Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/365

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nota 359


Assai piú numerose sono le piccole lacune, le quali dipendono dall’omissione di monosillabi sempre poco appariscenti alla vista, spesso poco importanti al senso, ma che l’andamento dell’espressione consiglia e talvolta impone di ristabilire. Le passerò in rassegna raggruppandole insieme:

non I 30527 «non si sforzasse»1, II 1324 «che tu non l’avessi trovata»2;

sua I 6812 «oltre alla sua speranza» (cfr. I 714), II 30127 «domandato alla sua donna» (suppl. giá da L);

chiII 20522 «chi con vanga e chi con marra», II 31822 «chi biasimando una cosa e chi» (qui manca in B anche la e): la correlazione chi.... e chi richiede l’integrazione3;

se I 27418 «se non che» (il Fanfani pensò alla correzione, ma lasciò nella vulg. non che, e non si comprende come l’intendesse);

ne, né I 497 e II 20020 «andatosene», I 29020 «salitosene» e II 20913 «venendosene»4; I 31232 « piú meno», II 1463 « l’amare lagrime», II 16235 «né ve ne priego», II 16725 «me ne partii»;

mi I 6623 «m’imponete», I 27247 «non m’è»5, II 30227 «conceduto non m’è»6;
  1. In G fu ristabilito opportunamente il non, ma la strenua difesa della lezione di L (che è quella di B) fatta dai Deputati del 1573 lo fece respingere dalla vulg.: a torto, come mostra il vb. sforzare qui usato; se il passo non doveva portare la negazione, invece di «sforzasse» avremmo dovuto trovare «osasse» o altra parola simile. Cfr. per altre argomentazioni Hecker, Die Berl. Dec.-Hs., p. 10.
  2. Stampando questo passo senza la negazione, con’è nella vulg, gli s’è fatto dire il contrario di quel che doveva essere evidentemente nell’animo di Bruno, il quale rimprovera Calandrino di avergli voluto far credere che non avesse trovato l’elitropia, non giá che l’avesse trovata (basterebbero a provar ciò, se ce ne fosse bisogno, i rimproveri di Bruno e di Buffalmacco sul finire della nov. VIII, iii: «perché egli aveva in animo d’ingannare i suoi compagni, a’ quali, come s’avvedeva d’averla trovata, il dovea palesare»).
  3. In II 31823 la lezione della vulg. «chi biasimando una cosa, un’altra intorno ad essa lodandone» travolge addirittura il senso, facendo apparire che sia la stessa persona a biasimare una cosa ed a lodare un’altra.
  4. Nei primi due luoghi e nell’ultimo fu giá corr. in L. Che le forme sú registrate siano da tenere per incompiute, mostra l’osservare come in I 638 l’amanuense di B, dopo avere scritto dandarse, aggiunse subito in alto il ne mancante.
  5. Per mancare al «non è ancora paruta», secondo la lezione di B e quindi di L, il suo legittimo complemento di termine, e per non osarsi pensar da nessuno ad una restituzione, la vulg. delegò l’ufficio di compl. ad «a me» che precede; per quel che accadesse poi per il conseguito spostamento della virgola («quanto è, a me no n’è ancora paruta») cfr. Fanf., I, p. 305, n. 3; il quanto è fu mandato in coppia con l’altro quanto è difettivo di I 1747 (cfr. qui, p. 355) e ne venne il caos.
  6. Senza questo «m’» non si sa dove la vulg. abbia cercato il compl. di «conceduto non è»; lo stesso dicasi per «imponete» di I 66.