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Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo I/Macrobio

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Capitolo I - Ammiano Marcellino (320-396 di C.) Capitolo I - Marciano Capella


[p. 17 modifica]4. Macrobio. ― La esistenza di una grande Terra meridionale divisa, per mezzo dell’Oceano, dalla parte della superficie terrestre corrispondente al Mondo Antico, era già stata ammessa da Aristotele e da Eratostene. Tale era la opinione generale degli Alessandrini, eccezione fatta da Ipparco e da’ suoi seguaci, e la si ritrova più tardi in Cicerone1, in Manilio, in Pomponio Mela ed in Macrobio, scrittore greco della prima metà del secolo V. Quest’ultimo, analizzando la teoria Aristotelica, secondo la quale le due masse continentali abitabili sono l’una dall’altra separate per mezzo di un Oceano che occupa tutta la zona calda, aggiunge che questo Oceano è circondato da quattro altre terre divise da canali che conducono nel nostro emisfero le acque del mare esterno2. Molto acutamente osserva [p. 18 modifica]Alessandro di Humboldt3, che se Colombo avesse conosciuto il Commentario di Macrobio — di cui prima dell’anno 1492 erano già state pubblicate tre edizioni — sarebbe stato certamente colpito da questa Terra quadrifida, di cui due parti erano situate nell’emisfero settentrionale, a guisa di quanto supponeva Strabone (Lib. I, Cap. IV, 6); imperocchè un navigante che, partendo dalle coste dell’Iberia, si fosse diretto verso occidente, avrebbe necessariamente incontrato sul suo cammino la massa continentale invisibile per quelli che dimoravano nella nostra Terra abitabile. Se si immagina l’Africa settentrionale separata dalla meridionale per mezzo di un Oceano equinoziale, e l’istmo di Panama surrogato — come forse lo era nei tempi preistorici — da un canale marittimo, la Terra quadrifida di Macrobio sarebbe rappresentata dall’America del Nord, dall’Asia coll’Europa sua appendice peninsulare, dall’Africa e dall’America meridionale.

È singolare la spiegazione che Macrobio dà delle maree. Il letto principale dell’Oceano, formante la divisione tra la coppia settentrionale e la coppia meridionale della Terra quadrifida, si scompone, ad oriente, in due rami, l’uno dei quali si dirige a settentrione, l’altro a mezzodì; lo stesso avviene nella direzione di occidente. I due rami settentrionali si incontrano al nord della prima coppia, e i due rami meridionali si incontrano al sud della seconda coppia: da questi urti sono prodotti il flusso ed il riflusso, e, se in alcun luogo del Mediterraneo si notano questi due movimenti, essi debbonsi considerare come una dipendenza del movimento generale dell’Oceano4.

Quantunque nel sistema geografico di Macrobio prevalga la regolarità che forma uno dei tratti più caratteristici della geografia presso gli antichi Greci, non si può tuttavia arguire, dalle cose che si leggono nel Commentario, che egli adottasse la teoria dei quattro golfi, quale è espressa, tra gli scrittori [p. 19 modifica]anteriori a Macrobio, in Plutarco, in Arriano, ed in Dionigi Periegete. Nel primo di questi scrittori si legge: «Quindi col fiore del suo esercito egli (Alessandro) discese in Ircania, e veggendo quel seno di mare che, a quel che appariva, non era minore del Ponto, ma che più dolce era dell’altro mare, per quanto indagasse non potè mai rilevare nulla di certo intorno ad esso; ma più di tutto s’avvisò che fosse un ristagno della palude Meotide. Non fu occulta per altro ai fisici la verità della cosa, i quali molti anni prima di quella spedizione di Alessandro avevano già scritto, che di quattro seni che son nella terra, e che vi penetrano dal mare esteriore, il più settentrionale si è questo che mare Ircano e Caspio si appella»5. Gli altri tre golfi o seni erano il mare nostro (Mediterraneo), il mar Rosso ed il golfo Persico. Del resto anche Macrobio considerava il mar Caspio come formato dall’Oceano a somiglianza del mar Rosso e del mare Indico, quantunque dichiari di non ignorare che alcuni geografi assicurassero il contrario6, cioè facessero di quel mare un bacino a sè e affatto indipendente dall’Oceano mondiale.

Macrobio ammette, per la circonferenza massima della sfera terrestre, lo sviluppo eratostenico di 252.000 stadi: il diametro terrestre è adunque di 80.000 stadi (Lib. I, Cap. XX)7. La lunghezza dell’ombra proiettata dalla Terra si ottiene, secondo il medesimo autore, moltiplicando per 60 la lunghezza del diametro, ed è pertanto di 4.800.000 stadi, i quali rappresentano inoltre il raggio della circonferenza descritta dal Sole (Ibid.). Ma il diametro solare equivale alla 216a parte di questa circonferenza, ed è perciò di quasi 140.000 stadi (). Il rapporto del diametro della Terra [p. 20 modifica]al diametro solare è adunque come quello di 8 a 14, o, all’incirca, come quello di 1 a 2, e la sfera del Sole risulta otto volte maggiore della sfera terrestre8.

La circonferenza meridiana si divide in 60 parti uguali, ciascuna di stadi 4200 (cioè di 6 gradi): otto delle 30 parti comprese tra il polo nord e il polo sud toccano alla zona torrida (33.600 stadi: lunghezza di 48 gradi); cinque a ciascuna delle due zone temperate (30 gradi o 21.000 stadi); sei a ciascuna delle due zone fredde (36 gradi o 25.200 stadi)9.

Delle cinque zone, due sole sono abitate, cioè le temperate (Lib. II, 5): ma dei viventi nella zona temperata meridionale non si può determinare la natura, poichè gli uomini delle regioni settentrionali non potranno mai attraversare la zona torrida per recarsi ai paesi del sud. Questa predizione, dice Giacomo Leopardi10, prova che Macrobio non era miglior profeta che geografo o dialettico.

Dalle cose dette apparisce che Macrobio era favorevole a coloro che ammettevano l’esistenza degli antipodi. Ma egli osserva inoltre, che i medesimi fenomeni, i quali hanno luogo nel nostro emisfero, debbono similmente accadere nell’altro; previene la volgare obbiezione della gravità, che farebbe cader gli antipodi verso il cielo, e ne fa vedere molto bene la insufficienza; finalmente fa riflettere che la opposizione, che v’ha tra noi e [p. 21 modifica]gli antipodi, non è molto diversa da quella, che v’ha tra gli Orientali e gli Occidentali (Lib. II, Cap. V)11.


Note

  1. De Somnio Scipionis, cap. XIII: Dopo avere detto che la Terra è cinta e quasi circondata da alcune fascie, due delle quali grandemente diverse tra loro, e da ambe le parti appoggiate agli stessi poli del cielo, appaiono irrigidite per gelo, mentre quella che è nel mezzo, ed è la massima, si mostra infiammata per gli ardori del sole, Cicerone aggiunge: «Duo (cinguli) sunt habitabiles; quorum australis ille (in quo qui insistunt adversa nobis vestigia) nihil ad vestrum genus; hic autem alter subiectus Aquiloni, quem incolitis, cerne, quam tenui vos parte contingat».
  2. Macrobii, In Somnium Scipionis expositio, lib. II cap. 9.
  3. Kritische Untersuchungen, I, pag. 167 e 168.
  4. Macrob., In somnium Scipionis, lib. II, cap. 9.
  5. Plutarco, Vita di Alessandro, cap. 44.
  6. Lib. II, cap. 9: «Non ignoro esse nonnullos qui ei de Oceano ingressum negent»
  7. Realmente il diametro terrestre sarebbe di 80216 stadi (=252.000:3,1415).
  8. Il rapporto del diametro solare al diametro terrestre essendo , cioè 1,75, quello dei volumi risulterebbe 5,36=(1,75)3.
    Adottando, con Macrobio, il rapporto dei due diametri come quello di 2 a 1, e la distanza della Terra dal Sole in 60 volte il diametro terrestre, la lunghezza del cono d’ombra — dal centro della Terra al vertice del cono — sarebbe uguale precisamente a quella distanza, e ciò concorderebbe con quanto dice lo stesso Macrobio rispetto al raggio della circonferenza descritta dal Sole nel suo movimento.
  9. Lib. II, cap. 6. Il quadrante dall’equatore al polo è adunque diviso dal tropico e dal circolo polare artico in tre parti che stanno fra loro come i numeri 4, 5 e 6.
  10. Leopardi, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, cap. XII.
  11. Leopardi, loc. cit.