a spegnersi regnava ancora ne la lontananza il ricordo di lei matrona intangibile, suadente regina ancora ne la sua linea classica tra le grandi sorelle del ricordo – di poi che Michelangiolo aveva ripiegato sulle sue ginocchia stanche di cammino colei colei che piega e non posa regina barbara sotto il peso di tutto il sogno umano – come lo [p. 13 modifica]sbattere delle pose arcane e violente delle barbare regine antiche travolte avea udito Dante spegnersi nel grido di Francesca là sulle rive dei fiumi mettono foce mentre che stanchi di guerra mettono foce, mentre su le loro rive si ricrea la pena eterna dell'amore. E l'ancella l'ingenua Maddalena dai capelli ispidi e dagli occhi brillanti chiedeva in sussulti dal suo corpo sterile e dorato crudo e selvaggio dolcemente chiuso nell'umiltà del suo mistero. La lunga notte spirituale trascorreva ne l'inganno de le varie immagini.


Ai cancelli d'argento de le prime avventure si affacciavano le antiche imagini addolcite da una vita d'amore come a proteggermi ancora di un [p. 14 modifica]sorriso più che materno - di una misteriosa incantevole tenerezza. Si aprivano le chiuse aule dove la luce si affonda uguale dentro gli specchi a l'infinito apparendo le imagini avventurose de le cortigiane ne la luce de gli specchi impallidite ne la loro attitudine di sfingi. E ancora - ancora tutto ciò ch'era arido e dolce sfogliate le rose de la nostra giovinezza viveva sul panorama scheletrico del mondo.


In un odore pirico di sera di festa ne l'aria gli ultimi clangori vedevo le antichissime fanciulle de la prima illusione profilarsi sui ponti gettato al sobborgo ne le sere de l'estate [p. 15 modifica]torrida. Volte di tre quarti ne la linea classica udendo dal sobborgo il clangore che si accentua annunciando le lingue di fuoco de le lampade inquiete a trivellare l'atmosfera carica di luci orgiastiche - ora addolcite nell'incanto di un morto cielo - ne la sosta più dolci e rosate alleggerite di un velo - come Santa Marta spezzati a terra gli strumenti - cessato sui sempre verdi paesaggi ne l'estasi il canto che il cuore di Santa Cecilia accorda col cielo latino - dolce e rosata presso al crepuscolo antico ne la linea eroica de la grande figura femminile romana sosta. Ricordi di zingare ricordi di paesi lontani ricordi di suoni e di luci - stanchezze d'amore stanchezze improvvise sul letto di una taverna lontana