Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo XII/Carte ellittiche

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Carte ellittiche

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[p. 227 modifica]74. Carte ellittiche. — Non rare sono le carte medioevali, in cui la Terra è terminata da un contoro ellittico. Molto probabilmente gli autori di tali carte si fondavano sulla opinione, generalmente ammessa, che la lunghezza della Terra fosse il doppio della sua larghezza. Il venerabile Beda dà alla terra la forma di un uovo, e come tale è descritta pure la Terra nella dissertazione cosmografica che accompagna la celebre carta Ca[p. 228 modifica]talana del 1375. Lo stesso dicasi della carta mondiale di Rinulfo Hyggeden (anno 1360), del Mappamondo di Fra Mauro che alcun poco si allontana dalla forma circolare, e di una carta italiana del 1489, la quale appartiene al Museo Britannico, ed in cui il continente asiatico è talmente esteso nella direzione di oriente, che il suo sviluppo equivale ai tre quarti dello sviluppo intero della Terra abitata da occidente ad oriente1.

La più antica carta ellittica è forse quella attribuita a Beato, monaco dell’abbazia di San Severo nella Guascogna, e detta perciò, nella Storia della Cartografia, Mappamondo di San Severo. Comunemente le si attribuisce la data del secolo XI. Essa si distingue dalla carta torinese, non solo per maggiore eleganza di disegno, ma eziandio per il numero, assai più grande, dei nomi, per la copia delle leggende, e infine per le forme più tollerabili che in essa si assegnano alle diverse accidentalità geografiche2.

Oltre ai quattro punti cardinali, Subsolanus (Est), Auster (Sud), Favonius (ovest) e Septemtrio (nord), se ne contano altri otto intermedi.

L’Oceano che circonda la Terra porta già diversi nomi: tra essi notiamo l’Oceanus Germanicus, l’Oceanus Britannicus, l’Oceanus Ircanus, ed il nome strano di Mare Egeum applicato ad una parte dell’Oceano esterno. Il Mare Rubrum è tutto il mare Eritreo degli antichi, e costituisce un gran ramo dell’Oceano ellittico: il golfo Arabico ed il golfo Persico sono quasi irriconoscibili.

Il Mediterraneo è molto meno regolare che nella carta di Torino; i nomi di alcune delle sue parti sono giusti, ma inesattamente applicati. Così è detta Tirrenum mare la parte compresa tra l’Africa e la Spagna; Mare Ligusticum quella a [p. 229 modifica]mezzogiorno della Gallia, ecc. Il Mare Caspium comunica coll’Oceano Ircano, una delle parti dell’Oceano esterno o mondiale.

Delle isole, uniformemente ovali od ellittiche, sparse qua e là lungo l’Oceano esterno, la maggiore è la Britannia, lunga 800 mila e larga 200 mila passi. A lato di essa si innalza l’Hibernia abitata dalla nazione degli Scoti: più lungi, nella stessa direzione, l’isola di Gades e le Insulae Fortunatarum. Nell’estremo Oriente si presentano l’Insula argire e l’Insula Crise, i cui nomi indicano una lontana relazione colle regioni dell’argento e dell’oro della Geografia greca e latina. Nel Mare Rubrum si innalza, sopra un lungo spazio, l’isola Taprapone (Taprobane, Ceylon), della quale si vantano le perle, le pietre preziose e gli elefanti.

Le isole del Mediterraneo, pure di forma ellittica, sono, da occidente ad oriente,Maiorica e Minorica; la Sardinia che sì estende dal nord al sud, ed occupa quasi tutta la larghezza del Mediterraneo, non lasciando che due stretti passaggi, uno verso la Spagna, l’altro verso l’Africa; la Corsica e la Sicilia; Cypros.

Il continente africano porta, nel suo insieme, il nome di Libia: quello di Africa è solo applicato alla parte occidentale.

Una nota che accompagna il bacino superiore del Nilo dice che questo fiume, dopo avere attraversato una stretta gola, forma un gran lago circondato da montagne che rassomiglia alla Palude Meotide. Dei due rami sorgentiferi del Nilo, il più orientale viene dal monte Silon (Selene, montagne della Luna): al di là della riunione dei due rami è l’insula Meroen; in fine il Nilo si getta in mare per sei bocche.

Interessante è la menzione che si fa, nella Tripolitania, di immense saline che crescono e decrescono secondo le fasi della Luna «'Saline immense quae cum Luna crescunt et decrescunt», allusione evidente alle maree che formano uno dei caratteri del golfo delle due Sirti.

Fra tutte le carte generali del Medio Evo primeggia, sotto ogni aspetto, il Mappamondo di Fra Mauro Camaldolese, che si conserva nella Biblioteca di San Marco di Venezia, ed è [p. 230 modifica]tanto eccellente in ogni sua parte da giustificare il titolo di Cosmografo incomparabile che si legge in una medaglia coniata dai Veneziani in onore del suo Autore. In questo monumento cartografico «alla straordinaria ampiezza e grandiosità materiale, tutta messa a pittura e ad oro, corrispondono la copia e la sceltezza delle nozioni, talchè si direbbe un trattato quasi completo di Geografia in bella foggia rappresentativa distribuito, col corredo di lumi affatto nuovi e veri, massime intorno al Nilo, e delle più recenti scoperte di quell’età alla costa occidentale dell’Africa, e col marcato possibile giro attorno a questa. La quale ultima preziosa singolarità ripetuta in altro simile planisfero dallo stesso Fra Mauro eseguito per onorevole commissione di Alfonso V re di Portogallo, e colà inviato, servì senza dubbio di norma alle successive navigazioni dei Portoghesi, e al passaggio all’India per la parte di scirocco»3.

La figura del Mappamondo è quella di una ellisse poco eccentrica, il cui asse maggiore, da settentrione a mezzodì, è di piedi parigini 5 e pollici 11 (m. 1,92), e l’asse minore, da levante a ponente, è di piedi 6 e linee 7 (m. 1,97).

Il settentrione è posto al basso della carta, e ad ogni ottava parte del contorno sono segnati i punti cardinali e gli intermedi con i loro nomi in lettere maiuscole: «Septemtrio, Maistro, Occidens, Garbin, Auster, Siroco, Oriens, Griego».

Le tre parti del Mondo Antico sono circondate tutto all’intorno dall’Oceano mondiale colorato in azzurro, e sparso di numerosissime isole quasi tutte assai piccole. I confini della Terra descritta sono: al nord la Permia (paso dei Samoiedi); al nordovest la Scandinavia e l’Ixilandia (Islanda); all’ovest la Spagna e l’isola detta Berzil (le Azore); al sud-ovest il Capo Verde ed il Senegal o, altrimenti, l’Etiopia occidentale; al sud la estremità meridionale dell’Africa con Sofala; al sud-est l’isola Saylan; all’est la Giava Maggiore; al nord-est il Cataio.

Il centro del Mappamondo, segnato da una pallottola metallica, giace tra la Caldea, l’Assiria, la Mesopotemìa, giusta la [p. 231 modifica]tradizione che mette colà la culla del genere umano. Ma il centro della Terra abitabile è posto da Fra Mauro in Gerusalemme, per la ragione, egli dice, che la parte occidentale è più abitata della orientale, e nello scegliere il centro della Terra abitabile bisogna aver riguardo non già allo spazio della Terra, ma sì alla moltitudine degli abitanti4.

Circa ai limiti tra l’Asia e l’Europa, tra l’Asia e l’Africa il sommo cartografo non esprime la sua propria opinione, ma bensì si limita ad accennare quelle degli antichi storici e geografi, tra cui Messala Orator, Pomponio Mela, Tolomeo, come pure degli autori moderni, e lascia la decisione della questione alla prudenza degli studiosi.

Caratteristica, sopra ogni altra cosa, è, in questo Mappamondo di Fra Mauro, la forma del continente africano, rappresentato come una penisola la cui estremità meridionale, alquanto ricurva verso oriente, si protende a mezzogiorno assai più dell’Asia. La stessa parte estrema dell’Africa è presentata dal cartografo come una penisola triangolare separata dal resto del continente per mezzo di un canale diretto da nord-nord-est a sud-sud-ovest, il quale, come dice Fra Mauro, «è chiuso per ambo i lati da monti altissimi e da alberi talmente folti che lo rendono oscuro, e forma nella sua insida (uscita) o sbocco in mare un pericoloso vortice che ne rende assai difficile la navigazione». L’isola porta il nome di Diab, il quale si ripete poi per indicare il punto più meridionale delle terre africane, corrispondente al capo degli Aghi od a quello di Buona Speranza. La quale corrispondenza è ancora meglio dimostrata dal racconto che fa l’Autore di una nave indiana, la quale nell’anno 1420, venendo da oriente, oltrepassò il capo di Diab per cercare le isole degli Uomini e delle Donne, e, dopo aver percorso per la via di ponente e garbino ben 2000 miglia non trovando mai altro che cielo e acqua, fece ritorno in 70 giorni al medesimo Capo 5. [p. 232 modifica]

Rispetto alte altre parti dell’Africa, notiamo che, non sola- mente il grande veneziano conosce, sotto il suo vero nome di Takazzè ( Tagas) uno dei maggiori affluenti del Nilo sulla riva destra; ma egli ci mostra eziandio la forma, a modo di spirale, della curva che il Fiume Azzurro (Abavi di Fra Mauro, Abai degli Abissini) descrive, nel suo corso superiore, intorno alla giogaia montagnosa del Goggiam (Gogtani), menziona il lago alpestre dì Tana o Tzana; nomina e dispone convenientemente parecchi distretti dell’Abissinia. Anche l’angolo orientale dell’Africa è chiaramente disegnato nella carta di Fra Mauro: nelle vicinanze del Bab-el-Mandeb il dotto frate pone la dimora dei Danakil (Deukali), la città di Zeila (Zilla) e il distretto di Adel. Bappresenta bene il corso dell’Havash (Avasi); menziona, primo tra tutti i Geografi europei, il fiume Giub (Xebe, e, nel suo corso inferiore, Fluvio di Galla) sboccante nel- l’Oceano Indiano sotto la linea equinoziale.

Da una grande palude dell’interno, detta Almaona, esce un fiume che, scorrendo verso oriente, gettasi nel Nilo sulla riva sinistra, e, da quanto si può dedurre dalla leggenda contro- notata, corrisponde al corso superiore del gran fiume d’Egitto secondo Plinio. Fra Mauro nega però che il Nilo abbia le sue sorgenti nella Mauretania, ma considera il fiume uscente dalla palude Almaona come un ramo del Nilo, per la ragione che nelle sue acque vivono animali simili a quelli che si trovano nel Nilo6. L’isola Meroe (Meroes nel Mappamondo), anzichè lungo il corso del fiume principale, è invece rinchiusa tra due rami di quell’affluente occidentale.

Dalla stessa palude Almaona esce un altro fiume che scorre ad occidente, e ad un certo punto si scompone in due rami quasi paralleli e vicini tra loro, i quali vanno a sboccare nel- l’Atlantico a settentrione della entrata di un grande golfo detto Seno etiopico o altrimenti Golfo dell’Oro. In questo fiume occidentali? non si può a meno di riconoscere il Senegal, e nel [p. 233 modifica]Seno Etiopico, malgrado la sua esagerata grandezza, l’addentramento nel quale sbocca il Rio Grande.

Rivolgendoci ora all’Europa, è notabile primieramente la felice rappresentazione della Scandinavia come una grande penisola diretta da nord-est a sud-ovest, e circondata da numerose isole, alcune grandi, altre piccole. Solamente è a lamentare la mancanza quasi completa del golfo meridionale così caratteristico, che già appare tanto nella carta catalana del 1375 quanto nella carta dei fratelli Pizigani (1367).

Il mar Baltico è rappresentato come un grande bacino estendentesi da O.S.O. a E.N.E. Dirimpetto alla sua entrata, piuttosto angusta, giace l’isola Datia (Danimarca), diretta da mezzodì a settentrione, e detta, nella sua parte centrale Islandia (Seeland?). Secondo Fra Mauro, adunque, il Jutland non è parte dell’Europa continentale, con che, rispetto ad alcuni cartografi del secolo precedente (XIV), egli si mostra in regresso. Tuttavia, come osserva il Fischer7, l’errore è attenuato dalla leggenda: «Datia è parto in isola e parte in terraferma, e confina colla Bassa Alemagna». Quanto al nome dello stesso mare, dice Fra Mauro che ne ha parecchi, come «lubech (da Lubecca, città anseatica), prusico, sarmatico, germanico»; ma perchè quest’ultimo nome è più, chiaro, così, egli aggiunge, «ho notato golfo germanico». La poca salsedine che distingue il mar Baltico dagli altri mari europei, era ben conosciuta da Fra Mauro, il quale ne adduce anche la ragione. «Questo mare prussian, egli dice, è quasi dolce perfino alla bocca, e questo per le tante fiumane che vi entrano da ogni parte»8.

Nell’Asia centro settentrionale è notabile un gran lago, detto Mar Bianco, che, per la sua posizione, pare corrispondere al lago alpestre designato sulle nostre carte col nome di Baical, quantunque i suoi emissari, scorrendo verso sud-ovest, tributino al fiume Edil (Volga) o direttamente al Caspio o mare Ircano. [p. 234 modifica]Lo stesso fiume Edil è considerato da Fra Mauro come solo inferiore al Nilo: esso gettasi per numerosi rami nel Caspio, rappresentato con singolare fedeltà quanto alla forma, ma diretto, col suo grande asse, da nord-ovest a sud-est. Il lago donde sorge l’Edil è poi riunito coll’Oceano boreale per mezzo di un fiume che percorre la Permia, come pure col Nepero (Dnjepr) tributario del Ponto Eussino. Ed anche i fiumi che si gettano nella parte sud est del Caspio, e nei quali è facile riconoscere l’Oxos e lo Jaxartes, si presentano, nella carta di Fra Mauro, uniti col sistema fluviale del Polisanschin, fiume del Cataio e corrispondente al Pei-ho dei Cinesi.

La parte orientale del Mappamondo è una vera illustrazione dei viaggi di Marco Polo. I nomi delle città Cinesi sono quelli stessi di cui ci informa l’immortale viaggiatore veneziano: nella Mappa compaiono egualmente il nome di Deserto Lop per indicare la vasta regione stepposa e deserta dell’Asia Centrale; quello di Quian applicato al massimo dei fiumi Cinesi; il nome Tebet nella parte adiacente all’Indo Cina, con che viene ad essere meglio rinforzata l’ipotesi del Richthofen intorno alla posizione del Tebet di Marco Polo9.

La regione Indiana è divisa da Fra Mauro in tre parti, India terza ad oriente, India seconda nel mezzo, India prima ad occidente. L’India terza è situata al nord di un grande addentramento che si lascia facilmente identificare col golfo di Siam, quantunque porti erroneamente nella carta il nome di seno Gangetico: l’India seconda è al nord del seno Indico (golfo del Bengala): l’India prima si estende ad occidente sino al golfo Persico. I nomi dei fiumi sono alterati. Cosi il cartografo chiama il Gange col nome di Indo e dà quello di Gange al principale tributario del seno Gangetico. L’Indo propriamente detto si divide, a poco più della metà del suo corso, in due grandi rami, il più orientale dei quali sbocca nel seno Indico, l’occidentale in un altro golfo che probabilmente corrisponde al golfo di Cambay. In generale, tutto ciò che, nella carta di [p. 235 modifica]Fra Mauro, si riferisce alla regione Indiana, ha il suo principale fondamento nella relazione di Niccolò di Conti10.

Chiudo questa breve esposizione del Mappamondo di Fra Mauro osservando, con un pregio storico italiano studiosissimo delle cose veneziane, che «dall’abbondanza del suo sapere Fra Mauro attinse quello spirito divinatore, il quale strappa alla scienza i secreti che essa si ostina ancora a tenere occulti ai mortali. Facendo infatti tesoro delle notizie dei geografi antichi e dei navigatori moderni egli giunse ad una conclusione, che forse ai contemporanei parve incredibile appunto perchè era meravigliosa, che cioè, sono le sue stesse parole, senza alcuna dubitation se può affermar, che questa parte austral e de garbin sia navegabile11; vale a dire che fosse, senza alcun dubbio, possibile di girare la punta meridionale dell’Africa, e con felice navigazione tragittare dall’Europa alle Indie. Anzi, a rappresentare sensibilmente il proprio pensiero, dipinse al mezzogiorno dell’Africa una nave veleggiante per l’Asia»12. Nota eziandio lo stesso storico che la Mappa di Fra Mauro, rappresentando all’estremo occidente il Portogallo e la Spagna e all’estremo oriente la China, lasciava supporre relativamente molto vicino all’Europa il Cataio, le cui meraviglie erano già state rivelate da Marco Polo, nel quale giudizio concorda pure il cardinale Zurla13. Era questo, senza dubbio, un grave errore; ma fu un errore fecondo, giacchè fortificò, se pure non generò, nella mente di Colombo la convinzione, che, navigando a occidente per non immensurabile spazio, si potesse giungere alle Indie.


Note

  1. Fischer, op. cit., pag. 44; Peschel, Abhandlungen, I, pag. 213-225.
  2. Cortambert, in Bullettin de la Société de géographie de Paris, 1877, vol. II, pag. 346 e seg.
  3. Canale, op. cit., pag. 462.
  4. Zurla, Il mappamondo di fra Mauro, pag. 48.
  5. Zurla, Il mappamondo di fra Mauro, pag. 62.
  6. Zurla, op. cit., pag. 58.
  7. Fischer, Sammlung mittelalterlicher Welt- und Seeharten italienischen Ursprungs, pag. 58.
  8. Zurla, op. cit., pag. 28.
  9. V., più sopra, pag. 117.
  10. Peschel, Geschichte der Erdkunde, pag. 213, nota 5.
  11. Zurla, op. cit., pag. 63.
  12. Fulin, Dell’attitudine di Venezia dinanzi ai grandi viaggi marittimi del secolo XV, pag. 12.
  13. Zurla, op. cit., pag. 140 e seg.