Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Serie cronologica dei vescovi d'Alba.

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Serie cronologica dei vescovi d’Alba.

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Capo LXV - Pio VII in Ceva. Paesi sui quali estendevasi la giurisdizione marchionale di Ceva.
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Serie cronologica dei Vescovi d’Alba.


Monsignor Paolo Brizio vescovo d’Alba, dotto investigator di memorie antiche, nel suo primo Sinodo tenuto in Alba nel 1645 alli 11 maggio pubblicò un catalogo dei vescovi suoi antecessori, che contiene memorie istoriche interessantissime, e che hanno molte relazioni con Ceva. Ne diamo qui una versione in italiano1.

1.° S. Dionigio discepolo di S. Eusebio vescovo di Vercelli, istrutto nelle divine ed umane lettere, illustre per santità, fu il primo dei vescovi d’Alba; promosso quindi alla sede di Milano si rese terribile agli Ariani, per opera dei quali fu mandato in esilio col suo maestro Eusebio, e pendente l’esilio fu coronato della palma del martirio, e segnò la via del cielo a’ suoi successori col proprio sangue.

2.° Lampadio perchè fornito d’ogni genere di scienze, [p. 326 modifica]meritò d’intervenire al concilio che ebbe luogo nella Basilica Vaticana l’anno 495 sotto il pontefice Simmaco, e nella sottoscrizione di questo concilio appose la firma trentesima ottava.

3.° Venanzio sotto lo stesso pontefice fu degno di lode per l’ottimo suo regime.

4.° S. Benedetto onorò di sua presenza il sesto Sinodo Costantinopolitano, a cui intervennero 125 padri sotto il pontificato d’Agatone.

5.° Penso, da cui il concilio provinciale congregatosi in Pavia l’anno 855 ricevette tanto più di lustro, in quanto che superava egli in prudenza ed in dottrina tutti gli altri congregati.

6.° Ilderado, sotto Ansperto arcivescovo di Milano, che in Pavia celebrò un concilio in cui Carlo II fu coronato del diadema Imperiale, si trovò fra i padri di quell’adunanza e vi soscrisse l’undecimo.

7.° Dalberto insignito della mitra Albense, alla dignità che si meritò colla sua virtù, aggiunse la gloria d’un’ottima amministrazione.

8.° Fioccardo assunto dal monastero dell’Abazia di Breme alla sede vescovile d’Alba, avendo trovato quella città e quanto in essa si racchiudeva talmente devastata dai Saraceni e dagli Ungari, da esser egli costretto a procacciarsi il vitto coll’opera delle sue mani, ottenne lettere dal Papa e dall’Imperatore Ottone, con cui s’ordinava al Metropolitano milanese di convocare un’adunanza de’suoi suffraganei, ed unire col loro assenso la desolata chiesa d’Alba a quella d’Asti, che era in fiore. Intervennero a questo concilio, che si congregò in santa Tecla, Antonio vescovo di Brescia, Aldegrando o Andegrasso vescovo di Lodi, Ampoldo vescovo di Novara, Luttifredo vescovo d’Aosta, Gottifredo vescovo d’Acqui, Ottone vescovo di Tortona, e Rozo vescovo d’Asti; mercè il loro suffragio la chiesa d’Alba fu unita a quella d’Asti circa l’anno 966. Fioccardo poi, esonerato d’un tanto [p. 327 modifica]peso, se ne tornò al monastero di Breme, dove passò il restante di sua vita in concetto di santità.

Monsignor Rozo però tanto fece nel restituire alla sede d’Alba il suo primiero splendore, che l’anno 997 fu provvista d’un nuovo pastore nella persona di

9.° Costanzo o Costantino, il quale con attività e prudenza vendicò i diritti della sua chiesa, e nell’anno 1079 vi unì un podere presso Rodello per una permuta fatta con un certo chierico di cui si parla in atti pubblici.

10. Penso II intervenne ad un concilio dei suoi comprovinciali che si tenne in Milano.

11. Alberto resse con gran prudenza la chiesa d’Alba fra i turbini della guerra.

12. Pietro figlio di Arduino dei conti di Valperga, quantunque carico d’anni, nulla ommise di quanto poteva arrecare decoro e vantaggio alla sua chiesa. Mori l’anno 1124 e presiedette 45 anni.

13. Rebaldo prima vescovo d’Alba e poi di Milano, nell’anno 1143 fu sepolto nella chiesa di S. Tecla.

14. Pietro II resse il vescovado con tanta probità da meritarsi ii nome d’ottimo pastore.

15. Ottone, cospicuo per le sue gloriose azioni, li 2 giugno 1169 pronunziò una sentenza arbitramentale tra Anselmo vescovo d’Asti e gli Ospitalieri Gerosolimitani, di quanto doveva prestarsi alla mensa ed al capitolo d’Asti per la chiesa del santo Sepolcro, che possedevano nel borgo di S. Maria per concessione di detti vescovi e capitolo.

16. Bonifacio nell’anno 1188 unì un certo priorato di Benevello al monastero di S. Antonio di Dronero, di cui sono ora al possesso le monache cistercensi dell’Annunziata di Saluzzo2. [p. 328 modifica]17. Oggerio in virtù d’una bolla d’Innocenzo papa, ottenne di accettare nella sua diocesi i Certosini, i quali fondarono il celebre convento di Casoto, insigne per innumerevoli santi monaci, fra i quali un Guglielmo laico, che ottenne da Dio la grazia di far miracoli.

18. Bonifacio II nel 1213 dichiarò la chiesa e l’ospitale di S. Bartolomeo essere di juspatronato della famiglia Rodolfi, ma la nomina del rettore e del chirurgo spettare al vescovo. Morì il primo gennaio, e legò alla chiesa d’Alba mille lire per un anniversario. Fiorì in quel tempo fra Rambaldo d’Alba domenicano insigne per ispirito di profezia, per grazia di guarigioni, e per apparizioni.

19. Rainerio nell’anno 1224 in qualità di delegato apostolico, confermò la sentenza proferta dall’Abate Cistercense di Casanova, per composizione d’una lite vertente tra il vescovo e canonici d’Asti, e le monache Cistercensi di Santo Spirito.

20. Guglielmo Braida cittadino d’Alba, già prevosto della cattedrale d’Asti, quindi vescovo della sua patria. Fu illustrato il suo regime episcopale dal B. Teobaldo principale patrono di questa città, nato di bassa condizione nel paese di Vico, dove esercitò l’arte di calzolaio, ma celebre per miracoli avendo richiamato a vita tre defunti fanciulli; cambiati in farina sacchi d’arena; annunziata essendosi la sua morte col suono a festa e spontaneo delle campane, ed indicato da splendenti lumi il luogo di sua sepoltura, prove evidenti di santità di questo gran personaggio. Morì Teobaldo nel 1250. Nell’anno seguente l’arcidiacono d’Alba Bonifacio, delegato del vescovo, pose la prima pietra della chiesa di S. Maria Maddalena a richiesta delle Umiliate.

21. Gandolfo Peleta Prevosto della Chiesa d’Asti, poi vescovo d’Alba morì li 20 dicembre dell’anno.... e legò a questa chiesa la terra di S. Stefano in Antignano a condizione che in ogni anno al suo anniversario si desse una refezione ai canonici ed una emina di legumi ai poveri. Per [p. 329 modifica]di lui opera la città d’Alba s’assoggettò per la prima volta al marchese di Monferrato, ma affinchè non venisse lesa la immunità ecclesiastica, convenne che tutti gli uomini del distretto d’Alba, e delle ville del vescovo fossero liberi ed immuni da qualunque prestazione di pedaggio, di maltolta, (maltoltae) e di qualunque altra esazione per tutta la terra di detto signor marchese.

22. Fra Martino dell’ordine di S. Francesco costituito sulla Sede Vescovile d’Alba, si fece maestro di quella perfezione cristiana che acquistò nel chiostro.

23. Fra Simone dei Minori osservanti assunto al Vescovado d’Alba intervenne alla tregua stipulata tra Carlo Angiò conte della Provenza e gli Astesi, e sopì le controversie insorte tra i Certosini di Pesio e gli uomini della Chiusa.

24. Bonifacio III dei signori di S. Giulia Del Carretto fece delle convenzioni cogli uomini di Guarene, la prima delle quali si fu che ciaschedun castellano dovesse giurare sui sacri evangeli di custodire il castello e la villa di Guarene, e non potesse venderla, darla od alienarla, ma renderla al vescovo d’Alba, od in mancanza di questo al capitolo della stessa chiesa.

Dal che si può congetturare che una volta il castello di Guarene appartenesse a questa chiesa, e che siasi cambiato in qualche altro podere.

Questo prelato confermò la donazione di 70 iugeri di terra fatta alle monache di Santa Clara nel 1286, aggiungendovi nel 1305 altri iugeri 36 coll’onere di una messa ebdomadaria della B. Vergine per la salute dei vescovi d’Alba, concesse investiture3 a diversi personaggi.

[p. 330 modifica] Nel 1295 investì Odone Prodino delle decime di Battifollo, di Scagnello, di Vignolio, di Dogliani, di Murazzano, di Castelnuovo, di Montezemolo, di Murialdo, e di Saliceto. Nel 1303 investì Giovanni di Scagnello del feudo di quel castello. Coi sussidii della camera apostolica riedificò il castello di Diano distrutto dalle guerre, Pendente la sua vita i conventuali di S. Francesco edificarono i conventi di Ceva, di Cortemiglia ed Alba, e pei medesimi il re Roberto fece costrurre in Alba la chiesa di S. Francesco, da annoverarsi fra le più belle di quella città.

Morì Bonifacio li 18 marzo 1306, fu sepolto nella Basilica d’Alba avanti l’altare di S. Giacomo.

25. Raimondo intento a conservare i diritti della sua chiesa, li 8 gennaio 1313 investì del suo feudo Giovanni di Scagnello.

26. Fra Guglielmo da Civitella Minor osservante. Dalla sede vescovile d’Alba passò a quella di Brindisi, e poi di Benevento.

27. Fra Pietro Vercellese della famiglia patrizia Avogadro dell’ordine dei predicatori, l’anno 1335 corroborò di sua presenza la rimessione fatta dai Saviglianesi della loro città a Roberto re di Sicilia, e l’anno 1342 investì Beatrice moglie di Giacomo dei feudi di Scagnello e Battifollo, e delle decime di Dogliani.

28. Lazzarino Fieschi li 6 settembre 1350 investì Giovanni Caldera, Francesco Fassino e Bonifacio Beccaria dei feudi di Pruneto, di Montebarcaro, di Camerana, di Gottasecca, di Carcare e Brusolio. Nel 1370 fu pregato dai marchesi di Saluzzo di conceder loro l’investitura delle decime di Dogliani, di Clavesana, di Belvedere, di Marsaglia, di Bonvicino, di Chisone, di Rodino e di Lequio, colla condizione [p. 331 modifica]che fossero in perpetuo fedeli e vassalli del vescovo e della chiesa d’Alba, furono esauditi i loro voti.

29. Ludovico per aver concesso nel 1380 l’investitura dei feudi di Scagnello e di Belvedere a Gherardo marchese di Ceva, ebbe in dono un cavallo con armatura completa pel cavaliere. (Cum armamentis equiti cataphracto necessariis).

30. Federico dei marchesi di Ceva pel tempo che occupò la sede vescovile d’Alba si disimpegnò con attività e con prudenza dei doveri pastorali.

34. Pietro IV decorò la sua cattedrale d’un tabernacolo d’argento dorato del peso di oncie 48, e li 11 agosto dell’anno 1392, investì del feudo di Battifollo i signori di quel paese, mediante l’offerta di un cavallo colle armature suddette.

32. Bonifacio IV decorò la mitra che gli guadagnarono i suoi meriti con la gemma di un’ottima amministrazione.

33. Francesco dei marchesi Del Carretto li 20 febbraio 1402 investì Giovanni marchese di Ceva del feudo di Battifollo e delle decime di Ceva e di Castellino.

34. Aleramo degli stessi marchesi Del Carretto fu spedito in legazione al sommo pontefice dal marchese di Monferrato. Ottenne nello stesso tempo al prevosto della cattedrale d’Alba la conferma del privilegio accordatogli dal pontefice Gregorio, di affidare a chi meglio credeva la custodia del diadema del regno di Tessaglia trasportato dalla Grecia e depositato nella sacrestia di detta cattedrale come si crede dai marchesi Paleologi. Ciò consta da un diploma datato dal Vaticano delli 19 dicembre che incomincia: Innotuit apostolatui nostro etc.

35. Francesco II l’anno 1413 cedette in feudo a Odone Roero il castello di Diano.

36. Giacomo vescovo d’Alba rifulse in sommo grado per le sue rare virtù.

37. Alerino Rambaldo Albense, nobile per nascita, ma [p. 332 modifica]più nobile per santità, per tutela dei dritti ecclesiastici; fece ridurre in atto pubblico tutte le investiture, tanto dei feudi, che delle decime; dal che appare, che la collazione detle chiese di Ceva, di Millesimo, di Cortemiglia e del C€airo, spetta al vescovo d’Alba, nel 1450 affidò ad un sacerdote secolare la parrocchia di S. Giovanni Battista, che fu poi per dispensa apostolica rimessa agli Agostiniani coll’obbligo di cedere alla cattedrale la metà dei dritti, funeratizi come si praticava dai Minori Osservanti.

Fece il sinodo diocesano, in cui resosi il conto dei beni ecclesiastici di tutta la diocesi, risultò che quelli del clero secolare ascendevano a ll. 1787, e quelli dei regolari a 688.

Sul principio del suo vescovado fiorì per santità la B. Margarita di Savoia. Pendente il suo vescovado li 20 aprile 1455 fu trasportato il corpo di S. Frontiniano dalla chiesa della sua abbazia nella cattedrale dedicata a S. Lorenzo dove onoratamente riposa. Resse quella chiesa per 37 anni, e morì li 22 luglio 1455 in concetto di santità.

38. Bernardo dei marchesi Del Carretto abate perpetuo commendatario dei ss. Quintino e Frontiniano, nel 1457 diede ad Antonio marchese di Ceva l’investitura delle decime di Garessio e di S. Michele. Essendosi a motivo delle guerre talmente diminuiti i redditi del vescovado da non più potersi sostenere la dignità vescovile, per intercessione della B. Margarita di Savoia emanò un apostolico indulto, per cui i beni dell’abbazia di S. Frontiniano vennero applicati al vescovado d’Alba, sedette anni 4 e giorni 3 e fu sepolto nel coro della cattedrale.

39. Pietro dei marchesi Del Carretto fu così imparziale ed incorrotto difensore dell’immunità ecclesiastica, che colpì di censure persone sue parenti, onde obbligarle a pagar alla chiesa i dovuti tributi.

Nell’anno 1467 li 22 novembre consacrò la chiesa di Millesimo sotto il titolo della Visitazione di M. V. e di.S. Antonio abate, e dotò la cappella dei santi Fabiano e Sebastiano, creò [p. 333 modifica]due canonici che assistessero l’arciprete, creazione approvata da Sisto IV. Ha ceduto ai conti Picco della Mirandola il dritto temporale, che i vescovi d’Alba avevano sul castello di Rodi, colla riserva alla mensa di 12 iugeri di terra, e delle decime che davano annualmente 375 emine di grano e 90 staia di vino. In suo vivente ed a richiesta del marchese di Monferrato, fra Paolo da Piacenza fondò in Alba il convento di S. Domenico, confermò il feudo di Verduno a Giovanni Cerrato, mediante l’annua prestazione di 40 fiorini. Questa conferma fu approvata l’anno dopo da Sisto IV4.

40. Andrea Novello da Trino carissimo ai principali regnanti d’Italia ed ai cardinali, era dal marchese di Monferrato tenuto in conto di padre, e lasciò ai posteri monumenti di virtù somma e di magnificenza. Per mezzo di censure riuscì a scoprire scritture e documenti che la malizia degli uomini avea nascosti. Obbligò i contumaci a pagar le dovute pensioni, ad essere sottomessi ai superiori, ed a ricevere le investiture messe in non cale. Li 25 agosto 1481 investì Franceschino dei marchesi di Saluzzo dei feudi di Dogliani, di Rodino e di Belvedere, Costanzo, della stessa famiglia, delle decime di Dogliani e di Marsaglia, e Teobaldo delle decime di Lequio e di Chisone. Nel medesimo anno per autorità apostolica sottomise alla sua giurisdizione la chiesa di Cosseria. Obbligò l’arciprete di Neive al pagamento di un annuo censo di dieci scudi d’oro (aureorum). Ottenne la facoltà da Innocenzo VIII di aggregare alla sua mensa 4 benefizi semplici, purchè non eccedessero i trecento scudi d’oro. Non avendo potuto ottenere l’aggregazione della chiesa della SS. Trinità presso Sanfrè, all’abbazia di S. Frontiniano ed il priorato di S. Maria dell’Olmo, alla mensa vescovile, gli fu concesso [p. 334 modifica]da Alessandro VI di esigere su di tale chiesa e priorato annue prestazioni per sè e suoi successori. Rese più ampia e più elegante la cattedrale. Ristorò, ampliò ed abbellì il palazzo vescovile, non abbastanza decente, ed ottenne da Leone X che gli stessi mendicanti concorressero nelle spese. Morì nel 1524.

41. Ippolito Novello nipote ex fratre del suddetto Andrea, fu prima suo coadiutore, e poi vi succedette nel vescovado. Investì Giovanni Falletti dei feudi di Benevello, e di Borgomale, e cessò di vivere in novembre del 1530.

42. Antonio Molo da Casale per la troppo breve sua carriera episcopale, non potè mandare ad effetto quanto divisava.

43. Marco Gerolamo Vida da Cremona canonico Lateranese e poeta insigne, rinnovò l’investitura di Giovanni Falletti. Per comando del Sommo Pontefice accettò la direzione del monastero di S. Catterina. Nel 1635 ottenne che la chiesa di S. Catterina in Garessio fosse esonerata dalla cura d’anime, e resa di patronato della chiesa d’Alba, consacrò a Dio sacre modulazioni (organorum modulatus Deo sacravit).

Finalmente dopo aver dato molte prove del grande suo ingegno, ed aver governato la sua chiesa pel corso di trentadue anni; cessò di vivere li 27 settembre 1566 e fu sepolto vicino all’altare maggiore dalla parte dell’epistola5. [p. 335 modifica]44. Leonardo Marino Genovese decretò che fosse distrutto l’antichissimo monastero di Castino, e fosse riedificato fra le mura del paese, in esso le monache di S. Benedetto, sotto l’abbadessa Livia Del Carretto, si ridussero a più esatta osservanza.

Sotto il suo regime i padri predicatori ed i cappuccini eressero i loro monasteri i primi a Bagnasco, ed i secondi a Ceva. Fu translato al vescovado di Lanciano nel regno di Napoli.

45. Vincenzo Marino in obbedienza a quanto venne decretato dal Concilio di Trento eresse in Alba un seminario pei chierici. Rimise al capitolo della sua cattedrale le spoglie che da consuetudini antiche erano dovute al vescovo. Dotò l’altare dei santi Pietro e Paolo della sua cattedrale, e mori li 26 febbraio 1583.

46. Ludovico Michelio di Mantova assunto al vescovado nel 1583 rinnovò le investiture dei feudi di Scagnello, Battifollo, Nuceto, Perlo, Igliano, Castellino, Viola, Ormea, Priola, ed altri luoghi. Li 22 aprile 1590 passò all’altra vita e fu sepolto avanti all’altare di M. V.

47. Lelio Zibramonti di Mantova assunto al vescovado d’Alba nel 1590 non ne prese mai possesso perchè il duca di Mantova, attesa la di lui perizia e prudenza nel trattare gli affari, lo decorò del titolo di Presidente.

48. Alberto Capriano nobilissimo mantovano fu mandato dal suo duca ambasciatore al Re di Spagna, investì i marchesi di Ceva dei feudi di Castellino, Igliano e Battifollo, e mori li 23 febbraio 1595. Giace vicino all’altare dei santi Pietro e Paolo.

49. Giovanni Anselmo Carminato Mantovano terminò li 6 luglio 1604 la carriera vescovile, che incominciato avea [p. 336 modifica]li 25 giugno 1597. Fu sepolto nella cappella dei SS. Apostoli Pietro e Andrea.

50. Francesco Pendasio Mantovano fatto vescovo nel 1605, investì dei feudi di Castellino ed Igliano Margarita Ceva e li signori Giovanni Pietro e Galeazzo della stessa famiglia, delle decime di Nuceto e di Perlo. Diede molte investiture ai beneficiarii della sua chiesa. Essendo vissuto undici anni vescovo d’Alba, ed aspettato invano il fine delle guerre, morì in Mantova li 3 settembre, e fu colà sepolto nella chiesa di S. Francesco.

51. Ludovico Gonzaga principe dell’impero prese in età ancor giovine, ma maturo in prudenza, a governare la chiesa d’Alba, diede più investiture di tutti gli altri, e sarebbe troppo lungo farne l’enumerazione. Ma le continue guerre fecero sì che un sì prode pastore non potè né risiedere né morire nella sua diocesi, e dovette rendere lo spirito colà dove avea respirato l’aure vitali.

52. Francesco Gandolfo Ligure, di Porto Maurizio, ma oriundo di Riccaldone, conte, traslato dal vescovado di Ventimiglia l’anno 1632, diede secondo il costume dei suoi antecessori, molte investiture, e morì in Torino li 4 novembre 1638. Fu sepolto nella metropolitana di quella città6.

53. Fra Paolo della nobile famiglia Brizio d’Asti stabilitasi in Bra, dopo aver sostenuto le più onorìfiche cariche nella religione dei Minori Osservanti, l’anno 1642 addì 28 dicembre, fu da Urbano VIII creato Vescovo d’Alba; ne prese il possesso li 22 marzo dell’anno seguente, ma vi trovò il tutto a soqquadro per le scorrerie dei soldati, poche o niune scritture, o documenti nell’archivio della mensa, l’episcopio in parte minato per la caduta d’una torre, ed in parte messo a sacco dalle truppe; per il che per mezzo di censure [p. 337 modifica]riebbe molte carte appartenenti alla sua chiesa; ristorò con magnificenza l’episcopio, e gli diede una forma molto più comoda e splendida, e l’anno 1644, sotto i di lui auspici, i padri Cistercensi scelsero il luogo di Farigliano per edificarvi un monastero. Collocò egli di sue proprie mani la pietra fondamentale d’una Cappella dedicata a S. Teobaldo patrono d’Alba. Nella sua prima visita pastorale fece dissotterrare in S. Stefano Belbo un insigne reliquiario; gli fu riferito essere antica tradizione, che in esso vi fossero riposti dieci denti di S. Benedetto abate, ed alcune ossa de’ Santi Mauro e Colombano, reliquie accordate dai sommi Pontefici ai monaci dell’Abazia di S. Gaudenzio, e che in occasione che di colà migrarono per maggior sicurezza, furono le medesime trasportate nel paese. Visitando il luogo di Monasterolo si portò alla chiesa campestre di S. Colombano, situata sulla vetta d’un alto colle dove si vedevano certe vestigia d’un antichissimo monastero già abitato dai Cassinesi. È fama che vi siano colà miniere di cristallo, come anche a Lisio delle altre di piombo e d’argento.

A queste notizie scritte dallo stesso monsignor Brizio, aggiungeremo quelle che si son potute raccogliere da buone fonti. Dal Dizionario storico, altre volte citato, risulta che fra Paolo Brizio, minor osservante fu eletto teologo della duchessa di Savoia, ed ebbe un’importante missione alla Corte di Spagna; che cessò di vivere in novembre del 1665.

Pubblicò alcune opere importanti per l’istoria Ecclesiastica dell’Italia, quali sono: Seraphicæ Subalpina D. Thomæ provinciæ monumenta regio subalpinorum Principi sacra. Torino, 1647

Dei progressi della Chiesa occidentale per sedici secoli. Carmagnola, 1648-50. Torino, 1652.

Tenne quattro Sinodi ma il più importante si è quello tenuto li 19 febbraio 1658, intitolato Synodus quarta Historialis S. Albensis Ecclesiæ, stampato in Carmagnola lo stesso anno da Bernardino Colonna. [p. 338 modifica]Da questo Sinodo estrarremo in succinto le memorie che riguardano Ceva ed alcuni paesi circonvicini7.

Si trova in primo luogo che S. Giovanni del Gerbo posto tra Ceva e Morabasiglio, era stato assegnato dal Papa all’abate Lascaris, vice-legato d’Urbino, e si calcolava del reddito di ll. 1200, che la parrocchia di Ceva di cui era Arciprete Ippolito Derossi, aveva di reddito ll. 400, il canonicato di S. Michele ll. 150, quello di S. Pietro 100, quello di S. Margarita ll. 150, quello di S. Andrea ll. 300, quello di S. Carlo ll. 200, e quello di S. Leonardo ll. 60. La chiesa di S. Spirito dei Poggi vien qualificata membro della Collegiata di Ceva. Fra gli esaminatori Sinodali figurano l’Arciprete Derossi di Ceva, professore di canonica, il canonico Gagliardi Dottor d’ambe leggi, ed il canonico Roggiero Dottor d’ambe leggi, amendue della Collegiata della stessa città.

Passa quindi l’autore a parlar della soppressione decretata dal sommo Pontefice Innocenzo X, d’un certo numero di conventi, nei quali per le turbolenze dei tempi mancava il numero necessario di padri per comporre una comunità religiosa, o vi si era introdotta una rilassatezza tale da riuscire di scandalo ai fedeli. In seguito a questa bolla di soppressione che incomincia Instaurandœ, la Sacra Congregazione [p. 339 modifica]dei riti in data 10 dicembre 1652, dichiarò soppressi nella diocesi d’Alba, il convento dei Francescani e degli Agostiniani di Ceva, degli Agostiniani di Genova, di Millesimo, d’Alba, dei Serviti della Morra, e quello dei Domenicani di Calizzano e di Bagnasco.

Il capitolo d’Alba, venne delegato dalla S. Sede ad applicare alle parrocchie, o ad altre opere ecclesiastiche i redditi di questi conventi. Nella capitolare adunanza delli 24 gennaio 1653, così si parlò dei conventuali di Ceva:

«Amplum et magnificum Minorum conventualium monasterium Cevae erectum, et a Liguribus propter patrum ibi degentium probitatem, maxime in honore habitum, si supprimi, aut extingui contigeret, in seminarium clericorum haud incongrue transire posset, cuius redditus partim alendis clericis, ab Episcopo eligendis, partim rectoribus, et sacerdotibus missarum celebrationi, doctrincæ christianæ, horarumque canonicarum festis diebus recitationi, obnoxiis, et astrictis impenderentur.»

Vale a dire: se venisse il caso in cui dovesse sopprimersi, od estinguersi l’ampio e magnifico monastero dei Minori conventuali eretto in Ceva, e tenuto in grande onore presso i popoli della Liguria, per la probità dei Padri che vi abitano, potrebbe con tutta convenienza convertirsi in un seminario pei chierici, destinandosi i redditi del medesimo, parte nel sostentamento dei chierici eletti dal Vescovo, e parte per l’onorario dei rettori e dei sacerdoti che vi celebrano le messe e v’insegnano la dottrina Cristiana e recitano le ore canoniche nei giorni festivi.

È assai curioso quanto si legge espresso in questa capitolare adunanza riguardo alla Certosa di Casoto, eccone la traduzione:

«Sugli altissimi monti di Garessio è situato il convento dei Certosini, abitato da alcuni divotissimi sacerdoti, e da due laici. I di cui redditi capaci di sostentare un molto maggior numero di padri, sono o per amore o per forza [p. 340 modifica]distribuiti ad esuli, ad omicidi, a sicari ed a uomini facinorosi e scellerati che sogliono colà ricoverarsi come in sicuro asilo, a turme e a centinaia, non senza grave disturbo, e continua apprensione di quei padri contemplativi. Difatti essendosi portato colassù in visita pastorale il nostro Vescovo potè a stento ottenere da simil feccia di gente, in numero di più che cinquanta individui, lo sgombro del necessario alloggio per sè e pel suo seguito......

Si propose che in seguito alla supposta soppressione di questo convento si stabilisse in Garessio, coi redditi del medesimo, o una casa di Gesuiti, ovvero un piccolo seminario per giovani chierici dello stesso paese, e che tali redditi si dividessero tra i vicariati dell’inquisizione d’Alba, e di Garessio, per aver mezzi di proseguir tante cause che erano trascurate da molto tempo.»

Con rescritto pontificio delli 26 febbraio 1654, furono risparmiati dalla soppressione i Conventuali di Ceva, i Domenicani di Bagnasco, i Serviti della Morra.

Si trova nell’istesso Sinodo istorico una lettera della duchessa Cristina di Savoia, in data 7 febbraio 1644, diretta a monsignor Brizio in cui esprime il desiderio di veder affidata la Madonna della Sanità di Priero, ai Padri di S. Bernardo in vista della divozione che professavano i fedeli a quel Santuario8. Questo dotto ed instancabile Prelato cessò di vivere in novembre 1665.

[p. 341 modifica] Nove furono i Vescovi successori di monsignor Brizio che ressero la sede d’Alba finchè Ceva ne fu dipendente. L’elenco di questi vescovi è dovuto alla cortesia dell’esimio signor Canonico Arcidiacono di quella cattedrale, avv. Simone Morra abate di S. Gaudenzio e già vicario generale di monsignor Costanzo Fea9, e dell’intimo mio amico canonico D. Giovanni Antonio Blengini, cancelliere di quella Curia Vescovile.

Continueremo la serie numerica del sullodato monsignor Brizio.

54. Cesare Biandrà, già Vicario generale di Milano eletto il 5 maggio 1666, morì pochi mesi dopo.

55. Vittorio Nicolino Della Chiesa di Torino, canonico cantore della cattedrale di Saluzzo fu eletto il 16 marzo 1667. Nel mese di maggio del 1669, fece il Sinodo diocesano che si stampò in Saluzzo nell’istess’anno coi tipi di Nicola Vallauri. Cessò di vivere nel 1691.

56. Gerolamo Provana da Nizza addì 8 luglio 1693, fece la visita pastorale a questa città di Ceva, ed emanò una serie di decreti riguardo al Capitolo ed alla Collegiata che servirono poi di base agli statuti capitolari compilati nel 1788. Passò agli eterni riposi nel mese d’agosto del 1696.

57. Giuseppe Roero di Guarene arcidiacono d’Asti; fu eletto li 27 marzo 1697. Nel 1712, ai 22 maggio visitò pastoralmente questa Collegiata e fece una serie di decreti riguardo all’uffiziatura, alle sepolture, rogazioni, ecc., si ha di lui un Sinodo diocesano, e cessò di vivere il 24 novembre 1720.

58. Frà Carlo Francesco Vasco da S. Croce Carmelitano scalzo fu eletto li 30 luglio 1727. In agosto del 1728, fece la visita a questa città, e decretò molte cose riguardo all’uffiziatura corale, ai banchi della chiesa, ai sepolcri ed [p. 342 modifica]all’archivio parrocchiale e capitolare, morì li 31 decembre 1749 10.

59. Frà Enrichetto Virginio Natta dell’ordine dei predicatori fu eletto li 25 luglio 1750. Nel 1757, fece in Ceva la visita pastorale con particolari festeggiamenti per parte del clero e dei cittadini, prese alloggio nel palazzo dei nobili Derossi. La mattina delli 13 luglio si portò nella chiesa di S. Giovanni, dove vestito pontificalmente salì su d’un caval Bianco sfarzosamente bardato, con le unghie dorate e sotto un ricco baldacchino s’avviò fra le armonie musicali, e con numeroso accompagnamento alla chiesa della Collegiata, e per tutto il tempo che si fermò in Ceva, fu ricolmo d’onori e di cortesie. Fu creato cardinale li 23 novembre 1761, da Clemente XIII, e li 26 giugno 1768, fu chiamato alla patria dei giusti.

60. Giacinto Amedeo Vagnone di Trufarello, fu fatto vescovo d’Alba li 20 settembre 1769. Nel 1774, fece la visita pastorale a questa Collegiata, compose alcune differenze insorte tra l’Arciprete ed i canonici, mandò a compilarsi gli statuti capitolari, ordinò che si provvedesse una lunetta dorata da porsi sotto il mento dei comunicanti, per raccogliere i fragmenti, e prescrisse molte altre cose tendenti al decoro della chiesa. Dopo otto anni di vescovado rinunziò alla sede d’Alba li 24 decembre 177711.

61. Giuseppe Maria Langosco dei conti di Stroppiana, eletto il 26 settembre 1778, fece la visita pastorale in Ceva il 23 giugno 1788, approvò gli statuti capitolari della Collegiata, e morì li 13 dicembre stesso anno. [p. 343 modifica]62. Giovanni Battista Pio Vitale da Mondovì, la di cui memoria si conserverà indelebilmente nel mio cuore venerata e cara, perchè ricevetti da lui gli ordini sacri, e prove incontrastabili di sua benevolenza, fu consecrato vescovo d’Alba li 26 ottobre 1791.

Volgevano tristi e tempestosi i suoi tempi, ed ebbe molto a soffrire dai partigiani della rivoluzione francese. Nel 1803, fu soppressa la diocesi d’Alba ed aggregata a quella d’Asti. Monsignor Vitale fu traslato alla sede di Mondovì sua patria, dove morì li 11 maggio 1821, con ragione compianto da ogni ceto de’ suoi concittadini e diocesani.

La città di Ceva, passò anch’essa in allora alla diocesi di Mondovì a cui trovasi tuttora aggregata12.

Note

  1. Il dotto Abate e cav. Costanzo Gazzera nella sua critica opera Delle Iscrizioni cristiane antiche del Piemonte, e della inedita epigrafe di Rustico vescovo di Torino del settimo secolo. Discorso. Torino, Stamperia Reale MDCCCXLIX, e più nelle Aggiunte e correzione al capo primo concernente ai primi Vescovi della città d’Alba, 1857, appoggiato alle memorie scritte in proposito dalli eruditissimi Mejranesio, Vernazza, e questi alla copia fatta nella metà del secolo xv dal Berardengo Dalmazzo della tavola marmorea esistente nella chiesa cattedrale d’Alba, nella quale eravi incisa la serie degli antichi Vescovi albesi, prova che questo Dionisio Vescovo d’Alba è differente dal Vescovo di Milano.
    Lasciando a chi desidera maggiori lumi sui Vescovi Albesi di consultare l’erudita opera del Gazzera, reciterò solamente i nomi che allora si: leggevano nella tavola suddetta, e sono:
    S. Dionysius, Geminianus, Venantius, Gaudentius, Albertus, Nazarius, Calextus, Arpasius, Amandius, Lampadius, Vitalis, Iustus, Flavianus, Severus, Pinius, Dacius, Albinus, Felix, Julius, Benedictus, Joseph, Arprandus, Alivertus, Johannes, Laurentius, Hugo, Andreas
    (A. B.)
  2. Vedi l’erudita e critica opera; Studii e notizie storico-critiche de’ Marchesi del Vasto e degli antichi Monasteri de1 santi Vittore e Costanzo e di S. Antonio, del Barone Giuseppe Manuel di S. Giovanni. Torino, Speirani e Tortone, 1858.
  3. Queste investiture di cui si farà soventi menzione, d’or in avanti, ebbero origine da un’usurpazione di canoni e decime spettanti alla mensa vescovile d’Alba. Per parte dei Guelfi e Ghibellini, questi redditi furono assegnati a cavalieri e vassalli dei rispettivi partiti in numero di quaranta circa. Cessate le turbolenze e le fazioni, i vescovi rientrarono, nei loro diritti, e mediante investitura acconsentivano che questi signori esigessero le decime una volta a loro dovute.
  4. Pietro era figlio d’Oddonino signore della metà di Millesimo: era abate di S. Quintino di Spigno, Priore di S. Maria de’ Fornelli, Vescovo d’Alba nel 1460, traslato alla sede di Cavaillon nel contado d’Avignone. (A.B.)
  5. Scrisse il Vida molte opere applauditissime tanto in verso che in prosa, sacre e profane.

    Le sacre sono:

    1.° Cristiados libri sex.
    2.° Hymni de rebus divinis.
    3.° Carmen pastorale in quo deploratur mors Iulii III.
    4.° Epicedion in funere Oliverii Cardinalis Caraphae.
    5.° Constitutiones synodales.
    6.° Martyrium S. Dalmatii.


    Le opere profane sono:

    1.° Scachia ludus.
    2.° Bombycum libri duo. 3.° Dialogi de reipublicae dignitate.
    4.° Orationes tres Cremonensium adversus Papienses in controversia Principati.
    5.° Liber de Magistrati.

  6. Fu Ambasciatore in Ispagna per il Duca Carlo Emanuele I, Consigliere di Vittorio Amedeo I: acquistò il contado di Riccaldone, fu sepolto nella chiesa della Madonna degli Angeli. (A. B.)
  7. In questo Sinodo di Monsignor Brizio trovasi un elenco dei canoni, prestazioni ed investiture appartenenti alla mensa vescovile d’Alba. La maggior parte delle prestazioni sono in Ceva, ad eccezione di quella dovuta dall’arciprete di Gorzegno per le cappelle di S. Margherita, di S. Gervasio, che consiste in libbre due di pepe, e quella di Malpotremo in lire due in danaro.
    Si dichiara in questo Sinodo che le censure da incorrersi ipso facto non avranno forza, nisi post declarationem a nobis factam pag. 68.
    Sono in esso nominati esaminatori Sinodali, Ippolito Derossi, arciprete della Collegiata di Ceva, D. Bartolomeo Gagliardi D. D. A. L. Canonico della stessa Collegiata, P. Salvatore Cadana Lettore di teologia, e Provinciale dei Minori Osservanti, D. Pier Francesco Scarampi abate di S. Pietro di Ferrania, Matteo Durando prevosto di Mulazzano ecc. Procuratori Sinodali per Ceva, il M. R. Carlo Lorenzo Sauli, ed il canonico Gagliardi.
  8. L’immagine della B. V. molto venerata per li suoi miracoli dai popoli circonvicini fu dipinta, come si crede, in nero sopra stoffa di seta gialla dal P. Bonaventura Relli da Palazzolo in Monferrato dell’Ordine riformato di S. Francesco, morto in Torino nel convento della Madonna degli Angeli ai 2 di ottobre del 1657 con gran fama di santità, ed è tenuto per beato, come si legge nella vita scritta dal D. Gioseffo Massa nel suo Diario de’Santi e Beati e Venerabili che vissero e morirono negli antichi Stati della R. Casa di Savoia. Torino, 1815. Dipinse anche la Madonna Santissima del Suffragio in Montariolo presso Sciolze ed è somigliantissima in tutto a questa di Priero. (A. B.)
  9. Il gentilissimo sig. Abate mitrato Simone Morra è autore d’una vita di S. Teobaldo di Vico, Protettore di Alba. (A. B.)
  10. Vasco Dalmazzo di Mondovì figlio del conte Carlo Francesco fu eletto vescovo d’Alba, secondo il Vernazza, ai 23 di giugno 1727. Si vede il suo ritratto nei chiostri di S. Teresa in Torino. (A. B.)
  11. Giacinto Amedeo Vagnone figlio di Ignazio dei Conti di Trufarello nel 1773 Abate di S. Mauro di Pulcherada, mori in Torino ai 18 luglio del 1804. Se ne vede il ritratto nella sagrestia della Confraternita della SS. Sindone. (A. B.)
  12. Monsignor Vitale si trovò al celebre congresso di vescovi in Parigi. Napoleone I ne prese il più favorevole concetto, e quando spedì il conte Lavienville a prefetto della Stura, parlando di monsignor Vitale gli disse: Lorsque vous irez à Mondovì vous voirez un ange. Veramente la sua fisonomia, i suoi modi gentili, e la dolcezza del suo carattere, non che la sua pietà avevano dell’angelico.