Vai al contenuto

Periodi istorici e topografia delle valli di Non e Sole nel Tirolo meridionale/Periodi istorici/Dell'Anaunia, ossia delle Valli di Non e di Sole, sino a Bernardo Clesio

Da Wikisource.
Dell'Anaunia, ossia delle Valli di Non e di Sole, sino a Bernardo Clesio

../Delle cose dell'Anaunia sotto varj Governi finchè il Trentino fu eretto in Principato Vescovile ../Da Bernardo Clesio fino al Secolo XVIII IncludiIntestazione 25 maggio 2015 25% Da definire

Periodi istorici - Delle cose dell'Anaunia sotto varj Governi finchè il Trentino fu eretto in Principato Vescovile Periodi istorici - Da Bernardo Clesio fino al Secolo XVIII
[p. 22 modifica]

Dell’Anaunia, ossia delle Valli di Non e di Sole, sino a Bernardo Clesio.


L
A donazione fatta dall’Augusto Corrado ai Vescovi di Trento era appoggiata ad ottimi principj. Uno era di conservare la Religione cattolica, e la fedeltà del popolo all’Impero, e l’altra di mettere una barriera al regno Germanico; poichè, come scrive il Muratori1, Trento faceva confine alla Germania. Quindi incumbeva ai Vescovi custodire questo confine; e il territorio di Trento essendo in allora ben più vasto di quello lo sia al presente, perchè comprendeva tutta la Valle Lagarina fino alla Chiusa, e al di sopra stendevasi alle due rive dell’Adige almeno sino ad Egna, v’aveva anche il modo di arrolare un sufficiente numero di soldati. I Vescovi per meglio riuscirne, de’ più potenti Signori si crearono de’ Vassalli dando loro de’ feudi, o confermarono quelli, che esistevano prima; onde fossero loro di ajuto per la sicurezza del territorio, e gli accompagnassero nelle loro spedizioni a favore dell’Imperatore. E la cosa sarebbe camminata con ottimo ordine, se i Vescovi fossero stati ubbiditi, e con pace avessero potuto esercitare il loro soave dominio2. Ma l’infelicità de’ tempi, e l’umana superbia venne prestissimo a frastornar questo bene. Nel secolo XI. fatti forti, e guerrieri i Signori, s’introdusse l’abuso delle disfide, o guerre private, dette in tedesco faust recht, e dagl’Italiani rappresaglie, dove i Signori guerreggiavano tra di loro. Il male crebbe nel 1054 divenuto Re de’ Romani, e di Germania Arrigo IV. ancor fanciullo. Nell’età sua puerile era sfasciato il governo; e però si resero assai frequenti le guerre private, nelle quali impunemente si commettevano rapine contro le Chiese, i poveri, i pupilli, le vedove, e i più forti opprimevano i più deboli, mentre non c’era chi mettesse freno ai latrocinj, ed alle oppressioni.3 Cresciuto l’Imperatore in età, i disordini divennero maggiori; poichè nelle colline, e in siti inaccessibili si alzavano torri, e castelli, dove si commettevano [p. 23 modifica]delitti d’ogni sorte, come scrive Lamberto Schafnauburgense,4 che fiorì in quegli stessi tempi. Le discordie nate tra Gregorio VII. e il detto Arrigo per le Investiture diedero occasione alle due famose fazioni de’ Guelfi, e de’ Gibellini, i primi a favor della Chiesa, e i secondi dell’Impero, i quali vicendevolmente si combattevano, e sotto pretesto, chi di religione, e chi di stato cercavano il proprio interesse.

La Chiesa, che ama la pace, non mancò di procurare a tutti questi mali li possibili ripari. Come l’abuso delle disfide era diffuso in molti regni, nell’Aquitania l’anno 1041 fu proposta, e ricevuta una pace, e tregua detta Tregua Domini, nella quale rispetto a certe classi di persone, come Chierici, Monaci, Agricoltori coi loro Animali, Mercanti, e Peregrini, ci dovesse essere perpetua pace, e tra gli altri tregua dal finire del Mercoledì fino all’incominciare del Lunedì, e dalla Domenica prima d’Avvento fino all’ottava dell’Epifania, e dalla Quinquagesima fino all’ottava di Pasqua, colla pena di scomunica a chi rompesse queste tregue. Questo ripiego si dilatò subito per tutte le provincie delle Gallie, passò presto nella Spagna, nell’Inghilterra, fu confermato in più Concilj provinciali, e approvato da più Pontefici, e poi anche dal Concilio Lateranense II.5

Ad Arrigo IV. dagli Stati dell’Impero si chiese, che facesse distruggere i castelli alzati a danno del popolo.6

Le quistioni della santa Sede, e dell’Imperatore per le Investiture furono accomodate nel 1122 tra Calisto II. Papa, e l’Imperatore Enrico V. con una convenzione, nella quale si lasciò ai Capitoli libera l’elezione del Vescovo, restando l’autorità all’Imperatore di spedire a quella i suoi Legati, e coll’obbligo al Vescovo di ricevere dal Trono l’investitura delle regalie entro sei mesi: e questo è il primo patto, che sia seguito tra la Sede Appostolica e la nazione Germanica. Nacquero poi quistioni rapporto alle regalie in tempo di sede vacante; ma nel seguente secolo cessò l’uso di esse, e rimase appresso il Capitolo.7

Quello, che più conferì alla diminuzione di queste guerre private, furono le crociate in questi tempi introdotte, le quali, come osserva il Fleury, produssero de’ grandi cangiamenti, e delle quali un fine preteso dallo stesso Pontefice Urbano II. fu di estinguere queste private guerre, e [p. 24 modifica]rappresaglie impegnando i Signori in una guerra di molto maggior importanza a favor della religione, e de’ Cristiani oppressi dai Saraceni, e per la liberazione di Terra santa. 8 I Signori vi si recavano segnati della croce, e tra questi ce n’erano certamente anche di quelli vicini all’Adige, come lo dimostra il testamento del Conte Ulrico di Ulten fatto l’anno 1241. 9

I Vescovi di Trento tra queste triste vicende per parte loro si portavano in modo di conservare la pace. Il Vescovo Enrico da Gregorio VII. stimolato di spedir soldati alla Contessa Metilde a favor della Chiesa contro Arrigo IV., sembra che non vi si sia prestato per non provocarsi contro l’indignazione dell’Imperatore. 10 Contuttociò non fu possibile scansare guai di que’ tempi infelici. Il Beato Adalpreto restò vittima sotto la mano di un feudatario. 11 Il Vescovo Corrado ottenne bensì nel 1191 diploma da Arrigo VI., che nessuno potesse ergere torri, nè formar congiure, e società senza il permesso del Vescovo; ma fu inquietato da tante tribulazioni, che rinunziò al Vescovato l’anno 1205 per terminare i suoi giorni in pace in un Monastero. 12

A queste tribulazioni tennero dietro quelle recate dal perfido tiranno Ezzelino da Romano. Costui nel 1222 in assenza del Vescovo Alberto a forza di maneggi tirò Trento alla sua ubbidienza. Alberto sulla speranza di ritrovare sufficiente difesa dichiarò Adalpreto Conte del Tirolo avvocato, e protettore della Città, e Principato di Trento: ma fu tutto inutile, ond’ egli l’anno seguente morì di cordoglio. I Vescovi suoi successori non ebbero dominio, il quale veniva esercitato dai ministri di Ezzelino.

L’anno 1255 la Città di Trento si levò dall’ubbidienza di Ezzelino. Il popolo era annojato del tirannico suo governo, e il Vescovo Egnone voleva ricuperare alla sua Chiesa il Principato. Mandò Ezzelino un esercito; ma fu respinto: rinnovò ne’ seguenti anni le sue spedizioni, che ruinarono la Città, e recarono stragi, e guasti nel Territorio; ma il dominio della Città non lo ottenne più, e le di lui guerre cessarono colla sua morte avvenuta per una ferita riportata in battaglia in Soncino a’ 27 di Settembre del 1259.

Ma sopra il Principato di Trento subito spiegata la ribellione fissò l’ occhio il Conte del Tirolo. Adelaide figlia, ed erede del soprascritto Adalpreto, cui dal Vescovo Alberto per difendersi da Ezzelino era stata fatta scrittura dell’avvocazia di Trento, era passata in matrimonio con Mainardo Conte di Gorizia, il quale con questo matrimonio divenne Conte del Tirolo sotto il nome di Mainardo I. Venuto egli in Trento costrinse il Vescovo a rinnovare a lui l’investitura fatta a suo suocero, e l’investitura fu pubblicata, e fu anche rinnovata ai di lui figliuoli Mainardo II., e [p. 25 modifica]Alberto l’anno 1259 coll’aggiunta dei Contadi di Ulten, e di Eppan. Mainardo II. pretendeva, che la sua avvocazia avesse un diritto, e significato molto più esteso di quello intendeva il Vescovo, onde ci furono delle gravi discordie, delle quali prevalendosi Mastino della Scala Signor di Verona l’anno 1263, mandò un esercito, a cui non avendo voluto arrendersi i Trentini, la Città fu presa a forza, e saccheggiata, e Mastino vi lasciò presidio fino all’anno 1268, in cui ritornò Mainardo a rinnovare le sue pretese, e controversie contro il Vescovo.

A questi gravissimi disordini, che non erano del solo Principato di Trento, aveva spianata la strada il lungo interregno, che ci fu prima dell’elezione di Rodolfo I. creato Imperatore l’anno 1273. Non essendovi Re in Germania, che reprimesse i movimenti de’ ladroni, tutto seguiva con tumulto senza legge, e senza ordine. Le disfide, le rapine, le rappresaglie, ed i ladronecci si rinforzavano. Non vi erano Comizj, nè Tribunali, nè legittimo Imperatore.13 Ma salito sul trono Rodolfo, Principe di gran senno, inteso a sistemare le sconvolte cose dell’Impero,14 volse il suo animo anche sopra Trento, e intanto in Augusta fece un Lodo provvisionale, che Trento, e la Val di Non restassero in amministrazione per un’anno, finchè si decidesse la causa. Seguì il compromesso, ma non ebbe effetto. Il Vescovo ricuperò il Castello del Buon Consiglio; ma per il resto proseguirono le controversie. Nuovo compromesso fu fatto nel 1279; ma le cose non s’accomodarono che nel 1307.15

Per supplire alle spese i Vescovi dovettero ricorrere ad una colletta, che fu imposta sopra cadaun fuoco. Il Vescovo Filippo sotto il dì 7 Settembre 1303 aveva nominato collettore Odorico di Corredo; e dal conto, che questi ne rese, apparisce, che la colletta per ciascun fuoco era di quaranta soldi e mezzo, e che dalle Comunità, e uomini di Val di Non [p. 26 modifica]ricavò per essa cinquemilla seicento e sessanta libbre Veronesi, le quali si computano soldi venti per ciascuna. Sussiste ancora questa colletta principesca ragionevolmente introdotta per i bisogni dello stato, e sicurezza del popolo. 16 Per altro chi volesse far calcoli, supporre, che ogni famiglia abbia pagata intera la sua colletta di soldi quaranta e mezzo, e che ogni famiglia, computate una coll’ altra, constasse di cinque persone, ne risulterebbe una popolazione di circa 13830 anime, molto minore della popolazione presente, che si fa ascendere a 40000 circa. Siccome però questi supposti sono incerti, essendo verisimile, che le famiglie contassero più individui, come osservasi ancora in certe montagne, dove le divisioni non sono precipitose, e che molti per la loro povertà non abbiano pagato colletta; così incerto sarebbe qualunque calcolo, e molto più, se la proporzione si volesse estendere a tutto il Principato.

Nel 1339 Giovanni Re di Boemia concesse l’insegna, o arma da porre sopra le bandiere de’ Soldati, e Vassalli, un’ Aquila nera colle estremità delle ale, becco, e piedi dorati, e questo è lo stemma gentilizio del Vescovato, e della Città di Trento. Quest’ arma 17 che era stata di San Venceslao martire, veniva ad esser vacante; onde fu ceduta a Niccolò Vescovo di Trento, e a’ suoi Successori, certe edizioni del diploma aggiungendovi anche la Città partecipe dello stesso onore; e Carlo IV. Imperatore dopo la confermò.

Dal nominato Carlo IV. in solenne curia, e col consenso degli Elettori fu pubblicata la famosa Bolla d’ oro, così detta dal sigillo, la quale oltre essere legge fondamentale dell’ Impero, nel cap. XVII. contiene il metodo di far la guerra privata, che in avvenire doveva venir intimata preventivamente, e proibiti gl’ingiusti incendj, e rapine, permetteva le disfide; le quali ne’ tempi posteriori furono colla pace pubblica finalmente abolite, come vedremo.

Le cose del Principato di Trento, come dicemmo, nel 1307 furono accomodate a favor del Vescovo, ed Enrico succeduto a Mainardo Duca di Carintia, e Conte di Gorizia, e del Tirolo, non avendo che una figlia, Margherita detta Maultass, non volle altre brighe col Vescovo. Accompagnò egli la detta Margherita con Giovanni figlio secondogenito di Giovanni di Lucemburgo Re di Boemia, e Polonia; e questo Principe pure lasciò in pace il Vescovo godere de’ suoi diritti. Ma dopo quell’ anno il matrimonio fu sciolto sotto pretesto d’ impotenza nel marito, e Margherlta passò a secondi voti con Lodovico Marchese di Brandeburgo, figlio di Lodovico Bavaro, e le nozze seguirono nel Castel Tirolo l’anno 1342. Il Marchese di Brandeburgo mosse prestissimo quistioni contro il Vescovo Niccolò pel Principato; e morto che fu il detto Vescovo l'anno 1342 lo invase con prepotenza; nè fu più possibile ai tre Vescovi successori Gerardo, Giovanni, [p. 27 modifica]e Mainardo, tuttochè quest’ ultimo fosse Cugino della detta Margherita, di metter piede, e dominare in Trento: onde essi esuli si trovarono costretti di reggere il Vescovato per mezzo di un loro Vicario. 18 Finchè dopo dodici anni di occupato dominio per le instanze del Papa, e le minaccie di Rodolfo Duca d’ Austria l’ anno 1359 ne fece l’ intera restituzione al Capitolo.

Di là a due anni il Marchese morì lasciando un unico figlio Mainardo di anni diciassette sotto la cura della madre, la quale ebbe attenzione di trovargli subito una sposa della Casa d’ Austria. Ma il giovine Principe prestissimo terminò la sua vita, e Margherita Maultass rimasta sola padrona del Tirolo si risolvette di farne cessione a Rodolfo, Alberto, e Leopoldo d’ Austria fratelli della sposa vedova di suo figlio, il che eseguì con atto solenne il dì 23 Gennajo 1363, confermato nel medesimo anno dall’ Imperatore Carlo IV. In questo modo il Tirolo passò sotto l’ Augusta Casa d’ Austria, ed essa divenne Avvocata della Chiesa di Trento.

Il Duca Rodolfo venne a prender possesso del Tirolo, e passò anche in Trento, dove fu accolto dal Vescovo Alberto colle dovute dimostrazioni di ossequio, e riconosciuto per Avvocato della sua Chiesa fu compiaciuto col venire a compattate, nelle quali si fissarono i diritti di una tale avvocazìa, ed esse con alcune altre aggiunte fatte di poi sono quelle stesse, che in seguito si rinnovarono al possesso di ogni Vescovo Principe. Sotto il detto Vescovo Alberto nacquero de’ sconcerti per parte di alcuni Feudatarj delle nostre Valli, i quali si facevano degli aderenti, e combattevano tra di loro. Il Vescovo non trascurò di ovviare a questi mali, e interponendovi la sua autorità fece una pace solenne 19 data in Trento li 6 Novembre 1371. In essa fu ordinato, che per le loro controversie debbano comparire o avanti il Vescovo, o avanti il Conte del Tirolo a loro elezione: fu fissata una pena in danno a chi rompesse la pace conchiusa: fu pure proibito il dare ricetto ai banditi; anzi ordinato, che nel distretto delle Valli si dovessero dai Feudatarj fermare, e consegnare al Vescovo, o al suo Capitano, aggiuntavi una pena pecuniaria a chi contravvenisse a quest’ ordine.

Certe espressioni delle Compattate assai favorevoli all’ Avvocato diedero ne’ susseguenti tempi origine a quistioni rapporto alla superiorità territoriale; e la condiscendenza del Vescovo nell’ accennata pace di poter comparire al Tribunale del Conte del Tirolo per essere giudicati portò in progresso, che alcuni Feudatarj si sottrassero dalla giurisdizione del Vescovo per entrare in quella del Conte.

Il Vescovo Alberto passò a miglior vita nel 1390, e gli succedette Giorgio di Liechtenstein, il quale nel mese di Marzo 1391 prese il possesso. [p. 28 modifica] Conferì egli diversi feudi, e tra questi a Pietro, e Matteo fratelli di Sporo, a Morando de Castro Vassi, e per la morte seguita senza discendenti di Leonardo di Castel Runo, ossia Rumo, pieve di Revò, diede il feudo a Niccolò di Castel Mosanigo della stessa Valle. Ma più di tutti si obbligò Enrico di Rottemburg Capitano all’ Adige, che possedeva diverse Dinastie, e tra queste quella di Castel Fondo, creandolo suo Capitano. Pure tutte queste beneficenze non bastarono a preservarlo da tribulazioni amarissime.

Nel 1401 ottenne egli da Roberto Re de’ Romani, in occasione della sua spedizione in Italia, il privilegio di esigere una bolletta, ossia pedaggio, (dal che ebbero origine i dazj interni del Trentino) affine di convertire il ricavato per la custodia, e buona guardia della Città, e di altri passi del suo Territorio; giacchè il Trentino era posto ai confini della Lombardia. 20 Ma il popolo a queste esazioni con ripugnanza si accomodava, e si sdegnava fortemente contro gli esattori, e i ministri del Vescovo fino a scoppiare in aperte ribellioni. Nel principio di Febbrajo 1407 una ne insorse nelle Valli dell’ Anaunia, della quale si fa menzione nei privilegi delle medesime nell’ accomodamento seguito in Bolzano il dì 31 di Marzo del 1407. Apparisce da questo documento, che i Castelli di Sant’ Ippolito, di Altaguardia, e di Tuenno furono saccheggiati, demolite le fortificazioni, derubati, e spogliati, con furor popolare commessi diversi eccessi contro i ministri del Principe, e spogliate, e derubate diverse persone. Il Vescovo però usando di sua clemenza donò il perdono, e concesse diversi privilegi alle Valli, che aumentati dai successori vennero confermati da ogni Principe Vescovo. 21

A quest’ epoca sembra doversi riferire la creazione de’ Nobili rurali, esentati dagli ufficj della Comunità, che si trovano sparsi in queste Valli. Il Vescovo Giorgio con tale onorevole titolo, e colla detta esenzione premiò quelle persone, e famiglie, che in mezzo a tanti tumulti si distinsero nella fedeltà, e ubbidienza al loro Signore. 22

Ma con tutto questo non cessarono i tumulti nel Trentino. Il Vescovo il dì 4 di Aprile del detto anno 1407 dopo il Vespro da alcuni Signori fu attrappato nella Cattedrale fra una grandissima moltitudine di popolo, e con molti ludibri, che si possono leggere nel Pincio, rinserrato nella Torre di San Lorenzo detta Wanga. Venne intanto il Duca Federico d’ Austria, e prese possesso della Città. Il Vescovo liberato dalla prigione ricorse subito all’ Imperatore, e trattatasi la causa avanti Eberardo Arcivescovo di Salisburgo, con alcuni altri Signori deputato Giudice, l’ anno 1409 sortì sentenza favorevole al Vescovo. Federico allora si ritirò, e [p. 29 modifica]permise, che il Vescovo l’ anno seguente rientrasse in possesso del suo Principato.

Ma molti dei Trentini non sapevano accomodarsi al governo di un Signore, da cui l’ animo loro era tanto alienato, 23 e già nel 1412 era in atto di scoppiare una nuova ribellione. Enrico di Rottemburgo, che era Capitano del Vescovo, avvisato di tali macchinazioni venne in di lui favore con molta gente armata, appiccò il fuoco a diverse parti della Città, e la mise in confusione; e tra il tumulto rintracciato, e sorpreso Rodolfo di Bellenzono, uno de’ più ricchi Cavalieri di Trento, che dicevasi capo di queste sollevazioni, lo fece subito condurre in piazza, e sul momento gli fece troncar la testa. I fazionarj scrissero al Duca Federico; ed egli ritornò con un esercito mostrandosi sdegnato contro il Vescovo, e il Capitano, che senza sua previa saputa abbiano maltrattato così una Città, di cui egli era l’ ereditario Avvocato: ne ripigliò il governo; e al buon Vescovo convenne andarsene a cercar protettori. Presero le di lui parti l’ Imperatore Sigismondo, e il Concilio generale di Costanza 24 che si tenne di là a poco onde il Duca Federico si ritirò ancora, ed al Vescovo fu concesso di far liberamente ritorno alla sua Chiesa. Ma non tardò molto [p. 30 modifica]ad essere di nuovo preso prigione da un Feudatario in un Castello, 25 dove a’ 25 d’ Agosto 1419 non senza sospetto di veleno infelicemente morì.

L’anno 1424 terminarono questi sconcerti col Duca Federico, cui fu concessa l’investitura di Eppan, di Castel Fondo, di Caldaro, e di tutto quello, che Enrico di Rottemburgo aveva ricevuto in Feudo dalla Chiesa di Trento, come pure di diversi altri Feudi di altri Vassalli.

Non molto dopo succedettero i Concordati della Germania colla Santa Sede stipulati l’anno 1448 26 dei quali quattro sono i capi.

Il primo spiega i beneficj, che sono di nomina Pontificia. Il secondo tratta delle elezioni, o confermazioni de’ Vescovi. Il terzo determina l’alternativa de’ mesi per la collazione de’ Canonicati, dove Febbrajo, Aprile, Giugno, Agosto, Ottobre, e Dicembre restarono ai Capitoli, e gli altri mesi al Sommo Pontefice. Il quarto determina le Annate. Questi Concordati si osservarono dalla Chiesa di Trento, come compresa nel corpo dell’Impero Germanico.

Ma ritornando alle nostre Valli, altro tumulto popolare accenna il Pincio succeduto sotto il Vescovato di Giovanni Hinderbrachio verso l’anno 1468. Certi banditi, e scellerati, carichi di debiti, ottenuto un salvocondotto dall’Arciduca Sigismondo, si rivoltarono contro il Vescovo. Ma sulle rimostranze del Vescovo l’Arciduca ritirò la sua protezione, e umiliati i sediziosi la calma fu ristabilita. 27

Non si aveva finora nell’Impero Germanico potuto stabilire la pace pubblica, onde frequenti erano le sedizioni, e la guerra privata colle condizioni prescritte nella bolla d’oro sovraccennata continuava. Avevano gli Stati sollecitati gli Augusti: ma quest’ epoca fortunata fu riserbata a Massimiliano I., da cui la tanto celebre, pubblica, e perpetua pace fu sanzionata nella Dieta di Wormazia l’anno 1495. I principali Articoli sono riportati dal Mascovio. 28

I. Che niuno dinunzi all’altro la guerra, nemmeno lo spogli, lo prenda, lo assedi, o colla forza lo scacci dal possesso: ma tutti provino l’effetto del diritto (trattando la quistione per le pacifiche vie della giustizia).

II. A’ sudditi forestieri si permette di passare liberamente per il Territorio senza recar loro molestie.

III. Che niuno seduca gli altrui sudditi, nè gl’ inciti contro i loro Signori, nè fomenti i fuggitivi per delitti.

IV. Gli Stati tengano in dovere i vagabondi.

V. Che niuno con consiglio, o con danaro presti ajuto ai violatori della pace; ma piuttosto ricercato presti assistenza contro i medesimi, ed ajuti ad eseguire il bando. [p. 31 modifica]

VI. Contro li violatori fu stabilito il bando, la qual pena doveva essere decretata dall’Imperatore, o dalla sua Camera, come pure una pena in danaro: rapporto ai danni particolari poi, che si agisca avanti un Giudice competente. Questa fu l’occasione, per cui fu organizzata la gran Camera dell’Impero, che ultimamente risiedette in Wetzlar, ed in seguito il Consiglio Imperiale Aulico, ai quali supremi Tribunali ne’ susseguenti Recessi dell’Impero furono spedite le ordinazioni di procedere.

Il primo Vescovo di Trento, che godette di questa pace, fu Giorgio di Naydech: ed esso per vieppiù obbligarsi le famiglie anche prima distinte per fedeltà il dì 5 Dicembre 1507 confermò a’ Nobili rurali di queste Valli i loro privilegi 29, locchè fu praticato anche dai di lui Successori. Abbiamo veduto, come questi Nobili rurali esistevano sotto il Vescovo Giorgio di Liechtenstein, e di essi ve ne sono anche nelle Giudicarie. Nell’Anaunia, dove sono dispersi in diverse Pievi, cangiate le circostanze politiche, il numero è diminuito; poichè certi trovando meglio aggregarsi alle Comunità per occuparne insieme coi patriotti gli ufficj, rinunziarono ai loro privilegi di esenzione: ultimamente rapporto a questi Nobili, detti anche Gentili, nacquero delle forti dispute.

Il taglione delle Valli ebbe origine dalla guerra, che Sigismondo Arciduca d’Austria, Avvocato della Chiesa di Trento, l’anno 1487 intimò alla Repubblica di Venezia. 30 Egli da Trento non aveva ottenuto alcun soccorso nè in danaro, nè in soldati, e però il Vescovo ammonì con minaccie gli uomini delle Valli di Non, e di Sole, i quali per le spese delle truppe pedestri in quella guerra ebbero a sborsare Ragnesi circa ventidue mila. Questo diede occasione ad un grave litigio interno nelle Valli per la ripartizione. Finalmente la causa fu compromessa in Pangrazio di Castel Belasio Capitano delle Valli, in Niccolò de Moris di Sarnonico, ed un Riccardino Notajo di Tavon Assessore delle Valli, e questi arbitri a’ 19 di Giugno 1510 pronunziarono la loro sentenza in rogiti del Notajo Compagnazzi di Tuenno, per la qual cagione viene appellata la sentenza Compagnazza.

In essa fu regolato il numero degli armigeri da spedirsi in tempo di guerra. Questi armigeri furono poi nelle collette convertiti in contribuzione pecuniaria per servire di regola nelle prestazioni del Paese. E questo diede il nome al così detto taglione, che attualmente vige, e sta registrato negli Atti regionali.

Da quanto scrive il Pincio 31 la Città di Trento venne dipoi a mancar di grani. Locchè può convenire a quanto attesta Ulrico Muzio, Scrittore contemporaneo, il quale all’anno 1505 dice, che nella Germania, principalmente in quel tratto di Paese, che da Norimberga si estende fino alle Alpi, che dividono l’Italia dalla Germania, si soffrì gran fame, e che vi [p. 32 modifica]sovvenirono i popoli di Argentina nell’Alsazia, essendo l’Italia esausta per le guerre. 32

Della fame sofferta nel Tirolo a questi tempi, abbenchè non convenga coll’anno, ne parla anche il Conte Brandis, 33 principalmente fra la plebe, adducendo la sterilità de’ raccolti di due anni consecutivi.

Una guerra assai lunga, e strepitosa fu quella originata dalla famosa lega di Cambrai tra varj Principi collegati contro la Repubblica di Venezia conchiusa nel dì 10 Dicembre 1508. Il Vescovo Giorgio di Trento, e gli Stati del Tirolo avevano motivo di temere d’invasioni nel caso di qualche sinistro; perciò nell’anno 1511 mediante il celebre libello tra il Conte del Tirolo, gli Stati di questa Provincia, e i due Vescovati di Trento, e di Bressanone fu conchiusa una perpetua confederazione, ed assegnata a ciascuno de’ contraenti la sua tangente di fanti ne’ casi della comune difesa; tanto più, che c’era da temere anche dagli Agnellini, ossia Grigioni, coi quali Massimiliano aveva avuta guerra, ed avevano fatto un’irruzione nella Venosta. Questo libello nell’articolo terzo contiene il regolamento da tenersi nella comune difesa contro un assalto nimico, cioè di mettere in piedi secondo le circostanze da mille fino a cinquemila, da questi fino a diecimila, da diecimila fino a quindicimila, e da quindicimila fino a ventimila uomini.

L’articolo nono poi stabilisce, che se la necessità per causa degl’inimici fosse imminente prima che la quantità di ventimila fanti fosse in essere, o potesse venir in campo avanti il suono, o avviso da darsi pel bisogno, o che fosse denunziato dalli Superiori, o Capitani, debbano in questo stesso tempo li più prossimi, e vicini, senza distinzione di nascita, e ovunque sia, subito, quanto gagliardamente ognuno può, e come le sue forze il permettono, dar tantosto soccorso, e tutti restare al campo fino a tanto, che sia compito il numero di ventimila fanti, ovvero fino a tanto che l’esercito sarà con forze maggiori accantonato. E quelli, che per tal segno, o altra informazione degna di fede non si leveranno, e concorreranno in soccorso a questo bisogno debbano essere castigati nella vita, e nelle facoltà.

Molti altri sono gli articoli di questo Libello, che abbracciano il sistema politico del Tirolo, che per brevità si tralasciano.

  1. Disertazioni Italiane I.
  2. Terrenæ auctoritatis pio usu Pastores gregibus Religionem inferebant, pacem Christianam custodiebant, legum observationem promovebant, ac Regibus demum, atque Imperatoribus fidelem, & obedientem populum jugiter conservabant. Barthel. Opusculorum Tom. I. Opusc. IV. pag. 327.
  3. L’Autore della vita di Enrico IV.

    Ecclesias spolians, viduis sua diripiebant,
    Pupillos, miserosque premunt, vi cuncta geruntur,
    Pauperis heredem statuit fortuna potentem,
    Plus nocuit, qui plus potuit, lex nulla coercet.
    . . . . . . . . Furor hinc evenerat omnis,
    Hinc belli caussæ veniunt sub imagine recti.

    Heinec. Element. Jur. German. Lib. II. tit. XX. §. 71.

  4. Cum . . . medio tempore in partibus Allemaniæ, & aliarum circumjacentium per diversos spoliatores viarum, & Nobiles ipsius terræ fuerint insolentiæ perpetratæ, quam plurimæ. Frag. Histor. pag. 93. Struvius Corpus Histor. Germ. Period. VIII. §. 7. & in not. Buderi.
    Lambertus Schafnaub. de Rebus German. 194. Rer. German. script. Struvii Tom. I. pag. 358. Ad oppressionem singulis montibus, colliculisque præsidium imponeret, quorum terram inauditis adinventionibus, nec Christiano ore nominandis criminibus incestaret.
  5. Natal. Alessand. Histor. Eccl. Sœcul. XI. & XII. Dissert. VI. Art. 3.
  6. Castella, quæ in perniciem nostram extruxit, absque procastinatione diruat. Lambertus loc. cit.
  7. Sæculo XIII. . . . . . Usus regaliæ cessavit, & mansit penes Capitulum. Barthel. Annot. Lib. I. tit. 6. pag. 75.
  8. Discorso Vl. §. I.
  9. Ibique dominus Comes Ulricus de Ultimis crucesignatus volens ire versus Dathanos, cioè Traci, Turchi. Notiz. di Trento Vol. II. pag. 579.
  10. Monumenta Eccles. Trident. pag. 22.
  11. Notiz. di Trento Vol. II. pag. 55.
  12. Le stesse pag. 100., e Monumenta Eccles. Trident. pag. 55.
  13. His temporibus cum non esset Rex in terris, qui motus prædonum reprimeret, omnia per tumultum, sine lege, sine ordine pro lubitu fiebant. Diffidationes, rapinæ, pignorationes, latrocinia invalescebant. Nulla erant comitia, nulla juditia, nullus Imperator legitimus. Struvius Histor. German. pag. 593.
  14. Quanto amasse il buon ordine, e la giustizia l’Augusto Rodolfo, conviene sentire il Tritemio all’anno 1282. Fece demolire le Castella, ove si trattenevano ladroni nobili, e plebei, e sospenderli al patibolo; per li nobili s’interpose un Conte; ma l’Imperatore non cangiò la sentenza. Dedit responsum: Sinite latrones in suplicium trahi ultimum, quod meruerunt; non enim sunt nobiles, sed fures sceleratissimi, atque raptores, qui pauperes opprimunt per violentiam, pacem violenter rumpunt, regnique jura confundunt. Vera nobilitas fidem servat, virtutes colit, justitiam diligit, neminem offendit, nulli penitus injuriam facit. Qui nobilis est, usque ad mortem defendit justitiam, furtum non committit, nec perpetrat rapinam. Cessate nunc igitur vos, si nobiles estis fundere preces pro furibus, qui etiamsi Comites viderentur, aut Duces, mortis non evaderent pœnam, me Judice, qua digni sunt. Non est viri nobilis officium, pauperes violenter opprimere, sed ab omni potius injuria defensare. Chronic. Hirsaugiense Lib. II. pag. 44.
  15. Monumenta Eccles. Trident. pag. 87.
  16. Tacitus Histor. Lib. V. cap 74. Neque quies gentium sine armis, neque arma sine stipendiis, neque stipendia sine tributis haberi queunt.
  17. Notiz. Trent. Vol. II. pag. 220.
  18. Nullo prœsidente pastore fuit Vicarius generalis totius Episcopatus Tridenti Henricus Plebanus Tyrolensis, da documento scritto in Castel Valler l’anno 1358 Monumenta Eccles. Trident. pag. 108.
  19. Questa si legge intera nel libro Monumenta Eccles. Trident. Vol. III. Part. I. pag. 223.
  20. Notizie di Trento Vol. III. pag. 241. ; Pincius de Vitis Trident. Pontif. Lib. III. pag. 19. e seguenti ; Notizie della Valsugana Art. 4. pag. 98. e seguenti.
  21. Privilegia Vallium Anauniæ, & Solis in medio.
  22. Per altro nobili di questo genere ce ne son anche nel Feltrino, i quali si dicono privilegiati da Carlo IV. per la fedeltà da loro dimostrata nelle sue spedizioni contro Lodovico Bavaro, e il di lui figlio.
  23. Gerardo de Roo Annales Austriaci Lib. 4 pag. 148 stampato in Innsbruck in fogl. l’ anno 1592. Tumultuabantur non nulli e populo, & plebe Tridentina contra Georgium Liechtenstainium Episcopum, ab ecclesiasticis electum. Eorum furori Ducem se obtulit, Rudolphus quidam ex nobili Bellenzonorum gente oriondus, summam rei, Episcopo ejecto, apud suos assecuturum se sperans, cujus rei haud inscius esse Fridericus a non nullis dicebatur. Is cum imperiorsius jam agere, & Episcopo gravis esse inciperet, Henricus Rottemburgicus, qui fædus, & amicitiam cum Episcopo habebat, Tridentum profectus, urbem, nec opinato impetu in potestatem redigit, plerisque locis incensis, & civibus motu quiescentibus, Rudolphum nulla interjecta mora, capitali suplicio affici.
    Fridericus hæc, suo injussu, in amica Civitate, ab homine infensissimo facta, ægerrime ferens, cum armis eo adcurrit, ad cujus adventum, Episcopus urbe excedit, oppidani Archiducis fidei se, suaque committunt.
  24. Nella Sessione XX. del Concilio di Costanza tenuta li 21 Novembre 1415 si trattò della differenza insorta tra il Vescovo di Trento ed il Duca Federico d’ Austria. Il Prelato dolevasi, non solo che questo Duca lo aveva spogliato da nove anni del suo Vescovato, e di tutte le Città, Castella, ed altri Dominj; ma che ancora lo aveva fatto prigione. Così Fleury Istor. Eccl. cont. Lib. CIII. §. 153. Fu riassunto quest’ affare nelle Sessioni 27, e 28, e terminò a favore del Vescovo, come si può vedere nel citato Autore, avvertendo, che a queste Sessioni vi era anche presente l’ Imperatore Sigismondo.
    Roo citato loco pag. 156 Jacobus Laudensis Episcopus, Italiæ nationis præses, Sacrosancti generalis Synedi nomine, literas dedit ad Petrum Sporum militem, Simonem, & Erasmum de Thunno, Hiliprandum Glesium, & reliquos in Anauniæ, ac Solis Vallibus, Tridentinæ Ecclesiæ Syndicos, ac fiduciarios ....... Cum igitur Georgius ipsorum Episcopus a Friderico Austriæ Principe, multis, magnisque incommodis affectus, vindictæ omni cupiditate vacuus, nihil aliud in votis habeat, quam ut sublatis inimicitiis, in pristinum dignitatis gradum restitutus, suamque sponsam recuperare possit: dandam ipsis operam esse, ut Fridericus cum illo in gratiam redeat, & Ecclesiam illi suam male affectam restituat. Datum Constantiæ VIII. Calend. Junij anno 1416.
  25. In Castro Spori. Pinc. Lib. III. pag. 20. Monumenta cit. pag. 126.
  26. Riegger Corp. Jur. Publ. pag. 65 & seq.
  27. De vitis Trident. Pontif. Lib. IV. pag. 29. a tergo. Il Pincio nomina questi sediziosi "Lurcones."
  28. Lib. I. cap. III. Jur. Publ.
  29. Monumenta Eccles. Tridentin. pag. 171.
  30. Manoscritto estratto dall’Archivio dalla Valle di Rumo, nel quale si conserva il processo del 1510 fra li Nobili rurali, e la Comunità delle Valli.
  31. Pint. Lib. V. pag. 32 tergo.
  32. Anno quoque quinto supra millesimum quingentesimum per magnam Germaniæ partem, maxime illas regiones, quæ ab Norimberga usque ad Alpes, quæ Italiam a Germania dividunt, fuit ingens fames. Subvenerunt vero Argentinenses omnibus illis fame laborantibus regionibus. Sæpe ante, & post nuperque fuit, Italia frequentibus bellis exhausta, plurimum frumenti trasvectum. Huldericus Mutius Germ. Chron. Lib. XXX. Struvius Rerum Germ. Script. Lib. II. pag. 964. Di una fame sofferta nella Svevia ne parla anche Giovanni Tritemio, che l’anno 1514 terminò li suoi Annali, ossia Chronica Hirsaugiense, L. II. all’anno 1501 pag. 586., così scrive “Eodem anno per totam Sveviam fames magna, & multa frumentorum inopia pressit mortales. Argentinenses vero cives, qui tempore ubertatis sibi providerant, in ea necessitate communi frumentis abundabant, qui, & non minus caritativi ad omnes, quam providi ad semetipsos, cunctis undecumque adventatibus frumenta vendebant in foro competenti.
  33. Part. I. pag. 191.