Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/XII. - Rubra Canicula. Considerazioni sulla mutazione di colore che si dice avvenuta in Sirio/IV. - Altre autorità
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IV. ALTRE AUTORITÀ.
Dopo aver riferito e discusso le testimonianze di carattere affermativo che hanno dato luogo alla presente questione, dobbiamo pur tener conto di altre, che tenderebbero a risolverla nel senso negativo. Non si può aspettare che queste siano molte e molto decisive; se infatti Sirio non si differenziava pel colore dal più delle altre stelle, quale motivo poteva spingere uno scrittore ad affermare che una differenza non esisteva? Soltanto di eccezioni rare e notevoli si può aspettare, in qnesto genere di cose, una menzione speciale.
1. Il già citato scrittore d’astrognosia Giulio Igino1, parlando della costellazione del Cane maggiore, dice: Canis habet in capite stellam alteram, quam Isis suo nomine statuisse existimatur, et Sirion appellasse propter flammae candorem; quod eiusmodi sit, ut praeter ceteras lucere videatuv. Itaque quo magis cam cognoscerent, Sirion appellasse. Ecco uno scrittore, il quale è probabile consacrasse qualche studio alle costellazioni, affermare che Sirio ai suoi tempi era candido. Quale poi fosse questo colore lo apprendiamo da un altro passo del medesimo Igino2 ...e quibus (planetis) esse maximum colore candido, nomine Hesperum... Secondo Igino adunque Venere e Sirio avevano il medesimo colore3.
2. Lo scoliaste anonimo, che corredò di suoi comenti la versione d’Arato fatta da Germanico Cesare, nota rispetto a Sirio quanto segue4 ... Sirius stella est in medio centro cæli, ad quam cum Sol accesserit, duplicatu calor ipsius, et languore afficintur corpora humana. Sirium autem stellam vocatam putant propter flammae candorem... L’identità di quest’ultima espressione con quella usata da Igino lascia credere, che lo scoliaste dipenda da lui. Che cosa significhino le parole in medio centro cœli non sembra facile dichiarare.
3. Manilio nel suo poema astrologico, (libro I, vv. 403-418) descrive Sirio e le sue influenze come segue:
Subsequitur rapido contenta Canicula cursu, |
La fredda luce dell’aspetto ceruleo di Sirio accennata (v. 416) subito dopo che si è parlato del suo colore, sembra indicare l’idea del poeta con sufficiente evidenza. Notiamo ancora l’espressione clarius astrum del verso 417. Clarus applicato alla luce d’un astro significa in generale splendido; in modo più speciale, splendido di luce bianca. Un altro esempio abbiamo in Seneca tragico (Hippolytus, v. 797): Lucebit Pario marmore clarius. Un esempio notabile di questo abbiamo in Plinio (Hist. Nat. II, 18), il quale parlando del color dei pianeti dice: Suus cuique color est, Saturno candidus, Jovi clarus, Marti igneus... Se Sirio fosse stato rosso al tempo di Manilio5, avremmo dovuto veder qui impiegato con maggiore verità ed opportunità qualcuno degli epiteti rubens, rutilus... che sopra vedemmo tanto usati ed abusati da altri poeti.
4, Efestione Tebano, astrologo egizio, scrisse verso la fine del secolo IV di Cristo un trattato in tre libri intorno alla sua arte intitolato περὶ καταρχῶν, del quale soltanto diversi estratti sono fino ad oggi pubblicati. Fra questi è l’intiero libro primo recentemente edito a Vienna dal dott. Eugelbrecht6. Il capitolo XXIII di questo libro tratta dei pronostici derivati dall’aspetto di Sirio nel suo levare eliaco e dalla posizione che gli altri pianeti occupano nel momento di questo levare7. Racconta Εfestione, che gli antichi sapienti o diremo astrologi dell’Egitto (παλαιγενεῖς σοφοί), notando lo splendore ed il colore che mostrava Sirio nel suo sorgere eliaco la mattina del giorno 25 di Epiphi, giudicavano della quantità dell’imminente innondazione del Nilo, dell’abbondanza della messe, o di altri eventi. Lasciando stare questi pronostici come cosa che non appartiene alla presente materia, mi limiterò a trascrivere le designazioni dei vari aspetti secondo lo splendore e secondo il colore. Stando ad Efestione e ai suoi sapienti poteva dunque Sirio, nel momento del suo levare eliaco esser secondo le circostanze:
μέγας καὶ λευκός, | grande e bianco; |
χρυσοειδής, | aureo; |
πυρρὸς καὶ μιλτώδης, | rosso; |
μικρὸς καὶ χλωρός, | piccolo e pallido; |
μέγας καὶ λαμπρός, | grande e splendido; |
μέλας | fosco; |
μικρὸς καὶ στυγνός, | piccolo e fosco; |
σκοτεινός, | oscuro; |
delle quali designazioni le quattro prime contengono indicazioni concernenti il colore della stella, che poteva, nei diversi tempi, mostrarsi all’orizzonte orientale bianca, aurea, rossa o pallida. Per giudicare del significato di queste indicazioni è necessario ricordare, che tali variazioni di luce e di colore hanno la loro origine nel diverso stato dell’atmosfera, la quale può col suo potere d’assorbimento cambiare lo splendore ed il colore di tutti gli astri vicini all’orizzonte, siccome è noto8. Il risultato di tale assorbimento è essenzialmente quello di sopprimere i raggi dell’estremità azzurra dello spettro in proporzione maggiore che i raggi dell’estremità rossa. Quindi gli astri di luce bianca ricevono una colorazione rossa più o meno intensa e un affievolimento più o meno grande di splendore, secondo che l’assorbimento si la in maggiore o minore misura; il loro colore potrà variare dal bianco proprio dell’astro al rosso vivo. Una tale modificazione di colore sarà impossibile od almeno non così spiccata per gli astri naturalmente già dotati di luce rossa molto pronunciata. Per questi l’effetto principale sarà l’affievolimento di splendore; la colorazione rossa potrà esser resa ancora alquanto più intensa, ma non passare alle tinte della parte opposta dello spettro, nè produrre luce bianca: insomma il colore delle stelle non potrà in questo caso esser sensibilmente cambiato.
Applicando questi criteri alle osservazioni riferite da Efestione Tebano, subito si vedrà che il loro risultato è incompatibile colla supposizione che Sirio fosse d’un rosso tanto intenso da attrarre anche l’attenzione di filosofi come Seneca, o di poeti come Orazio. Noi comprendiamo benissimo, che un astro realmente bianco, quale oggi è Sirio, possa per effetto d’assorbimento atmosferico diventare qualche volta rosso, altre volte esser soltanto aureo, e in altre circostanze rimaner bianco o diminuire di splendore diventando pallido; tutti i giorni vediamo questi effetti nel Sole ed in Sirio medesimo. Ma ciò è manifestamente impossibile per una stella rossa e tanto più per una stella che secondo Seneca avrebbe dovuto esser più rossa di Marte. È dunque poco probabile, che al tempo dei vecchi sapienti citati da Efestione, Sirio fosse rosso in grado molto sensibile.
L’epoca dei vecchi sapienti Egiziani non sarà difficile a determinare. Efestione stesso nota, che essi avevano fissato il levare eliaco di Sirio pel giorno 25 del mese di Epiphi. Ciò dimostra senz’altro, che essi facevano uso del Calendario Alessandrino, il quale è una delle forme del Calendario Giuliano, e fu adottato in Egitto l’anno 30 prima di Cristo9. Tale fu appunto in questo Calendario, entro i limiti d’incertezza ammissibile in simili osservazioni, la data del levare eliaco di Sirio per il parallelo di Menfi e del medio Egitto. Ne concludiamo che i παλαιγενεῖς σοφοί citati da Efestione, coetaneo di Teodosio, non possono essere stati anteriori al regno d’Augusto; possono bensì esser stati posteriori anche d’uno o due secoli. Questo ci riporta sempre a tempi poco diversi da quelli di Cicerone, d’Orazio, di Seneca, di Germanico Cesare, e di Tolomeo.
5. Bisogna aggiungere qui il testimonio di Rufo Festo Avieno, che è il più chiaro ed inconfutabile di tutti. Questo poeta nella sua parafrasi dei Pronostici di Arato verso 51 dice:
Et quum cærnico flagrarel Sirius astro.
Citato dal vecchio Pauly nell’articolo Annus là dove si parla del ciclo di Metone.
Note
- ↑ Poet. Astronomicon, libro II, c. 35, p. 74, ed. Bunte.
- ↑ Poet. Astronomicon, libro IV, c. 15, p. 119, ed. Bunte.
- ↑ Isidoro nelle Origini lib. III, c. 47: parlando di Sirio: ....hoc propter flammae candorem, quod eiusmodi sit ul prae ceteris lucere videatur. Itaque quo magis eum cognosceret, Sirion appellasse.... Pare dunque che Isidoro abbia copiato Igino e molto fedelmente.
- ↑ Buhle, Aratea, vol. II, p. 77.
- ↑ Circa l’età di Manilio non si accordano intieramente gli scrittori di storia letteraria, i più dei quali lo fanno contemporaneo d’Augusto, mentre alcun altro lo ha voluto portar giù fino ai tempi di Onorio. I versi 798-802 del primo libro sembrano indicare che Augusto fosse morto da poco tempo quando Manilio li scrisse, e ci riportano quindi all’epoca di Tiberio.
- ↑ Hephæstion von Thebeu und sein astrologisches Compendium: ein Beitrag zur Geschichte des Griechischen Astrologie von dott. Aug. Engelbrecht. Vi si contiene come appendice Hephæstionis Thebani περὶ καταρχῶν Liber primus e codicibus parisinis nune primum editas. Il tutto stampato a Vienna dall’editore Carlo Konegen, 1887, 8° gr.
- ↑ Già Eraclide Pontico ricavava pronostici dal colore di Sirio al suo levare eliaco in ciascun anno. (Vedi Dewert, Dissertatio de Heraclide Pontico).
- ↑ Le variazioni di colore del Sole secondo lo stato dell’atmosfera sono già indicate da Cleomede, lib. II, c. 1, (p. 132 edizione Ziegler) ...modo albus, modo lividus, modo rutilus, saepe etiam miniaceus, modo sanguineus, modo flavus, nonnumquam etiam versicolor aut pallidus...
- ↑ Tolomeo nel suo opuscolo Sulle apparenze delle stelle fisse, dove fa uso del Calendario Alessandrino, stabilisce per il suo tempo il levare eliaco di Sirio al 22 Epiphi pel parallelo di Siene, e al 28 Epiphi del parallelo d’Alessandria, La data del 25 Epiphi convien dunque benissimo al parallelo del medio Egitto. Questa data non si spostava allora che di una quantità insensibile per effetto della precessione equinoziale, e si può ritenere come affatto costante nell’intervallo qui considerato da Augusto a Teodosio.
- Testi in cui è citato Germanico Giulio Cesare
- Testi in cui è citato Marco Manilio
- Testi in cui è citato Postumio Rufio Festo Avienio
- Testi in cui è citato Metone di Atene
- Testi in cui è citato Isidoro di Siviglia
- Testi in cui è citato Eraclide Pontico
- Testi in cui è citato Cleomede
- Testi in cui è citato Augusto
- Testi in cui è citato Teodosio di Bitinia
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