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Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte prima/Del regno de' Goti

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DEL REGNO DE’ GOTI.

Odoacre distribuì ai barbari, che l’avevan seguito nella sua spedizione, il terzo delle terre d’Italia spogliandone gli antichi possessori. S’egli estendesse questa divisione anche alle campagne del Trentino, niuno potrebbe affermarlo con sicurezza: certo è bene, che il Trentino era compreso nel regno Gotico, e niuna ragione v’ha di credere, ch’egli andasse esente dalla comun sorte degli altri. Il [p. 37 modifica]nuovo Re non fece alcuna innovazione o cangiamento nella forma del governo, e dell’amministrazione; ma ogni cosa lasciò nell’antico stato secondo le leggi, e gli usi romani cogli stessi nomi di magistrati e di uffici, e collo stesso potere e giurisdizione, che prima avevano.

Odoacre trasportò poscia in Italia gli abitatori del Norico, che abbandonarono il loro paese ad altri barbari chiamati Rugi, dai quali erano infestati: onde nuova divisione o assegnazion di terreni convenne fare anche a questi nuovi ospiti venuti dal Norico.

Un altro Re goto, cioè Teodorico venne poscia ad assalire l’Italia, ed a far guerra ad Odoacre, il quale fu da esso vinto e disfatto nel primo incontro al fiume Isonzo presso Aquileia, ed in una seconda battaglia presso Verona. Durò niente meno la guerra per quattro anni continui sostenuta con gran furore da ambe le parti; ma Odoacre fu in fine privato non pur del regno, ma della vita da Teodorico, che rimase solo pacifico signore e sovrano d’Italia.

Nuova divisione di terre fece il nuovo Re Teodorico in favore de’ suoi Goti; ma egli le tolse in gran parte a quei Goti, che seguito avevano il partito a lui contrario. Anche Teodorico si assoggettò volontariamente alle leggi romane, e confermò tutti gli antichi magistrati nell’esercizio della loro autorità, e de’ loro diritti.

[p. 38 modifica]Il regno di Teodorico in Italia fu memorabile e glorioso. Col valore e col senno proprio, e colla scelta, ch’ei seppe fare d’eccellenti ministri non solo ristorò l’Italia dei danni gravissimi, che i passati avvenimenti le avevan portati; ma egli la rialzò eziandio alla maggior prosperità e grandezza. Egli protesse le arti, le scienze, le lettere, e seppe al paro de’ più grandi Re la vera arte di regnare. Tutti i grandi offiziali del Regno, e tutti i suoi ministri erano italiani, nè lasciava egli a’ suoi Goti altra cura od impiego che nell’amministrazione delle cose spettanti alla guerra. Non solamente Roma e Ravenna, ma grandissima parte pure delle altre città italiche furono da lui ristorate d’edifizj e di mura, e noi abbiamo dalle lettere di Cassiodoro Prefetto del Pretorio, ed uno dei principali ministri del Regno, aver egli ordinato, che di nuove mura fosse cinto anche Trento. La lettera è diretta Honoratis possessoribus, defensoribus, et curialibus civitatis Trident. Godè dunque il nostro paese, e fu a parte sotto il lungo regno di questo saggio Re di quella universale felicità, di cui goderono tutti i popoli, che gli furono soggetti. Egli morì assai vecchio dopo un regno degno d’ammirazione, se non che il macchiò negli ultimi anni della sua vita per aver dato ascolto a false accuse di cospirazione contro il celebre Boezio, e Simmaco suo suocero due illustri senatori romani, ch’ei pose a morte ingiustamente.

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Mancato di vita Teodorico la saviezza di Amalasunta sua figlia, che governò il regno a nome del figlio Alarico, ritenne per alcun tempo le cose in buon ordine; ma l’Italia venne ben presto ad essere il teatro di nuova guerra, e di nuove sventure. Giustiniano, che portava il nome d’Imperator romano, e governava l’Impero d’Oriente, poichè le Spagne, le Gallie, e tutte le altre provincie dell’Impero occidentale eran già cadute in potere di varie barbare nazioni, che ne formarono nuovi e differenti reami, concepì il disegno di torre di mano a’ Goti l’Italia, e di riunirla all’Impero. Egli ne commise l’impresa al famoso Duce Belisario, che aveva poco prima conquistata l’Affrica, ed unitala al dominio del suo signore. Belisario con piccolo esercito composto d’uomini di diverse genti e nazioni, venne in Italia, e col suo valore ne conquistò una parte, e prese Roma, e Ravenna capitale allora del Regno italico. Giustiniano avendo poi richiamato per ingiusti sospetti Belisario, e spedito in sua vece in Italia il celebre eunuco Narsete, questi pose fine alla guerra colla total distruzione del Regno de’ Goti.

La guerra durò per diciotto anni, e fu sopra ogn’altra funesta all’Italia principalmente per le infinite ruberie ed estorsioni, che vi commisero per tutto le soldatesche di Giustiniano. Per sopraccarico di sventure vi vennero pur durante la guerra tre volte i [p. 40 modifica]Borgognoni, ed i Franchi, i quali sotto pretesto di prestare ajuto a’ Goti, ma realmente per impadronirsi essi medesimi dell’Italia avevano l’ultima volta occupate quante piazze credettero di lor convenienza dall’Alpi retiche fino al mare toscano. Furono essi pure vinti e disfatti dal valoroso Narsete, e parte dalle malattie distrutti. Nulla è più verisimile, che anche a Trento ed a’ paesi finitimi siasi estesa la rapacità si delle truppe di Giustiniano, che scorrevano per tutto, come de’ Borgognoni e de’ Franchi, che portata avevano, come abbiam detto, la loro invasione dalle Alpi retiche fino al mare toscano.

Finita la guerra Narsete governò saggiamente l’Italia in nome dell’Imperator greco, e procurò di rialzarla dalle passate rovine per la cura, ch’egli ebbe di rinnovare d’edificj le città, che state eran distrutte, e pel buon ordine, che si studiò di mantenere in ogni luogo. Ma il governo di Narsete non durò che sedici anni, e presto dopo la morte di lui vennero ad invadere l’Italia altri popoli barbari chiamati Longobardi, che vi stabilirono un nuovo Regno, ed ai quali fu pur soggetto Trento con tutto il suo territorio per quasi due secoli. Noi non abbiamo ora a trascorrere che tempi infelici, e ben diversi dai primi secoli dell’Impero romano.

Chiunque legge questa parte di storia, cioè quella del quinto, e dei susseguenti secoli, non può non restarne vivamente [p. 41 modifica]commosso. Allorchè si considera l’Italia, di cui il nostro paese fu pur sempre una parte, giunta al più alto grado di possanza e di gloria, l’Italia, dico, signora del mondo nuotante per sì lungo tempo nelle ricchezze e nella prosperità, divenuta poi preda di barbare nazioni, ed il teatro delle più orribili calamità e sciagure, spogliata e devastata, le sue città in gran parte arse e distrutte, i suoi abitanti trucidati da barbare e selvagge genti, non può non esclamare seco stesso: Heus rerum humanarum vicissitudo! I popoli soggetti al romano Impero vivendo in mezzo a tutti gli agi ed alle ricchezze, ammolliti e snervati dal lusso avevan perduto tutto l’antico loro coraggio, nè più avvezzi al maneggio dell’armi niuna resistenza opponevano a quelle feroci orde. Fu un gran fallo degl’Imperatori romani il non addestrare i popoli a trattar l’armi, ed agguerrirli e renderli atti a difendere le loro patrie contro le barbariche invasioni, con istituire per tutto milizie nazionali, ed istruirle nell’arte della guerra, e negli esercizj militari. Ma veniamo al Regno de’ Longobardi.