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È conosciuto principalmente per alcuni suoi scritti dal contenuto considerato quanto mai licenzioso, almeno per l'epoca, fra cui i conosciutissimi Sonetti lussuriosi. Scrisse anche i Dubbi amorosi e opere di contenuto religioso tese a renderlo benvoluto nell'ambiente cardinalizio che a lungo frequentò. Figura di letterato amato quanto discusso, se non odiato per molti fu semplicemente un arrivista ed uno spregiudicato cortigiano.
Per questa che oggi potrebbe apparire incoerenza fu, per molti versi, un modello dell'intellettuale rinascimentale, autore anche di apprezzati Ragionamenti.
Silvio Pellico, non solo scrittore ma anche poeta, ricorda in una lunga cantica in ottave il rapporto fraterno con Ugo Foscolo, per il quale scrive una commemorazione vibrante. In essa filtrando le idee foscoliane alla luce della sua profonda fede cattolica, Pellico auspica la salvezza dell'anima del grande poeta.
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Ugo conobbi, e qual fratel l'amai,
Chè l'alma avea per me piena d'amore:
Dolcissimi al suo fianco anni passai,
E ad alti sensi ei m'elevava il core.
Scender nol vidi ad artifizi mai,
E viltà gli mettea cruccio ed orrore:
Vate era sommo, ed avea cinto l'armi,
E alteri come il brando eran suoi carmi.
(...)
Memor di tanto, io spero, e spero assai,
Che, sebben conscio non ne andasse il mondo,
Sul letto almen della tua morte avrai
Sentito del Signor desìo profondo:
Spero che l'Angiol degli eterni guai,
Già di predar tua grande alma giocondo,
L’avrà fremendo vista all’ultim’ora,
Spiccato un volo al ciel, fuggirgli ancora.
E mia speranza addoppiasi pensando
Che alla tua madre fusti figlio amante:
Quella vedova pia vivea pregando
Che tu riedessi alle dottrine sante:
Di buoni genitor sacro è il dimando,
E sul cuor dell'Eterno è trionfante,
Nè da parenti assunti in Paradiso
Figlio che amolli, no, non fia diviso...
Non solo la sfera del plasma germinativo consta di nove cerchie (molecole, biofore, determinanti, idie, idantie, idioplasma, somatoplasma, morfoplasma, apicalplasma), ma il nostro duce sa mostrarci in ciascuno di questi distretti fenomeni così strani e meravigliosi, che ritorniamo volentieri nel regno della scienza come se fossimo reduci da un altro mondo.
Il Giardino degli Ariosto, olio di Anselm Feuerbach (1863). In quest'opera Ludovico Ariosto è rappresentato mentre legge i suoi poemi cavallereschi tra il corteggio di amici presso al sua villa a Ferrara
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Ha visto Roma, ha visto Firenze, è stato in Lombardia, ma il suo mondo non si è ingrandito; il suo centro è rimasto Ferrara; e le sue cure domestiche, i suoi umori con la corte, i suoi piccoli fastidi, i suoi amori, le sue relazioni letterarie, i suoi interessi privati sono tutta la sua preoccupazione allora appunto che l'Italia era corsa da' barbari e si dibatteva nella sua agonia. Il borghese colto, spensierato, pigro, tranquillo, ritirato nella famiglia o tra le allegre brigate, è tutto qui con la sua quiete e il suo «fuge rumores».
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