Poesie (Campanella, 1915)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/29. Canzone della Bellezza segnal del bene, oggetto d'amore
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29
Della bellezza segnal, del bene, oggetto d’amore
CANZONE
madrigale 1
L’amor essenzial, cui son radici
senno e valor nativi, donde in terzo
s’integra ogni esser, si conserva e chiama
bontá, veritá e vita, a grande scherzo,
in voglie accidental, difTonditrici
dell’essere, come arbor, si dirama,
o perché in sé l’ha a perdere, o per mostra
di suo’ beni a bear altri chi s’ama.
Talché un Cupido in ciel di copia nasce
gioiendo; e con ambasce
qui d’inopia un, che pasce
pur letizia di vincere la giostra
contra il morire in questa bassa chiostra.
Or fra le cose ancor, che tutte buone
a sé, al mondo e a Dio, perché salute
sono all’aitre o fatal destruzione,
pose un gran segno la prima virtute.
madrigale 2
Bellezza dunque è l’evidente segno
del bene, o proprio all’ente in cui risiede,
o di ben ch’indi può avvenire a cui
par bello, o d’ambi, e d’altri può far fede.
Ecco, la luce del celeste regno,
beltá semplice e viva, mostra a nui
gran valor, che gli avviva e giova a tanti:
sol brutta all’ombra, bel degli enti bui.
Di serpi e draghi il fischio e la bravura
e la varia pittura
a noi ci fan paura,
gli rendon brutti, e tra lor belli e santi.
L’umiltá di cavalli e di elefanti,
segnal di servitú e di poco ardire,
fa brutta a loro, ma a noi bella vista
del poter nostro e ben di lor servire.
L’altrui virtú al tiranno è brutta e trista.
madrigale 3
Bella ogni cosa è dove serve e quando,
e brutta dov’è inutile o mal serve,
e piú s’annoia; e pur l’altrui bruttezze
bello è vedere, e guerra in mar che ferve,
perché tua sorte o virtú vai notando,
impari a spese altrui mire prodezze.
Brutto è, s’augura a noi male o rimembra,
vedere infermi, povertá ed asprezze.
Il bianco, che del nero è ognor piú bello,
piú brutto è nel capello,
che addita testé avello;
pur bello appar, se prudenza rassembra.
Belle in Socrate son le strane membra,
note d’ingegno nuovo; ma in Aglauro
sarian laide. E negli occhi il color giallo,
di morbo indicio, è brutto; e bel nell’auro,
ch’ivi dinota finezza e non fallo.
madrigale 4
S’ella nota ogni ben, strano o natio,
e principi son Senno, Amor e Forza,
giocondi sempre ed utili ed onesti,
cui le virtú son figlie, e gli altri scorza;
chi piú senno, alta possa ed amor pio
mostra, è beltá piú illustre: ond’i gran gesti,
spontanee morti e cortesie d’eroi
paion sí belli, e mai non son infesti
di savi le dottrine, leggi e carmi,
ond’io posso eternarmi;
e l’altrui glorie, e l’armi,
e far gli altri prudenti a viver poi,
son le piú ampie bellezze fra noi.
Bello è la nave o il cavalier armato
veder, in cui piú forze addoppia l’arte;
ma piú Archimede saggio opporsi al fato,
franger le navi e trasvolar, di Marte.
madrigale 5
L’Arte divina negli enti rinchiusa,
che Natura appelliam, gli esempi prende
da Dio per farli; e la nostra da lei.
Però il soggetto brutti o bei non rende
nostri artifici; lo imitar gli accusa.
Cosí degli aurei li marmorei dèi
piú bei puon dirsi, arte maggior mostrando,
e piú Tersite in scena che gli Atrei.
E di Dante l’inferno piú bel pare,
ch’e’ piú ’l seppe imitare,
che ’l paradiso. E care
voci e sensi traslati énno, ampliando
l’ingegno e ’l ben incognito illustrando;
se no, fien vane o be’ drappi in Gabrina,
che segnalano il mal del bene in loco,
e fan bruttezza doppia tanta fina,
quanto il papato a chi deve esser cuoco.
madrigale 6
Or, se beltade è di bontá apparenza,
sará oggetto a quei sensi sol, che lungi
scorgono, come all’occhio ed all’udito,
cui la ragione e i sensi interni aggiungi.
Ma del gusto e del tatto alla potenza,
e d’ogni senso, in quanto è a tatto unito,
il bello è bene, e se, com’ella aspira,
Sofia s’accoppia al Senno suo marito.
Cosí beltá di ninfa al vago in atto
d’amor ristretta affatto,
di dí o di notte fatto,
passa in giocondo ben, donde ella aspira.
Bontá fruisce Amor, bellezza ammira.
Bell’è la melodia, ma, quando s’ode
dentro al mobile spirto, si fa dolce,
se quel moto amplia, ond’e’ vive e gode;
ma il strano offende, e lo sbatte, e non molce.
madrigale 7
D’ogni ben, che conserva in qualche foggia
l’essere in sé, ne’ figli o nella fama,
«beltá» il segno si dice: ma la forma
per piú propria beltá si pregia ed ama.
Perché la virtú scuopre, ch’intra alloggia,
come la mole agli usi suoi conforma,
l’avviva e tempra con arte e possanza.
Ma, se mal serve all’uso di chi informa,
come goffo giubbon, fa laido volto,
segnal d’ingegno stolto,
o di poter non molto,
chi non potè o non seppe ben sua stanza
formar; onde è di vita rea speranza.
Ma, s’ella è brutta fuori e bella dentro,
come in Esopo, industria asconde e vita.
Peggio è, se è bello il cerchio e brutto il centro;
pessima è, quando è d’ambi mal fornita.
Dichiara che, quantunque sia beltá segno d’ogni bene, che si conserva o in noi o ne’ figli o nella fama o nella conservazione d’altri, nulladimeno la forma esteriore si conosce tra gli uomini volgari per beltá piú propriamente, parlando secundum nos, non secundum naturam. E rende la causa: perché la forma ci dá avviso della virtú nativa, che fabbricò il corpo e lo avviva, e se lo seppe e puoté far buono al suo uso. Ma, se non serve bene all’uso, cioè se avesse una gamba grossa che non può camminare, un naso torto che non piglia gli odori di ritorno, un occhio che sia impannato, ecc., pare il volto laido e brutto; come un giubbon che non sta bene addosso di chi lo porta. Talché dá segno che dentro quel corpo ci sia poca arte e possanza a fabbricarlo ed usarlo; dunque poca vita e conservazione. Ma, quando di fuori è brutto e dentro è ben formato il corpo, nasconde virtú buona, e non la scuopre, come una casa di fuori mal fabbricata e dentro ben ornata: tal fu Esopo
e Socrate. Ma peggio è, se di fuori è bello e dentro mal formato, come Nerone; pessimo, se dentro e fuori è mal formato, come Zoilo, perché addita nullo bene del formatore.madrigale 8
Beltá composta ne’ corpi ricerca
proceritá e di membri simmetria,
gagliarda agilitate e color vivi,
di moti e gesti a tempo leggiadria.
Piú i maschi che le femmine Dio merca
con ta’ segni, onde son piú belli e divi;
però piú amati, e quelle amanti plue.
Dunque nani, egri, tronchi e goffi, privi
son parte di bellezza, e vecchi e smorti,
grossi, deboli e storti,
e pigri, male accorti.
Se brutto in nulla alcuno al mondo fue,
tenner tutte virtú le celle sue.
Pur ogni bello è fior di qualche bene,
e d’alcun bello è fior la venustate.
Di tutti quello e questa a mentir viene,
che sta in note all’altrui gusto formate.
madrigale 9
Giovane bella, sugosa e valente
promette lunga vita, e nutrimento
al seme, ed a noi gioia, onde può tanto.
Se poi non truovi sí dolce il contento,
com’ella addita, par brutta repente;
e se fraude, fierezza e stranio ammanto
l’infetta sí, che piú nuoce che giuova,
par brutta come un simulato santo.
Ricchezze e onor, di virtú testimoni,
son be’, ma piú i demòni,
che que’ dati a’ non buoni,
ché di commuti rovina son gran pruova.
Bello è il mentir, se a far gran ben si truova.
Or, s’ogni cosa in noi può, al mal soggetti,
bella in qualch’uso farsi, a Dio ed al mondo,
dove ha infiniti ognuna usi e rispetti,
quanto fien belle, e piú l’Autor giocondo!
madrigale 10
Guerre, ignoranze, tirannie ed inganni,
mortalitá, omicidii, aborti e guai
son begli al mondo, come a noi la caccia,
giuochi di gladiatori e pazzi gai,
arbor uccider per far fuoco e scanni,
uova e polli, onde il corpo si rifaccia,
far vigne, servi ed api, e tôr lor frutti,
reti, qual ragno che le mosche allaccia;
finger tragedia, se in vita anch’allegra,
passando ogni morte egra,
piú parti al mondo allegra.
Ma piú bello è che paian mali e brutti;
se non, in caos torneremmo tutti.
Alfin questa è comedia universale;
e chi filosofando a Dio s’unisce,
vede con lui ch’ogni bruttezza e male
maschere belle son, ride e gioisce.
Mirabil dottrina contra epicurei, che ogni cosa al mondo sia bella e buona, ma solo alla parte paia brutta. E che gli mali sono buoni al tutto; come a noi la caccia, ch’è la rovina delle belve, pur par bella; e ’l tagliar legni e mangiar gli animali e tôrre il frutto agli arbori ed all’api: e questo par brutto a loro, ma a noi bello, perché cosí ci conserviamo. E ne dona molti esempi; e dice ch’al mondo tante morti e mali respettivi sono, e servono alla vita del tutto, e sono come una tragedia finta che a noi par bella, secondo si dirá nella Canzone del dispregio della morte. E che non solo è bello al mondo il brutto, ma piú bello è ch’una cosa paia brutta all’altra; altrimenti niuna contrastarebbe all’altra, cesserebbe l’azione e la generazione, e tornerebbe il mondo in caos. Poi insegna che questi mutamenti del mondo sono atti di comedia divina. E che gli mali e le bruttezze sono maschere belle; e che ciò conosce chi s’unisce a Dio, e con lui le mira, e ride della comedia. Qui ci è gran sale e consiglio.
madrigale 11
Canzon, se volontario ogn’ente onora
bellezza per natura e non per legge,
di’ ch’ella sia di Quel, che ’l tutto regge,
trasparente splendor, ch’ogni bontate
derivamento è di divinitate,
che bea col bene e col bello innamora.
Ond’eretica accidia e stolta accora
gli sprezzator di quella,
ch’al gran Dio ne rappella
da’ morti ed a man fatti simolacri,
mostrando in tutte cose
di Dio immaggine vive e tempii sacri,
quanto Senno e Possanza in farle puose.