Piceno Annonario, ossia Gallia Senonia illustrata/Capitolo VIII.

Da Wikisource.
Capitolo VIII.

../Capitolo VII. ../Capitolo IX. IncludiIntestazione 22 maggio 2017 100% Letteratura

Capitolo VII. Capitolo IX.

[p. 95 modifica]

CAPITOLO VIII.


Città di Pitulo, Pitino Pisaurense, e di Pitino Mergente


Sebbene tante dotte persone abbiano proccurato di emendar Plinio: tuttavia, dice l’Olivieri1, non vi è alcun’altro Autore antico, che sia cosi pieno di errori, e che abbia più bisogno delle mani di un Medico. Difatti nella sesta regione secondo l’edizione fatta dall’Arduino troviamo: Ostrani, Pitulani cognomine Pisuertes, et alii Mergentini. Dalle lapidi però riportate da’ Collettori si rilevan due cose. La prima, che esistevano queste tre Città, cioè Pitulo, Pitino Mergente, e Pitino Metaurense. La seconda, che i Pitinati avevano il cognome di Mergentini, e di Pesaresi, e non mai di Pitulani: e che Pitino situato nell’Umbria da Tolomeo, era diverso da Pitulo. Che dobbiam dunque credere? Che gli Amanuensi non solo cambiarono a Plinio la parola di Pisaurenses in Pisuertes, ma che tolsero dalla di lui geografia Pitinates, credendo, che tal parola fosse una ridondanza, o fosse stata intromessa per errore da coloro, che copiarono Plinio prima di essi. Adunque senza alcun dubbio di errare ecco come deve emendarsi tal passo secondo il Colucci. Si deve ritenere 1a parola Pitulani, perchè presentemente ve la troviamo, e perchè l’esistenza di questi popoli è confermata dalle lapidi, e si deve aggiungere Pitinates che avevano il soprannome di Pesaresi, e di Mergentini, e dire: Ostrani, Pitulani, Pitinates cognomine Pisaurenses, et alii Mergentini, Plestini etc. Ciò si osserverà meglio in appresso, ed intanto comincio a trattare di Pitulo. [p. 96 modifica]

Accertandoci Plinio, e le lapidi dell’esistenza di questa Città il Cluverio pensò, che fu vicina all’antico Prolaqueo, ora Pioraco, e nel luogo precisamente chiamato Piolo.2 Anche il Muratori si unì con lui. Passandola il Cellario sotto silenzio, l’Arduino non altro disse nella nota: et Pitulum ab his diversum jam in prima regione vidimus. Ma il Turchi nel suo Camerino Sacro3 la fissò nell’Agro di Rocca Contrada, ora Arcevia, presso l’odierno Castello chiamato Piticchio, ove si osservano ruderi di un vasto paese, e molti monumenti antichi. Asserisce, che il colle vicino dalle antiche carte chiamasi Collis Pitulanus, collis Pituanus, il quale in oggi dicesi Pizzano, e il Castello di Piticchio nelle carte del Secolo XIII chiamasi Castrum Pitili, ed ancora Piticle, onde ne venne il nome di Piticchio. Ha molta ragione il Turchi. Imperocchè sotto il Castello di Piticchio in una pianura bagnata dal fiume Misa, che prima di scaricarsi nel Mare forma il Canale di Sinigaglia, e l’interseca, si osservano molti ruderi, e non solamente la tradizione, ma una lapide ivi trovata, in cui leggesi il nome di Pitulo, ci rende sicuri, che ivi fu la Città. Riporterò il frammento, che produsse il Turchi4, il quale sebbene sia inconcludente, tuttavia è sufficiente all’intento nostro, perchè in esso leggesi PITVL.

                    D.M.
SECVNDIA . . . .
PATERNAE . . . .
GI . CARISSIMAE . . .
FEC . QVI VIX . AN .
MENS . V . VALE . . .
SAECULARIS . M . .
PITVL . TVM . P .

[p. 97 modifica]Dalle seguenti lapidi si raccoglie, che Pitulo non fu un Pago, o una Mansione militare, ma che fu un Municipio, che ebbe la sua Repubblica, e tutti quegli ornamenti, di cui furono fornite le altre Città. Il Donio, ed il Muratori riportano5 la seguente, come esistente in Iesi


SOLI
INVICTO . MITHRAE
Q. IVNIVS . Q . F . VEL . TREBVL
LIANVS . SEVERIANVS
EQ . PVB . PRAEF . FABR .
COLON . AESIS PROCVRATOR
R . P . ASCVLAN . CVRAT . REIP .
PITVL . PATRONO COL . AES .
V . V . L . M
L . D . D . D .


Fu riportata anche dal Gori, e perchè gli era ignota la Città di Pitulo, credette, che PITVL si dovesse correggere in PVTEOL dicendo forte reip. Puteolanorum, vel potius Pitilinorum.6 Ma riconobbe il suo errore, e lo corresse, allorquando riportò la seguente, che fu anche prodotta dal Donio7, e dal Muratori


P . RVTILIO A . F . PAL . FOVRIO
EQVO . PVBLICO . CORRECTORI
VMBRIAE . ET . PICEN . OB . INSI
GNEM . EIVS . . . . .
PRAEF . AERARII . SATVR . ET . PA
TRONO . ORD . MAVANIAE
CVRATORI . R . P . FVLGINAT .
ORDO PITVL . VN . C . CIVI
BVS . STATVAM . CONLOCA
VERVNT . P . D .

[p. 98 modifica]Il Gudio riporta le due seguenti:8 ma siccome dice averle prese dal Ligorio, così sono sospette, e possono essere false.


M . FVFFIVS . M . F . SAB .
ALBANVS
EQ . ROM . PRAEF . FABR .
MVNIC. PITVLAN .
FECIT . ET . SIBI
ET FVFFIAE . TORQVATAE . SABINAE
VXORI . RARISSIMAE . ET
PIISSIMAE FEMIN .
L . D . D . D .
-----
M . PRAESIDIO . M . F . STEL.
POLLIANO . PITVL.
VETERANO . LEG . II . ITAL . ACCEPT .
ONESTA . MISSIONE . PRAEF . FABR.
CENTONAR . DENDROFOR.
PRAEFECTO . QVINQ . PATRONO . MVNI .
PITVL.
QVAESTORI . REIP . AESERN . III . VIRO
CAPIT . QVAESTORI . AERARII . PVB.
PATRONO . OPTIMO . OB MERIT.
ORDO P . L . D . D . D.


Dalle rovine di Pitulo ne venne il Castello di Piticchio, e Rocca Contrada. Era cosa più onorifica per questa l’assumere il nome di Alba, e di Pitulo, dalle rovine delle due quali Città è nata, che prendere quello di Arcevia. La Città di Alba formò porzione della Diocesi di Nocera dopo la sua distruzione e Pitulo formò porzione della Diocesi di Sinigaglia.

Affinchè poi non si dubiti, che il passo di Plinio vada corretto, come lo emendai, parlerò ora di Pitino Pisaurense, e di Pitino Mergente, e ricaverò la [p. 99 modifica]loro esistenza dalle lapidi. In Pesaro esiste una lapide eretta ad Abeiena, che era Sacerdotessa di Pesaro, e di Rimini, e Patrona del Municipio di Pitino Pisaurense. Fu questa stampata dal Simonetti, dal Cluverio, dal Grutero, dal Fabretti, dal Baron di Bimard, e da altri. Ma l’Olivieri la produsse più correttamente di tutti gli altri, e da questo la prenderò. In essa è cancellato il nome dell’Imperadore, che concesse ad essa il giure dei figli, e l’Olivieri esaminando i vestigj delle rase lettere, crede, che fu di Commodo, il cui nome, come attesta Lampridio, per ordine del Senato fu tolto da’ pubblici monumenti.

ABEIENAE
BALBINAE
FLAMINICAE
PISAVRI ET ARIMINI
PATRONAE MVNICIPI
PITINATIVM PISAVRENTIVM
HVIC ANNO QVINQVENNAT
PETINI . APRI . MARITI . EIVS
PLEBS VRBANA PISAV
RENTIVM OB MERITA
EORUM CVI
IMP . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
IVS . COMMVNE . LIBERO
RVM CONCESSIT
L . D . D . D .


Il jus trium liberorum tanto celebrato dagli antichi, che Marziale ottenne da Domiziano, Plinio da Trajano per sè, per Vaconio Romano, e per Svetonio Tranquillo, difficilmente era conceduto dagli Imperadori, perchè molti allettati da tale speranza o non avrebbero presa Moglie, o non avrebbero proccurato di avere i figli. Marziale lepidamente avvisa a Tentone, che dopo aver presa moglie era andato a Roma per ottenere dal Principe il giure di tre figliuoli, che torni [p. 100 modifica]presto nel suo Paese. Imperocchè se si fosse trattenuto a Roma più lungo tempo avrebbe trovato nel suo ritorno a casa non tre figli, il di cui diritto chiedeva, ma quattro.9

Nam tu dum longe deserta uxore moraris
Tres quaeris natos, quattuor invenies.

L’esistenza di Pitino Mergente ricavasi dalla seguente lapide, che esiste in Fossombrone all’ingresso del Palazzo Pubblico, la quale fu egregiamente illustrata dal Castellani10.


C . HAEDIO C . F . CLVST . VERO
EQVO PVBL . PRAEF . EQVIT . ALAE
INDIANAE . PR . TRIB . MILIT . LEG . II
TRAIAN . F • PRAEF . COH . II LING . EQ .
II VIR . II VIR . QVINQ . QVAESTORI
PATRONO MVNICIPI FLAMIN .
ITEM PITINO MERGENTE
IIII VIR . QVINQ . IIII VIR . AEDILI
PATRONO MVNICIPI PONTIFICI
QVOD CVM ANTEA STATVA EI NOMINE
PVBLICO OB MERITA EIVS DECRETA
ESSET . ET . IS . HONORE CONTENTVS
SVMPTIBVS PVBLICIS PEPERCISSET
DECVRIONES EX SVO POSVERVNT .
QVIBVS OB DEDICATIONEM
VERVS SINGVLIS H-S . LXX . N
SPORTVLAS DEDIT.


La seguente è rotta, e fu prodotta dal Muratori 11, che asserì averla avuta dall’Eminentissimo Passionei, e disse esser posta in Abbatia Canonicorum Urbini prope Aqualagosa, forse volle dire secondo il Colucci, prope Aqualagnam. Il Lettore noti, e si ricordi del sito, ove esiste, perchè in appresso nuovamente ne parlerò.

[p. 101 modifica]

. . ESSIO E . LIB.
. . ZOSIMO
. . O . AVGVSTAL HIC
. . SEMPRONI ORNA
. . DECVRIONALIBVS AB
. . PIT . MERG . HONORATO
. . ONES ET PLEBS VRBANA
. . OB MERITA
. . EDICATIONE DECVRIONI
. . VLIS H-S . XII PLEBEIS
. . EPVLAS DEDIT ET
. . CERATIONEM


Avendo osservato, che esistevano i due Pitini nella sesta regione, cioè il Pisaurense, ed il Mergente, passiamo ad indagare ove furono. Sebbene questo sia un punto assai intricato, tuttavia spero di riuscirvi. Confesso però di non avere esaminato, anzi di non aver veduto mai il sito, ove li porrò. Non pensava scrivere sopra queste due Città; credeva, che fossero state sufficientemente illustrate dal Colucci, e dall’Olivieri; e perciò nel breve viaggio, che feci, non passai per quei luoghi. Ricaverò dunque il sito, ove furono, da ciò, che scrissero i mentovati scrittori. Il Cluverio collocò Pitino Pisaurense nel luogo, ove ora sorge Macerata Feltre, e l’Olstenio non si discosta da lui, ma vuole semplicemente, che Macerata sorse dalle Macerie di questa estinta Città, la quale rimaneva nelle prossime vette del Persena monte non molto alto, alle di cui falde esiste Macerata. Del medesimo sentimento non solamente è il Cimarelli, ed il Cellario, ma Lorenzo Abstemio Cittadino di Macerata Feltre, alla quale fu aggiunto il nome di Feltre per distinguerla da Macerata Picena, che trasse l’origine dalle macerie della distrutta Ricina. Cosi egli disse = Pitino, di cui parla Ptolomeo, fu una Città di Italia in quella regione, che ora chiamasi Montefeltro, ossia Provincia Feretrana, la quale con antico vocabolo si diceva Monte Feretrano, così denominato dalla Città, la quale [p. 102 modifica]ora si chiama S. Leo. Esisteva, ove ora è la Chiesa di S. Cassiano Martire, la quale si chiama Pieve della Città di Pitino. Che ivi rimanesse, non solamente ce lo attesta il nome, ma ancora la fama, ed i rimasugli di antichi edificj. Il luogo della Città rimane fra mezzo a due fiumi, alla sinistra ha il fiume Apesi, che viene dal monte di Carpegna, e a destra ha un torrente, che viene dall’alto monte della Fagiola, il quale12 essendo gonfiato dalle piogge scuopre molte volte monete antiche. I Contadini nel coltivare la terra ritrovano monete, condotti di piombo, teste di marmo, vasi di oro, lucerne, e molte altre anticaglie. Lessi in una quadrata colonnetta Saturno Patri Sacrum. Dai rimasugli di questa Città fu edificata Macerata mia Patria, che è la principal terra del Monte Feltre. = Non può dunque dubitarsi, che ivi fu Pitino. Ma fu questo il Mergente, o il Pisaurense? Il Cluverio crede, che fu il Pisaurense; ma il Fabretti13 è di sentimento contrario, nega, che Macerata fu l’antico Pitino, benchè sia distante tra miglia incirca dal fiume Foglia, ossia Pisauro, e dice, che il Cluverio cadde in tale errore, perchè prese un torrente anonimo, presso cui giace Macerata, pel Pisauro, in cui quello si scarica. L’Olivieri non osa stabilire il vero sito di Pitino Pisaurense, perchè non riuscì al Fabretti uomo assai versato nell’antichità, il discoprirlo, e pensa, che potesse essere presso la terra di Sassocorbaro, e che quello, che esisteva nelle vicinanze di Macerata fu il Pitino Mergente. Il Colucci andò dietro all’Olivieri14.

Io poi dico, che presso Macerata fu il Pitino Pisaurense, perchè questo fiume rimane lontano da esso circa tre miglia, e questa distanza non è considerabile, come riflette il Baron de Bimard. L’Olivieri nativo [p. 103 modifica]di Pesaro non potè trovare il sito di Pitino Pisaurense, perchè nel corso di detto fiume non trovasi alcun rudero. Dove sarà stato? Rispondo vicino al fiume Pisauro, ed era bagnato dal fiume Apesi, che si scarica nell’Isauro, come ce lo attesta Lucano,15 il quale perciò lo pone fra i celebri fiumi d’Italia, forse, perchè bagnava Pitino.

Crustumiumque rapax, et junctus Isapis Isauro.

Questi autori cercano ambedue i Pitini intorno al fiume Foglia, e non considerano, che non vi è alcuna ragione di ivi cercarli. Cupra marittima era assai distante da Cupra Montana, i Tifernati Tiberini erano assai lontani da’ Tifernati Metaurensi, gli Urbinati Ortensi erano assi lungi dagli Urbinati Metaurensi. Perchè duqnue i due Pitini dovevan esser vicini, e situati in poca distanza dal fiume Pisauro?

Se presso Macerata fu il Pitino Pisaurense, ove sarà stato il Pitino Mergente? Fu in quel luogo, ove l’Olivieri, il Colucci, ed altri collocano Urbino Metaurense. In succinto dirò quello, che sarò per riferire quando parlerò di Urbino. Nell’anno 1734 furono scoperti degli avanzi di una distrutta Città vicini a quel luogo, in cui il fiume Candiliano si congiunge al fiume Burano. L’Ab. Gentili, che li osservò, congetturò, che potessero essere di Urbino Metaurense, e vide, che questi erano a Ponente dell’Aqualagna. Sorsero subito i Letterati, e diedero addosso all’esistente Urbino, e dissero, che questo fu l’Ortense, e non il Metaurense, come erasi sino ad ora creduto. Io poi, che dimostrerò ove era Urbino Ortense, asserisco, che in tal luogo fu Pitino Mergente, e lo ricavo da quello, che essi scrissero, perchè, come mi protestai dal principio, non osservai il sito. Il Colucci16 riporta un frammento di lapide prodotta dal Muratori mandatagli dal Cardinal Passionei, e questo rimane in Abbatia Canonicorum Urbini prope Aqualagnam, come egli lo corregge. [p. 104 modifica]In esso si legge pit. merg. Or essendo i ruderi di una Città distrutta, non più lontani di un miglio secondo il Sarti:17 sunt ad dexteram Candiliani ripam vix passibus opinor mille ultra Aqualagnam non vulgaria antiqui oppidi vestigia chi non rileva da essa lapide, che il nome di tale Città fu di Pitino Mergente? Egli coll’Olivieri fa derivare il nome di Mergens da mergo, che significa attuffare, sommergere. Or essendo situato il Pitino vicino a Macerata nelle prossime vette di Persena, monte non molto alto, come può credersi, che in un monte esistesse il Pitino Mergente? Egli si difende così = È da notarsi per altro, che siccome la città doveva esser posta nel pendio del monte istesso pareva in certa guisa, che andasse ad immergersi nè due contigui fiumicelli, che la circondavano, e che ivi appunto si univano insieme. Riflessione è questa parimenti dell’Olivieri, che nel citato luogo così spiega la ragione di tal cognome = Questi detti non mi appagano, ed il nome di Mergente compete a meraviglia a Pitino, se si pone in quel luogo, ove il fiume Candiliano si unisce al Burano, in cui si osservano i ruderi. Restava in perfetta pianura, era bagnato da due fiumi. Inoltre egli dice18, che se C. Hedio, come ci attesta la lapide, che di sopra riportai, ebbe cariche in Forosempronio, ed in Pitino Mergente, Forosempronio, e Pitino Mergente dovevano essere due città vicinissime, e non mai l’una assai distante dall’altra, e di difficile accesso. Se così è, allora dico, che Forosempronio è assai più vicino all’Aqualagna, presso cui Pitino Mergente, che a Macerata Feltre, ove egli lo vuol porre. Concludo: da Plinio, e dalle lapidi si rileva, che vi furono queste tre Città, cioè Pitulo, e Pitino Pisaurense, e Mergente. Pitulo fu presso il Castello di Piticchio, Pitino Pisaurense fu tre miglia circa distante dal fiume Pisauro presso Macerata, e Pitino Mergente fu presso l’Aqualagna.

[p. 105 modifica]Qualcuno però può riprendermi, e dirmi, che le mie asserzioni sono troppo franche, perchè una Città chiamata Pitino rimaneva ne’ Vestini, e che questa probabilmente fu il Pitino Mergente. Plinio19 dice: in agro Pitinate trans Apeninum fluvius Novanus, omnibus solstitiis torrens, bruma siccatur. Or l’Arduino crede, che questo questo fu il Pitino di Tolomeo, che non molto restava lontano da Amiterno, e che il di lui nome, e rovine rimangono circa due miglia lontane dalla Città dell’Aquila di Abbruzzo nel luogo chiamato Torre di Pitino secondo i detti dell’Olstenio. Il Cellario asserisce, che Pitino fu di là degli Appennini, che il Cluverio lo colloca presso la sorgente del fiume Vomano ora chiamato Umana, e che l’Olstenio conferma, che i di lui ruderi sono lungi tre miglia dalla Città dell’Aquila. Secondo queste asserzioni il Baron de’ Bimard crede, che il Pitino Mergente fu ne’ Vestini, ed il Pitino Pisaurense presso Macerata Feltria. Il Colucci poi20 sostiene, che ambedue i Pitini furono nella sesta region dell’Italia, perchè ivi furono collocati da Plinio, e perchè le lapidi, che parlano di essi, furono trovate non ne’ Vestini, ma nelle Città della sesta regione. Fin qui ha una evidente ragione Segue poi a dire, che il passo di Plinio è scorretto, che il fiume Novano non fu mai conosciuto dagli antichi, e che deve essere il Vomano, ed al Pitinate sostituisce Peltuinate, perchè Plinio quando descrive la region de’ Vestini21 pone i popoli Peltuinates, e non mai Pitinates: Vestinorum, Angulani, Pinnenses, Peltuinates etc. Se esistevano i Pitinati, Plinio non poteva preterirli, e quindi corregge Plinio con Plinio stesso, e vuol che si legga in agro Peltuinate. Rispondo: quante Città non ommisero Strabone, e Tolomeo? Si possono tacciare di somma dissattenzione? E perchè di questa si ha da accusare Plinio, se nella sua geografia ne lasciò qualcuna, come [p. 106 modifica]lasciò la sola Interamna oggi Teramo nel descrivere il Piceno? Inoltre allora crederei, che a Pitinate si dovesse sostituire Peltuinate, se tal parola si legesse nel solo Plinio. Nella tavola Peutingeriana si trova Pitino tra Vestini.

INTEROCRIO

FISTERNAS X
ERULOS III
PITINUM VII
PRIFERNO XII
AMITERNUS XII

AVEIA VII

Possibile, che la parola Pitinum si dovesse corrompere in Plinio, e nella tavola Peutingeriana? Possibile, che la tradizione voglia ingannare i popoli dell’Aquila, ed i vicini, che dicono, che Pitino fu due miglia distante da detta Città, e precisamente nel luogo, che porta ancora la denominazione di Pettino? Non posso crederlo; e siccome nell’Italia quattro furono le Città chiamate Alba, come dissi nel Capitolo V, così tre furono i Pitini. Uno rimaneva ne’ Vestini, e ce lo dice Plinio, la tavola Peutingeriana, e la tradizione: due rimanevano nella sesta Regione, e ce lo attestano Plinio, e le lapidi.

Note

  1. Inscrip: 28. p. 68.
  2. Ital. Antiq. lib. 2. c. 4.
  3. cap. IV. §. 4.
  4. p. 52.
  5. P. MC. n. 2.
  6. Clas. 1. n. 34.
  7. Clas. 2. n. 90.
  8. Pag. 134. n. 9. c. 137. n. 7.
  9. Lib. 8. cp. 3.
  10. Antic. Pic. T. VII. p. 127
  11. P. CCVI.
  12. Con molta eleganza cantò il ch. Passeri di questo fiume, che non ha alcun nome.

    Fiumicel senza ninfe, e senza nome.

  13. Inscript. p. 658.
  14. Antic. Pic. T. 8. p. 20.
  15. Lib. 2. Pharsal. v. 406.
  16. Antic. Pic. T. VIII. p. 8.
  17. De Ep. Eugub. p. 144.
  18. T. Cit. p. 25.
  19. Lib. 2 c. 3.
  20. Antic. Pic. T. 8. p. 25.
  21. Cap. XI. lib. 3.