Poesie varie (Marino)/Nota

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Nota

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IX Indice dei capoversi

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NOTA

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Le opere del Marino si possono ripartire in tre gruppi: il poema dell’Adone, le poesie minori e le lettere e prose varie. Le lettere sono state giá pubblicate in questa raccolta a cura del Borzelli e del Nicolini; le altre prose non val forse la pena di ristamparle, tanto sono vacue e prive d’interesse; l’Adone sará dato a parte. Resta dunque da provvedere alle poesie minori; il che io ho fatto in questo volume.


I


La prima raccolta dei versi del M. fu pubblicata in due parti col titolo: Le rime, in Venezia, presso il Ciotti, nel 1602, quando l’autore toccava giá i trentatré anni. I due volumetti raccoglievano le cose da lui composte per massima parte in Napoli, delle quali poche erano state sparsamente stampate e le piú avevano circolato manoscritte1. Queste Rime, dalle quali alcuni componimenti furono tolti ed altri aggiúntivi, riunite le due parti, presero poi il titolo di La lira, per la prima volta, a quel che sembra, nell’edizione di Venezia, Ciotti, 1608. Piú tardi si formò una terza parte della Lira, contenente versi composti dopo il 1602, e fu stampata dal solito editore di Venezia, nel 16142. [p. 404 modifica]

Dal 1602 in poi, con continuo crescendo, il M. fu tratto a comporre versi cortigianeschi per nozze ed encomi; e degli Epitalami pubblicò una raccolta in Parigi, presso Tussan de Bray, 1616; e dei poemetti encomiastici i principali: Il Tebro festante, composto nel 1605 per l’elezione di papa Leone undecimo; Il ritratto del serenissimo don Carlo Emanuelle duca di Savoia, in sestine, edito in Torino nel 1608; Il tempio, panegirico di Maria de’ Medici, reina di Francia e Navarra, anche in sestine, edito in Lione, presso N. Jullieron, nel 1615, — si trovano raccolti di solito nelle ristampe al séguito degli Epitalami (questi, dieci in tutto, oltre alcuni «sonetti epitalamici»).

Nel 1620, il M. stampava in Parigi, presso A. Pacard, La sampogna, divisa in idilli favolosi e pastorali, ristampata nel 1621 in Venezia, presso i Giunti. Gli idilli favolosi, ossia mitologici, erano: Orfeo, Atteone, Arianna, Europa, Proserpina, Dafne, Siringa, Piramo e Tisbe; e quelli pastorali: La bruna pastorella, La ninfa avara, La disputa amorosa, I sospiri d’Ergasto. Ma di questi idilli due almeno erano stati giá stampati prima: i Sospiri, inclusi nel 1605 nella raccolta la Corona di Apollo, messa insieme da P. A. Gentile in Venezia presso il Combi; e l’Europa in un opuscolo insieme con l’idillio Il testamento amoroso (che non fu incluso nella Sampogna), in Venezia, pel Bertolotti nel 1612, e nella Raccolta degli idilli di diversi ingegni illustri (Milano, Bidelli, 1618). Bisogna inoltre avvertire che, nel periodo napoletano, il M. aveva composto una serie di Egloghe boscherecce, che non volle stampare e che trattavano all’incirca i medesimi argomenti della Sampogna.

Anche nel 1620 venne fuori in Venezia, pel Ciotti, La galleria, serie di epigrammi su pitture e sculture, reali o immaginate, il cui primo nucleo era stato composto in Napoli prima del 1600 ed accolto nella prima edizione delle Rime.

Innumerevoli sono le opere che il M. diceva di serbare inedite o alle quali lavorava; e un catalogo ne fu dato dal suo amico Claretti nella prefazione alla terza parte della Lira. Dei manoscritti, lasciati alla sua morte, una parte venne conservata per un pezzo in Napoli presso la famiglia Crasso dei baroni di Pianura, e un’altra nella biblioteca dei teatini di San Paolo; ma andarono poi perduti3. Dell’ereditá letteraria del M. solamente la Strage [p. 405 modifica]degli innocenti fu pubblicata postuma in Napoli, presso il Beltramo, 1632, dal nipote di lui Francesco Chiaro, e ristampata con l’aggiunta di un canto di un altro e incompiuto poema, la Gerusalemme distrutta, in Roma, dal Manelfi, nello stesso anno.

Parecchie altre composizioni del M. videro la luce, alcune durante la vita dell’autore, ma senza concorso di lui, e altre dopo la morte; e anzitutto le:

1. Egloghe boscherecce, in Napoli, per Scipione Bonino, 16204; e poi, Milano, Cerri, 1627: il volume contiene sette poesie pastorali: Tirsi, Il lamento, Dafne, Siringa, Pan, Eco e I sospiri di Ergasto, che sono il giá ricordato lavoro giovanile; e, inoltre, cinque canzoni giá note e un breve componimento in ottave: Amante convalescente geloso. Le poesie pastorali (tranne Siringa e I sospiri) furono aggiunte come «seconda parte» nella ristampa della Sampogna di Venezia, Tomasini, 1643.

2. Poesie diverse non piú stampate, in aggiunta all’edizione delle Lettere (Venezia, Baba, 1627), pp. 321-350. Sono: una canzone: Italia parla a Venezia; sei sonetti; alcune ottave Amata donna aspettata per mare in tempo di fortuna, e altre Alla regina d’Inghilterra. Ma dell’autenticitá di alcune di queste rime è da dubitare, e, per esempio, il sonetto che com.: «Siedo al rezzo gentil di selva antica», certamente non è del M., ma dell’Achillini, tra le cui Rime è stampato (si veda in Lirici marinisti, p. 51).

3. La Murtoleide, fischiate dal cavalier Marino, con la Marineide, risate del Murtola, Norimberga, Ioseph Stamphier, 1619, e Francoforte, 1619. Nell’edizione di Norimberga, che ho tra mano, vi è aggiunto, tra l’altre cose, il capitolo bernesco Dello stivale. Si noti che nella stessa edizione sono le Strigliate allo Stigliani di Roberto Pogommega (Andrea Barbazza), che tutti i biografi dánno come posteriori al 1619, sicché la data del frontespizio non sembra esatta.

4. Lettera di Rodomonte a Doralice, con la risposta del signor Dionisio Viola, Venezia, Faber, 1619. È la sola, che si trovi a stampa, delle molte Epistole eroiche, composte dal M. [p. 406 modifica]

5. Il padre Naso con le due prigionie di Napoli e Torino, Parigi, 1626. Vi si legge l’epistola Il camerone (si veda in Lettere, I, 17-26), e tre canzoni giá note.

6. Rime nuove, cioè canzoni, sonetti, madrigali et idilij, aggiúntivi alcuni sonetti di diversi, con gli Affetti lugubri del conte Fortunato Sanvitale in morte del M., Venezia, Ciotti, 1627. «Parte di queste rime (si dice nell’avv.), parti della gloriosa penna del cavalier M., erano in diverse raccolte state stampate, e parte se n’andavano attorno per le mani de’ virtuosi a penna». Sono: la canzone Delle stelle; una canz. I sospiri; un madrig. Mano risanata da Cristo; son. In morte di Camilla Rocha Nobili comica confidente detta Delia («Delia fu questa a la triforme dea»); son. In morte di Tiziano Vecellio («Vienne dal basso globo al sommo giro»; son. Per lo «Stato rustico» di G. V. Imperiale; risposta a un son. del Benamati; risp. a un son. di G. A. Rovetti; Amante convalescente geloso, ottave; La fede, la speranza, la caritá, canzoni; Canzone in morte di Enrico IV; Lettera di Rodomonte a Doralice; sei sonn. e un madrig. In lode di Adriana Basile (giá inclusi nella Lira); Pianto d’Adone, idillio («Io piango il bel Adone»).

7. Versi del cavalier Marino al Poetino con la risposta; al séguito della Strage degli innocenti, Venezia, Scaglia, 1633.

8. Poesie liriche del cav. Marino, cioè Galania et Usignuolo, idilli et un’ode sacra alla Granadiglia, Palermo, per P. Coppola, 1641: cit. dal Borzelli, op. cit., p. 367. Non m’è riuscito vedere questa stampa; e non so se il componimento sulla granadiglia sia di identificare con le note ottave dell’Adone (vi, 137-45), o se per caso si tratti di roba apocrifa.

9. Del Pianto d’Italia, attribuito al M., si è, com’è noto, disputato assai; e io stimo superfluo raccogliere qui la ricchissima bibliografia dell’argomento (per la quale rimando al Belloni, Il Seicento, p. 473, e, per la letteratura piú recente, agli spogli del Giorn. stor. d. letter. ital.); bastando la conclusione che quel poemetto, quasi di sicuro, sia opera del Testi.

10. Ma, per offrire un esatto catalogo di tutte le poesie sparsamente pubblicate del M., bisognerebbe descrivere con accuratezza le ristampe delle sue opere; di molte delle quali dá ragguagli il Borzelli, op. cit., pp. 361-8, con descrizione alquanto sommaria e con iscarso ordine. La canzone in morte di Enrico IV di Francia si trova al séguito dei due idilli Europa e [p. 407 modifica]Testamento amoroso (Venezia, Ciotti, 1614); Il duello amoroso è stampato nelle Rime, Venezia, Pezzana, 1675 (pp. 266-9), che è poi nient’altro che la terza parte della Lira, con aggiunte; l’idillio in ottave La pastorella fu certamente stampato nel secolo decimosettimo, ma a me non è noto se non nella ristampa degli Opuscoli del M., in fine del quarto volume dell’Adone, nell’edizione di Londra (Livorno), 1789.

Altri versi del M. sparsamente pubblicati in tempi recenti, sono, a mia notizia, questi: 1. E. Ferrero, Sonetti inediti del M., in Curiositá e ricerche di storia subalpina, Torino, 1874, iv, 403-7 (ma erano giá a stampa); 2. Quattordici sonetti a lui attribuiti ed estratti da manoscritti della Corsiniana e della Vittorio Emmanuele di Roma, in M. A. Canini, Il sonettiere italiano, (Torino, Candeletti, 1880), sez. v, cent. i e ii (sola pubblicata); 3. Cinque sonetti e un madrigale, estratti da un manoscritto della Vittorio Emmanuele, in M. Menghini, La vita e le opere di G. B. M., Roma, libr. A. Manzoni, 1888, pp. 364-7; 4. La villa Aldobrandini, canzone inedita, pubbl. da M. Menghini, nel Propugnatore, N. S., vol. i (1888), fasc. v-vi; 5. Due sonetti politici, uno dei quali era prima creduto di Carlo Emmanuele in risposta all’altro, di anonimo, pubbl. da G. Rua, in Giorn. stor. d. lett, ital., xxi (1893), pp. 457-65; 6. Due sonetti inediti per l’uccisione di Maria d’Avalos e di Fabrizio Carafa, e una canzone intit.: Amoroso trattenimento, in A. Borzelli, op. cit., pp. 8-9, 250-2. Si noti, infine, che lo stesso Borzelli pubblicò alcuni saggi di un manoscritto della biblioteca della Societá storica napoletana, intit.: Inni profani, scritti nella sua prima prigionia nella Vicaria dal signor cav. Marino, congetturando che fosse da identificare con la perduta Polinnia (nell’opuscolo: La Polinnia del cav. M.?, Napoli, 1892, e cfr. op. cit., pp. 44-6); ma in un posteriore opuscolo (Di un manoscritto ecc. falsamente attribuito al cav. M., Napoli, 1899) rifiutò la sua prima opinione, negando che quei versi fossero la Polinnia, e che fossero opera del M.

Molti manoscritti contengono versi editi o inediti del M. o a lui attribuiti; e di essi prometteva di dare notizia il Borzelli, al quale tanto debbono le ricerche sul Nostro. Il Borzelli m’indica quelli che esistono nella Bibl. nazionale e nella Biblioteca dell’Oratorio ossia dei Gerolomini di Napoli, nella Vittorio Emmanuele, nella giá Barberini e nella Vaticana di Roma (qui tra l’altro, in un cod. vaticano 9226, è una raccolta di poesie pornografiche), nella [p. 408 modifica]Riccardiana di Firenze, nella Nazionale di Torino, nell’Ambrosiana e Trivulziana di Milano, nella Marciana di Venezia, nella Comunale di Forlí, nella Bertoliniana di Vicenza, in quella Passerini-Lando di Piacenza; ma non sono tutti. Pur augurando che il Borzelli stesso o qualche altro studioso compia dei manoscritti di opere mariniane un’esplorazione sistematica, dirò che non credo sia per riuscire di molta utilitá alla storia letteraria, e certo poco utile sarebbe stata ai fini della presente scelta, che si trovava innanzi un giá troppo ricco materiale a stampa.


II


Le raccolte dei versi del M. furono ristampate moltissime volte nel Seicento, come si può vedere dalle notizie messe insieme dal Borzelli, dalle quali si ritrae che la sola Lira, nelle sue parti o per intero, ebbe circa venticinque ristampe, gli Epilalami sedici, la Sampogna nove, la Galleria tredici, e persino la Murtoleide otto. Ma, con l’anno 1675, queste ristampe, come per incanto, si arrestano; e seguono secoli in cui di tutta quella produzione non si ristampano se non pochi componimenti in appendice a qualche non frequente ristampa dell’Adone5, o taluno in antologie6, o tal altro in opuscoletti per uso degli adolescenti malamente curiosi7. Una sola di quelle operette sornuotò al naufragio, la piú insipida di tutte, il poemuccio La strage degli innocenti, che non solo fu tradotto in latino, in francese, in inglese e in tedesco, ma viene ristampato senza cessa da tre secoli in qua (una ristampa ne è uscita anche in questi giorni, Roma, Garroni, 1912), e sembra che abbia incontrato i gusti del popolo e della gente pia.

Che la violenta reazione e il conseguente profondo oblio, succeduto alla grande voga di circa un intero secolo, sia un «giusto giudizio», e «novo ed aperto», caduto su quella falso-brillante [p. 409 modifica]produzione poetica, — tal che dovrebbero averne «temenza» acclamatissimi poeti presenti e futuri! — non negherò certamente io, cosí, in generale. Ma il castigo, sebbene in complesso meritato, non fu troppo assai rigoroso? E non peccò alquanto nell’equitá, ove si considerino le molteplici ristampe dei Chiabrera e dei Filicaia e di altrettali rimatori, che, in fondo, avevano minore ingegno del M.? Non vi è in costui qualcosa da salvare, una vena di poesia che prosegue, con piú voluttuosa melodia e spesso con nuovi e piú vivi colori, quella del Tasso e del Guarini e precorre la metastasiana? E, soprattutto, non è doveroso possedere conoscenza precisa di una forma letteraria, che per lungo tratto di tempo affascinò gli animi degli italiani, e non di essi soli? Le risposte affermative a questi interrogativi mi hanno persuaso, dunque, alla seguente raccolta.

Raccolta, che è una scelta, perché un poeta della qualitá del M. assai lavora di stereotipia o per mestiere, e sarebbe fastidioso serbare tutte le copie che egli traeva dai suoi originali o tutti i manufatti della sua arte sovente banausica; tanto piú che mancano, verso di lui, quei motivi di venerazione o di superstizione, che c’inducono a serbare pur le inezie dei grandi. La scelta stessa, posta la qualitá della produzione marinesca, non poteva essere guidata da un puro criterio estetico, ma da una combinazione di criteri estetico e culturale, quale ho giá adoperata in altri casi simili. A ogni modo, ho dato la prevalenza ai versi di amore (se amore si può chiamare quello cantato dal M.), che sono le sue cose migliori e piú caratteristiche; e non ho escluso da essi alcuni componimenti, confinanti con l’oscenitá o addirittura osceni, non solo per la ragione giá detta, ma perché concorrono a spiegare la fama pornografica, che acquistò quel poeta, e la «leggenda del cavalier Marino»8, che ne sorse e si è propagata fino ai giorni nostri. Mi è doluto, anzi, di non poter includere il Duello amoroso e la Pastorella: il primo dei quali è ricordato dal M. stesso, come una delle sue poesie piú famose, nella Bruna pastorella (v. prologo a questo vol., p. 8); e della seconda scrive il De Sanctis nella Storia della letteratura italiana (ii, 206): «Un idillio del M., di colorito freschissimo e moderno, tutto impregnato di ardente sensualitá, è la sua Pastorella. Chi ricorda la Pastorella di Guido Cavalcanti, [p. 410 modifica]cosí sobria e semplice nella sua maniera, può misurare fino a qual grado di ricercatezza nello sviluppo e nella determinazione di queste situazioni liriche era giunta la poesia». Ma d’includerli mi è, proprio, mancato il coraggio; e, d’altra parte, entrambi possono considerarsi quasi varianti delle due canzoni Amori notturni e Trastulli estivi, che il M. accolse nella Lira, e che io ho dato perché coperte almeno da qualche velamento letterario. Delle composizioni cortigianesche, ho recato per intero due epitalami, che per tanti rispetti hanno stretta attinenza coi versi d’amore, ma dei panegirici soltanto un brano del Ritratto di Carlo Emanuele. E in altri due casi ancora non ho riprodotto componimenti interi: per il lungo idillio Atteone, del quale ho preso solo la parte centrale, il racconto dell’incontro di Atteone con Diana; e per la Strage degli innocenti, della quale mi è parso bastevole riprodurre alcune ottave; e anche queste soltanto per la giá ricordata popolaritá ottenuta dal poemetto, al quale il M. lavorò tutta la vita, e che riputava o diceva superiore alle altre sue opere, e perfino all’Adone.

Circa l’ordinamento, piú perspicuo e per ogni rispetto opportuno si offriva quello per affinitá di materie (che l’autore medesimo soleva a suo modo seguire); e ho aperto il volume con l’idillio La bruna pastorella (da non confondere con la Pastorella, menzionata di sopra, che è in ottave), perché, per alcune sue parti autobiografiche, può tenere il luogo di una prefazione dell’autore. Lo stretto ordinamento cronologico è soprattutto importante pei poeti, e in genere per quegli scrittori, la cui anima e mente si svolse a poco a poco e attraversò molteplici vicende: e questo interesse, nel caso del M., è debole, sebbene non sia del tutto assente. Ma, per quel tanto che può riuscire utile agli studiosi, la cronologia dei singoli componimenti si desume agevolmente dalla seguente tabella delle varie parti della mia raccolta:


PROLOGO. — La bruna pastorella. — Fu pubblicata la prima volta nella Sampogna, 1620; ma dal suo stesso contesto si ricava che fu composta quando il M. si accingeva a recarsi in Francia, ossia nel 1615 o giú di lí.


PARTE PRIMA. — Canzoni e madrigali amorosi.

i-iii Le canzoni dei baci. «Le canzoni de’ baci, primi tratti della sua penna (scrive il Loredano nella Vita del M.), corsero per Napoli accompagnate da tutti gli applausi»; e sono certamente anteriori al 1590. Furono raccolte nelle Rime del 1602. [p. 411 modifica]

iv-v. La rosa; I numeri amorosi. Anche del periodo giovanile, e giá nella citata ediz.

vi. La lontananza. Dalla terza parte della Lira, 1614.

vii. Amori notturni. Giá nelle Rime, 1602.

viii. Trastulli estivi. Dalla terza parte, 1614.

ix. La ninfa tiberina. Dalle Rime, 1602. Composto in Roma nel 1600-1601.

x-xi. L’amore incostante; La bella vedova. Dalla terza parte, 1614.

xii. I madrigali, nn. 1-9, 13-15, 17-21, giá nelle Rime, 1602; i nn. 11, 12, 16, 22, nella terza parte, 1614.


PARTE SECONDA. — I sonetti amorosi.

I nn. i, iv, vii-x, xii-xvi, xx-xxiii, xxvii, xxviii, xxx, xxxiii-liii, lv-lviii, lx, lxiv, giá nelle Rime, 1602; i nn. ii, iii, v, vi, xi, xvii-xix, xxiv-xxvi, xxix, xxxi, xxxxx, liv, lix, lxi-iii, nella terza parte, 1614.


PARTE TERZA. — Gli idilli pastorali.

i. I sospiri d’Ergasto. Giá stampati nel 1605; ma, poiché di essi una redazione piú ampia, composta di 119 ottave, comparve nelle Egloghe boscherecce, bisogna ritenerli lavoro giovanile, del periodo napoletano.

ii. La ninfa avara. Dalla Sampogna, 1620.

iii. Eco. Dalla parte terza della Lira, 1614.


PARTE QUARTA. — Gl’idilli mitologici.

i. Polifemeide. Questa corona di ventiquattro sonetti è giá nelle Rime, 1602.

ii. La trasformazione di Dafne. Dalle Rime, 1602.

iii. Leandro. Ivi.

iii. Siringa. Dalle Egloghe boscherecce, pubblicate la prima volta nel 1620, ma che, come si è giá detto, appartengono alla giovinezza del M. e offrono documento del modo in cui egli prima concepiva e trattava l’idillio: perciò ho stimato opportuno recarne un saggio. Essendo state stampate senza le cure dell’autore, non è meraviglia che vi s’incontrino scorrezioni e lacune; e due ne ho dovuto notare, e mi è stato impossibile colmare, anche nell’egloga prescelta. Il manoscritto autografo, che era nel 1857 presso un libraio di Napoli (cfr. Borzelli, p. 23), non si sa dove sia andato a finire.

v. Arianna abbandonata. Dalla Sampogna, 1620.

vi. Il rapimento d’Europa. Giá stampato nel 1612, e poi nella Sampogna, 1620.

vii. Atteone. Dalla Sampogna, 1620.


PARTE QUINTA. — Le pitture e le sculture. — Sono tratte dalla Galleria, 1620; ma un certo numero degli epigrammi o madrigali di questa erano giá inclusi tra le Rime del 1602 (e furono esclusi [p. 412 modifica]dalle posteriori ristampe della Lira per collocarli nella Galleria), con la nota: «La maggior parte dei madriali in materia di dipintura e di scultura furono composti dall’autore per le molte opere di eccellenti maestri, ragunate nella galeria del signor prencipe di Conca, grande ammiraglio del regno di Napoli»: cioè, prima del 1600. Della mia scelta appartengono a questo gruppo primitivo i nn. xii-xvi delle Istorie, e iii-iv delle Sculture.


PARTE SESTA. — Versi di occasione.

i. In morte della madre. Composta prima del 1600 e pubblicata tra le Rime, 1602.

ii, 1-2. La tragica uccisione dei due amanti accadde il 15 ottobre 1590, nel qual tempo i due sonetti furono composti. Furono pubblicati, come si è giá detto, dal Borzelli, da un ms. della Bibl. naz. di Napoli, xiii. H. 49, sul quale sono stati rivisti, riempiendo qualche lacuna.

iii-xlvi. Sono tutti nelle Rime, 1602, e li ho messi in un ordine cronologico approssimativo dal 1590 al 1602, segnando per altro, dov’era possibile, la data precisa dell’avvenimento a cui si riferiscono. — I nn. xv-xvi appartengono a una corona di sonetti, che nell’ediz. del 1602 sono accompagnati dalla seguente nota: «È da sapere che questo sonetto ed anche altri nove, che gli vengon appresso, furono composti ad instanza ed in persona d’una cortigiana, la quale si era fortemente invaghita d’un giovane: i cinque primi in occasione che il suo vago si avea cinta la spada per ire alla guerra; negli altri cinque loda la lanugine che incominciava a spuntargli in sul mento. Ed in tutti s’introduce a parlar sempre la femina». Sebbene questa dichiarazione sia stata sospettata (e non senza fondamento) di poca veritá, l’ho accolta nelle intitolazioni dei due sonetti.

xlvii-li, liii-lix. Dalla terza parte della Lira, 1614.

lii, 1-2. Editi dal Rua, l. c., e composti tra il 1610 e il 1611.


PARTE SETTIMA. — Epitalami e panegirici.

i. Venere pronuba. Il Borzelli (op. cit., p. 77) lo crede di qualche anno anteriore al 1608.

ii. Il letto, 1608.

iii. La religione del duca Carlo Emanuele. — Dal Ritratto, panegirico, che, come si è detto, è del 1608.


PARTE OTTAVA. — Versi morali e sacri.

i. Contro il vizio nefando. Unita alla seconda parte della Lira in parecchie ristampe: ma non saprei indicare quando fosse stampata la prima volta. Probabilmente fu scritta al tempo delle polemiche torinesi, quasi protesta e riparo a un’accusa rivolta allo stesso M.

ii-iv, x, xii-xiv, xxiii. Dalle Rime, 1602.

vii. Le stelle. Dalle ristampe della seconda parte della Lira.

v-vi, viii-ix, xi-xii, xv, xvii, xix-xx. Dalla terza parte, 1614. [p. 413 modifica]

xxi. La prima idea della Strage degli innocenti risale alla giovinezza del M.: fu pubblicata postuma, come si è detto, nel 1632.


PARTE NONA. — Versi satirici.

i-ii. La contesa col Vitale è messa dal Borzelli, op. cit., p. 47, all’anno 1600, quando il Vitale si trovava in Napoli presso il duca di Gravina, come il B. stesso mi avverte, rispondendo a un mio dubbio; pel quale, vedendo nell’edizione delle Rime del 1602 si legge uno scambio di sonetti elogiativi tra il Vitale e il M., sarei indotto a trasportar quella polemica a qualche anno dopo, forse al tempo del soggiorno in Venezia.

iii-xi. La contesa col Murtola è, com’è noto, degli anni 1608-9.


Da questo prospetto cronologico si può forse ritrarre che la piú fresca e viva produzione del M. appartiene alla sua gioventú, all’ultimo decennio del secolo decimosesto; quando scrisse il meglio delle canzoni, sonetti e madrigali della Lira, abbozzò gli Idilli, cominciò la Galleria e concepí l’Adone. Nella sua maturitá, si ripetette, amplificò le prime concezioni (come nell’Adone, quale possediamo in forma definitiva), e si perdette in noiosi lavori cortigianeschi. Ingegni come il suo non hanno, di solito, che un sol momento di genialitá, coincidente col brio giovanile, e non riescono mai a diventare uomini seri. E, da giovane, il M. mostrò anche un po’ di cuore, come in qualche tratto della canzone per la morte della madre o nel sonetto per l’amico decapitato. Poi:

Angosce finse e simulò letizie
con quell’accento che non vien dal core!

Sulla poesia del M. si veda in particolare, oltre le pagine del De Sanctis nella sua Storia della lett. ital. (ii, 201-207), il bel libro di G. F. Damiani, Sulla poesia del M. (Torino, Clausen, 1889); e si confronti A. Belloni, Il Seicento (Milano, Vallardi, 1899), pp. 62-81; e anche B. Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento (Bari, Laterza, 1911). specialmente la prefazione e l’ultimo saggio.

Note

  1. Dalle Rime e prose di Giulio Cortese (Napoli, 1592) il Menghini, La vita e le opere di G. B. M. (Roma, 1888), p. 44 n., trasse un sonetto giovanile del M. Ma è sfuggito ai ricercatori un opuscoletto di dodici pagine, che si serba nella Bibl. naz. di Napoli, col titolo: Prologo del signor Gio. Battista Marino sopra del Pastor fido, rappresentato nella cittá di Nola l’anno 1599. Il prologo è fatto in persona di Paride, e comincia: «Qui dove i campi arriga, E con liquido piè per chiuse vie», ecc. Non fu mai riprodotto.
  2. L’ediz del 1608, di questa terza parte, citata dal Borzelli, Il cavalier G. B. Marino (Napoli, 1898), p. 361, come esistente nella Bibl. Angelica, non si trova colá, ed è certo frutto di equivoco.
  3. Borzelli, op. cit., pp. 186, 197.
  4. Questa edizione, citata dal Chioccarelli, è revocata in dubbio dal Borzelli, op. cit., p. 362; ma (oltre che bene attestata dall’autoritá del Chioccarelli) a me pare confermata da quel che si legge nella prefazione all’ediz. milanese del 1627: cioè, che «le presenti egloghe boscherecce, benché siavi sospizione che fossero giá alcuni anni addietro impresse in Napoli, nondimeno vi è sicurezza che queste nostre [stampe] non l’hanno pur vedute».
  5. Nell’edizione di Londra (Livorno), 1789, e di Parigi, Baudry, 1849.
  6. Specialmente il sonetto: «Apre l’uomo infelice allor che nasce». Cento sonetti del M., editi e inediti, raccolse il Canini nel citato fascicolo del suo abortito Sonettiere italiano.
  7. Per esempio: I piaceri degli amanti, Londra, anno settimo repubblicano; o Venere pronuba, gli Amori notturni ed altre poesie (Milano, Bietti, 1883), che si vede ancora sui banchetti e muricciuoli.
  8. Sulla quale si veda V. Labate Caridi, Il cavaliere Marino nella tradizione popolare, in Rivista abruzzese, di Teramo, anno XII, 1897, fasc. 7.