Per lo spiritismo/XXVII
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Eppure, quando non penso alle due sedute in cui l’evidenza ha fatto salire la mia opinione fino alla certezza, non dirò ch’io ricada nel dubbio, ma ridiscendo di qualche grado verso il dubbio. Gli è che, se le ragioni in favore dello spiritismo sono forti, sono forti anche le ragioni contrarie. Non parlo di quelle cui ho già accennato, cioè delle ragioni soggettive inventate dalla diffidenza della buona fede tante volte ingannata, dalla difficoltà di ammettere l’invisibile e l’inesplicabile, nè della ragione a priori tratta dalla fisiologia nella quale finora non c’è posto per lo spiritismo (perchè finora nelle sue ipotesi non ha tenuto conto dei fenomeni spiritici), nè di quelle suggerite a posteriori dalla necessità del medio (la quale fa naturalmente supporre che il medio possa bastare), e dalla chiaroveggenza e forza psichica dei sonnambuli (colle quali è naturale che si tenti di spiegare la telescopia e telekinetia delle intelligenze occulte). Parlo di altre obbiezioni, le quali tutte possono raccogliersi in una.
Infatti, come gli uni sostengono che le intelligenze produttrici dei fenomeni medianici devono esser gli spiriti, sopratutto per questa ragione, che non possono essere i medii, così gli altri sostengono che devono esser i medii perchè non possono esser gli spiriti. Si fa dunque da ambe le parti un ragionamento indiretto o dall’assurdo; ma le ragioni, per le quali si trova assurdo l’attribuire i fenomeni medianici ai defunti, sono, (se si lasciano fuori quelle a priori), precisamente contrarie a quelle per cui si trova assurdo l’attribuirli ai medii. Infatti, ciò che finora abbiamo sostenuto, e creduto di dimostrare, è, che ciò che le intelligenze occulte dicono e fanno per provare che esse sono le anime dei defunti, è assolutamente troppo perché si possa attribuire all’incosciente del medio, a meno di supporlo poco alla volta dotato di tante e tali facoltà che, se non è un defunto, bisogna che sia il diavolo; perchè dovrebbe avere la scienza e la potenza di uno spirito, più la malizia per ingannarci; sarebbe dunque uno spirito del male che si sforzerebbe di persuaderci che c’è una vita e una giustizia dopo morte; il che sarebbe da parte sua una malizia non solo incosciente, ma proprio asinina. Ma viceversa gli avversarj dello spiritismo argomentano da ciò che le intelligenze occulte non dicono e non fanno; e sostengono che ciò che esse dicono e fanno, se è troppo per un medio, è troppo poco per uno spirito. Dicevamo che, sebbene in un incosciente possano supporre tutto quello che vogliono, perchè non ci si può veder dentro, c’è però un limite a ciò che il medio può fare. Ma possono osservare all’incontro che, per quante scuse possano addurre gli spiriti e gli spiritisti, ci deve però esser un limite anche a quello che gli spiriti non possono fare. I fenomeni medianici, dicevo anch’io, saranno forse inesplicabili altrimenti; ma nemmeno la teoria spiritica li spiega; perchè se le intelligenze occulte fossero gli spiriti dei defunti, dovrebbero dire così e così, e fare questo e quest’altro; ma non lo dicono e non lo fanno; dunque anche la supposizione che siano i morti è assurda.
Se i morti potessero tornare, tornerebbero tutti o quasi tutti; perchè quasi tutti morendo si lasciano dietro una famiglia, degli amici, dei nemici, degli interessi d’ogni sorta. Un argomento dei più forti (se non logicamente, almeno psicologicamente), contro lo spiritismo, e di quelli che ho udito più volte, è questo: io so che mio padre (o mia madre, ecc., secondo i casi), non mi ha mai dato segno di vita. Già Sant’Agostino (de cura gerenda pro mortuis, c. 13) diceva che, se i morti potessero visitare i viventi, certo sua madre Monica avrebbe visitato lui.
Se i morti potessero tornare, tornerebbero almeno quelli che hanno promesso. E invece Baranzon, che avea promesso di tornare a La Motte le Vayer (l’amico di Montaigne), non si fece più vivo. E Osborne, che avea promesso a Beniamino Franklin di fargli dopo morte una visita amichevole, per dirgli come stessero le cose di là, non si lasciò più vedere (Vita di Beniamino Franklin, trad. di Rotondi, 1869, p. 5o). Un amico a cui proponevo un patto simile, mi rispose che suo padre l’aveva fatto con sua madre, ma non se ne erano più avute notizie. E chi sa quanti sono i casi consimili, (dei quali è naturale che non si sappia nulla), in confronto dei pochi casi favorevoli di Marsilio Ficino, di lord Brougham e alcuni altri!
Gli spiritisti rispondono che le comunicazioni sono difficili fra i due mondi, che ci vuole un medio. Ma perchè mai ci vorrà un medio? perchè i morti non possono fare da sè? e perchè non siamo tutti medii?
Ad ogni modo se fosse vero che si sforzano di comunicare con noi, come noi si vorrebbe comunicare cogli abitanti del pianeta Marte, a quest’ora le comunicazioni sarebbero divenute facili.
E poi sono già facili abbastanza; perchè, infine, questi medii ci sono; gli spiriti dovrebbero saperlo; perchè non ne approfittano? con tanti medii scriventi, dovrebbero ingegnarsi a darci notizie dell’altro mondo, come le donne analfabete s’ingegnano a far scrivere ai loro mariti emigrati per l’America, In uno dei principali giornali spiritici d’America, nel Banner of Light, c’è perfino una rubrica destinata alle missive dei defunti per le persone che la Direzione non conosce. Dunque la posta c’è.
Quando poi si degnano di visitarci, le loro manifestazioni sono di troppo inferiori a quelle che potremmo aspettarci.
Gli atti dei revenants, che appaiono nelle case in cui ci si sente (maisons hantées, haunted houses), sembrano spesso prodotti, dice il Myers, da sogni incoerenti. Il lanciar oggetti materiali, la balistica a cui si esercitano, non è da esseri intelligenti. Il comunicare per mezzo dei picchi d’un tavolino sembra addirittura ridicolo. Le comunicazioni, specie quelle per mezzo dei tavolini, sono oscure, scarse, monche, frammentarie. E quello che si capisce non è degno di spiriti; è generalmente al disotto del livello medio dell’ingegno umano. Il Wundt, tornando da una seduta spiritica, diceva che i defunti gli parevano degenerati. Quando le loro risposte non sono scipite, sono almeno volgari e triviali; la filosofia di Socrate diventa veramente, come la diceva Hegel, una filosofia da cucina, e Machiavelli parla come Prudhomme. Non c’è poi originalità; le opinioni degli spiriti sono, come è naturale, il riflesso, l’eco di quella del medio e dell’ambiente. Quindi, siccome a Parigi non si pensa come a Nuova-York, gli spiriti francesi seguono la dottrina di Allan Kardec e ammettono la riincarnazione, mentre gli americani seguono Jackson Davis, e perciò non l’ammettono. Appunto perchè sono d’accordo coll’ambiente, non sono d’accordo fra loro.
E poi perchè non ci danno mai dei consigli utili? ci fanno la predica in modo che paiono quel vecchio di Augier, che dava a tutti dei buoni consigli interamente nuovi, perchè non li aveva mai adoperati. Ma non prevengono tante disgrazie che potrebbero evitare quando vedono i pericoli; l’assassinato non vien mai a rivelar l’assassino, cosa che dovrebbe fare, se non per vendicarsi, almeno per impedire che fosse punito un innocente. E se si scusano, dicendo che è loro proibito di intervenire nelle faccende di questo mondo, allora perchè qualche rara volta lo fanno? Se non sono utili alla vita, almeno lo fossero alla scienza; ma, sebbene ci diano sull’altro mondo molte notizie che non possiamo verificare, (perchè nell’altro mondo non possiamo vedere più che nell’incosciente), non ci dicono del nostro che quello che già sappiamo; non ci danno cognizioni scentifiche nuove; gli spiritisti ne raggranellano a stento tre o quattro esempi, come la notizia data nel 1859 al generale Drayson che Marte ha due satelliti, (i quali sarebbero stati scoperti 18 anni dopo); ma da una folla di spiriti fra i quali sono Copernico, Galileo, Keplero e Newton, avremmo diritto di aspettarci ben altro. Si è scoperto ultimamente un quinto satellite di Giove, mi diceva un astronomo; ma c’era prima che lo scoprissimo noi: perchè non ce l’hanno detto loro? Mettiamo pure che ci sia qualche ragione perchè non possano darci cognizioni di questo genere; ma almeno la storia a cui hanno preso parte dovrebbero sapercela raccontare, e non obbligarci ad impazzire negli archivii e sulle epigrafi; Catilina e Pompeo dovrebbero venire a rettificare in buon latino le storie di Sallustio e di Cesare. Anassimandro, Senofane, Eraclito, dovrebbero darci il testo dei loro libri perduti, dei quali cerchiamo ansiosamente i frammenti, e impedire che un povero filologo passi sei mesi a scervellarsi per capire se il frammento sedicesimo di Melisso sia autentico o no. E le lingue antiche? perchè non si potrebbe avere da un antico etrusco la traduzione di qualcuna di quelle epigrafi che hanno fatto morir di rabbia il Corsen? Ma c’è di peggio; non solo non si ricordano del passato dell’umanità; ma pare che generalmente non si ricordino nemmeno del loro passato individuale, salvo quando lo conosce il medio; allorchè non ci contentiamo di ciò che lo spirito dice spontaneamente, e non stiamo contenti allo spiritus flat ubi vult, e domandiamo delle prove d’identità intellettuale col defunto di cui si dice lo spirito, ossia allorchè domandiamo che dica sul suo passato qualche cosa di verificabile che nè il medio nè alcuno degli astanti possa sapere, generalmente non risponde o dice una bugia. La mistificazione è uno dei fenomeni più frequenti dello spiritismo. Non credo di poter chiuder meglio questa requisitoria contro lo spiritismo che citando una lettera scritta nell’Agosto 1874 dal Crookes a una distinta signora russa che gli aveva domandato se egli fosse spiritista; lettera che traduco dal Kiesewetter, il quale la cita dal secondo volume del giornale Psychische Studien: «Lo stabilire l’identità di una persona morta è stato lo scopo principale che io abbia avuto davanti agli occhi in questi ultimi tre o quattro anni, e non ho trascurato alcuna occasione favorevole di illuminarmi su questo punto. Io ho avuta per questa ricerca un’opportunità quasi illimitata, forse più che alcun altro uomo in Europa. Per tutto questo tempo io ho seriamente cercato di ottenere quell’unica prova che Ella desidera, cioè la prova che i morti ritornano e possono entrare in comunicazione con noi. Ma io non ho ottenuto neppure una volta una prova soddisfacente che la cosa stesse così. Io ho ricevuto centinaia di comunicazioni, che si dicevano fatte da amici defunti; ma appena cerco di aver la prova che essi sono realmente gli individui che dicono di essere, non reggono più. Neppur uno è stato capace di rispondere alle domande necessarie per dimostrare la sua identità; e il gran problema della vita futura è ancora per me un mistero impenetrabile come pel passato. Tutto ciò di cui sono convinto è, che esistono degli esseri invisibili ed intelligenti, i quali dicono di essere gli spiriti di persone defunte; ma la prova che io domando per crederlo, non l’ho mai avuta, sebbene io sia disposto ad ammettere che molti dei miei amici assicurano di aver veramente ottenuto le prove desiderate, ed io stesso sia già stato più volte vicino a questa convinzione. La massima approssimazione ad una prova soddisfacente, l’ho ottenuta colla medianità privata di una signora che andò sviluppandosi come medio scrivente sotto i miei proprj occhi, e non tenne mai sedute con alcun altro. Da lei ottenni la speranza che i miei dubbj potessero finalmente esser risolti; ma disgraziatamente essa perdette il dono della medianità. Sono quindi molto afflitto di non poterle dare delle assicurazioni più consolanti. Io son passato pel medesimo stato d’animo, e so quanto ardentemente l’anima aspiri a un solo e piccolo segno di vita al di là del sepolcro. - Ho l’onore, ecc. - ».
Questa lettera, da parte di un uomo come il Crookes, è il più grave documento ch’io conosca contro lo spiriritismo. E il peggio si è che, avendogli io scritto, mi ha risposto che oggi ancora egli è allo stesso punto. Si dovrebbe dunque dire che è proprio vero che i defunti non vivono più che nella nostra memoria.
Ma ora facciamo come Carneade, e sosteniamo il contrario. Audiatur et altera pars.
1º Molte di queste obbiezioni derivano da premesse false, da errori di fatto, dall’ignoranza della letteratura spiritica o da osservazione troppo scarsa e superficiale dei fenomeni medianici. Intanto non è vero che le sedute spiritiche siano monotone; sono più monotone le sedute ordinarie colla maggior parte dei viventi; pochi sono gli uomini che discorrendo stiano in carreggiata; che sappiano ascoltarvi; che dicano cose le quali valgano la pena di esser ascoltate. Non è vero che i fenomeni fisici siano ridicoli; può parer ridicolo che la Katie King faccia all’Aksákow l’apporto di una salsiera dalla cucina; ma non lo sono certamente gli apporti di fiori. Non è ridicolo il comunicare coi picchj d’un tavolino, quando non c’è altro modo di comunicare; i picchj del telegrafo non sono ridicoli; e gli spiriti non possono picchiare cogli armadj, che sono pesanti e ci obbligherebbero a star in piedi; nè colle sedie, perchè dovremmo sederci in terra; e del resto ci dicono sempre di pigliar una matita, e aver pazienza finchè si siano esercitati a scrivere colla nostra mano. Non è vero che le comunicazioni siano sempre, e nemmeno solitamente, al di sotto del livello medio dell’intelligenza umana; in generale sono intelligenze umane, ora al di sopra, ora al di sotto di quella del medio; così almeno è parso a me. È vero che qualche volta gli spiritisti stampano come capilavori delle prediche puerili fatte dagli spiriti, e danno motivo di dubitare del loro criterio; ma ho letto anche qualche pagina medianica ricca di pensieri profondi; e fra i libri che sono stati più letti e gustati dagli uomini ci sono anche le malizie e le ingenuità di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno. È poi falsissimo che gli spiriti abbiano le opinioni del medio e dell’ambiente; non è raro il caso, ed io ne conosco qualche esempio, di un medio scrivente scettico e materialista che non si lascia convincere nemmeno della esistenza del suo spirito famigliare, il quale naturalmente dev’essere spiritualista; e viceversa succede che la una famiglia ortodossa, che va a messa, lo spirito famigliare che frequenta la casa enunci sempre delle opinioni, spiritualiste sì, ma eretiche, anzi irreligiose, e sostenga che Cristo era un gran medio, servito da molti spiriti, che gli facevano degli apporti di pani e di pesci. Si può anzi dire che gli spiriti dissentono da tutte le opinioni comunemente accettate; il nostro ambiente si compone per metà di materialisti, scettici od indifferenti e per metà di gente la quale professa i dogmi di qualche Chiesa; gli spiriti non vanno d’accordo nè cogli uni nè cogli altri; non cogli uni, perchè raccomandano di prepararsi alla giustizia in un’altra vita; non cogli altri, perchè non parlano mai di inferno e paradiso e cose simili. - Ed è parimente falso che, consentendo coll’ambiente, non s’accordino fra loro. Essi non concordano in tutto; ma concordano fra loro come gli uomini fra loro, anzi molto di più; se un abitante di Marte interrogasse un Ottentotto, un Chinese, un Turco ed un Russo, che dico? se consultasse quattro italiani presi a caso, li troverebbe molto più in contraddizione che gli spiriti; e dovrebbe tanto più argomentarne che la Terra non esiste. - Finalmente è vero che i defunti non ci sono di alcun aiuto per le scienze naturali e per la storia e la filologia, e che non ci aiutano, come dice Wallace, a perfezionare il telegrafo e la macchina a vapore. Ma sarebbe falso il dire che le apparizioni spontanee e le comunicazioni medianiche sono inutili e senza scopo; esse hanno talvolta per iscopo di darci avvisi di morte1, o raccomandarci il pagamento dei loro debiti2, o rivelare degli assassini3, o salvarci da pericoli e disastri imminenti4, ecc. Falso che non approfittino della posta, perchè talvolta spiriti ignoti agli astanti danno commissioni per terze persone. Falso che non diano mai notizie di cose che nessuno sa5. Falso che non diano prove della loro identità coi defunti. Il vero è soltanto che le prove assolute d’identità personale sono rarissime; ma devono esserlo; perchè prova fisica assoluta è la fotografia di un defunto che nessuno dei presenti possa aver conosciuto e che persone assenti riconoscano poi alla fotografia; e prova intellettuale assoluta è la rivelazione di cose verificabili che il defunto solo abbia potuto sapere. Le prove poi che, senza essere assolute, riescono convincenti, sebbene siano rare in proporzione del numero degli esperimenti, sono però abbastanza numerose perchè se ne siano fatte delle collezioni; I’Aksákow le ha classificate; io ne ho citato un esempio per classe. Quanto a me, delle prove fisiche d’identità ne ho avute di sufficienti per toccare la certezza; le intellettuali le ho domandate spesso inutilmente; me ne fu invece data spontaneamente una sola, ma per me sufficiente. Quanto al Crookes, del quale voglio credere che si sia ricordato della raccomandazione della Kate King:
«Fatemi delle domande ragionevoli!», egli non nega di essere stato più volte assai vicino ad una prova sufficiente per lui, e sopratutto non nega che ne abbiano ottenuto gli altri<ref>Nota alla 2a ed. — Una persona di mia conoscenza, e molto studiosa, s’ostina ad affermare che il Crookes spiega i fatti medianici colla sola forza psichica. Ma ho già dimostrato nel capitolo XI, citando un passo del Crookes, che per lui la forza psichica è adoperata da esseri intelligenti. Nella lettera che ho citato ora, dice chiaro che questi esseri intelligenti sono occulti. E nel suo libro, parlando della classe XII di fenomeni, dice: «Ho avvertito circostanze, da cui sembra si possa indurre con sicurezza l’azione di un’intelligenza al di fuori, che non è di nessun essere umano presente». E, siccome ha fotografato e abbracciato la Katie King, ha ammesso che questi esseri intelligenti ed occulti, che non sono il medio, si materializzano. Dunque egli ammette degli spiriti; egli dice soltanto: io non ho ancora la prova che questi spiriti siano anime di defunti.</ref>. Insomma, la sola obbiezione grave all’ipotesi spiritica è la troppa rarità delle buone prove.
2º Questa rarità delle buone prove si spiega certamente meglio coll’ipotesi dell’incosciente del medio. Ma si spiega anche colla teoria spiritica, se teniamo conto di quattro cose:
I. Una delle prime cause della rarità delle comunicazioni, buone o cattive, è la necessità del medio. Perchè mò, domandano, gli spiriti hanno bisogno di un medio? Io non lo so; ma perchè non ci vorrà un medio? Del resto i defunti ne danno una spiegazione abbastanza plausibile: ed è che sono morti; quindi non hanno più un corpo come il nostro; quindi devono farsene prestar uno da un vivo. Ma perchè non siamo tutti medii? Non lo so; ma perché non siamo tutti sani e robusti, tutti buoni e intelligenti? La suggestione mentale è un fatto; ma non tutti sono sensibili alla suggestione mentale. La telepatia è un fatto; ma non tutti hanno delle apparizioni di viventi o di morenti; tra i casi di telepatia del famoso libro Phantasms of the Living, ce n’è uno (il 242) di un fratello che in punto di morte va a parlare alla sorella; ma la sorella non lo vede, mentre lo vede una sua serva negra, a cui doveva essere indifferente. Per analogia si capisce che la tradizione ci racconta che una defunta, avendo tentato inutilmente di svegliar il marito, gli fece far la commissione dalla balia del suo bimbo, ed altri casi simili (p. es., nella citata Crowe, p, 279 e passim); e che le comunicazioni medianiche siano talvolta commissioni che defunti pregano di fare a persone che non sono presenti6. Se dunque Monica non appariva a Sant’Agostino ci poteva essere, tra altri, questo motivo, che egli non era dotato di medianità. Ad ogni modo la necessità del medio può esser una ragione per sospettare che vi sia impostura; ma una volta ammessa la realtà dei fatti, non è contraria alla teoria spiritica, più che a qualunque altra teoria; perchè per esempio potremmo domandar con egual ragione, anzi con più ragione: perchè non abbiamo tutti un incosciente che legga il pensiero degli altri e lo faccia esprimere dal tavolino? - Le comunicazioni dunque non sono universali perchè ci vogliono dei medii; e le comunicazioni buone sono rare perchè i buoni medii sono molto rari; e non ogni medio è atto al medesimo genere di comunicazioni. Si aggiunga in ogni caso la grande difficoltà che ci dev’essere a comunicare attraverso a un medio, a scrivere colla mano di un altro, a parlare colla bocca di un altro.
II. Un altro ostacolo alla comunicazione può venire dalle condizioni del defunto. Per sostenere che, se fossero i defunti, dovrebbero dire e fare così e così, bisogna che voi crediate di sapere come sono fatti, o come dovrebbero essere se ci fossero. Voi partite dunque da un’idea tutta a priori; e mi par che il fondarvi su un’idea che vi siete fatta voi, per negare precisamente quello che vi dicono loro, che dovrebbero intendersene, sia troppa presunzione. Anzi, l’idea che vi siete fatta voi mi sembra appunto falsa a priori. I più s’immaginano il fantasma di un defunto come un cadavere, anzi come uno scheletro avvolto in un lenzuolo; e invece, sia nella tradizione che negli esperimenti spiritici, i fantasmi sono spesso ombre leggere, incomplete, fuggevoli, ma sempre hanno parvenza di vivi. E come essi sui fantasmi dei defunti, così voi v’ingannate sui loro spiriti. Per dire che dovrebbero comunicar tutti, e dir cose degne di loro, voi dovete supporli eguali e perfetti: ed ambedue queste cose farebbero l’altra vita molto monotona e molto ingiusta. Ad ogni modo non dobbiamo giudicare la loro condizione che da ciò che dicono e fanno. Ora, da ciò che dicono e fanno, è lecita supporre (intendiamo bene: supporre) che siano vere le cose che dicono le intelligenze occulte e gli spiritisti, ossia:
Primo, che le anime del defunti sono, quanto a sentimento ed intelligenza, ancora eguali a noi, (o meglio a ciò che erano prima di morire), almeno per un certo tempo, (giacchè col tempo l’esperienza d’un altro mondo deve cambiarli); questa asserzione di Swedenborg e dei suoi successori, fondata sulla testimonianza delle intelligenze occulte, è molto più conforme alla legge d’evoluzione e al sentimento di giustizia che l’ipotesi contraria; ad ogni modo è tanto lecita come la contraria; e basterebbe a spiegare perchè spiriti di analfabeti non sappiano che farsene di un medio scrivente. E spiegherebbe la trivialità o volgarità di molte comunicazioni; la maggioranza degli uomini è volgo, appunto perchè è la maggioranza; tutti egregi non possono essere, perchè in un gregge non tutti possono spiccare. E che gregge di spiriti può dare l’Italia col sessanta per cento di analfabeti! E fra quelli che sanno leggere e scrivere quanti sono quelli coi quali può esser piacevole od utile il discorrere? Questo spiega anche, almeno fino ad un certo punto, le bugie e le frequenti mistificazioni; si pensi alle lettere anonime, alle mascherate senza spirito, alle stupidaggini dei pesci d’aprile, al bel gusto di mettere le mani sugli occhi alla gente, a quelli che vi levano la sedia quando state per sedervi. Nell’Aksákow c’è perfino il caso (e pare uno di quelli in cui si è riconosciuto l’autenticità del defunto), della comunicazione di un pazzo che era comparso dopo morte. (Io ne ho avuta una simile, ma nulla mi provava che non venisse dall’immaginazione del medio).
Secondo, è perfettamente supponibile che viceversa i defunti, avendo una costituzione fisica diversa, abbiano sensi diversi dai nostri, e che sia vera la sentenza di Kant, che l’altro mondo non è un altro luogo, ma un altro modo di vedere. L’Aksàkow, (p. 473-474) domandava ad uno spirito o supposto spirito: «Tu dici di avere un organo visivo; allora com’è che tu non puoi vedere certe cose senza il medio?» E lo spirito gli dà una sensatissima risposta che qui riassumo: «Io ci vedo; ma le nostre sensazioni sono, quantitativamente e qualitativamente, diverse dalle vostre; sicchè altro è il veder una cosa per me, altro il vederla in modo da renderne conto a te; per questo bisogna che la veda come la vedresti tu; e per questo ho bisogno del medio». Se è difficile esprimersi per mezzo di un interprete, tanto più deve esser difficile il far capire per mezzo di un interprete i colori ad un cieco. L’interrogante e lo spirito sono come due prigionieri che vogliono comunicare traverso un uscio, e di cui uno è sordo e l’altro è cieco. Questo potrebbe spiegare l’oscurità e l’incoerenza di molte comunicazioni.
Terzo, noi non possiamo nemmeno dire che sia impossibile ciò che le intelligenze occulte asseriscono, ossia che gli spiriti si trovano in condizioni di vita molto diverse fra loro, a seconda delle attitudini e dei meriti acquistati nella vita passata, e del tempo dacchè sono morti; che gli uni sono ancora in quello che chiamano periodo di turbamento; altri conducono una vita erratica; altri sono occupati; altri lontani; altri condannati all’immobilità; altri all’oscurità; altri sono rinati; alcuni bassi, più materiali, e capaci solo di effetti fisici, altri adatti soltanto a darci di quelli che Monsù Travet chiama lumi superiori. È certo che con gente simile non si potrà sempre comunicare, nè sempre allo stesso modo. Tutte queste possono esser frottole belle e buone; ma possono non esserlo. Io le trovo ad ogni modo assai meno strane che gli apporti dei fiori fatti dall’incosciente del medio. Se un’altro mondo esiste, (e questo è il punto in questione), io non vedo perché non sarebbe così.
Finalmente, c’è un’altra cosa non incredibile; ed è che a certe comunicazioni ci siano degli ostacoli morali, che certe cose sian loro vietate, o da Dio, o da una migliore cognizione del nostro bene, o da altro. Si capisce perciò che uno spirito mi abbia risposto: Mio caro, le colpe degli altri io non le voglio dire. Si capisce che quando uno li interroga per trovar un tesoro nascosto, gli facciano una burla. Possono esser tutte scuse inventate dalle intelligenze occulte per farci credere che sono i defunti, mentre sono cervelletti che funzionano indipendentemente dai cervelli dei loro proprietarj, ma può esserci del vero. Quando parlano dell’altro mondo, noi non abbiamo il dovere di credere, ma nemmeno il diritto di negare.
III. Ma credo che la rarità e la povertà delle buone prove sia da attribuirsi sopratutto a nostra colpa. Se i morti si fanno vedere, si crede ad un’allucinazione e si chiama il medico; se picchiano nelle pareti e suonano i campanelli, si crede a una burla, e si avverte la polizia; se ci par che sia vero, ci spaventiamo. Socrate e gli altri che hanno avuto un genio famigliare si dicono matti. Le streghe si bruciavano. I medj si perseguitano. Negli Annales des sciences psychiques dello scorso anno c’è la storia di un pastore protestante il quale era riuscito a capire che i colpi nella parete vicina al suo letto erano prodotti da una causa intelligente; ebbe il buon senso di non aver paura; ma cosa fece? lasciò picchiare fin che furono stufi. Ci voleva il buon senso della madre Fox in America, che fu la prima a interrogare, e domandare che si rispondesse sì o no con un certo numero di picchj; e poi d’un altro americano, il quale domandò che i picchi indicassero le lettere dell’alfabeto. Prima cura degli spiriti quando si trovò questo modo di comunicare, fu di dire: voi dovete annunciare al mondo questa verità. Ma l’annuncio non fu bene accolto; la famiglia Fox corse gravi pericoli. Poi, per consiglio degli spiriti, si adottò il tavolino, che era più comodo di un muro; poi al tavolino si adattò una matita; poi la si attaccò ad una planchette; poi si prese in mano. Poi gli spiriti scrissero senza la mano del medio. Poi si materializzarono. Hanno dunque fatto grandi progressi. Sicchè ora sono più numerosi quelli che li interrogano. Ma non sanno interrogare. Gl’interroganti si dividono in due classi opposte: quella degli spiritisti, i quali credono già, e quindi non domandano mai prove, e lasciano che gli spiriti si sbizzarriscano a loro posta; gli altri sono novizj, i quali vogliono far ben capire che non sono così minchioni da credere, come diceva Lombroso, all’anima delle poltrone; e non avendo subito risposte soddisfacenti, si disgustano e se ne vanno. Ci sono perfino di quelli che, più hanno prove, meno credono. Si muovono in questo dilemma: o non ammettono i fatti perchè sono troppo maravigliosi, o non ammettono gli spiriti perchè non fanno abbastanza maraviglie. Rari sono gli sperimentatori che sanno sperimentare senza credere nè negare, adoperando la prima fra le virtù dello scienziato, che è quella di saper dubitare, e dubitare non solo del sì, ma anche del no, e che intanto sperimentano come se potesse essere, e che hanno costanza di provare e riprovare fin che riescono ad un experimentum crucis. Rari quelli che ammettono che la rarità delle manifestazioni convincenti può derivare dalla difficoltà di manifestarsi. Rari anche quelli che dopo aver osservato con pazienza sanno giudicar bene. Lo spirito si confonde col medio; noi non sappiamo come; certo è che nelle idee, nello stile e nella scrittura della comunicazione medianica c’è sempre poco o tanto che non si deve attribuir al defunto, perchè viene dall’interpretazione del medio; ma non si deve esagerare in senso contrario ed attribuire tutto al medio. La proporzione fra i due elementi è molto variabile. E la separazione di questi due elementi pochi sanno farla, perchè ai più manca una di queste due condizioni: mente osservatrice dei particolari, carattere imparziale fino in fondo all’incosciente. Pochi sono disposti a comprendere che può esser vero che ci voglia un medio adatto e uno spirito adatto; che per disegnare la facciata della cattedrale di Rouen senza averla veduta (come accadde a un mio conoscente, che tutti dicono persona onestissima), conviene che ci sia un medio disegnatore e uno spirito architetto. Pochi sanno capire, come il Lodge, (Proceedings, VI, 448, S.), che lo spirito di Phinuit, medico marsigliese, parlando per bocca di Mrs. Piper, inglese, mentre questa è in trance, non può parlare che un inglese infranciosato. Così il Varley, insigne elettricista, domandava agli spiriti perchè non ci hanno mai dato cognizioni scientifiche nuove; la loro risposta, tutta sensata, ma un pò lunga per esser citata per intero, conclude che per questo ci vorrebbe un medio scienziato che sapesse tradurre con parole intelligibili idee scientifiche; e il Varley fa un calcolo, pur lungo a citare, secondo il quale non si potrebbe, in media, avere un medio scientifico che ogni dieci generazioni. Ma alla sua osservazione bisogna aggiungere che gli scienziati non interrogano mai i medii; così, se l’etrusco non si capisce ancora, può esser anche perchè i filologi non sono spiritisti e gli spiritisti non sono filologi.
IV. Le comunicazioni sono scarse anche perchè non è che una quarantina d’anni che gli spiriti sono riusciti a far comprendere che vogliono comunicare con noi. Ma, ho sentito dire, se fosse vero che gli spiriti desiderano stabilir delle comunicazioni fra i due mondi, a quest’ora sarebbero divenute facili. È una delle ragioni che ritornano più spesso, anche per altre questioni, e che esercitano di più la mia rassegnazione. Quanto è ripetuta, altrettanto è irragionevole. Consiste nel non tener conto che, non solo per la fisica, ma per tutte le scienze, una dalle condizioni dei fatti è il tempo. È vero che, appena una cosa è possibile, per ciò stesso si realizza. Ma il dire, senza condizione di tempo, che se una cosa fosse possibile, si sarebbe già fatta da lungo tempo, è come dire questa assurdità: se una cosa fosse possibile adesso sarebbe stata possibile sempre; e quindi si sarebbe realizzata fin dal principio dei secoli; e con questo argomento si può provare che: o non è possibile ch’io esista, o è necessario ch’io esista dal primo giorno della creazione. Questa è la ragione con cui si sostiene sempre che non succederà nulla di nuovo, nè la sostituzione dello spiritismo al cattolicismo, nè la sostituzione degli arbitrati alla guerra, nè la sostituzione del capitale collettivo all’individuale, nè la sostituzione della libertà economica all’interesse dei produttori e consumatori e costruttori, che si ingannano vicendevolmente e incoscientemente, aprendo delle vie per uscire senza che gli altri possano entrare. Ma colla stessa ragione, nata dall’ignoranza della storia, si può sostenere che abbiamo ancora gli Dei falsi e bugiardi, che esiste ancora la schiavitù, che la polvere e la stampa non sono ancora inventate, che il tempo non si misura che colla meridiana e la clessidra. Ogni cosa diventa possibile ad un momento dato, quando cioè vi sono tutte le sue condizioni; e allora appunto si realizza. Dunque una più facile comunicazione coll’altro mondo è ancora possibile. Ed anzi, per legge d’evoluzione e progresso, è probabile, col tempo.
3° Ma mettiamo pure che la rarità delle buone prove non si spieghi anche colla difficoltà di comunicare attraverso al medio, colla condizione fisica e morale degli spiriti, coll’indifferenza, lo scetticismo e l’imperizia nostra, e colla brevità del tempo dacchè si sono riprese le comunicazioni. Ciò non proverebbe nulla contro le buone prove che si hanno. I fenomeni medianici si possono dividere in tre classi: per la maggior parte si potrebbero spiegare senza lo spiritismo; ce ne sono anzi alcuni che non si possono spiegare collo spiritismo, Quando l’Eusapia in trance parla in nome di John, si potrà dubitare; sebbene viceversa io mi sia fatta la convinzione che, durante gli esperimenti, essa parla spesso per suggestione di John, anche quando è sveglia e crede di parlare per proprio conto; non è una cosa ch’io possa dimostrare come l’esistenza del sole, ma sette od otto piccole osservazioni sulle cose che diceva, e sul come e sul quando le diceva, mi hanno fatto l’impressione invincibile che fosse così. Ma quando ciò che l’intelligenza occulta dice di vero è noto al medio, e ciò che dice di nuovo pel medio è tutta bugia, come succede spesso, è molto più naturale attribuire e la verità e la bugia all’incosciente del medio che all’intervento di un defunto burlone. E quando un medio, la signorina Pribitkow, vuole ed ottiene che il tavolo, dal quale essa era distante, e che si diceva mosso da Hahnemann, il fondatore dell’omeopatia, dichiarasse che l’omeopatia era una pazzia (Aksákow, 579), ciò mi prova una altra volta che la forza psichica basta a spiegare i fenomeni fisici medianici che ho posti nella terza classe, e che non tutti i fenomeni medianici sono spiritici. Ma se molti sono fenomeni di sonnambulismo, alcuni sono certamente fenomeni di spiritismo.
Quelli che vogliono spiegar tutto col medio soltanto, riflettano un pò: il meno che possano domandare pel medio, è la lettura del pensiero, ossia la sensibilità alla suggestione mentale; eppure anche questa si combatte ancora, sebbene meno generalmente ed ostinatamente, colle stesse armi che lo spiritismo.
- Come! voi credete alla lettura del pensiero?
- Certamente.
- Ma perchè mai?
- Perchè ho letto l’Ochorowicz, perchè ho visto gli esperimenti del Donato, e perché ho sperimentato io, ho verificato che in certe condizioni, (eccezionali fin che volete), si può addormentar profondamente una persona in pochi secondi con un semplice ordine pensato chiaro e forte.
- Codesto è impossibile.
- Mi rallegro con voi, che avete finalmente scoperto la filosofia, che Wolff chiamava appunto scientia rerum possibilium. Voi dovete aver letto nel pensiero di Dio.
- O come la spiegate voi?
- Io credo che si possa spiegare come l’azione della calamita sul ferro. E poi ho la debolezza di credere anche a cose che non posso spiegare.
- Ma se ci fosse la lettura del pensiero, lo scolaro interrogato leggerebbe la lezione nella mente del maestro, il giudice interrogante leggerebbe la verità nella mente del reo, un marito geloso leggerebbe le infedeltà nella mente della moglie, e un giuocatore leggerebbe le carte dell’avversario.
- Ma dicendo che c’è non voglio dir che ci sia sempre. La suggestione parlata o scritta è ben più forte della mentale; eppure non riesce sempre; io non posso parlare, se sono rauco; voi non potete udire, se siete duro di orecchio, o troppo distante, o disattento, o frastornato da altre voci.
- O provate, se vi riesce, su quell’uomo che passa!
- Ma ciò non toglie il valore dei casi in cui riesce; perchè sono troppo frequenti per esser effetti del caso. Le carte di un mazzo sono 52; se in una lunga serie di prove ne indovino una su dieci, non può esser combinazione.
- Ma forse non sarà lettura del pensiero; si indovinerà da segni impercettibili.
- Certo, non tutte le volte che la suggestione non è verbale, è mentale; vi sono i fenomeni di cumberlandismo. Gli esperimenti di Pickmann e Roberth saranno dubbj; ma non lo sono quelli del Richet. Così non tutti i fenomeni medianici saranno spiritici; ma ve ne sono di spiritici. Insomma, io dico che c’è anche del trifoglio con quattro foglie; lo dico perchè una volta ne ho trovato io; ed è inutile che per dimostrare il contrario mi mandiate a casa delle gerle di trifoglio di tre foglie.
Note
- ↑ V. sopra, XXII, 6, ss. cfr. Proceedings, V. 434.
- ↑ Per es. vedi sopra, XXII, 10.
- ↑ V. sopra, XXII, io. cfr. la storia del fantasma di Ballarat nella succitata collezione dello Stead, e precisamente nel capitolo Ghosts of the Dead with a praetical object.
- ↑ Per es. Proceedings VI. 234. Sphinx, Marzo 1892, ecc.
- ↑ Si veda più sopra il capitolo XXII; cfr. Praceedings, III. 214, ss.
- ↑ Myers, Proceeding, S. P. R. V, 475. Lodge, ibid. VI, 455 Varley, nei Memorabilia del Pioda, p. 3 11. Aksàkow, 655 e passim.
- Testi in cui è citato il testo Per lo spiritismo/XXII
- Testi in cui è citato Benjamin Franklin
- Testi in cui è citato Marsilio Ficino
- Testi in cui è citato Galileo Galilei
- Testi in cui è citato Giovanni Keplero
- Testi in cui è citato Isaac Newton
- Testi in cui è citato Gaio Sallustio Crispo
- Testi in cui è citato Gaio Giulio Cesare
- Testi in cui è citato Anassimandro
- Testi in cui è citato il testo Le sottilissime astuzie di Bertoldo
- Testi in cui è citato il testo Le piacevoli e ridicolose semplicità di Bertoldino
- Testi in cui è citato Cesare Lombroso
- Testi SAL 25%