La giovinezza e studi hegeliani/La logica di Hegel (Dottrina dell'essere e dell'essenza)/Essenza/Sezione prima: L'essenza come riflessione in se stessa

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Essenza - Sezione prima: L'essenza come riflessione in se stessa

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Essenza - Sezione prima: L'essenza come riflessione in se stessa
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SEZIONE PRIMA

L’ESSENZA COME RIFLESSIONE IN SE STESSA)


Riflessione.

Determinazioni della riflessione, o essenzialità.

Fondamento.

Capitolo I

quadro i: a) l’apparenza — momenti dell’essenza)


L’essenziale e l’inessenziale.

L’Essenza è l’essere tolto. Esso è semplice uguaglianza con sé: ma [è] la negazione della sfera dell’essere. L’immediato è a lei di rincontro, come un tale da cui ella è diventata, o che ella nel togliere ha ritenuto. L’essenza è così un immediato, essente; l’essere un negativo non in sé e per sé, ma in rapporto alla essenza, che è così determinata negazione. Ambi altri, ambi immediati, indifferenti fra loro. Due determinati esistere in opposizione, l’essenziale e l’inessenziale. L’essenza così cade nella sfera dell’esistere: la differenza è un estrinseco porre; una divisione che cade in un terzo, nella riflessione astraente, a cui è indifferente quale sia l’essenziale, [p. 230 modifica]quale l’inessenziale. Ma l’essenza come esistere è solo la prima negazione, che è determinazione per la quale l’essere diventa solo esistere. Ma ella è l’assoluta negatività, dell’essere, tolto e come essere e come negazione. L’essere è perciò l’immediato nullo in sé e per sé: apparenza.

L’apparenza.

i) L’essere è apparenza — il nulla dell’essenza, fuori di cui esso non è. Egli è il negativo posto (nella essenza) come negativo; l’altro di essa; l’immediato non esistere, avente cioè per pura determinazione l’essere immediato — negatività essente, indifferente al suo contenuto o determinazioni non poste da lei, ma in lei immediate, essenti, altro. Cosi i suoi momenti sono essere e niente. Ma questi che la differenziano dall’essenza sono momenti della essenza stessa. 2) L’immediato dell’apparenza è un riflesso: l’essente non come essere, ma l’essere rispetto alla mediazione, l’essere come momento. Questo immediato è il proprio essere in sé dell’essenza, la quale come rapporto su di sé è essere. Ma esso è rapporto negativo; negatività in se stessa: il suo essere è il non essere. Così la nullità ma come essente, e Tessere ma come momento o riflesso che producono i momenti dell’apparenza, sono momenti dell’essenza stessa. L’apparenza nell’essenza non è l’apparenza di un altro; ma l’essenza è l’apparenza in sé, di se stessa. 3) L’apparenza si toghe. L’essenza ha un’apparenza in quanto è determinata, cioè in quanto è nella parziale determinazione dell’essere. Ma questa determinazione si toglie in se stessa. L’essenza è assoluta unità, il sostanziale mediante sé con sé per mezzo della sua negazione, che è essa stessa: essa è così identica unità dell’assoluta negatività e dell’immediato. La negatività assoluta è la Negatività in sé, rapporto su di sé, così l’Immediato in sé. Ma questo immediato è negativo rapporto su di sé, negare repellente di se stesso: così l’immediato è il negativo o il determinato. Ma questa determinazione è assoluta negatività, immediato togliere di sé, ritorno in sé — immediato. L’apparenza è l’insostanziale [p. 231 modifica]nullo e tolto in sé, e perciò ritornante in sé: il suo rapporto su di sé è il suo immediato, la negazione della sua insostanzialità, il negativo concordante con sé, la sostanzialità. Ma per contrario il sostanziale come immediato è determinazione, momento, solo come negatività rapportantesi su di sé. Questa identità del negativo e dell’immediato è l’essenza. L’apparenza è l’Essenza stessa, ma l’essenza in parziale determinazione — così suo momento. L’essenza come infinito movimento su di sé determinante il negativo come immediato e l’immediato come negativo è l’apparenza di sé in se stessa.

La riflessione.

L’apparenza è riflessione, ma immediata. La riflessione è il suo ritorno in sé, il toglimento del suo immediato.

b)

RIFLESSIONE


Riflessione ponente o assoluta.

L’essenza è riflessione, cioè movimento del diventare e passare che rimane in sé: movimento del niente sul niente, e ritorno in sé. Il passare si toglie nel passare: l’altro che diventa, è non il non-essere di un essere, ma il niente di un niente, e la negazione del niente produce l’essere, che come tale movimento è essenza. Questa niente ha fuori di lei: pura negatività, è essa stessa il negativo che nega, ed è in questo negare. Questa pura assoluta riflessione del niente sul niente è prima ponente. L’apparenza è il nulla, il cui essere è la sua uguaglianza con sé: nega se stessa. Cosi essa è negazione, e negazione tolta: negazione e immediato. Il suo concordare con sé è i) uguaglianza con sé, immediato. 2) Ma l’immediato è l’uguaglianza del negativo con sé; così uguaglianza negante sé. L’immediato come il Negativo in sé e di se stesso, è e non è. L’essere posto è l’immediato solo in questa determinazione, cioè come rapporto su di sé, o ritorno in sé togliendo il negativo, e così se stesso. La riflessione è [p. 232 modifica]porre, in quanto essa è l’immediato ritornante non da un altro in sé, ma da sé in sé: il negativo di se stesso. Ma essa toglie il negativo di se stesso, perché concorda con sé: nel porsi toglie il suo porre: così è supporre. Nel supporre la riflessione determina il suo negativo come quello, il cui toglimento è la essenza (concordanza con sé). Questa si suppone (concorda); e il toglimento della sua supposizione cioè il negativo è se stessa: del pari il toglimento della supposizione (il negativo) è la supposizione (concordanza). Il suo riflettersi è lo scacciare sé da sé. Nella sua ineguaglianza con sé è uguale con sé: il suo repellersi è il suo concordare, essere presso di sé — movimento di sé in sé, dove la riflessione ponente è supponente ma come supponente è insieme ponente — assoluto contrasto in se stessa (Gegenstoss). La riflessione è così se stessa e il suo non-essere: è se stessa in quanto è negativo di sé, perché solo così (come essente nel suo negare) il togliere del negativo è insieme come un concordare con sé.

La riflessione estrinseca o reale.

L’immediato è solo essere posto, il tolto in sé, che non è diverso dal ritorno in sé ed è solo questo ritorno. Ma esso è ancora determinato come negativo, come immediato rispetto all’altro. Cosi è determinata la riflessione: e in quanto essa secondo questa determinazione ha una supposizione, di cominciare cioè dall’immediato come suo altro, essa è riflessione estrinseca. La riflessione assoluta o ponente è l’essenza apparente in se stessa: ciò che è supposto (l’immediato) è solo apparenza, essere posto: come supponente è essa solo ponente. Ma la riflessione reale è in una doppia determinazione — una volta è come il supposto, Riflessione in sé, l’immediato: l’altra volta è Riflessione rapportantesi su di sé negativamente, cioè come suo non essere. La prima volta l’immediato è non essere posto o momento, ma rapporto su di sé, e la determinazione o il negativo è solo come momento; ma il negativo come negativo è tolto. La determinazione perciò o negazione nell’immediato è estrinseca ad esso: l’infinito di rincontro al [p. 233 modifica]finito o l’essere posto. L’estrinseca riflessione è così il sillogismo in cui sono i due estremi, l’immediato e la riflessione che lo determina: il mezzo termine è il loro rapporto, il determinato immediato, ma l’immediato appartenente solo ad un estremo, e la determinazione o negazione solo all’altro estremo. Ma in secondo luogo essa è il rapporto dell’immediato su di sé come negativo: essa pone l’immediato, che perciò diventa negativo o determinato; ma perché essa come supponente suppone l’immediato, essa è immediatamente il toglimento del suo porre: nel negare nega il suo negare. Ma come toglimento del suo negativo immediato essa è immediatamente porre; sicché il porre da cui appare aver cominciato, non è un estrinseco a lei, ma immanente in essa. L’immediato è così lo stesso che la riflessione estrinseca, non solo in sé cioè per noi, ma è posto di esser lo stesso. Cioè esso mediante la riflessione estrinseca è determinato come altro o negativo; ma essa stessa nega questo suo determinare. Cosi l’estrinsechezza della riflessione rispetto all’immediato è tolta: il suo porre negante se stesso è il concordare di sé col suo negativo o immediato, e questo concordare è l’essenziale immediato stesso. Essa è quindi non l’estrinseca, ma l’immanente riflessione dell’Immediato — riflessione determinante.

c)

RIFLESSIONE DETERMINANTE


Essere posto come immediata negazione.

Porre — supporre — porre. Il porre comincia dal niente: la determinazione posta non è un altro, ma solo un posto o momento della riflessione: immediato non uguale a sé, ma negante sé; esso è non per sé, ma solo in rapporto alla riflessione. Ma così è esso solo nella riflessione, non la riflessione compiuta o determinante — solo prima immediata negazione, corrispondente all’esistere nella sfera dell’essere. Esso è l’esistere vero, quello che è in sé, non determinazione essente, ma un negativo, un semplice rapporto solo al ritorno in sé. Esso perciò rispetto [p. 234 modifica]all’esistere è il vero esistere; ma rispetto all’essenza è un posto, negazione dell’essere ritornato in sé.

Ma negazione come tale — Bestimmtheit, non Bestimmung — la determinazione, non determinazione della riflessione.

Essere posto supposto o riflesso — determinazione della riflessione.

L’estrinseca riflessione comincia dall’immediato essere: in luogo del tolto essere cioè del negativo o essere posto tolto essa pone un altro, il concordare con sé o l’essenza — supporre. Ma questo altro è come negativo, è in quanto nega: il negativo è perciò se stesso. La riflessione nel togliere l’essere posto e concordare con sé lo pone di nuovo, ma come suo proprio negativo, come suo essere. L’essere posto come supposto non è più il Negativo come tale, ma il Negativo con sé riflesso, il porre che dal supporre è ritornato in sé — in questa unità del ponente e supponente la riflessione è determinante, e l’essere proprio è non l’immediato, non l’estrinseco, ma sua determinazione, e determinazione riflessa. Il negativo come qualità o essente è disuguale in sé: quindi momento sparente nell’altro. Ma nella determinazione della riflessione il negativo è uguale a se stesso, rapporto su di sé, e da questo ha il suo sussistere: perciò essenziale, non passante. Esso è se stesso: libero, senza attrazione o ripulsione rispetto agli altri — essenzialità o apparenza essenziale, cioè di sé in sé. Cosi l’essenza o la determinazione riflessa è determinata. Essa è i) essere posto, il negativo come tale, un non essere rispetto all’altro cioè all’assoluta riflessione in sé o all’essenza; 2) essa è riflessione in sé, immediato non più toglientesi, ma permanente, il Negativo uguale con sé, riflesso non nel suo altro, nel suo non essere, ma in se stesso.

Unitá della negazione e della riflessione in sé.

La riflessione in sé e l’essere posto sono differenti momenti della determinazione della riflessione: il suo essere posto è il suo essere tolto; ma il suo essere riflesso è il suo sussistere. Essa è [p. 235 modifica]perciò essere così posto che è parimente riflessione in sé: così essa è il rapporto al suo altro in se stessa — non determinazione essente, che si rapporta come in sé o qualcosa all’altro da lei differente ed escluso; ma essa è in sé la parte determinata (essere posto) e il rapporto della determinazione su di sé (riflessione in sé) — la determinazione determinata o la negata negazione. Unità di sé e del suo altro, e perciò essenzialità. Essa è perciò essere posto o negazione, ma come riflessione in sé è insieme l’essere tolto di questo essere posto, infinito rapporto su di sé.

La riflessione determinante è escludente: come uguaglianza con sé esclude il negativo; ma nello stesso escluderlo lo pone di nuovo come suo negativo. La riflessione escludente è così ponente.

quadro ii: determinazioni della riflessione o essenzialità)


a)

L’IDENTITÀ


Identità.

La riflessione è determinata: così determinata essenza, o essenzialità. L’essenza è non immediata, ma negativa semplicità: assoluta mediazione con sé, movimento per differenti momenti. Ma essa apparisce ne’ suoi momenti; perciò questi sono determinazioni riflesse, essenzialità. La prima determinazione è l’Identità. L’essenza è l’immediato tolto: il suo essere è la Negatività. Nella sua assoluta negatività è sparito l’altro e il rapporto all’altro, ed essa è la pura uguaglianza in sé, la semplice Identità con sé — non l’immediato essere o niente, ma l’immediato della riflessione, non il ritorno da un altro, ma il puro ritorno in sé — lo stesso che l’essenza — semplice negatività dell’essere in sé.
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Suoi momenti — Identità e Non-identità.

Questa identità è l’Essenza, non ancora determinazione di essa: tutta la riflessione, non un momento di essa. Ma come riflessione in sé è essa un intrinseco repellere: essa si pone come il suo proprio non essere: essa è il Tutto, ma come riflessione si pone come suo proprio momento, come essere posto, da cui essa è ritorno in sé. Come momento, l’Identità è determinazione della semplice uguaglianza con sé rispetto all’assoluta differenza, o non identità.

Identità de ’ momenti.

L’identità è negazione assoluta o uguale con sé, negante se stessa: un non essere e differenza sparente nel suo nascere, il non essere di se stesso — un non essere che ha il suo non essere non in un altro, ma in se stesso. Il non essere o la differenza è così uguaglianza con sé, rapporto su di sé, riflessione in sé — identità con sé. Come identica con sé, essa è l’assoluta Non-identità. Ma la non identità è assoluta, in quanto niente contiene del suo altro, cioè in quanto è solo se stessa — così assoluta identità con sé. L’identità è così in se stessa assoluta non-identità. L’identità fuori della differenza e questa fuori di quella sono astrazioni, prodotti della estrinseca astraente riflessione (analitica).

L’identità è non analitica, ma sintetica; cioè non la vuota semplice uguaglianza con sé, ma contenente il suo altro, sino come assoluta disuguaglianza, la Contraddizione in sé.

Nella tesi A non può essere insieme A e non-A, A e A sono due differenti rapportati ad un solo A, che così è negazione della negazione. L’identità è perciò la differenza nel rapporto di Uno, o la semplice Differenza in se stessa. Ciò è contenuto, quantunque non espressamente, nella stessa Tesi dell’Identità: A = A. [p. 237 modifica]

b)

LA DIFFERENZA


Differenza assoluta.

i) La differenza è il negativo che ha la riflessione — essenziale momento della identità che si pone o si determina come il negativo di sé, o la differenza non di un altro, come nell’esistere, ma di sé da sé. La differenza assoluta è rapporto su di sé, non mediante un estrinseco; così concetto semplice. La identità dell’essere altro nell’esistere è paesaggio da una determinazione nell’altra; nella riflessione la differenza è identica, come riflessa o uguale a se stessa. 2) Il differente dalla differenza è l’identità: la differenza di sé da sé o assoluta è perciò se stessa e l’identità. Come semplice, essa è il Tutto, non differenza; è differenza in rapporto all’identità; ma essa contiene in sé il rapporto. È perciò il Tutto, ed un momento del Tutto; come l’Identità è Tutto e momento. Ambi si fanno momenti o esseri posti, perché come riflessione sono negativo rapporto su di sé, o si pongono come negativo: così la Riflessione è determinato fondamento in sé di ogni attività e movimento. 3) Ma i due momenti sono ciascuno rapporto su di sé, o riflesso, a cui perciò la differenza è estrinseca.

Differenza estrinseca (Verschidenheit).

I due momenti rapportati ciascuno su di sé sono estrinseci ed indifferenti l’uno all’altro, e rispetto alla loro determinazione: in sé sono indeterminati l’uno all’altro. Ciascuno è il Tutto, unità di sé e dell’altro — riflessione in sé. Così la determinazione di essere o solo identità, o solo differenza, è tolta: non più determinazione essente, o qualità, ma negazione, o essere posto, riflessione a sé estrinseca. La riflessione in sé e l’estrinseca sono le due determinazioni di essi momenti; determinazioni non in sé e per sé, ma poste estrinsecamente. L’identità estrinseca è uguaglianza. [p. 238 modifica]La differenza estrinseca è disuguaglianza. Che qualcosa sia uguale o no ad un altro, ciò non riguarda loro, ma un terzo fuori di essi: la loro riflessione in sé è fuori, nel terzo: il loro stesso rapporto, il paragone, è estrinseco: l’uno non si rapporta all’altro, ma ciascuno per sé ad un terzo — negata assoluta differenza, o determinata differenza. La riflessione estrinseca in cui escon fuori irrapportati l’uno all’altro, li distingue o differenzia: il differente sotto un aspetto è uguale, sotto un altro aspetto è disuguale. L’uno è quello che l’altro non è: l’uguale è il non disuguale; ambi hanno il rapporto reciproco di essere quello che è come differenza dall’altro; e fuori del rapporto non hanno alcun senso. Ma ciascuno è rapporto su di sé: ciascuno è uguale a sé, è uguaglianza. L’estrinseca differenza così si toglie; ed è la negatività di sé in sé. La loro negativa unita non è così nel paragonante, ma è la natura stessa dell’uguaglianza e disuguaglianza — ciascuna è sé e l’altro: la riflessione estrinseca è riflessione in sé. La differenza in quanto le due parti indifferenti sono momenti di una negativa unità, è l’opposizione.

Opposizione — Positivo e negativo.

L’essere posto è ora uguaglianza e disuguaglianza: ambi come in sé riflessi, ciascuno unità di sé e dell’altro, producono l’opposizione. Ambi sono l’essere posto in determinato rapporto su di sé; l’opposizione è l’essere posto riflesso nella sua uguaglianza, e riflesso nella sua disuguaglianza: il positivo ed il negativo, parti sostanziali, perché ciascuno è la riflessione del Tutto in sé. Come momenti assoluti dell’opposizione sono una indivisibile riflessione, una mediazione, in cui ciascuno è l’opposto dell’altro — negativi l’uno rispetto all’altro. Ciascuno è in quanto è l’altro, così essere posto. Ciascuno è in quanto l’altro non è: così riflesso. Momenti però di una mediazione dell’opposizione. Ma questa loro differenza assoluta si fa estrinseca. Indifferente tra loro, e rispetto alla unità loro, l’opposizione; ciascuno può essere e negativo e positivo a vicenda. Ma la differenza estrinseca si toglie. [p. 239 modifica]Ciascuno ha il rapporto all’altro in se stesso: sostanziale unità essente non solo in sé, ma per sé; cioè ciascuno ha in sé l’altro non solo per il paragone della riflessione estrinseca, ma per sua propria determinazione. Il positivo è la tolta opposizione o il Non-opposto determinato come rapporto all’altro, o essere posto; ma riflessione in sé negante o escludente questo suo non essere. Il negativo come riflessione assoluta è determinato qual rapporto al positivo, cioè non l’immediato negativo, ma l’in sé e per sé, l’uguale a se stesso; ma come riflessione in sé esso nega il suo rapporto all’altro; il suo altro è il positivo, un sostanziale essere: il suo negativo rapporto è di escluderlo.

Così da una parte sono essi determinati l’uno per l’altro, solo momenti; dall’altra sono determinati in se stessi, indifferenti e reciprocamente escludentisi — sostanziali determinazioni della riflessione. Onde la Contraddizione.

c)

LA CONTRADDIZIONE


Concetto della contraddizione.

La differenza ha la contraddizione solo in sé; come unità di molti, e divisione nello stesso rapporto. Ma la contraddizione è posta nel positivo e nel negativo. Il positivo è l’essere posto riflesso nella sua eguaglianza con sé — cioè rapporto all’altro (insostanziale) e sussistere per sé (sostanziale) — essere posto, e tolto ed escluso essere posto. La riflessione determinante o escludente è il porre del Positivo come escludente l’altro, ma così che questo porre è immediatamente il porre del suo altro escluso. Il negativo è l’essere posto riflesso nella sua disuguaglianza con sé — non l’immediata determinazione o qualità, ma il negativo come negativo. Ma così è esso il non essere di un altro, — riflessione o rapporto su di sé — perciò negazione come rapporto su di sé. In esso la contraddizione è posta, perché esso nella sua riflessione in sé è il Non-identico, l’escludere della identità. Ma essendo esso stesso negativo idenfico [p. 240 modifica] con sé, esclude da sé se stesso. Ma l’assoluta contraddizione dell’uno è immediatamente l’assoluta contraddizione dell’altro: il porre di entrambi è una riflessione — la totale contraddizione.

Scioglimento della contraddizione.

Il positivo e il negativo toglie ciascuno nella sua sostanzialità se stesso e si traspone nel suo opposto. Questo perenne sparire degli opposti in se stessi è la prima loro unità: il Nulla. Ma il risultato non può essere il Nulla, la contraddizione è non solo il negativo, ma il positivo: la riflessione escludente è ad un tempo ponente: essa è sostanzialità essente in sé o posta, che toglie l’essere posto, ed è così unità essente per sé e sostanziale. Ma essa pone di nuovo il tolto. Questo nuovo essere posto non è di nuovo il primo immediato rapporto all’altro, non l’essere posto come tolto immediato, ma come tolto essere posto. La riflessione escludente è rapporto togliente su di sé: essa toglie il negativo, e pone sé come negativo: nega l’altro, ed è essa stessa l’altro negato. Il nuovo essere posto è perciò non il Nulla, il negativo dell’altro, ma il concordare con sé, la positiva unità con sé — sostanziale unità mediante la sua propria negazione, o essere posto, ritornata in sé. Essa è l’unità dell’essenza, di essere per la negazione non di un altro, ma di se stessa identica con sé.

Ritorno dell’essenza in sé.

Secondo questa parte positiva, che la sostanzialità nell’opposizione si fa essere posto e toglie di essere posto, questo è ritornato nella sua unità con sé: esso è la semplice essenza, ma come fondamento — cioè essenza di nuovo, ma colla determinazione di essere unità della riflessione escludente — semplice unità che determina sé come negativo, ma in questo essere posto immediatamente è uguale a sé e concordante con sé. L’essenza come fondamento è un essere posto, un divenuto o risultato, ma in questa sua determinazione in sé riflessa. Come fondamento, essa si esclude da sé, si pone: il suo essere posto, o l’escluso, è solo come posto, identità del negativo con sé — [p. 241 modifica]un sostanziale, il negativo posto come negativo, che permane nell’essenza come fondamento di lei. La sciolta contraddizione è così il fondamento, l’essenza come unità del positivo o del negativo — positiva identità con sé, che si rapporta su di sé, come negatività: così si determina e si fa essere posto; ma questo è la sostanziale totale essenza, l’essenza fondamento: nella sua negazione identica con sé e positiva.

Capitolo III

quadro iii: il fondamento

a)

L'ASSOLUTO FONDAMENTO, O IL RAPPORTO FONDAMENTALE


Forma ed essenza.

La riflessione è la pura mediazione dell’essenza con sé: i suoi momenti sono puri substrati dell’immaginazione. Il fondamento è la reale mediazione, riflessione tolta ed in lui contenuta — l’ultima determinazione della riflessione, o meglio tolta determinazione — l’indeterminato non immediato, ma determinato come tolto essere determinato o posto — l’essenza che nella sua negatività è identica con sé. L’essenza è i) determinata o positiva identità, il tolto essere posto, il non posto rispetto all’essere posto — fondamento. 2) Negativa identità — l’immediato non in sé e per sé, ma posto come essere posto: il negativo identico con sé — il fondato. L’unità di questa doppia identità è una sola identità, l’Essenza come tale, differente dalla sua mediazione. La mediazione è unità della riflessione pura e determinata, il posto come sostanziale, e il sostanziale come posto: perciò differente da quella semplice identità che si è detta essenza. — la Forma rispetto all’essenza, presa astrattamente. La forma come essenziale negatività, è il ponente e il determinante; l’essenza come semplice identità del fondamento e [p. 242 modifica]del fondato, è l’indeterminata e inattiva base o substratum, in cui sussiste la forma. La forma determinante si rapporta su di sé come tolto essere posto: essa si pone come tolta o riflessa: ma così essa suppone la sua identità, come il suo altro: quest’altro è l’Essenza, non assoluta o totale riflessione in sé, ma determinata come Identità vuota di forma; la Materia.

Forma e materia.

La forma in quanto si toglie, suppone la materia: questa è perciò sussistere vuoto di fondamento. La materia come astratta identità non è fondamento, e la forma è perciò vuota di fondamento. La materia è la base di rincontro alla determinazione formale — indifferenza reciproca, questa l’attivo, quella il passivo. Come opposti, essi sono quello che sono in quanto ciascuno si rapporta al suo altro; ciascuno è perciò unità di sé e del suo opposto, ma solo in sé: la materia deve formarsi e la forma deve materializzarsi, i) Materia e forma si suppongono — unità dell’essenza e della forma che si pongono incontro come forma e materia — l’assoluto fondamento, che si determina. 2) La forma è determinante; la materia determinata. Ma l’attività della forma è il proprio movimento della materia. Questa è determinazione essente in sé: il suo dovere è la sua negatività, perciò contiene il suo altro o estrinseco in se stessa. Ciascuno è la stessa contraddizione e liberazione. La loro unità nel loro porre è supponente: a un tempo rapporto su di sé e rapporto all’altro. 3) Per questo movimento la loro unità in sé è ora posta — unità dell’essere in sé (materia) e dell’essere posto (forma). La materia è formale e la forma è materiale sussistere. Come astratte, esse sono finite o per altro. La loro verità è nella loro unità. Ciascuna come unità assoluta o totale, in cui le due determinazioni perdendo la loro sostanzialità sono ritornate, è fondamento dell’altra. Unità che come assoluta negatività è escludente e supponente: scaccia sé da sé e si rapporta su di sé: e il suo rapporto su di sé è ancora rapporto all’altro — [p. 243 modifica]porre e supporre che è un fatto solo. Questa unita è il Contenuto.

Forma e contenuto.

i) Il contenuto è unitá della forma e della materia: ma come posta o determinata unità, ha di rincontro la forma, come essere posto o l’inessenziale, a cui il contenuto è indifferente — identità positiva di sé con sé, il semplice immediato rispetto alla mediazione della forma — l’identico nella forma e materia, sue determinazioni, di cui è base, e che gli sono un mero essere posto, a lui estrinseco ed indifferente. 2) Ma l’essere posto è ora ritornato nel contenuto nella sua unità o fondamento. Il contenuto così non è più indifferente rispetto alla forma, vuota materia, ma è l’identità del fondamento — riflessione negativa della forma in sé — formata materia, o formale unità, il rapporto fondamentale come tale — il libero essere posto, cioè la Forma come totale rapporto del fondamento e del fondato, il ritornante in sé, non più l’immediato di rincontro al contenuto o la determinazione come tale. Il fondamento è così determinato fondamento; esso ha per determinazioni la forma e il contenuto: quella estrinseca al contenuto, che è indifferente a questo rapporto; questo è il contenuto determinato (formata materia) che ha in sé il fondamento.

b)

IL DETERMINATO FONDAMENTO


Il formale fondamento.

Il posto o fondato (la forma) si toghe è ritorna nel fondamento — il fondamento, identità negativa, o essenziale sostanzialità, si rapporta negativamente su di sé e si pone, o si fa essere posto, o fondato — donde la formale mediazione del fondamento e del fondato, supponentisi a vicenda, passanti l’uno nell’altro, e ponentisi come una identità: due parti della forma di cui ciascuna nella sua differenza è il rapporto all’altro. Il [p. 244 modifica]determinato contenuto è la loro identità, il sussistere di ciascuna come il Tutto. Cosi i) il determinato contenuto è posto una volta come fondamento, un’altra come fondato: esso è indifferente rispetto a questa forma: in amendue è una determinazione; 2) fondamento e fondato sono la stessa identità e secondo la forma e secondo il contenuto. La mediazione comincia indifferentemente da questo o da quello: ciascuno è la totale mediazione o la totale forma — identità secondo la forma. Questa forma totale come l’Identico con sé è la Base delle sue determinazioni, forma e contenuto: identità secondo il contenuto. Cosi il fondamento è sotto questo aspetto sufficiente: niente è nel fondamento che non sia nel fondato; ed il contrario. Come forma totale, essi non hanno un differente contenuto: il determinato fondamento è nella sua pura forma il formale — semplice determinazione, non passata nelle sue parti.

Il contenuto, perché ha la forma in sé, ha doppio contenuto, e passa in reale fondamento.

Il reale fondamento o rapporto relativo o estrinseco.

L’identità formale, o il perenne ritornare nel fondamento e uscire in essere posto è tautologia — il semplice infinito. Ciascuno è in sé identità del Tutto, ma ciascuno nella sua determinazione, l’uno come fondamento, l’altro come fondato: ciascuno ha rispetto all’altro un contenuto differente. Il contenuto come identità del fondamento e del fondato, cioè del rapporto fondamentale ed avente in sé questa differenza, è il fondamento reale. Le due parti sono indifferenti, ciascuna su di sé; ma come fondamento e fondato, si rapportano reciprocamente: il fondamento è un riflesso in sé nel suo altro o essere posto, o il fondato, in cui è il suo contenuto: il fondato come posto ha nel fondamento la sua identità con sé o il suo sussistere, il suo contenuto. Ma il fondato ha inoltre un contenuto suo proprio, ed è così Unità di un doppio contenuto. Il primo contenuto, cioè il fondamento continuatosi nel suo essere posto o fondato, è la semplice essenza. II secondo contenuto [p. 245 modifica] è solo forma inessenziale, determinazioni del fondato estrinseche, così libere dal fondamento, immediata varietà. L’essenziale non è né fondamento di esso, né del loro rapporto nel fondato: come contenuto rapportantesi su di sé rimane indifferente positiva base. Sono essi in rapporto, l’uno come essenziale, l’altro come inessenziale o posto contenuto; ma l’uno del qualcosa (dei fondato) che produce questo rapporto, non è determinazione formale, ma solo un estrinseco legame, astratta base, che non contiene in sé come posto l’inessenziale. Il fondamento cade così in estrinseche determinazioni — esso è rapporto all’altro, da una parte del contenuto ad altro contenuto, dall’altra del rapporto fondamentale o della forma ad un altro, ad un immediato non posto da lei.

Il compiuto fondamento o rapporto assoluto.

Il qualcosa è un substratum indeterminato di contenuti differenti, di cui è legame estrinseco. Cosi il fondamento è tolto: il nuovo contenuto è un essere posto, un fondato. Ma come essere posto esso toghe se stesso e ritorna nel fondamento. Il nuovo fondamento o il fondamento riflesso non è il formale; l’estrinsechezza è tolta e ritenuta in lui. Come riflessione in sé, esso è l’assoluto rapporto (non estrinseco) delle determinazioni del doppio contenuto; ed ha in sé posta l’identità del fondamento e del fondato, o il formale fondamento — fondamento compiuto, dall’estrinsechezza ritornato in sé, e contenente il formale e il reale fondamento. Il reale fondamento è l’estrinseca riflessione del fondamento; la compiuta sua mediazione è il ritorno della sua identità con sé — il compiuto fondamento. Ma perché questo ritiene in sé l’estrinsechezza, in questa unità di sé e del reale fondamento è fondamento ponentesi e toglientesi; si pone come fondamento e si toglie come fondamento; si rapporta su di sé, e in questo rapportarsi si rapporta insieme all’altro di sé immediato o estrinseco. Il rapporto del fondamento è così nella sua totalità riflessione supponente: il formale fondamento suppone l’immediato, e questo come reale fondamento suppone la forma o la sua riflessione [p. 246 modifica]in sé. In altri termini, il fondamento è i) la forma come unità immediata e indifferente del fondamento e del fondato (fondamento formale); differenza solo di forma perché il contenuto è lo stesso. 2) Ma i momenti della forma cioè fondamento e fondato, si riflettono in se stessi, e sono un sostanziale contenuto, quindi doppio, fondamento e fondato: la forma così scaccia sé da sé, e suppone l’immediato, in cui si rapporta a sé come altro. 3) Questo immediato è il tolto rapporto del fondamento; ma come tolto esso è fondamento non in sé e per sé, ma mediante la forma: esso perciò suppone la forma e il nuovo fondamento; e questo perché contiene in sé l’immediato, si scaccia come fondamento e si rapporta all’altro — mediazione condizionante.

c)

LA CONDIZIONE


Il relativo incondizionato.

Il fondamento si pone e si toglie: come ponente riflessione si fa essere posto, ed è supponente riflessione, cioè si rapporta su di sé come tolto, immediato, altro. Questa sua essenziale supposizione è la Condizione.

Il reale fondamento è condizionato, o è l’essere altro di se stesso. La condizione è 1) immediato vario esistere. 2) Questo esistere è rapportato ad un altro o qualcosa — fondamento, ed è così un posto, o condizione non per sé, ma per altro. Ma perché immediato, esso è vuoto di fondamento: perciò il suo essere posto è tolto, e l’essere una condizione è a lui indifferente. 3) Come condizione produce la supposizione del fondamento; il quale ha in essa la sua identità con sé, e quindi il suo contenuto; ma perché essa come immediato, è indifferente a questa forma, è solo in sé il suo contenuto, un passivo, un materiale, che deve essere un contenuto: così l’incondizionato del fondamento, perché essa è condizione non condizionata, vuota di fondamento. Il qualcosa-fondamento ha l’immediato o la sua supposizione fuori di lui — [p. 247 modifica]indifferenti e incondizionati fra loro (condizione e fondamento): l’una è l’irrapportato, a cui è estrinseco il rapporto dove è condizione; l’altro il rapporto o la forma, a cui il determinato esistere della condizione è solo un passivo, un inessenziale. Ma amendue sono ancora mediati. L’una è l’essere in sé del fondamento; questo ha nella sua sostanzialità una supposizione ed il suo essere in sé fuori di lui. Cosi ciascuno è la contraddizione dell’indifferente immediato e dell’essenziale mediazione, ambi in un rapporto; sostanziale sussistere, ed insieme momento.

L’assoluto incondizionato o la Cosa in se stessa.

All’immediato esistere è estrinseca la sua forma o i due suoi momenti, essere posto ed essere in sé, perché esso è il tolto rapporto del fondamento. Ma l’esistere è esso stesso la forma o la riflessione, perché l’esistere è solo questo, di togliere il suo immediato, di farsi cioè essere posto e di andare a fondamento. La condizione è così la totale forma del rapporto del fondamento — essa è il supposto essere in sé di quello, ma il supposto o immediato è un essere posto o momento, perché l’immediato è essenzialmente il mediato, cioè toglientesi, repellente sé da sé: fondamento e fondato. D’altra parte nel fondamento condizionato il suo essere in sé non è un estrinseco, o l’apparenza di un altro. Come sostanziale o identico con sé esso è in sé il suo essere in sé ed il suo contenuto — riflessione del porre su di sé. Ma esso è ancora riflessione supponente; si rapporta negativamente su di sé e si pone di rincontro il suo essere in sé come suo altro; così lo stesso Tutto. Un Tutto della forma. Ma anche del contenuto. Se l’immediato esistere è in sé il rapporto fondamentale, il suo contenuto è essenziale, l’identico con sé nel rapporto della forma, lo stesso contenuto del fondamento — non più vuoto materiale, ma formata materia. Condizione e fondamento così e come contenuto e come forma sono una essenziale unità, il Tutto: il vero incondizionato, la Cosa in se stessa. I suoi momenti, condizione e fondamento, passano per se stessi l’uno nell’altro, o come riflessioni in sé, si [p. 248 modifica]pongono come tolti, si rapportano a questa loro negazione, e si suppongono reciprocamente — una riflessione, un supporre di entrambi: il Tutto è il loro sussistere e base. La Condizione come relativo-incondizionato è condizionata perché il suo essere in sé è posto: onde il progresso di condizione in condizione all’infinito. Ma nel suo vero infinito, cioè nell’assoluto-incondizionato essa è tolta. La Cosa è la condizione o il fondamento di entrambi, il loro ponente. Essi suppongono la totalità, perciò condizionata e fondata da loro; ma perché essi sono l’Identico, il loro rapporto come fondamento e fondato è sparito, o è apparenza; e il rapporto del Tutto ad essi è il suo concordare con sé.

Uscita della Cosa nella Esistenza.

L’assoluto incondizionato è l’assoluto fondamento identico con la sua condizione. Come fondamento è rapporto negativo su di sé, si fa essere posto, o tolto fondamento, immediato vuoto di riflessione, la Totalità delle determinazioni della Cosa, o la Cosa nell’estrinsechezza dell’essere — avente cioè per sua condizione la sfera dell’essere — un vario inessenziale, o contenuto indifferente rispetto alla riflessione. La forma discesa nella determinazione essente è un diventare — passaggio di una determinazione nell’altra. Ma il diventare dell’essere è diventare essenza, ed andare a fondamento; l’immediato non è qui il primo, ma è il supposto, solo mediante la riflessione del fondamento che si pone come tolto. Il diventare è così il fatto della riflessione, e solo momento della forma: la verità dell’esistere è di essere condizione o posto. i) Il fondamento si toglie e si dà la forma dell’essere estrinseco, sua supposizione; così le condizioni sono sostanziali, e la totalità della cosa è un immediato vuoto di fondamento. 2) Ma quando tutte le condizioni sono sostanziali, la cosa esce nell’esistenza; la varietà ha il ritorno in se stessa. L’esistere come condizione è momento della forma: le sue determinazioni sono perciò riflesse, e poste l’una con l’altra. Cosi l’immediato si toglie e va a fondamento, ma questo come negativo rapporto si toglie di nuovo, [p. 249 modifica]ed è immediato. Amendue si mostrano per sparire: un mostrarsi o uscir fuori della cosa in questo movimento tautologico, così immediato che esso è mediato solo mediante lo sparire della mediazione. La Cosa esce dal fondamento; ma questa non è un estrinseco, ma il proprio essere posto del fondamento; il quale ivi si congiunge con sé e la riflessione nell’altro è la sua riflessione in sé. La cosa esce così dalla sua propria essenziale negatività o forma. Immediato mediato e per lo sparire della mediazione identico con sé — esistenza.