Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo II

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CAPO II.
Memorie Storiche dall’anno 1184
fino all’anno 1219.


Al Vescovo Salomone succedette Alberto II. Decano pur egli della Cattedrale, che fu eletto nel mese di Marzo 1184, e che morì li 20 Settembre 1188. Molti diplomi ed investiture feudali veggonsi da lui date e singolarmente quella, con cui investì «Dominos Federicum et Odoricum filios. q. D. Alberti de Arco per Birettam de omnibus suis [p. 13 modifica]Feudis, quæ tenebant ipsi ab Episcopatu Tridenti honorifice, nobiliter, et libere.»

Ad Alberto II. è succeduto Corrado della famiglia de’ Signori di Beseno eletto il 6 di Dicembre 1188. L’anno 1189 dall’Imperatore Federico egli ottenne la rinnovazione delle investiture imperiali e delle regalie del suo Principato. Lo stesso Imperator Federico fece dono al Vescovo Corrado, e lo investì co’ suoi successori in perpetuo di tutte le miniere d’argento, e d’ogni altro metallo, che si trovano o si troveranno in Ducatu Tridentino, come attesta il diploma dei 14 Febbrajo 1189, che leggesi nel volume secondo delle Notizie istorìco-critiche pag. 492.

L’anno 1191 l’Imperatore Arrigo VI. promulgò un decreto portante, che «in Civitate Tridentina, et in toto ducatu Tridentino nulli prorsus hominum liceat Turrim aliquam edificare vel erigere sine licentia Domini Episcopi Cunradi et Successorum suorum. Quod si quis jam in Civitate Tridentina vel extra Civitatem in Ducatu ubicumque Tridentino aliquam Turrim edificavit, vel erexit, vel in posterum edificaverit, liceat memorato Episcopo, et cuilibet ejus successorum Turrim eamdem frangere, vel pro arbitrio sue considerationis eam dimittere. Eodem modo de Conjurationibus et Societatibus statuimus, ut nec in Civitate Tridentina, nec usquam in Ducatu Tridentino liceat alicui vel aliquibus Conjurationes vel [p. 14 modifica]Societates facere sine supradicti Episcopi, vel ejus Successorum licentia.» Il diploma trovasi registrato per intero nel Libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ pag. 38 e seg. Questo Vescovo fondò il Monastero di Senale nella Valle di Non, ossia nella Naunia superiore, e l’Ospitale di S. Ilario nella Valle Lagarina. Egli stipulò pure l’anno 1202 un solenne trattato o convenzione col Vescovo Principe di Bressanone intorno al Teloneo, ovvero al dazio o gabella, cui soggiacer dovevano i negozianti di Bolgiano e Trentini, che trasportavano merci o derrate nel territorio di Bressanone, ed al dazio, che pagar dovevano i negozianti o sudditi di Bressanone, che trasportavano merci o derrate nel territorio di Bolgiano o di Trento, come leggesi nel documento rapportato per intero nel libro sopraccitato Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ.

Il Vescovo Corrado ebbe gravi discordie, per cui seguirono pure ostilità e fatti d’arme contro il comune ossia contro la repubblica di Verona, con cui seguì poi una solenne convenzione o concordato li 2 Marzo 1204, in Burgo Ale, del quale ne daremo quì in parte un estratto «.....Ego Drudo Marcellinus, dicesi in esso, Potestas Veronen. et pro comuni Verone.... facio finem et pacem perpetualem D. Conrado Dei gratia Tridentine Ecclesie Episcopo recipienti pro se, et pro omnibus de ejus parte de maleficiis omnibus commissis et damnis datis a parte [p. 15 modifica]ipsius Episcopi tempore exercituum utriusque Civitatis, vel ante, vel postea occasione hujusmodi discordie, Communi Verone, vel Odolrico de Arco, vel alicui ex parte Veron.... Nullam mutam, nullumque teloneum permittam in districtu Veronen. auferi alicui Mercatori de Tridento vel de Districtu eunti vel redeunti Veronam nisi anticum a XXX. annis retro dari consuetum.... Omnes homines Tridenti, et ejus Districtus per totum Districtum Veronen. securos in rebus et personis pro posse meo habere...... Durante predicto Concordio facto inter Communem Veronen. et Dominum C. Episcopum Trid. Milites, Burgenses Episcopatus vel Ducatus Tridenti, et eorum Castra vel Munitiones non suscipiam pro Communi Veron. contra Dominum Episcopum Tridentinum.... Et hec omnia adtendam, et observabo bona fide et sine fraude pro posse meo, et in Statutis Verone adjiciam, ut Rectores Comunis Verone, qui fuerint pro tempore, sint astricti sacramento hec observare et adtendere....» L’intiero documento è registrato nel volume secondo delle Notizie istorico-critiche pag. 510.

Al Vescovo Corrado succedette Federico dei Signori di Wanga eletto li 9 Agosto 1207, il quale ottenne l’imperial investitura delle regalie nel suo Principato li 4 Novembre dello stesso anno. Abbiamo intorno al Vescovo Federico Wanga un insigne diploma di [p. 16 modifica]Federico II. Re de’ Romani e Re di Sicilia, col quale costituisce il Vescovo Federico Wanga suo general legato in Italia «.... Volentes, dicesi in esso diploma, bonum statum, pacem, et optatam quietem per totum Imperium.... Deo dante firmiter haberi, notum esse volumus, quod nos animadvertentes puram fidem et sinceram devotionem dilecti Principis et Consanvvinei nostri Frederici Tridentini Episcopi.... ipsum generalem Legatum nostrum constituimus per totam Lombardiam et Marchiam Veronensem, atque Tusciam, et Romaniam....» Questo diploma dato Ratisbone XIIII. Kal. Mensis Martii 1213 trovasi registrato nel volume secondo delle Notizie istorico-critiche pag. 534.

Nell’archivio del Castello del Buon Consiglio in Trento conservavasi un pregevolissimo codice, che questo Principe fatto aveva compilare, e che dal suo nome chiamavasi il codice Wanghiano. Egli edificò pure presso il ponte di S. Lorenzo in Trento la torre, che da lui prese il nome, e che chiamasi anche oggidì la torre Wanga. Egli aprir fece e scavare in varj luoghi alcune miniere d’argento, e stabilì in Trento una zecca, e fece coniare monete portanti la sua effigie ed il suo nome; su di che può vedersi il libro, che pubblicò colle stampe Simon Pietro Bartolamei di Pergine intitolato De Tridentinarum, Veronensium, Meranensiumque Monetarum speciebus et valore, ma principalmente merita intorno [p. 17 modifica]a ciò d’esser letta l’eccellente dissertazione dell’eruditissimo Conte Benedetto Giovanelli resa pubblica pochi anni sono colle stampe in Trento. D’una miniera d’oro esistente un tempo in Tassullo nella Valle di Non, e d’altre miniere d’argento, di ferro e di rame appartenenti a’ Vescovi di Trento, e del diritto loro di batter monete parlano anche gli anteriori diplomi dell’Imperatore Federico degli anni 1181, 1182 e 1189, che posson vedersi nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ. Federico Wanga morì li 6 Novembre 1218. A Federico Wanga succedette nel Vescovato di Trento Alberto o Adalpreto III., di cui parleremo nel seguente capo.

È celebre nella storia d’Italia del medio evo la lega delle città lombarde, le quali profittando della lunga assenza degl’Imperatori eransi sottratte alla signoria de’ Duchi, Marchesi o Conti, e governavansi da se medesime a guisa di città libere e di repubbliche. È nota pure la lunga ed aspra guerra, che esse per ciò sostennero contro l’Imperatore Federico, e poi la segnalata vittoria, che contro di lui riportarono li 29 Maggio 1176 tra Legnano ed il Ticino, per cui l’Imperatore videsi in fine costretto a conceder loro colla celebre pace di Costanza dell’anno 1183 il diritto di governarsi da se medesime colle lor proprie leggi e co’ loro magistrati. Siccome ne’ precedenti secoli sotto il regno de’ Goti e de' Longobardi, e sotto il regno degli [p. 18 modifica]Imperatori Franchi e Tedeschi ossia dei Re d’Italia Trento con tutto il suo territorio era sempre stato una parte del regno italico, così alcuni de’ nostri credettero, che Trento fosse pure nel numero delle città lombarde, che si sollevarono contro l’Imperator Federico, e sia stata pur essa un dì città libera e repubblica come le altre città d’Italia. Questa opinione però non è solamente destituita d’ogni fondamento, ma è smentita pure e dimostrata non punto vera da tutti i fatti e da tutti i documenti, che abbiamo di quei tempi. Nella lega, che formarono tra di esse le città lombarde, le quali si veggono tutte nominate ad una ad una nel documento riferito dal Muratori negli Annali d’Italia all’anno 1167 ed altrove, nominata punto non vedesi la città di Trento. Anche nell’istrumento della pace di Costanza inserito nel fine del codice di Giustiniano Trento non si vede punto nominato nè tra le città collegate contro l’Imperatore, nè tra quelle, ch’erano rimaste a lui fedeli. Trento già dall’anno 1027 era passato nel temporale dominio de’ suoi Vescovi, nè più apparteneva al regno italico. Tutti poi i monumenti, che ci restano di quei tempi, e che abbiamo più sopra riportati, attestano e dimostrano nella più chiara guisa, che sì avanti come dopo la pace di Costanza regnarono costantemente in Trento i suoi Vescovi Principi, e vi esercitarono tutti gli atti di sovranità e di dominio. Oltre a ciò abbiam veduto, come l’Imperator Federico [p. 19 modifica]alla donazione fatta al Vescovo Adalpreto II. l’anno 1167 del castello di Garda appese la condizione, che il Vescovo «Burgenses in Castro Gardæ ad ejus custodiam locabit, qui non erunt Lombardi de Verona, vel de aliqua Civitate Marchiæ vel Lombardiæ, sed solummodo erunt fideles ad Episcopatum Tridentinum pertinentes.» Ciò prova evidentemente, che i Trentini non erano dunque nel numero delle città collegate contro l’Imperatore. Un’altra prova di ciò si è l’istrumento della pace seguita il 2 Marzo 1204 in Burgo Ale, che abbiamo più sopra riportato, tra la città o il comune di Verona dall’una, ed il Principe Vescovo di Trento dall’altra parte; poichè se Trento fosse stato città libera o repubblica, come era Verona, con essa e non col Vescovo sarebbe stata stipulata quella pace. Sembra bensì, che dopo la pace di Costanza l’esempio o la veduta delle vicine città, che governavansi liberamente a guisa di repubbliche, avesse destato anche in Trento lo spirito o il desiderio di libertà, e che ciò desse motivo al decreto, che abbiamo riferito, dell’anno 1191 dell’Imperatore Arrigo VI., con cui vietò qualunque società, e l’erezione d’alcuna torre nella città, ed in tutto il Ducato di Trento senza la licenza o il consentimento del Vescovo; ma questo desiderio o vaghezza di libertà non ebbe mai alcun effetto; perchè Trento e prima, e dopo tal epoca rimase sempre soggetto alla sovranità [p. 20 modifica]ed al dominio de’ suoi Vescovi Principi, come dimostrano invincibilmente tutti gli atti pubblici e documenti, de’ quali abbiamo detto, nè v’ha la menoma traccia o il menomo vestigio di libertà o di libero governo in Trento nè in quello, nè in alcun altro tempo giammai. Dico in alcun altro tempo giammai; perchè quelle sedizioni, che avvennero ne’ susseguenti secoli, e che furono ben presto represse, non avevano alcuna relazione colla lega o confederazione delle città lombarde, nè colla pace di Costanza; ma tutt’altra ne fu la cagione come a suo luogo vedremo. Se Trento però non fu mai nel numero delle città italiche sollevate contro l’Imperatore, questo fu un vero bene pel nostro paese. La celebre pace di Costanza sembrava bensì, che dovesse essere la più felice epoca per l’Italia, ma fu al contrario l’infausta sorgente delle più luttuose calamità e sciagure. Sono troppo note le guerre, che le nuove repubbliche d’Italia ebbero le une contro le altre, e poi le guerre intestine, che ebbero ciascuna nel suo seno tra la nobiltà e la plebe, e tra i diversi partiti, finchè dopo essersi mutuamente lacerate per lungo tempo perdettero in fine una libertà, che non era stata loro che funesta, e caddero l’una dopo l’altra nel dominio d’un solo signore. Se dunque il Trentino e le nostre Valli non furono nel numero di queste nuove repubbliche, non provarono nè pure. le calamità delle guerre civili ed intestine, che le [p. 21 modifica]desolarono sì crudelmente e per sì lungo tempo. Anche nella nuova lega, che strinsero le città lombarde l’anno 1225 contro l’Imperatore Federico II., non ebbe alcuna parte Trento, come non si sa, che abbia avuta alcuna parte nelle famose fazioni, che tanto lacerarono l’Italia, Guelfa e Ghibellina.