Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 16

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Canto 16

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Canto 15 Canto 17

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CANTO SESTODECIMO



 [1]

G
Raui pene in Amor ſi prouan molte,

     Diche patito io n’ho la maggior parte,
     E quelle in danno mio ſi ben raccolte
     Ch’io ne poſſo parlar come per arte,
     Perho s’io dico e s’ho detto altre volte
     E quado in voce, e quado! viue charte,
     Ch’il mal ſia lieue, vn’altro acerbo efiero
     Date credenza al mio giudicio vero.

 [2]
Io dico e diſſi e diro ſin ch’io viua
     Che chi ſi truoua in degno laccio preſo,
     Se ben di ſé vede ſua Donna ſchiua.
     Se in tutto auerſa al ſuo delire acceſo,
     Se bene Amor d’ogni mercede il priua,
     Poſcia che’l tempo e la fatica ha ſpefo
     Pur ch’altamente habbia locato il core,
     Piager no de, ſé ben languiſce e muore.

 [3]
Pianger de quel, che giā ſia fatto ſeruo
     Di duovaghi occhi, e d’ūa bella treccia,
     Sotto cui ſi naſconda vn cor proteruo
     Che poco puro habbia co molta feccia,
     Vorria il miſer ſuggire, e come Ceruo
     Ferito, ouunque va porta la ſreccia,
     Ha di fefleffo e del ſuo Amor vergogna
     Ne l’ofa dire e in van ſanarſi agogna.

 [4]
In queſto caſo e il Giouene Griphone
     Ch no ſi può emèdar, e il ſuo error vede,
     Vede quanto vilmente il ſuo cor pone
     In Horrigille iniqua e ſenza fede,
     Pur dal mal’uſo e vinta la ragione
     E pur l’arbitrio all’appetito cede
     Perfida ſia quantunque ingrata e ria
     Sforzato e di cercar doue ella ſia.

 [5]
Dico la bella hiſtoria ripigliando,
     Ch’uſei de la citta ſecretamente:
     Ne parlarne s’ardi col ſratel, quando
     Ripreſo in van da lui ne ſu ſouente,
     Verſo Rama a finiſtra declinando
     Preſe la via piū piana e piū corrente,
     Fu in fei giorni a Damaſco di Soria
     Indi verſo Antiochia ſé ne giā.

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[ 7 8
ORLANDO FVRIOSO
 [6]
Scontro preſſo a Damaſco il caualliero
     A cui donato hauea Horrigille il core:
     E conuenian di rei coſtumi in vero
     Come ben ſi conuien l’herba col fiore:
     Che l’uno e l’altro era di cor leggiero,
     Perfido l’uno e l’altro e traditore,
     E copria l’uno e l’altro il ſuo difetto
     Con danno altrui, ſotto corteſe aſpetto.

 [7]
Come io vi dico il cauallier venia
     S’ un grá deſtrier co molta pópa armato,
     La perfida Horrigille in compagnia
     In vn veſtire Azur d’ oro ſregiato,
     E duo valletti, donde ſi ſeruia
     A portar’ elmo e ſcudo, haueua allato,
     Come quel che volea con bella moſtra
     Comparire in Damaſco ad vna gioſtra.

 [8]
Vna ſplendida feſta che bandire
     Fece il Re di Damaſco in quelli giorni
     Era cagion di far quiui venire
     I cauallier quanto potean piú adorni,
     Toſto che la Puttana comparire
     Vede Griphò, ne teme oltraggi e ſcorni,
     Sa che l’amante ſuo non e ſi ſorte
     Ch contra lui l’habbia a capar da morte.

 [9]
Ma ſi come audaciſſima e ſcaltrita
     Anchor che tutta di paura trema:
     S’ acconcia il viſo, e ſi la voce aita
     Che non appar in lei ſegno di tema,
     Col Drudo hauèdo giá l’aſtutia ordita
     Corre, e ſingendo vna letitia eſtrema,
     Verſo Griphon l’aperte braccia tende
     Lo ſtringe al collo, e gra pezzo ne pede.

 [10]
Doppo accordando affettuoſi geſti
     Alla ſuauita de le parole,
     Dicea piagendo Signor mio ſon queſti
     Debiti premii a chi t’adora e cole?
     Che ſola ſenza te giá vn’ anno reſti
     E va p l’altro, e anchor non te ne duole
     E s’io ſtaua aſpettare il tuo ritorno
     Nò ſo ſé mai veduto haurei ql giorno.

 [11]
Quando aſpettaua che di Nicoſia,
     Doue tu te n’ andarti alla gran corte,
     Tornaſſi a me: che con la febbre ria
     Laſciata haueui in dubbio de la morte,
     Intefí che paſſato eri in Soria,
     Il che a patir mi ſu ſi duro e ſorte
     Che non ſapendo come io ti feguififi
     Quaſi il cor di man propria mi traffiffi.

 [12]
Ma Fortuna di me con doppio dono
     Moſtra d’hauer, quel che no hai tu: cura
     Mandomi il ſratel mio col quale io ſono
     Sin qui venuta del mio honor ſicura,
     Et hor mi mada queſto incontro buono
     Di te, ch’io ſtimo fopra ogni auentura,
     E bene a tempo il fa, che piú tardando
     Morta farei, te Signor mio bramando.

 [13]
E ſeguito la Donna ſraudolente
     Di cui l’opere fur piú che di volpe,
     La ſua querela coſi afonamente
     Che riuerſo in Griphon tutte le colpe,
     Gli fa ſtimar colui, non che parente,
     Ma ch d’ u padre ſeco habbia oſſa e polpe
     E con tal modo fa tener gl’inganni
     Che men verace par Luca e Giouanni.

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 [14]
Non pur di ſua perfidia non riprende
     Griphon la donna iniqua piú che bella,
     Non pur vendetta di colui non prende
     Che fatto s’ era adultero di quella,
     Ma gli par far assai ſé ſi difende
     Che tutto il biaſmo in lui no riuerſi ella,
     E come foſſe ſuo cognato vero
     D’ accarezzar non ceſſa il caualliero.

 [15]
E con lui ſé ne vien verſo le porte
     Di Damaſco, e da lui ſente tra via
     Che la dentro douea ſplendida corte
     Tenere il ricco Re de la Soria,
     Et ch’ognun quiui, di qualunque ſorte
     O ſia Chriſtiano, o d’ altra legge ſia
     Dentro e di ſuori ha la citta ſicura
     Per tutto il tempo che la feſta dura.

 [16]
Non perho ſon di ſeguitar ſi intento
     L’hiſtoria de la perfida Horigille,
     Ch’a giorni ſuoi, non pur’ un tradimento
     Fatto a gliamati hauea, ma mille e mille,
     Ch’io non ritorni a riueder dugento
     Mila perſone, o piú de le ſcintille
     Del fuoco ſtuzzicato, oue alle mura
     Di Parigi facean danno e paura.

 [17]
Io vi laſciai come adattato hauea
     Agramante vna porta de la terra
     Che trouar ſenza guardia ſi credea:
     Ne piú riparo altroue il paſſo ferra,
     Perche in perſona Carlo la tenea,
     Et hauea ſeco i maſtri de la guerra
     Duo Guidi, duo Angelini, vno Angeliero
     Auino, Auolio, Ottone, e Berlingiero.

 [28]
Inanzi a Carlo, inanzi al Re Agramante
     l’un ſtuolo e l’altro ſi vuol far vedere.
     Oue gran loda, oue merce abondante
     Si può acquiſtar, facendo il ſuo douere,
     I Mori non perho ſer pruoue tante
     Ch par riſtoro al dano habbiao hauere,
     
 [10]Perche ve ne reſtar morti parecchi
     Ch’ a glialtri fur di ſolle audacia ſpecchi

 [29]
Grandine ſembran le ſpeſſe ſaette
     Dal muro fopra gli’nimici ſparte
     II grido infin’al ciel paura mette
     Che fa la noſtra, e la contraria parte,
     Ma Carlo vn poco, & Agramate aſpette
     Ch’io vo cantar de l’Africano Marte
     Rodomonte terribile & horrendo
     Che va per mezo la citta correndo.

 [30]
Non ſo Signor ſé piú vi ricordiate
     Di queſto Saracin tanto ſicuro,
     Che morte le ſue genti hauea laſciate
     Tra il fecondo riparo e’l primo muro:
     Da la rapace ſiamma deuorate
     Che non ſu mai ſpettacolo piú oſcuro,
     Diſſi ch’entro d’un ſalto ne la terra
     Sopra la ſoſſa che la cinge e ferra,

 [31]
Quando ſu noto il Saracino atroce
     All’arme iſtrane alla ſcagliofa pelle
     La doue i vecchi, e’l popul men feroce
     Tendean l’orecchie a tutte le nouelle,
     Leuoſſi vn piato, vn grido, vn’ alta voce
     Co vn batter di man ch’andò alle ſtelle,
     E chi potè ſuggir non vi rimaſe
     Per ferrarfi ne templi e ne le caſe.

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 [22]
Ma qſto a pochi il brando rio conciede
     Ch’intorno ruota il Saracin robuſto,
     Qui fa reſtar con meza gaba vn piede,
     La fa vn capo sbalzar lungi dal buſto:
     l’un tagliare a trauerſo ſé gli vede,
     Dal capo all’ache vn’ altro fender giuſto
     E di tanti ch’uccide fere e caccia
     No ſé gli vede alcun ſegnare in faccia.

 [23]
Quel che la Tigre de l’armeto imbelle
     Ne campi Hircani, o la vicino al Gange,
     O’I Lupo de le capre e de l’agnelle
     Nel monte che Typheo ſotto ſi ſrange,
     Quiui il crudel Pagan facea di quelle
     Non diro ſquadre, non diro Phalange:
     Ma vulgo e populazo voglio dire
     Degno, prima che naſca di morire.

 [24]
No ne troua vn che veder poſſa in ſròte
     Fra tanti che ne taglia ſora e ſuena:
     Per qlla ſtrada che vien dritto al ponte
     Di fan Michel, ſi popolata e piena
     Corre il fiero e terribil Rodomonte
     E la ſanguigna ſpada a cerco mena:
     Non riguarda ne al ſeruo ne al Signore
     Ne al giuſto ha piú pietá, ch’al peccato?

 [25]
Religion non gioua al ſacerdote,
     Ne la innocentia al Pargoletto gioua,
     Per ſereni occhi, o per vermiglie gote
     Merce ne donna ne donzella truoua,
     La vecchiezza ſi caccia e ſi percuote,
     Ne quiui il Saracin fa maggior pruoua
     Di gran valor, che di gran crudeltade
     Che non diſcerne feſſo, ordine, etade.

 [26]
Non pur nel ſangue human l’ira ſi ſtède
     Del’épio Re, capo e Signor de gli empi,
     Ma cOtra i tetti anchor, ſi che n’incende
     Le belle caſe e i profanati tempi,
     Le caſe eran per quel che ſé n’ intende
     Quaſi tutte di legno in quelli tempi,
     E bè creder ſi può, ch’in Parigi bora
     De le diece le fei ſon coſi anchora.

 [27]
NO par, qjtuq3 il fuoco ogni coſa arda:
     Che ſi grade odio anchor fatiar ſi poſſa:
     Doue s’aggrappi con le mani, guarda
     Si che ruini vn tetto ad ogni ſcoſſa,
     Signor hauete a creder che bobarda
     Mai non vedeſte a Padoua ſi groſſa
     Che tanto muro poſſa far cadere
     Quato fa in vna ſcoſſa il Re d’ Algiere.

 [28]
Mentre quiui col ferro il maledetto
     E con le fiáme facea tanta guerra
     Se di ſuor Agramante haueſſe affretto
     Perduta era quel di tutta la terra,
     Ma no v’ hebbe agio, che’gli ſu iterdetto
     Dal Paladin che venia d’ Inghilterra
     Col populo alle ſpalle Ingleſe e Scotto
     Dal Silentio e da l’Angelo condotto.

 [29]
Dio volſe che all’entrar che Rodomòte
     Fé ne la terra, e tanto fuoco acceſe,
     Che preſſo a i muri il fior di Chiaramóte
     Rinaldo giunſe, e ſeco il capo Ingleſe,
     Tre leghe fopra hauea gittato il ponte
     E torte vie da man finiſtra preſe,
     Che diſegnando i Barbari aſſalire
     Il fiume non l’haueſſe ad impedire.

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 [30]
Mandato hauea fei mila fanti arcieri
     Sotto l’altiera inlegna d’Odoardo
     E duo mila caualli e piú, leggieri:
     Dietro alla guida d’Ariman gagliardo,
     E mandati gli hauea per li ſentieri
     Chevano e végon dritto al mar Picardo
     Ch’a porta fan Martino, e fan Dionygi
     Entraffero a ſoccorſo di Parigi.

 [31]
I cariaggi e glialtri impedimenti
     Con lor fece drizzar per queſta ſtrada,
     Egli con tutto il reſto de le genti
     Piú fopra andò girando la contrada,
     Seco hauean naui, e ponti, & argumenti
     Da paſſar Senna, che non ben ſi guada,
     l’affato ogn’ uno, e dietro i ponti rotti
     Ne le lor ſchiere ordío Ingleſi e Scotti.

 [32]
Ma prima quei Baroni e Capitani
     Rinaldo intorno hauendoſi ridutti:
     Sopra la riua ch’alta era da i piani
     Si che poteano vdirlo e veder tutti
     Diſſe, Signor ben a leuar le mani
     Hauete a Dio, che q v’habbia condutti.
     Accio dopo vn breuiffimo ſudore
     Sopra ogni nation vi doni honore.

 [33]
Per voi faran dui principi ſaluati
     Se leuate l’aſſedio a quelle porte
     Il voſtro Re, che voi ſete vbligati
     Da ſeruitu difendere, e da morte
     Et vno Imperator de piú lodati
     Ch mai tenuto al mòdo habbiano corte,
     E con loro altri Re, Duci e Marcheſi,
     Signori, e Cauallier di piú paeſi.

 [34]
Si che ſaluando vna citta, non ſoli
     Parigini vbligati vi faranno,
     Che molto piú che per li proprii duoli
     Timidi afflitti e sbigottiti ſtanno
     Per le lor mogli, & per li lor ſigliuoli
     Ch’ a vn medeſmo pericolo ſeco hanno,
     E per le fante vergini richiufe,
     C’hoggi non ſien de i voti lór delufe.

 [35]
Dico, ſaluando voi queſta cittade
     V’ubligate non ſolo i Parigini,
     Ma dogn’ intorno tutte le contrade,
     Non parlo ſol de i populi vicini,
     Ma non e terra per Chriſtianitade
     Che non habbia qua dentro cittadini.
     Si che vincendo, hauete da tenere
     Ch piú ch Fracia v’habbia obligo hauere.

 [36]
Se donaua gli antiqui vna corona
     A chi ſaluaſſe a vn cittadin la vita,
     Hor che degna mercede a voi ſi dona ?
     Saluando multitudine inſinita?
     Ma ſé da inuidia, o da viltá, ſi buona
     K ſi ſanta opra rimarrá impedita
     Credetemi, che preſe quelle mura
     Ne Italia ne Lamagna ancho e ſicura.

 [37]
Ne qualunque altra parte oue s’ adori
     Quel che volſe p noi péder fu’l legno.
     Ne voi crediate hauere lontani i Mori
     Ne che pel mar ſia ſorte il voſtro regno,
     Che s’ altre volte quelli vſcendo ſuori
     Di Zibeltaro, e del Herculeo ſegno
     Riportar prede da l’Iſole voſtre,
     Ch farano hor, s’ hauran le terre noſtre?

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 [38]
Ma quado achor neſſuno honor, neſſuno
     Vtil, v’ inanimaſſe a queſta impreſa,
     Còmun debito e ben: ſoccorrer l’uno
     l’altro, che militian ſotto vna Chieſa,
     Ch’ io non vi dia rotti i nemici, alcuno
     Nò ſia chi tema, e con poca conteſa,
     Che gente male eſperta tutta parmi
     Senza poſſanza, ſenza cor, fenz’armi.

 [39]
Potè con queſte e con miglior ragioni
     Con parlare eſpedito e chiara voce
     Eccitar quei magnanimi baroni
     Rinaldo, e quello eſercito feroce,
     E ſu, coiti’ e in puerbio, aggiúger ſproni
     Al buon corſier che giá ne va veloce
     Finito il ragionar fece le ſchiere
     Muouer pian pian ſotto le lor bandiere.

 [40]
Senza ſtrepito alcun ſenza rumore
     Fa il tripartito eſercito venire:
     Lungo il fiume a Zerbin dona l’honore
     Di douer prima i Barbari aſſalire,
     E fa quelli d’ Irlanda con maggiore
     Volger di via, piú tra campagna gire,
     E i cauallieri, e i fanti d’ Inghilterra
     Col Duca di Lincaſtro in mezo ferra.

 [41]
Drizzati che gli ha tutti allor camino
     Caualca il Paladin lungo la riua,
     E paſſa inanzi al buon Duca Zerbino
     E a tutto il campo che con lui veniua,
     Tato e’ hai Re d’ Orano, e al Re Sobrino
     E a glialtri lor compagni fopr’ arriua
     Ch mezo miglio appſſo a qi di Spagna
     Guardauan da quel canto la campagna.

 [42]
l’eſercito Chriſtian che con ſi ſida
     E ſi ſicura ſcorta era venuto
     C’hebbe il Silétio, e l’Angelo per guida
     Non potè hormai patir piú di ſtar muto,
     Sentiti gli ’nimici alzo le grida
     E de le tróbe vdir ſé il ſuono arguto
     E con l’alto rumor ch’arri uo al cielo
     Mando ne l’oſſa a Saracini il gelo.

 [43]
Rinaldo inanzi a glialtri il deſtrier puge
     E con la lancia per cacciarla in reſta
     Laſcia gli Scotti vn tratto d’arco lunge
     (Ch’ogni indugio a ferir ſi lo moleſta)
     Come groppo di vento talhor giunge
     Che ſi tra dietro vn’ horrida tempeſta
     Tal ſuor di ſquadra, il cauallier gagliardo
     Venia ſpronado il corridor Baiardo

 [44]
Al comparir del Paladin di Francia
     Dan ſegno i Mori alle ſuture angofee,
     Tremare a tutti in man vedi la lancia
     I piedi in ſtaffa, e ne l’arcion le coſce,
     Re Puliano ſol non muta guancia
     Che queſto eſſer Rinaldo non conoſce:
     Ne penſando trouar ſi duro intoppo
     Gli muoue il deſtrier cetra di galoppo.

 [45]
E ſu la lancia nel partir ſi ſtringe
     E tutta in ſé raccoglie la perſona:
     Poi co ambo gli ſproni il deſtrier ſpige
     E le redine inanzi gli abandona,
     Da l’altra parte il ſuo valor non ſinge
     E moſtra in fatti quel ch’in nome ſuona
     Quato habbia nel gioſtrare e gra & arte
     II ſigliuolo d’ Amone, anzi di Marte.

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 [46]
Furo al ſegnar de gli aſpri colpi pari
     Che ſi poſero i ferri ambi alla teſta,
     Ma ſuro in arme, & in virtú diſpari
     Che l’un via pana, & l’altro morto reſta,
     Biſognan di valor ſegni piú chiari
     Che por co leggiadria la lancia in reſta,
     Ma fortuna ancho piú biſogna assai,
     Che ſenza vai virtú raro: o non mai.

 [47]
La buona lancia il Paladin racquiſta
     E verſo il Re d’Oran ratto ſi ſpicca
     Che la perſona hauea pouera e triſta
     Di cor, ma d’oſſa e di gran polpe ricca
     Queſto por tra bei colpi ſi può in liſta
     Bé ch’in fondo allo ſcudo gli l’appicca
     E chi non vuol lodarlo habbialo eſcuſo
     Perche non ſi potea giunger piú infufo.

 [48]
Non lo ritien lo ſcudo che non entre
     Bé che ſuor ſia d’acciar, dètro di palma,
     E che da ql gran corpo vſcir pel ventre
     Non faccia l’inequale e piccola alma,
     Il deſtrier che portar ſi credea mentre
     Durafl'e il lungo di, ſi graue ſalma,
     Riferi in mente ſua gratie a Rinaldo
     Ch’ a qllo ícotro gli ſchiuovn gra caldo

 [49]
Rotta l’haſta Rinaldo il deſtrier volta
     Tato leggier, ch fa ſembrar e’ habbia ale
     E doue la piú ſtretta e maggior ſolta
     Stiparſi vede, impetuoſo aſſale,
     Mena Ftifberla ſanguinoſa in volta
     Che fa l’arme parer di vetro ſrale,
     Tèpra di ferro il ſuo tagliar non ſchiua
     Che non vada a trouar la carne viua.

 [50]
Ritrouar poche tempre e pochi ferri
     Può la tagliente ſpada, oue s’ incappi,
     Ma targhe, altre di cuoio, altre di cerri
     Giupe trapunte, e attorcigliati drappi,
     Giuſto e be dunqj che Rinaldo atterri
     Qualiiqj aſſale, e ſori, e ſquarci, e affrappi
     Che no piú ſi difende da ſua ſpada
     C herba da falce, o da tempeſta biada.

 [51]
La prima ſchiera era giá meſſa in rotta
     Quado Zerbin co I’ antiguardia arriua,
     Il cauallier inauri alla gran ſrotta
     Con la lancia arreſtata ne veniua:
     La gente ſotto il ſuo pennon condotta
     Con non minor ſierezza lo ſeguiua,
     Tanti Lupi parean, tanti Leoni
     Ch’andaffero aſſalir capre o montoni.

 [52]
Spinſe a vn tepo ciaſcuno il ſuo cauallo
     Poi che fur preſſo, e ſpari immantinente
     Quel breue ſpatio, quel poco iteruallo
     Che ſi vedea ſra luna e laltra gente,
     Non ſu ſentito mai piú ſtrano ballo
     Che ferian gli Scozeſi ſolamete
     Solamente i pagani eran diſtrutti
     Come ſol per morir foſſer condutti.

 [53]
Parue piú ſreddo ogni paga ch ghiaccio
     Parue ogni Scotto piú che ſiama caldo,
     I Mori ſi credean e’ hauere il braccio
     Doueſſe ogni Chriſtia e’ hebbe Rinaldo
     Moſſe Sobrino i ſuoi ſchierati auaccio,
     Senza aſpettar che lo’nuitaffe Araldo,
     De l’altra ſquadra queſta era migliore
     Di capitano, d’arme, e di valore.

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 [54]
D’Africa v’era la men triſta gente
     Ben che ne qſta achor gra pzzovaglia,
     Dardinel la ſua moſſe incontinente
     E male armata, e peggio vſa in battaglia
     Bé ch’egli í capo hauea l’elmo lucete
     E tutto era coperto a piaſtra e a maglia
     Io credo che la quarta miglior ſia
     Con laqual Iſolier dietro venia

 [55]
Trafone in tanto il buon Duca di Marra
     Che ritrouarſi all’alta impreſa gode
     A i cauallieri ſuoi leua la ſbarra
     E ſeco inuita alle famoſe lode,
     Poi ch’Iſolier con quelli di Nauarra
     Entrar ne la battaglia vede & ode,
     Poi moſſe Ariodante la ſua ſchiera
     Che nuouo Duca d’ Albania fatt’ era.

 [56]
L’alto rumor de le ſonore trombe
     De timpani, e de barbari ſtromenti
     Giunti al còtinuo ſuon d’ archi, di ſròbe
     Di machine, di ruote, e di tormenti:
     E quel, di che piú par che’l ciel ribombe
     Gridi, tumulti, gemiti, e lamenti:
     Rendeno vn’ alto ſuon, ch’a ql s’ accorda
     Con che i vicin cadendo il Nilo afforda

 [57]
Grade ombra d’ ognltorno il cieloiuolue
     Nata dal ſaettar de li duo campi,
     l’halito, il ſumo del ſudor, la polue,
     Par che ne l’aria oſcura nebbia ſtampi:
     Hor qua l’un capo, hor l’altro la ſi volue
     Vedreſti hor eòe vn ſegua, hor cóeſcapi
     Et iui alcuno o non troppo diuiſo
     Rimaer morto oue ha il nimico vcciſo.

 [58]
Doue ima ſquadra p ſtáchezza e moſſa
     Vn’ altra ſi fa toſto andare inanti:
     Di qua di la, la gente d’ arme ingroſſa
     La cauallieri, e qua ſi metton fanti,
     La terra che foſtien l’aſſalto e roſſa
     Mutato ha il verde ne ſanguigni manti,
     E dou’ erano i fiori azurri e gialli
     Giacèo vcciſi hor gli huomini e i caualli

 [59]
Zerbin facea le piú mirabil pruoue
     Che mai faceſſe di ſua etá garzone:
     l’eſercito pagan che’ntorno pioue
     Taglia & vecide, e mena a deſtruttione,
     Ariodante alle ſue genti nuoue
     Moſtra di ſua virtú gran paragone,
     E da di ſé timore e merauiglia
     A quelli di Nauara, e di Caſtiglia.

 [60]
Chelindo e Moſco i duo ſigli baſtardi
     Del morto Calabrun Re d’ Aragona:
     Et vn che reputato ſra gagliardi
     Era Calamidor da Barcelona,
     S’ hauean laſciato a dietro gli ſtendardi
     E credendo acquiſtar gloria e corona
     Per vecider Zerbin, gli ſuro adoſſo
     Et ne ſianchi il deſtrier gli hano peoffo,

 [61]
Paſſato da tre lance il deſtrier morto
     Cade, ma il buon Zerbin ſubito e í piede
     Ch’a qi ch’ai ſuo cauallo ha fatto torto
     Per vendicarlo va doue gli vede,
     E prima a Moſco al giouene inaccorto
     Che gli ſta fopra, e di pigliar se’l crede
     Mena di punta, e lo paſſa nel ſianco
     E ſuor di fella il caccia ſreddo e bianco.

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 [62]
Poi che ſi vide tor come di ſurto
     Chelindo il ſratel ſuo, di furor pieno
     Véne a Zerbino, e penſo dargli d’urto
     Ma gli preſe egli il corridor pel ſreno,
     Traſſelo in terra, onde non e mai ſurto
     E non mangio mai piú biada ne ſieno,
     Che Zerbin ſi gra ſorza a vn colpo miſe
     Ch lui col ſuo Signor d’ un taglio vcciſe.

 [63]
Come Calamidor quel colpo mira
     Volta la briglia per leuarſi in fretta:
     Ma Zerbin dietro vn gran fendente tira
     Dicendo traditore aſpetta aſpetta,
     Non va la botta oue n’ andò la mira
     Non che perno lontana vi ſi metta:
     Lui non potè arriuar ma il deſtrier preſe
     Sopra la groppa, e in terra Io diſtefe.

 [64]
Colui laſcia il cauallo, e via carpone
     Va per campar: ma poco gli ſucceſſe,
     Che venne caſo che’l duca Trafone
     Gli paſſo fopra, e col peſo l’oppreffe:
     Ariodante e Lurcanio ſi pone
     Doue Zerbino e ſra le genti ſpeffe,
     E ſeco hanno altri e cauallieri e conti
     Ch fanno ogn’opra che Zerbin rimonti.

 [65]
Menaua Ariodante il brando in giro,
     E ben lo ſeppe Artalico e Margano,
     Ma molto piú Etearco e Caſimiro
     La poſſanza ſentir di quella mano,
     I primi duo feriti ſé ne giro
     Rimaſer glialtri duo morti ſui piano
     Lurcanio fa veder quanto ſia ſorte
     Che fere, vrta, ríuerfa, e mette a morte.

 [66]
Non crediate Signor che ſra campagna
     Pugna minor che preſſo al fiume ſia,
     Ne ch’a dietro l’efercito rimagna
     Che di Lincaſtro il buon Duca ſeguia,
     Le bandiere aſſali queſto di Spagna
     E molto ben di par la coſa giá,
     Che fanti cauallieri e capitani
     Di qua e di la ſapean menar le mani.

 [67]
Dinanzi Vien Oldrado e Fieramonte
     Vn Duca di Gloceſtra vn d’ Eborace,
     Con lor Ricardo di Varuecia conte,
     E di Chiarenza il Duca Hèrigo audace,
     Han Mattaliſta e Follicone a ſronte
     E Baricondo, & ogni lor ſeguace
     Tiene il primo Almeria, tiene il ſecòdo
     Granata: tien Maiorca Baricondo.

 [68]
La ſiera pugna vn pezzo andò di pare
     Che vi ſi diſcernea poco vantaggio,
     Vedeaſi hor l’uno hor l’altro ire e tornar
     Come le biade al ventolin di Maggio,
     O come fopra’l lito vn mobil mare
     Hor vien hor va ne mai tien vn viaggio,
     Poi ch Fortua hebbe ſcherzato u pezzo
     Dannofa a i Mori ritorno da ſezzo.

 [69]
Tutto in vn tempo il Duca di Gloceſtra
     A Mataliſta fa votar l’arcione,
     Ferito a vn tempo ne la ſpalla deſtra
     Fieramonte riuerſa Follicone,
     E l’un Pagano e l’altro ſi fequeſtra
     E tra gl’Ingleſi ſé ne va prigione,
     E Baricondo a vn tempo riman ſenza
     Vita, p man del Duca di Chiarenza.

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 [70]
Indi i Pagani tanto a ſpauentarfi
     Indi i Fedeli a pigliar tanto ardire,
     Che quei non facean altro che ritrarſi
     E partirli da l’ordine e ſuggire,
     E queſti andar inanzi, & auanzarſi
     Sempre terreno, e ſpingere e ſeguire
     E ſé non vi giungea, chi lor die aiuto
     Il campo da quel lato era perduto.

 [71]
Ma Ferrau che ſin qui mai non s’ era
     Dal Re Marſilio ſuo troppo diſgiunto,
     Quando vide ſuggir quella bandiera
     E l’efercito ſuo mezo conſunto,
     Sprono il cauallo, e doue ardea piú ſiera
     La battaglia lo ſpinfe, e arriuo a punto
     Che vide dal deſtrier cadere in terra
     Col capo feſſo Olimpio da la ferra.

 [72]
Vn giouinetto che col dolce canto
     Concorde al ſuon de la cornuta cetra
     D’ intenerire vn cor ſi daua vanto,
     Anchor che foſſe piú duro che pietra,
     Felice lui ſé contentar di tanto
     Honor ſapeaſi, e ſcudo, arco, e pharetra
     Hauer in odio, e ſcimitarra e lancia
     Che lo fecer morir giouine in Francia.

 [73]
Quando lo vide Ferrau cadere
     Che ſolea amarlo, e hauere i molta eſtima
     Si ſente di lui ſol via piú dolere
     Che di mill’altri che periron prima,
     E fopra chi l’uccife in modo fere
     Che gli diuide l’elmo da la cima
     Per la ſronte, per gliocchi, e per la faccia
     p mezo il petto, e morto a terra il caccia.

 [74]
Ne qui s’ indugia, e il brado itorno ruota
     Ch’ogni elmo rope, ogni lorica ſmaglia,
     A chi ſegna la ſronte, a chi la gota,
     Ad altri il capo, ad altri il braccio taglia
     Hor qſto hor ql di sague, & d’alma vota
     E ferma da quel canto la battaglia
     Onde la ſpauentata ignobil ſrotta
     Senza ordine ſuggia ſpezzata e rotta.

 [75]
Entro ne la battaglia il Re Agramante
     D’ uccider gente, e di far Pruoue vago:
     E ſeco a Baliuerzo, Farurante:
     Prufion, Sondano, e Bambirago:
     Poi ſon le genti ſenza nome tante
     Che del lor ſangue hoggi farano ti lago
     Che meglio conterei ciaſcuna ſoglia
     Quando l’Autuno gli arbori ne ſpoglia.

 [76]
Agramáte dal muro vna gran banda
     Di fanti hauendo e di caualli tolta
     Col Re di Feza ſubito li manda
     Che dietro a i padiglion piglin la volta,
     E vadano ad opporli a quei d’ Irlanda
     Le cui ſquadre vedea con fretta molta
     Dopo gran giri, e larghi auolgimenti
     Venir per occupar gli alloggiamenti.

 [77]
Fu’l Re di Feza ad eſequir ben preſto
     Ch’ ogni tardar troppo nociuto hauria
     Raguna in tanto il Re Agramáte il reſto
     Parte le ſquadre e alla battaglia inuia,
     Egli va al fiume, che gli par ch’in queſto
     Luogo, del ſuo venir biſogno ſia,
     E da quel canto vn meſſo era venuto
     Del Re Sobrino a domandare aiuto.

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 [78]
Menaua in vna ſquadra piú di mezo
     Il campo dietro, e ſol del gran rumore
     Tremar gli Scoti, e tanto ſu il ribrezo
     Ch’abbandonauan l’ordine e l’honore:
     Zerbin, Lurcanio, e Ariodante in mezo
     Vi reſtar ſoli incontra a miei furore,
     E Zerbin ch’era a pie vi peria ſorſè
     Ma’l buon Rinaldo a tépo ſé n’ accorſe.

 [79]
Altroue intanto il Paladin s’ hauea
     Fatto inanzi ſuggir cento bandiere,
     Hor che l’orecchie la nouella rea
     Del gran periglio di Zerbin gli fere,
     Ch’ a piedi ſra la gente Cyrenea
     Laſciato ſolo hauenno le ſue ſchiere,
     Volta il cauallo, e doue il campo Scotto
     Vede ſuggir, prende la via di botto.

 [80]
Doue gli Scotti ritornar ſuggendo
     Vede s’appara, e grida hor doue andate?
     Perche tanta viltade in voi comprendo
     Che a ſi vii gente il campo abbadonate?
     Ecco le ſpoglie de le quali intendo
     Ch’ eſſer douea le voſtre chieſe ornate,
     O che laude, o che gloria, che’l ſigliuolo
     Del voſtro Re ſi laſci a piedi e ſolo.

 [81]
D’ u ſuo ſcudier vna groſſa haſta afferra
     E vede Prufion poco lontano
     Re d’ Aluaracchie, e adoſſo ſé gli ferra
     E de Pardon lo porta morto al piano
     Morto Agricalte, e Bambirago atterra
     Dopo fere aſpramente Sondano
     E come glialtri l’hauria tneffo a morte
     Se nel ferir la lancia era piú ſorte.

 [82]
Stringe Fuſberta, poi che l’haſta e rotta
     E tocca Serpentin quel da la Stella,
     Fatate l’arme hauea, ma quella botta
     Pur tramortito il manda ſuor di fella:
     E coſi al Duca de la gente Scotta
     Fa piazza intorno ſpatiofa e bella,
     Si che ſenza conteſa vn deſtrier puote
     Salir di quei che vanno a ſelle vote.

 [83]
E ben ſi ritrouo ſalito a tempo
     Che ſorſè noi facea ſé piú tardaua,
     Perche Agramate e Dardinello a u tèpo
     Sobrin col Re Balaſtro v’ arriuaua,
     Ma egli che montato era per tempo
     Di qua e di la col brando s’aggiraua
     Madádo hor qſto hor ql giú nel inſerno
     A dar notitia del viuer moderno.

 [84]
Il buon Rinaldo ilquale a porre in terra
     I piú dannoſi hauea ſempre riguardo.
     La ſpada contra il Re Agramate afferra
     Che troppo gli parea fiero e gagliardo,
     Facea egli ſol piú che mille altri guerra
     E ſé gli ſpinfe adoſſo con Baiardo,
     Lo fere a vn tempo, & vrta di trauerſo
     Si che lui col deſtrier manda riuerſo.

 [85]
Mentre di ſuor con ſi crudel battaglia
     Odio, rabia, furor, l’un l’altro oſſende
     Rodomonte in Parigi il popul taglia
     Le belle caſe, e i ſacri templi accende,
     Carlo ch’in altra parte ſi trauaglia,
     Queſto no vede, e nulla anchor ne’ntède
     Odoardo raccoglie & Arimano
     Ne la citta col lor popul Britanno.

[p. 188 modifica]


 [86]
Allui véne vn ſcudier pallido in volto
     Che potea a pena trar del petto il ſiato,
     Ahimè Signor ahimè, replica molto,
     Prima e’ habbia a dir altro incominciato,
     Hoggi il Romao iperio hoggi e ſepolto,
     Hoggi ha il ſuo popul Xpo abandonato
     11 Demonio dal cielo e piouuto hoggi,
     Perche in queſta Citta piū nò s’alloggi.

 [87]
Satanaſſo (perdi’ altri eſſer non puote)
     Strugge e ruina la citta inſelice,
     Volgiti e mira le ſumoſe ruote,
     De la rouente ſiamma predatrice,
     Aſcolta il pianto che nel ciel percuote
     E faccian fede a quel che’l ſeruo dice:
     Vn ſolo e ql, ch’a ferro e a fuoco ſtrugge
     La bella terra, e inanzi ognun gli ſugge.

 [88]
Quale e colui che prima oda il tumulto
     E de le ſacre ſquille il batter ſpeffo
     Ch vegga il fuoco, aneſſun’altro occulto
     Ch’a ſé, ch piū gli tocca e gli e piū pſſo:
     Tal’e il Re Carlo, udèdo il nuouo Iſulto
     E conoſcendol poi con l’occhio iſteffo:
     Onde lo sforzo di ſua miglior gente,
     Al grido drizza e al gra rumor ch ſente

 [89]
De i Paladini e de i guerrier piū degni
     Carlo ſi chiama dietro vna gran parte,
     E ver la piazza fa drizzare i ſegni
     Che’l Pagan s’era tratto in quella parte
     Ode il rumor vede gli horribil ſegni
     Di crudeltā, l’humane membra ſparte:
     Hora non piū, ritorni vn’altra volta
     Chi voluntier la bella hiſtoria aſcolta.