Storia della vita e del pontificato di Pio VII/Libro I - Sommario II

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LIBRO II






SOMMARIO


Provvidenze governative adottate da Pio VII. Leggi annonarie e giudiziarie. Favorisce il commercio ordinando il ritiro della moneta erosa. È amareggiato dai tristi casi di Napoli: colpisce delle ecclesiastiche censure coloro che disconobbero i diritti e le prerogative della chiesa. Provvede al sacro monte di pietà, accorda amnistia pei reati politici, emana leggi contro i perturbatori della pace pubblica, fà sospendere il disseccamento delle paludi pontine. Promove Consalvi ed altri alla porpora. Trattasi dopo la battaglia di Marengo della concordia frà la santa sede e la Francia, e il prelato Spina è spedito nunzio apostolico a Parigi. Fonda la cassa dei poveri, l’ospizio delle orfane figlie degl’impiegati camerali, l'accademia di religione cattolica. Ammette il libero commercio in Roma e ne stabilisce le basi. Nuove vittorie e nuovi trattati di Bonaparte. Dopo la pace di Luneville frà i plenipotenziari si stabiliscono a Parigi le basi del concordato. Il console cerca concluderlo in fretta; Pio VII, che cautamente procede, interpella il parere dei cardinali, e dei teologi. Và Consalvi a Parigi: sottoscrive il concordato che dopo le ratifiche viene da lui presentato in forma pubblica al primo console. Il cardinal Caprara è spedito legato a latere in Francia: il papa dirigge un breve ai vescovi della chiesa gallicana. Difficoltà che incontra. A Pio VII è confidata la scelta [p. S2 modifica]del nuovo gran maestro di Malta, per i buoni uffici del primo console viene restituito Benevento e Pontecorvo. Gli articoli organici sanzionati dal corpo legislativo vengono ad alterare lo spirito del concordato. Vari vescovi della Francia aderiscono alle domande del papa, molti costantemente si oppongono. A domanda di Bonaparte varî prelati francesi vengono promossi alla porpora. Resiste Canova ai disegni del primo console, cede quindi ai voleri di Pio. Stabilisce un concordato con la repubblica italiana, adotta provvidenze agrarie a vantaggio dello stato, promove l'industria. Molte potenze stabiliscono in Roma i loro rappresentanti. Prove di affezione che dà Canova alla santa sede e onorificenze ottenute. Il cardinal Fesch è inviato ministro di Francia in Roma. Per ordinare gli affari religiosi della Germania spedisce un nunzio apostolico in Ratisbona. [p. 65 modifica]

LIBRO II


S
tavansi in Roma trepidanti i pochi che avevano caldeggiate le parti della repubblica, teneansi perduti quanti per fatti notori eransi mostrati avversi al sacro principato, quanti per detti, e questi erano i più, aveano fatte ingiurie al governo. Gli uni e gli altri furono salvi del pari per la mitezza del principe, che mostrossi padre nel pieno significato della parola. Confessa l’istorico d'Italia, avvengachè avverso sempre alla cose romane, buoni gli ordinamenti, egregie le provvidenze escogitate dal benefico Pio. Affidò a quattro congregazioni l’incarico di prescrivere e adottare misure atte a ristabilire un retto governo e a richiamare il ben essere e la tranquillità nello stato1. Per le materie religiose creò apposite congregazioni, cui non mancarono serie occupazioni, tanti erano i mali e i disordini, a cui dovea provvedersi! Prima che da questa fosse decreto alcuno [p. 66 modifica]emanato permetteva Pio VII ai benedettini del sacro speco in Subiaco di riassumere il loro abito: ristabiliva nella sua forma e nei suoi diritti la rota di Macerata; la depositeria generale di Ancona ripristinava: assoggettava ad una visita apostolica il lauretano santuario depredato dal direttorio di Francia2. Savie furono le leggi annonarie pubblicate per render meno sensibili le conseguenze della carestia: savissimo il provvedimento di richiamare in vigore la legge del 1782 caduta in disuso. Colpa dei tempi, se non giunse la giustizia e la previdenza sovrana a rimovere i tristi effetti occasionati sempre alla città dal tristo spirito di turpe lucro di quell'abborrita classe di uomini che fra noi con vocabolo romanesco diconsi Bagarini: vera peste delle grandi città: avara gente che abusando dei doni della provvidenza e della miseria altrui, affama il popolo, disperde e delude gli effetti della vigilanza sovrana e quel che è peggio aliena l'animo dei sudditi dall'amore dovuto alle autorità. Addimandavasi pertanto l’ assegna dei terreni seminativi, proibivansi l'esportazioni dei grani dallo stato: richiamavansi in vigore i chirografi di Gregorio XIII, di Clemente VIII, di Paolo V, di Urbano VII, e quelli in modo speciale di Benedetto XIV: in somma alla gravità dei casi con altrettanta diligenza ed alacrità provvedevasi. E perchè, scarsa annunciandosi la raccolta, versava Roma e lo stato pontificio in manifesto pericolo di prossima carestia a quelli, che immettevansi dal levante si aggiunsero per le sollecitudini di Pio i grani venutici da Sardegna. Nuova provvidenza in forma di moto-proprio il trentuno ottobre pubblicavasi il regolamento giudiziario da osservarsi in Roma in materie annonarie e tribunale annonario erigevasi [p. 67 modifica]in Civitavecchia. Una delle operazioni più belle che segnalarono i primordî del suo pontificato fu il ritiro della moneta di bassa lega, chiamata erosa, supremo danno del commercio, vergogna di ben ordinati governi, ottenuto mediante il sacrificio fatto dall’erario di un milione e mezzo di scudi, a cui rassegnavasi il governo della santa sede, perchè immediatamente sparisse questa vera piaga sociale. Sappiamo che Pio VII si gloriò spesso di aver reso ai suoi sudditi un servizio così segnalato. Per esso venne introdotto il libero commercio dei grani nello stato, la libera panizzazione: abolivasi per questa legge l’antica università dei fornari. Tolto il dazio alla introduzione degli oli, ai commercianti romani di questa derrata gratuitamente prestava i pozzi oleari di Termini.

II. I gravissimi avvenimenti di Napoli lo amareggiarono. Narrava la fama come dopo entrato in quella città l'esercito napolitano sotto il comando del cardinal Ruffo erasi per volere sovrano creata una giunta suprema per decidere sù i delitti di lesa maestà: sedeano frà i giudici Gervasi arcivescovo capuano, Torrusio vescovo e vicario apostolico. Tradotti innanzi a quel tremendo consesso vidersi preti, monaci, vescovi. Molti furono condannati nel capo: era fra questi il vescovo di Vico Natali. Supremo pastore e padre universale dei credenti, pianse il sommo pontefice all'annunzio di tanta sciagura, e poichè il pianto è sfogo e non rimedio al dolore, armato di apostolico zelo domandava al re con qual diritto in un paese cattolico osava un tribunale di laici, ad onta delle pontificie costituzioni, colpire i ministri di Dio?3. Queste ed altre cose gravissime ricordavagli, ma il sire di Napoli per mezzo del suo consiglio al pontefice rispondea: avesse presente sedere per decreto reale nell'aulico consiglio due dignitari ecclesiastici, [p. 68 modifica]specialmente incaricati di emettere il loro parere e prender conoscenza di quanto potea interessare i diritti e la disciplina della chiesa nei processi aperti contro gli ecclesiastici accusati di ribellione, e perciò essi soli e non il re tenuti a giustificare la condotta di quel tribunale. Pio VII cui nulla era più a cuore che serbare intatte le prerogative della santa sede, colpì dell'ecclesiastico anatema Gervasi, Torrusio ed altri tre prelati, i quali il supplizio del Natali avevano decretato. Questo atto di santo coraggio, consentaneo tanto allo spirito della chiesa, fu applaudito da tutti i cattolici e non mancò di produrre salutari effetti. Circolarono per tutta l’Italia opuscoli anonimi che al s. padre prodigarono ingiurie, si diedero alle stampe i brani della pastorale da lui pubblicata, mentre era cardinale e vescovo d’Imola, della quale parlammo, ma furono vane arti, poichè la sua anima pura, il suo carattere moderato, le apostoliche sue virtù agevolmente trionfarono degli occulti nemici. La condizione dolorosa a cui per le vicende politiche, per gli spogli sofferti erano ridotti i luoghi pii, i conventi, gli ospedali richiamarono tutta la sua vigilanza: profonde le piaghe, ardui giudicavansi i mezzi. di provedere ai disordini, ma nulla lasciava egli intentato per riuscir allo scopo. Al sacro monte di pietà, sublime istituzione che Roma deve al pontefice Paolo III, furono rivolte nell'interesse del povero le paterne sue cure4. Con apposita legge compresa in diversi articoli, il cardinale Roverella riattivò il prestito il giorno tredici agosto5. Una savia disposizione [p. 69 modifica]vietò poco dopo ai negozianti d'inviare, come facevano per intollerabile abuso, i loro pegni al monte, non essendo bisognosi: volle che le comuni dello stato si liberassero dai debiti, salvo quelli contratti per l’annona e alla camera pontificia si trasferissero: sciolse i luoghi di monti, investendoli sullo stato, e finchè l’erario non fosse ristorato, stabilì che si pagassero i due quinti dei frutti: le contribuzioni indirizzò a più generale e più uniforme condizione. Benefici immortali, che gli assicurarono la gratitudine e la benevolenza dei sudditi.

III. La mitezza del suo animo inclinando a benigni provvedimenti, suggerivagli di contrasegnare l'anno primo del suo pontificato con atto di sovrana clemenza. Dimenticando generosamente gli errori di quanti erano i compromessi nelle passate vicende, accordò piena amnistia pei reati politici. Sperò in tal modo vedere le querele dissipate, gli odi sopiti, la pace, la tranquillità alle famiglie restituita. Inteso però che l'ordine sociale, la pace dei cittadini era insidiata per colpa di quelli, che in adunanze sospette andavano in segreto spargendo voci allarmanti, notizie atte a promovere tumulti, emanò rigoroso editto, che di pena capitale colpiva chiunque potesse scoprirsi promotore d’interne sedizioni. All’abuso di portare la coccarda, che potea riguardarsi come vera provocazione fatta al governo, pose una remora e volle che i sudditi pontifici non potessero assumere i colori di alcuna nazione, se a ciò fare non erano debitamente autorizzati. L'uso del vestire scandaloso e immodesto rimproverando con acerbe parole alle donne, ricordava ad esse che dal mal costume traevano la loro origine le tribolazioni e i mali che percuotevano la società: si richiamavano pertanto in vigore le leggi emanate da Innocenzo XI e da Clemente XIV. Il diseccamento delle paludi pontine incominciato da Cajo Cornelio Cetego, giudicato impossibile da Plinio e da Vitruvio, tentato senza risultati da Sisto V, da Pio VI in gran parte eseguito fu da lui abbandonato come intrapresa che al gravissimo dispendio non offriva un utile corrispondente. Dicemmo, che premio al merito acquistatosi dal pro-segretario di [p. 70 modifica]stato aveagli il papa promessa la porpora: tenne la data parola. La mattina dell'undici agosto ebbesi in Roma il primo concistoro, nel quale furono eletti trenta vescovi e ascritti al sacro collegio Innico Diego Caracciolo6 di Napoli, ed Ercole Consalvi di Roma7. Decorsi appena [p. 71 modifica]due mesi li venti ottobre dopo breve allocuzione8 creò cardinale dell'ordine dei preti Luigi di Borbone, infante di Spagna, arcivescovo di Siviglia, cui venne assegnata la chiesa di s. Maria della scala9. Due opere segnalarono il primo anno del suo pontificato: l'una di religiosa pietà, l'altra di provvidenza governativa: la solenne traslazione del corpo di s. Bartolomeo apostolo e di altri santi martiri dalla basilica di s. Maria in trastevere alla chiesa di s. Bartolomeo officiata dai minori osservanti all'isola tiberina, avvenuta il dì ventiquattro agosto; la bolla Post diuturnas, destinata a riformare i molti abusi che le vicende sociali introdussero nell’amministrazione del nostro stato , elaborata da una commissione di cardinali, di prelati e di uomini versatissimi negli studi amministrativi. Peraltro siccome le mire del comun padre non furono interamente adottate, così non produsse la bolla l’effetto che si attendeva10. [p. 72 modifica]

IV. In mezzo alle riforme tentate onde restituire per quanto fosse possibile le cose romane all'antica loro forma e alle vecchie consuetudini, gli occhi dei politici si volgevano alla Francia. Sapevasi che la rivoluzione del dieciotto brumale avea fatto cangiare di aspetto a quelle contrade, aumentando la potenza del console. Già il ritorno dei francesi in Italia, preveduto da Consalvi, era incentivo ai timori e alle speranze dei popoli italici11: già la sanguinosa battaglia di Marengo, che avea meravigliosamente confermata la di lui opinione, assoggettavala di nuovo al volere del vincitore: già varie pratiche e parole cortesi da Bonaparte scambiate col vescovo di Vercelli cardinale de Martiniana, facevano prevedere, che aveasi questi in animo di vivere in armonia col romano pontefice e trattar seco lui del ristabilimento della religione in Francia: credibile e santa impresa, dacchè la rivoluzione incominciata da Mirabeau era stata vigorosamente schiacciata, rovesciata la costituzione repubblicana, inaugurati tempi più ordinati e migliori. Se la pace coi re era per lui mezzo di prudenza, grandissimo era la pace col gerarca supremo della chiesa. Bonaparte ne concepì forti speranze sino d'allora che intese esaltato sulla sedia apostolica il cardinal Chiaramonti, perchè il sapea di pietà sincera, di prudenza evangelica riccamente fornito. Trattavasi d'immenso beneficio: quello di restituire alla chiesa e al culto di Dio un floridissimo regno, ove pazzamente era stata sino a quell'ora schernita, insultata la religione dei padri nostri. A questa dolce speranza aprivasi il cuore paterno di Pio VII quando il cardinale de Martiniana scrisse al primo console che volentieri accettava l’incarico datogli di far palesi al papa le sue rette intenzioni sugli affari della santa sede. Dal [p. 73 modifica]campo sanguinoso di Marengo, ebro com'era d'una vittoria che assicuravagli il dominio della Francia, pensiero che andava accarezzando da tanto tempo, diriggevasi egli al sommo pontefice, e questi prestavasi volentieri a trattative, il cui scopo era così rispettabile e così conveniente al suo apostolico ministero. Primo frutto di esse fu l'invio del prelato Spina arcivescovo di Corinto nunzio apostolico a Parigi12. Il suo arrivo in quella città, chiusa sino allora ai rappresentanti di Roma potea dirsi un grande avvenimento13: davansi infatto da Bonaparte parole di pace e studiavasi dimostrare l'amor suo verso la religione rialzando gli altari che la rivoluzione aveva atterrati. Con breve in data del tredici settembre Pio VII annunciava a tutto 1'episcopato francese, che oramai andava in quelle contrade per favore del console a ristabilirsi la religione cattolica, che per il corso di quattordici secoli avea fatto della Francia una monarchia potente e felice: consolanti parole che corsero come scintilla elettrica pel vasto reame a conforto delle anime pie, cui era noto che le credenze religiose, le pratiche di pietà sono ajuto efficace alle leggi civili, freno potente alle passioni, eccitamento valevole a vivere temperato e modesto. Ella era una verità, che i francesi ove si fosse innalzata l'insegna di Cristo, ivi sarebbero corsi ansiosamente, benedicendo a quella autorità che l'aveva promossa ed assicurata14. [p. 74 modifica]

V. E mentre il pontefice occupavasi nello stabilire i preliminari del concordato, nel consultare quanti erano in Roma personaggi illustri per la santità e per la dottrina, affine di procedere con sicurezza nell’ardue bisogna, andava ristorando i danni sofferti, promovendo con ogni studio il vantaggio dei sudditi e della sua capitale. Ad esempio di san Sotero pontefice, chiamato il padre dei poveri, stabiliva un comitato di pubblica beneficenza. I parrochi, i presidenti di ciascun rione dovevano erogare il danaro da essi ritratto a beneficio degl'indigenti. La cassa, ove le contribuzioni imposte alla classe agiata colavano fu detta dei poveri: ad aumentaria volgeasi il papa con amorevoli eccitamenti agli ecclesiastici d’ogni grado secolari e regolari, al patriziato romano, al ceto dei negozianti e dei cittadini: generosi sudditi che intesero amorevolmente la voce del vicario di Cristo e alleviarono con i propri sacrifici i mali occasionati dalla varietà dei governi, dai pubblici sconvolgimenti, dalla miseria, conseguenza necessaria di un vivere fluttuante ed incerto. Alle orfane figlie degl'impiegati di camera aprì pietoso ospizio presso la basilica liberiana e all'oggetto fece dall'erario pubblico far l’acquisto del chiostro e della chiesa di san Paolo primo eremita. Nel desiderio di combattere gli errori, e custodire intatto il sacro deposito della fede, divenne fondatore e protettore dell'accademia romana di religione cattolica. La provvide di un piccolo assegnamento per sostenere le spese di stampe15; spedì un breve onorifico all'arcivescovo di Mira monsignor Coppola presidente di questa nobilissima istituzione, ove [p. 75 modifica]al presente come in passato sono ammessi i ragguardevoli ecclesiastici che in Roma professano scienze sacre16. Una lapide collocata nell'aula dell’archiginnasio romano ricorderà ai posteri il beneficio sovrano17. Per quello che riguarda gli ordinamenti economici della città, seguendo la opinione dei moderni pubblicisti, volle su i primi di marzo statuire il libero commercio18: pochi giorni dopo, divise in settantadue paragrafi, se ne pubblicavano le norme19, e creavasi una deputazione per il regolare andamento. La medaglia solita a coniarsi per commemorare l'anniversario della elezione del pontefice questa libertà di commercio simboleggiava in una donna sedente sur uno scoglio, avente in seno frutta e fiori, a destra il rostro di una nave, a sinistra il cornucopio dell'abbondanza e un mazzo di spighe20. All’intorno della medesima era la leggenda
« COMMERCIORVM PRIVILEGIA ABOLITA. »

VI. Ma il racconto degli ordinamenti interni cede gran lunga al grande atto del concordato voluto dal rappresentante della Francia, desiderato dal santo padre. Le cose di guerra procedevano favorevolmente per Bonaparte. L'armistizio di Hohenlinden conchiuso frà l’armata francese del Reno e quella austriaca in Germania fra il [p. 76 modifica]ministro Lebrbach, e il generale francese Lehorie riempì di speranze e di meraviglia l'Europa. Queste caddero, si aumentò quella quando il dì tre dicembre si venne nuovamente alle armi. Fu memoranda la battaglia di Hohenlinden combattuta mentre la neve cadeva dirotta sugli eserciti belligeranti: i feriti, abbandonati lungo le vie, perivano in mezzo al gelo: gli austriaci, sempre in perdita, passarono la Salza, i francesi entrarono in Liniz, l'armata del Reno passò l’Inn: Moreau segnava ogni giorno un trionfo: i gallo-batavi vinsero a Bamberga, i grigioni attraversarono le nevi e per circondare le formidabili linee dell’Adige valicarono la Spluga. L'armata d’Italia, superato a viva forza il passaggio del Mincio, posto il blocco a Mantova, s'approssimava a Vienna. Il valoroso arciduca Carlo, cui furono avverse le sorti di guerra, si vide obbligato a chiedere un nuovo armistizio: l'ottenne: il dì ventisette dicembre fu sottoscritto a Steyer21: era preludio della pace di Luneville. E questa pace infatti, modellata su quella di campo Formio, sottoscrivevasi il giorno nove dal conte Luigi Cobenztel per l'Austria e da Giuseppe Bonaparte per la Francia. Respirava l'Europa, attendeva giorni tranquilli l’Italia, avvantaggiavansi le condizioni di Francia22. La felicità delle armi [p. 77 modifica]francesi, la grandezza assicurata pei dilatati confini di dominio, i benefici della pace faceano sentire imperioso il bisogno di ristorare la conculcata religione cattolica. I desideri dal console manifestati, la presenza del nunzio apostolico in Parigi e dell'inviato di Francia in Roma, le trattative incominciate infiammavano maggiormente gli animi ad ottenerla. Debole per altro era la fiducia che nudrivasi in Roma di conseguire questo beneficio supremo. E perchè da un lato, prudentemente operando, non intendevasi precipitare nelle risoluzioni e perchè dall'altro nella diplomazia voleasi quello slancio, quella celerità, che avea Napoleone portato sù i campi di battaglia, si destarono i mali umori. Questi che erasi vantato l’amico migliore di Roma, che a Cacault avea detto: « trattate col papa come se avesse duecento mila bajonette »23, bruscamente scrisse al ministro di ritirarsi in Firenze presso il generale in capo Gioacchino Murat, se frà tre giorni non fosse sottoscritto il concordato stabilito a Parigi per la santa sede dall'arcivescovo Spina e dal padre Caselli teologo e consultore delle congregazioni romane e per la Francia da Giuseppe Bonaparte, da Emmanuele Cretet e Giuseppe Bernier24, dal segretario di stato Consalvi e dal plenipotenziario Cacault. Obbediva ai comandi del console l'ambasciatore, che prima di allontanarsi dalla capitale, ove lasciava il segretario d'ambasciata, domandata udienza dal papa, consigliavalo a spedire il cardinal Consalvi a Parigi come quello che avrebbe agevolmente superati gli ostacoli25. Pio VII convocava innanzi a se il sacro collegio, [p. 78 modifica]parlava dei bisogni, manifestava le speranze di accordo, i nuovi progetti svelava, domandava consiglio: stabilivasi dopo maturo esame la partenza di Consalvi rivestito di amplissime facoltà, accompagnato dal suffragio dei suoi colleghi, dalla confidenza del santo padre26. Nella breve di lui assenza era il cardinale Giuseppe Doria chiamato a sostenerne le veci. [p. 79 modifica]

VII. E perchè debito di uno storico è il ricordare con quanta sapienza e cautela adoperavasi in questo arduo negozio il pontefice, diremo come la notizia che eransi dal Consalvi superati gli ostacoli fosse accolta in Roma e quali disposizioni adottaronsi dalla corte pontificia. I teologi, i canonisti biasimavano apertamente l'opera dei plenipotenziari del papa e le prerogative della s. sede dicevano lese. Non intendevasi come potessero le podestà secolari regolare le cose del culto, come il santo padre lo acquisto delle proprietà ecclesiastiche sanzionare con apostolico indulto dovesse, ad altre cose gravissime aggiungevano da rendere il papa peritoso nelle ratifiche. Questi come che pio e delle prerogative della sedia apostolica zelante il parere del cardinale Albani, e del p. Angelo Maria Merenda domenicano e commissario del santo ufficio facevasi a domandare. Riferivano dessi tutto dover cedere al santo desiderio di ripristinare la religione e la disciplina in un [p. 80 modifica]paese, che da lunghi anni l'aveva bandita: aver presente lo stato miserevole di tanti cattolici privi di ajuti spirituali: diceano la chiesa assomigliarsi alla colomba, che deve con la dolcezza calmare lo sdegno nemico e a questo consiglio tanto più volentieri scendea il cardinale Albani quanto più conoscea che eransi dall'autorità francesi date in iscritto promesse, che le modificazioni del culto riguardavano in special modo le processioni. Udite le opinioni di quei savi e queste avvalorate per altre sentenze di romani teologi, disponevasi Pio VII alla ratifica del concordato.

VIII. Desideroso il Consalvi di, restituirsi al fianco del pontefice, dopo la visita di congedo fatta al primo console, che lo accolse amorevolmente, tornò in Roma. La sua presenza, le cose che riferì produssero un movimento animatissimo, un andare, un tornare continuo di porporati, di personaggi i più influenti di Roma, che recavansi presso il papa in quei momenti solenni in cui trattavasi di restituire la pace alla chiesa gallicana e la tranquillità alla Francia. Il di seguente il di lui arrivo, presso il cardinal Sigismondo Gerdil, uomo dottissimo, per comando del pontefice ebbesi particolare conferenza. Il giorno undici agosto, all'altissimo intendimento di accettare, o rifiutare gli articoli del concordato teneasi congregazione generale presso il santo padre, che durava oltre a quattro lunghe ore: quindi nuovo congresso aveasi presso il Gerdil, al quale intervenivano i principi di santa chiesa, Albani, Antonelli, Carandini, Giuseppe Doria e Consalvi. Sistemate le vertenze, discussi gli articoli ad uno ad uno con la gravità imposta dalla importanza dei casi, la notte dei diecisette agosto partiva Livio Palmieri da Roma per portare al console la ratifica della convenzione conchiusa fra la santa sede e la Francia sugli affari ecclesiastici. In concistoro segreto il ventiquattro agosto l'accordo stabilito fra il santo padre e il primo console francese annunciavasi da Pio VII al sacro collegio, che dopo breve allocuzione dichiarava suo legato a latere il cardinale Giovan Battista Caprara. Dopo tre giorni a [p. 81 modifica]quel porporato accordava l'uso della croce papale, insegna e carattere di legatizia rappresentanza e le norme segnavagli dalle quali non dovea discostarsi. Prostrato Caprara al bacio del piede e della mano, ricevutone l'amplesso e la benedizione pontificia, partì per Parigi, ove giunse il giorno quattro ottobre accolto con profondo rispetto dalle autorità francesi: nè fu senza pro; chè Bonaparte, il quale avea congregati i vescovi di Francia in un concilio così detto nazionale, non avendo più bisogno del loro suffragio, perchè composti i dissidi e conchiusa la pace desiderata, li sciolse. Ben videro dessi quanta imprudenza era nelle opere e nei consigli loro e ben più il videro quei vescovi d'Italia i quali anelavano di condursi al conciliabolo parigino27. Il cuore paterno del vicario di Cristo, che a prepararsi al grande atto, ad implorar lumi dal cielo ad esempio dei pontefici s. Leone, s. Gregorio è Innocenzo 1II, avea per il vantaggio dei popoli aperti i tesori delle sacre indulgenze28, prima di metter mano nelle tanto penose, quanto delicate operazioni imposte dai patti omai sanciti fra la santa sede e la Francia, pubblicava il giorno ventiquattro novembre una costituzione canonica accetta molto al console, e molto lodata da quanti volevano ardentemente calmati gli antichi dissidi, rimosse le cause del mal umore, appianata la via a tempi più tranquilli e sicuri. Erasi il papa con grave dolore dell'animo suo, sempre abborrente da ogni violenza; diretto agli arcivescovi e vescovi francesi per invitarli alla spontanea rinuncia delle loro sedi vescovili. Il breve [p. 82 modifica]apostolico, con il quale affettuosamente prendea ad esortarli per bene della religione, per tranquillità della Francia, a questo atto di sublime abnegazione, porta la data del quindici agosto 180129. Arduo era l'impegno, difficile il vincere uomini che vivevano nell’esilio tanto per insistenza nelle antiche opinioni, quanto per affezione alla famiglia reale di Francia. Ma se alcuni rinunciarono spontaneamente, la maggior parte di essi, quelli in modo speciale che ripararonsi in Inghilterra si rifiutavano. Come quindi molti si diportassero e con quanta generosa abnegazione sarà subietto ai futuri racconti. Bonaparte, cui era ben noto, come della restaurata religione dovesse essergli riconoscente la Francia, pubblicava una circolare nella quale con aspre parole prendeva a deplorare i mali gravissimi sopportati dalla nazione per mancanza di religione: spenta questa, dicea il console, insorgono le fazioni, crescono le speranze dei nemici, la discordia entra nelle famiglie, la felicità si allontana. Insensati quei falsi filosofi, che vollero conculcarla atterrando gli altari, cessando da quelle solennità che rendono gli uomini fratelli e li adunano tutti sotto la mano potente di Dio: sopito nei cuori il sentimento religioso, aggiungeva egli, più non sentono i moribondi quella voce amica, che parla ai cattolici di una vita migliore: ricordava ad essi i dipartimenti francesi agitati dall'impeto delle passioni in modo da temere omai distrutta la società e dissipata ogni speranza di bene. Solo alla religione era dato rimarginar tante piaghe, asciugar tante lacrime: averlo egli voluto, averlo nella sapienza sua voluto il pontefice: Furono queste le solenni parole con le quali annunciavasi dal console la ratifica del concordato. Intanto avvenga che molti fossero contrari e persino con le satire e con poco lodevoli arti [p. 83 modifica]si studiassero di eccitare il cattivo umore dei cittadini e creare ostacoli all'azione del governo papale, cui non potrebbe mai darsi rimprovero di mancata prudenza di mancata prudenza30, pure in Roma godevansi i primi frutti della segnata concordia, per altro non duratura. Al Piceno inviavasi la prodigiosa immagine della Vergine Lauretana31: sul Moncenisio un ospizio fondavasi col sistema di quello del gran S. Bernardo32: le spoglie mortali di Pio VI, morto e sepolto poveramente in Valenza, a Roma restituivansi33. [p. 84 modifica]A Parigi proclamavasi con solennità il consolare decreto, e sceglievasi il giorno di pasqua per la riapertura dei templi: in quel giorno istesso il genio di s. Vincenzo di Paoli, vivo come la fede, operoso come la speranza, energico come la carità tornò a mandar luce sulla fronte delle predilette sue figlie, che nei tempi dell'anarchia si videro trascinate per la città e pubblicamente battute34. Il loro ristabilimento era dai parigini riguardato come vero trionfo di religione e di carità. Tornata in seno all'unità la Francia, seguironla le cisalpine provincie, che il tristo esempio dell'abbandono aveano imitato. Per produrre effetti più sensibili sulle moltitudini spiegò il governo il più imponente apparato. Ad aumentar la gioia dei cittadini per le notizie che giungevano della pace conchiusa, mirabilmente contribuivano il concorso delle autorità militari e civili, la presenza dei tre consoli che rappresentavano il governo, e la persona del cardinal Caprara legato a latere del pontefice, che munito del breve di nomina35 e della lettera credenziale36, presiedeva alla osservanza del concordato37, regolava gli affari ecclesiastici, imprimeva alla solennità un più sacro e venerando carattere38. Questi prima di spiegare le sue qualifiche avea in pubblica [p. 85 modifica]udienza detto al console: « A nome del sovrano pontefice e sotto i vostri auspicî, generale primo console, è che io vengo ad adempiere in mezzo ai francesi le auguste funzioni di legato a latere. Io vengo, aggiungea, nel centro di una grande e guerriera nazione, di cui avete innalzata la gloria con le vostre conquiste, assicurata l'esterna tranquillità per una pace universale, per cui voi siete giunto al colmo della felicità e reso avete libero l'esercizio della religione. Questa gloria a voi solo serbavasi: voi la godete intera. Quel medesimo braccio che vinse le battaglie, che segnò la pace con tutte le nazioni ridonerà lo splendore ai templi del vero Dio, rialzerà gli altari e confermerà il divino sua culto. Terminate, generale console, questa santa opera sì lungo tempo desiderata dai vostri ministri e da tutta la nazione. Io non ometterò cosa alcuna per cooperarvi. Interprete fedele dei sentimenti del romano pontefice, il primo ed il più dolce dei miei doveri è di esprimervi i suoi teneri sentimenti per voi ed il suo amore per tutti i francesi. I vostri ordini regoleranno la mia dimora in Francia: io non me ne allontanerò, che depositando nelle vostre mani i monumenti di questa importante missione, durante la quale voi potete esser sicuro che nulla da me farassi, che sia contrario ai diritti del governo e della nazione. Siavi mallevadore della mia sincerità e della fedeltà da me promessa il mio titolo, la cognita mia ingenuità, ed, oso dirlo, la confidenza istessa che il sovrano pontefice e voi medesimo mi avete sì gentilmente accordata. » Alla dignità di queste parole rispondea il primo console amorevolmente e quindi diviso in settantasette articoli emanava un decreto che al cardinal legato a latere in Francia della sua ecclesiastica autorità concedeva l'esercizio. Offrivansi da Bonaparte nobilissimi doni a quanti occuparonsi del concordato. Erasi la moderazione di Pio VII opposta alla consuetudine adottata per cortesia in tutte le corti, di spedirsi cioè reciprocamente donativi in occasione di qualche trattato felicemente conchiuso, e ciò in considerazione dello stato lacrimevole in cui era posto l'erario: queste riflessioni furono dal [p. 86 modifica]ministro francese in Roma sottoposte al console: il signore di Talleyrand rispondea in di lui nome esser nota la scabrosa condizione di Roma, le sue perdute ricchezze: non chiedersi pertanto reciprocanza di doni: rifiutarsi anzi assolutamente39. Intanto giungevano magnifici presenti di Francia, frà i quali per bellezza e valore una scatola ricchissima di brillanti inviata al cardinal Consalvi per mezzo dell'arcivescovo Spina: al santo padre una lettera scrivea il console , con la quale comunicavagli la pace stabilita con l'Inghilterra e la Russia, i trattati amichevoli conchiusi con la porta Ottomana e il Portogallo; pregavalo a prender parte alla nomina del nuovo gran maestro di Malta ed offerivasi mediatore presso la corte di Napoli perchè venissero a sua santità restituiti i principati di Benevento e di Pontecorvo, che arbitrariamente il ministro di Ferdinando IV, cavalier Acton, ostinavasi a ritenere, mentre in Roma per mezzo di agenti segreti le opposizioni alla effettuazione del concordato ardentemente studiavasi di provocare40. Per essa lettera consigliavasi al papa di far leve di truppe e parlavasi dei beni nazionali venduti dalla romana repubblica, che la camera apostolica avea riacquistati, promettendo di rimborsare un quarto delle somme pagate dai compratori, che un valore presso che nullo avevano versato nel mettersi in possesso dei beni ecclesiastici alienati durante la invasione. Nè patto arbitrario o lesivo dovea credersi quello, dappoichè la restituzione della quarta parte assegnata dal [p. 87 modifica]santo padre equivaleva appunto alle somme da essi impiegate nello acquisto dei beni appartenenti alla chiesa. L'arrivo di questa lettera confortò quanti erano in Roma coloro, che riguardavano come beneficio la conclusione del concordato fra la santa sede e la Francia. La risposta inviata dal santo padre era improntata dello stile e del carattere del pontefice. Avea il cardinal Consalvi tratto profitto da questa occasione per dichiarare al primo console quali fossero i più intimi sentimenti della santa sede. Mostravasi pienamente per essa la franchezza e il candore di un sovrano assistito nelle bisogna dello stato da uno dei più valenti ed accorti politici dei nostri tempi. Egli parla con dignità e con candore all'uomo che in quel momento avea in mano i destini di una gran parte di Europa; gli manifesta con evangelico coraggio i suoi desideri, quello che aspetta Roma, quello che la religione domanda. Da essa possono desumersi le prove di deferenza offerte dal pontefice a lui che governava lo stato, e reggeva quella Francia che avea resa invincibile41. Riposavasi sulla nota abilità del cardinal Caprara, che per la volontà consolare gli affari della sua legazione trattava col signor Portalis, da Bonaparte incaricato di tutto quello che riguardava l'esercizio del culto: erano sue attribuzioni presentare le proposizioni delle leggi, [p. 88 modifica]regolamenti, decreti, decisioni relative ai culti: proporre alla nomina del primo console gl'individui atti a coprire le cariche di ministro de' culti differenti: di esaminare prima della loro pubblicazione in Francia tutti i rescritti le bolle, i brevi della corte di Roma: di mantenere ogni interna corrispondenza relativa a questi oggetti. Così energicamente per volere di Bonaparte davasi opera in Parigi alla effettuazione del concordato42. [p. 89 modifica]

IX. Non fu però lunga la calma mercè questo ottenuta. Gli articoli organici fatti sanzionare dal corpo legislativo alterarono lo spirito e l'essenza dell'atto apostolico. Si cominciò dal riguardare i pastori delle chiese di [p. 90 modifica]Francia come altrettanti funzionari civili e militari del governo. Portalis, Regnier e Regnault de St. Jean d’Angely presentarono al corpo legislativo un progetto di legge, in cui eransi con arte agli articoli del concordato aggiunti altri intorno ai culti protestanti: alcuni ve n'erano, che la coscienza del pontefice non avrebbe potuto approvare. Se ne afflisse Pio VII perchè vide per essi tolta all'esercizio della cattolica religione quella libertà, che nei preliminari del concordato erasi stabilita e promessa, e molto più se ne dolse allorchè vide come per la inserzione degli articoli organici la dottrina canonica vilipesa e le intenzioni benefiche di Pio VII erano o mal compensate o tradite. Muraire presidente del tribunale di cassazione in Parigi dirigendo in pubblico al cardinal Caprara pompose parole dicea essere la volontà illuminata del governo secondata

[p. 91 modifica]potentemente dallo zelo di sua santità in questo gravissimo affare; e fu menzogna, perchè il cuore del santo padre era anzi amaramente ferito dal vedere, che tentavasi d'indurre i fedeli in errore sopra i suoi deliberati pensieri, sulle pure sue intenzioni. Forte nel santo proposito di promovere efficacemente il bene della chiesa, andava lamentandosene con i cardinali uniti in concistoro, con le lettere ministeriali e colle frequenti allocuzioni. Uniformavasi egli allo spirito di Pio VI il quale fu udito ripetere: Ho tentato che le cose tornassero all'antico sistema: l'affare non è ancor terminato: preghiamo e speriamo. Il suo coraggio fu lodato da tutta l'Europa e quelli istessi che aveano interesse d'ingannarlo, non dubitarono di asserire che bella, illuminata e prudente fu la condotta tenuta in questo penoso affare dal papa. E gravissime erano le angustie dell'animo suo quando prendea a riordinare l’episcopato delle chiese di Francia. Aveva egli solennemente promesso nella bolla pubblicata dopo la ratifica del concordato43 di esortare i vescovi titolari a fare spontanea rinuncia delle loro chiese. Tenne la sua parola: furono i brevi diretti ai prelati francesi rifugiatisi in Ispagna, in Inghilterra e in varie città della Germania. Ventisette frà questi fecero rassegna delle loro sedi episcopali nelle mani di sua santità: quelli che risiedevano in Londra ad eccezione di cinque, rifiutaronsi. Scrivea Consalvi a Parigi che esigevano le regole della chiesa e l'uso costante della sede apostolica che si attendesse la loro risposta: che i titolari delle chiese di Francia chiamavano eccessiva, indiscreta la brevità del tempo di dieci giorni accordata per rispondere all'appello fatto ad essi dal sommo pontefice: che ad onta di questo Pio VII, investendosi delle circostanze imponenti della Francia e del desiderio ardentissimo di chi sedea al governo di quella illustre nazione, volea prescindere da tutte le regole canoniche e far quanto [p. 92 modifica]eragli possibile, salvo il dogma. Intanto non mancavasi in Roma di far riflettere alle autorità francesi che nè può, nè deve il vicario di Gesù Cristo procedere nel gravissimo affare dell’episcopato cattolico usando i modi con i quali il governo o promove o depone i prefetti inviati a reggere le provincie. Ove un vescovo demeritare dovesse la fiducia e la stima dei governanti non avvi, diceasi, come un prefetto la facilità di sostituirne uno nuovo: speravasi che il console che avea saputo riunire tutti i partiti, vorrebbe riflettere che un vescovo è, e debbe essere ovunque lo stesso: deve egli possedere con la considerazione e la stima del suo gregge tutta la confidenza in materia di fede. Le note che giungevano da Roma dettate con assennatezza e sapienza profonda44 i modi cortesi del cardinal Caprara, che non si allontanò d'una linea dalle sue istruzioni, le spiegazioni soddisfacenti date in mezzo agli ostinati rifiuti, seppero tener lontani quei mali che in tanto fremito di passioni potevano agevolmente avverarsi.

X. L’animo del pontefice fu gravemente perturbato da lettera venutagli dall'Inghilterra, con la quale quattordici vescovi, ivi travolti dal turbine delle sciagure francesi, devoti sempre alla borbonica dinastia, faceansi con rispettose parole a domandare la facoltà di presentare al capo visibile della chiesa i loro riflessi, prima di emettere la domandata rinuncia alle loro sedi. Per evitare gli scandali e i mali che potevano attendersi, domandavano essi un assemblea di tutti i vescovi della chiesa gallicana: [p. 93 modifica]difficile ad accordarsi dal pontefice, che non volea creare in quei pericolosi momenti difficoltà al governo di Francia, omai venuto agli accordi: impossibile a conseguirsi per molte cause, le maggiori, la legge del bando che li tenea lontani dalle provincie francesi, la data parola, la condizione dei titolari balzati sulla superficie di tutta l'Europa. Pio VII che li amava e onorava il coraggio, la virtù e l'ingegno di quei prelati, dicea a Consalvi, da cui avea ricevuta la lettera: noi entriamo in un mare di afflizioni, e quel porporato sempre facile, sempre pronto nell'offrire argomenti di conforto, rispondeagli: giuste e religiose essere le sue intenzioni: non dovergli perciò al grande uopo mancare l'assistenza di Dio. Più consolanti il paterno suo animo giungevano le risposte inviate dai vescovi residenti in Francia. Quello di Marsiglia, decano dell'episcopato francese, scrivea che pieno di venerazione e di obbedienza ai decreti del papa, a cui unito di cuore e di spirito, non esitava a deporre nelle di lui mani la dimissione del suo vescovato: rendevagli questo sacrificio ben lieve il saperlo necessario alla conservazione della religione in Francia. Il vescovo di Senlis, già elemosiniere di Luigi XVI, per conservare l'unità cattolica, per procurare il bene dei fedeli sono pronto, rispondea con coraggio, ad abbandonare la episcopale mia sede e a farne libera rassegna al pontefice. Nè di una minore generosità erano improntate le lettere che pervennero da altri prelati francesi, i quali protestavansi tutti disposti a qualunque sacrificio pel grande riflesso di vedere finalmente restituita alla chiesa la tranquillità, la religione al loro paese. Lodavansi in altre le misure di saviezza, di pace, di conciliazione adottate dal santo padre. Questi nobili attestati di obbedienza compensavano nel di lui cuore l'amarezza della opposizione ai suoi decreti presentata dagli altri. Con coraggio apostolico rispondeva alle questioni intorno ai vescovi costituzionali: esser disposto a temperare le pene ad essi inflitte dal breve Charitas del suo antecessore: voler però rispettato l'emesso giudizio, perchè dogmatico e irrefragabile: stabiliva la massima di mantenersi irremovibile di escluderli [p. 94 modifica]dalla sua comunione e molto più d'istituirli pastori di un gregge che scandalizzarono, promovendo quel definitivo giudizio della chiesa, finchè non si fossero interamente sottoposti ai decreti della santa sede e dichiarata la loro elezione, illegittima. La fede degli apostoli, diceva egli, è stata la fede di s. Pietro: gli apostoli lo riconobbero capo: quando i vescovi non si uniformano, quando si oppongono anzi al giudizio del romano pontefice che sostiene la stessa fede e il medesimo magistero dogmatico, non può sostanzialmente verificarsi, che la loro fede sia quella degli apostoli. Nel breve spedito all'arcivescovo di Corinto dicea il papa «che aderiscano e si sottomettano ai giudizi emanati dalla santa sede sugli affari ecclesiastici della Francia ». Pio VII nel suo sublime spirito di conciliazione facea di più: degnavasi muovere il primo passo verso i vescovi costituzionali per invitarli a riunirsi a lui, a rispettare i brevi apostolici, a deporre l'errore e quel che più ne onora la mansuetudine, egli adoperava tanto benevoli eccitamenti quando dessi, uniti nel preteso concilio nazionale, attentavano ai santi diritti della sede di Pietro. E questa incrollabile fermezza recava alti benefici alla fede, dappoichè i cattolici, formanti la maggioranza della Francia, avvezzati a riguardare i costituzionali siccome scismatici, avrebbero a costoro negato il rispetto, ove essi non avessero rinunciato all'errore. Dimenticarono, che confessare le proprie colpe è atto di umiltà, indizio sempre di anima virtuosa. Eppure ad onta di osservazioni così piene di carità religiosa e di senno, la fazione costituzionale fece resistenza: si ottennero però diverse spiegazioni soddisfacenti in mezzo ad ostinati rifiuti.

XI. E mentre Pio VII provvedeva agli affari della chiesa universale e le scomposte cose di Francia richiamava a concordia, ripristinava fra noi il magistrato romano giusta le antiche consuetudini e disponevasi a compiere due grandissime cerimonie. Il solenne possesso e il più che solenne ricevimento delle spoglie mortali di Pio VI a preghiera del regnante pontefice restituite da Bonaparte. Esultò Roma all’annunzio dell’augusta funzione che dovea [p. 95 modifica]celebrarsi il giorno ventidue novembre45. La camera segreta precedeva a cavallo la carrozza, ove sedea il santo padre con i cardinali Albani e Antonelli. La prelatura romana, la guardia nobile, i dragoni, la fanteria con i respettivi concerti o accompagnavano o faceano ala al passaggio del papa che lentamente ed in mezzo ad un popolo, che devoto implorava la benedizione del cielo sul nuovo gerarca, muoveva alla basilica lateranense. Fu quest'epoca contrassegnata, secondo gli usi della corte romana, dalla coniazione di una medaglia commemorativa. Intanto le sacre spoglie del pontefiee morto in Valenza per disposizioni dal ministro Talleyrand date al prefetto della Drome doveano consegnarsi all'arcivescovo Spina: l'ordine era stato fedelmente eseguito il dì dieci gennaro: le venerande reliquie da Marsiglia recate in Genova, avvicinavansi a Roma che le accolse con lacrime di tenerezza e con sentimenti di affettuoso rispetto46. Le ceneri di Clemente XIV che da oltre a ventisette anni riposavano presso la cappella del coro nella basilica vaticana, furono in forma privata trasportate nella chiesa dei santi XII apostoli47 ove, per opera dell'insigne statuario Canova, eragli stato eretto un magnifico mausoleo48. Volevansi dal papa, da [p. 96 modifica]Consalvi, da Roma intera altamente onorate le ceneri del glorioso pontefice: mancavano le risorse: si pensò fare appello alla generosa cooperazione del patriziato romano, che tutto fece per secondare l'estremo voto del pontefice moribondo, di riposare cioè presso la tomba del principe degli apostoli49. Per pubblico bando si annunciò al popolo la funebre ceremonia che doveva aver luogo. Ai prelati Gazzoli e Lante, l'uno uditor generale, l'altro tesoriere della camera era dal papa dato l'incarico di diriggere la pompa religiosa; e a Lante, che faceasi a ricordargli, come esausto fosse l'erario; noi, rispondea, non abbiamo molto denaro, ma prenderete dalla nostra piccola cassa particolare tutte quelle somme, che vi troverete. Era giunto il tempo predettogli dal Consalvi, che avrebbe praticata la religione delle riparazioni. Diremo delle offerte generose e spontanee, come di cosa che onora altamente l'animo dei romani. Ebbesi appena notizia del desiderio manifestato dal papa, che da ogni lato affluirono i doni. Cerei, torcie, stoffe, che potevano contribuire a rendere augusta e solenne la ceremonia non mancarono all'uopo50. Fu gara fra i ministri stranieri per onorare Pio VI: prima nelle offerte notavasi quella della repubblica francese: tardo ma onorato compenso alla memoria di un giusto perseguitato! Quattro prelati per ordine del pontefice inviavansi incontro al convoglio funebre, che attendevasi in Roma51: il


[p. 97 modifica]cardinale Antonelli penitenziere maggiore in abiti pontificali attendea il carro mortuario alla Storta: celebrò messa innanzi al feretro guardato dalle milizie, che rendevano servizio di onore: fecevi l'assoluzione di rito: mosse verso la capitale. Uscivano i cittadini sulla via Flaminia per incontrare il corteggio che nel palazzo del duca di Bracciano, poco distante dalla porta del Popolo, fece sosta la notte. Il fragore dei cannoni destò sul far dell'alba il diecisette febraro i romani che trassero in folla lungo la strada, anziosi di salutare le ceneri di un papa, che avea tanto operato a bene della religione e di Roma. Brillò vivissimo il sole: per le vie della città era movimento di popolo straordinario: la piazza vedeasi occupata da truppe in armi: ad aggiunger decoro alla funzione religiosa gli atri dei grandi palazzi, le fenestre, i tetti rigurgitavano di spettatori. Alle nove del mattino muovea da Roma la guardia nobile e la guardia svizzera per collocarsi intorno al feretro: il senatore D. Abondio Rezzonico, i conservatori della città uscivano dalle porte per onorarne l’arrivo. Al primo colpo tratto da castel sant'Angelo e proseguito senza interruzione di tre in tre minuti, tutte le chiese di Roma suonarono a morto. Quando il feretro riccamente adornato52 entrò in città videsi cosa che intenerì tutti i cuori: circa duecento persone affezionate al pontefice, che lo precedevano ed altre duecento che seguivano il letto funebre, aventi in mano una torcia accesa. Il corteggio era [p. 98 modifica]aperto dagli alunni dell'ospizio di s. Michele e dagli orfani: seguivano le famiglie monastiche, i religiosi di vari ordini, i parrochi, le nove collegiate, le quattro basiliche minori, i canonici delle basiliche patriarcali; quindi monsig. Fenaja vicegerente e il prelato luogotenente del cardinale della Somaglia vicario. Ebbesi posto di onore vicino al feretro l’arcivescovo di Corinto monsignor Spina. Seguivanlo non pochi del patriziato romano; il maggiordomo dei sacri palazzi, i vescovi, i protonotari apostolici, gli uditori di rota, i votanti di segnatura, gli abbreviatori, i referendari su mule bardate a nero: aggiungasi il corpo delle guardie nobili capitanate dal principe D. Paluzzo Altieri, dei reggimenti di linea che presidiavano Roma, aventi tutti le armi abbassate: quattro cannoni coperti di velo nero, vari squadroni di cavalleria, le carrozze dei principi romani e degli ambasciatori delle varie potenze, seguivano ultime la pompa funebre. Quando il corteggio traversava i bastioni di castel s Angelo udissi il rimbombo delle artiglierie, e quando le ceneri di Pio VI toccarono i liminari della basilica vaticana tutte le campane di Roma accelerarono il suono. Dovea l'arciprete cardinal duca di York ricevere le onorate spoglie, ma piacque a Pio VII discendere nella basilica e compiere le ceremonie di rito. Le guardie nobili e gli svizzeri rimasero alla custodia del corpo collocato nel mezzo della grande navata. Tale era la calca del popolo, che fu mestieri aprire le fila perchè ognuno potesse vedere il letto funebre sopra il quale erano deposte le spoglie del venerando pontefice. Al giungere della sera, deposta la doppia cassa nella cappella del coro, si venne al riconoscimento del corpo53. Questo dall'affetto sovrano e dalla [p. 99 modifica]devozione dei sudditi rendeasi in Roma tributo estremo di amore alla memoria dell’immortale Pio VI in presenza di trentamila romani e stranieri, venuti nella basilica vaticana a pregar pace a quel grande, che per lunghi anni avea date al mondo stupende prove di animo generoso e magnanimo.

XII. Allo spuntare dell'aurora del dì dieciotto si apri la basilica, ove oltre a mille preti suffragarono l'anima del pontefice con il divino sacrificio sugli altari, che per quel giorno vennero tutti dichiarati privilegiati. Pio VII del proprio ne sostenne le spese. A breve distanza dalla confessione uno se ne costruì per la celebrazione della messa solenne: il trono pontificio sorgea vicino al simulacro in bronzo del principe degli apostoli: verano disposte le tribune per l'arciduchessa Marianna sorella dell'imperatore d'Austria, per il duca di Chablais, per il corpo diplomatico, per le dame romane e straniere. Il papa, che a mostrar la sua gratitudine a chi avea la restituzione delle spoglie mortali del suo antecessore decretata, volea nella


[p. 100 modifica]persona dell'ambasciatore di Francia onorato il console Bonaparte mandò, accompagnato da due svizzeri in alabarda, il romano patrizio Falconieri, fratello della duchessa Braschi e suo cameriere segreto, con l'ordine di accompagnarlo a titolo di onore durante la funebre ceremonia: distinzione, che Roma usa soltanto ai sovrani che visitano la città nostra e intervengono alle ecclesiastiche funzioni. Bellissimo e splendido per gli ornamenti di figure simboliche, per l'altezza e perla quantità meravigliosa dei lumi che l’adornavano, era il gran catafalco che sorgeva alla metà della chiesa. La messa fu celebrata dal cardinale Antonelli: il papa circondato dal sacro collegio, dalla nobile sua corte, da tutta la prelatura romana, prestò continua e affettuosa assistenza alla ceremonia solenne. Regnava un profondo silenzio nel vastissimo tempio, quando monsignor Gioacchino Tosi salito sul pergamo lesse il funebre elogio, che tutte ricordava le grandi virtù del compianto pontefice; parve interessante e destò anzi viva emozione nella tribuna diplomatica il punto in cui faceasi l'oratore a render pubbliche e solenni grazie al primo console della repubblica francese che, fatto benevolo ai desiderî di Pio VII e dei romani, avea cortesemente permesso che gli avanzi mortali del di lui antecessore riposassero in mezzo al suo popolo, presso le sacre ceneri del principe degli apostoli. Tutti gli sguardi si fissarono sul volto al papa, che assiso in trono tenea gli occhi abbassati, quando l'oratore a lui vivamente rivolto disse, doversi il mondo mostrare riconoscente a Pio VI, che lo cercò e lo raggiunse nel modesto ritiro del chiostro per aprirgli la via all'apostolato del mondo. Letta la funebre orazione, scese il papa dal trono per dar principio alle ultime assoluzioni, che da lui furono compite in mezzo ad una emozione viva e profonda. Poche ore dopo la ceremonia una lettera dell’ambasciatore di Francia domandava al cardinal segretario di stato le bozze dell’elogio funebre, ove credeasi usata dall'oratore tal frase che potea dirsi allusiva alla Francia, frase ardita, che avea destato una specie di fremito fra gli uditori. L'invio dell'elogio letto, la risposta del cardinal Consalvi, la condotta [p. 101 modifica]tenuta dall'ambasciatore francese ottennero l'approvazione del primo console, che dopo aver veduta l’orazione funebre, la lettera che si ebbe in risposta dal segretario di stato, disse savia e convenevole l’opera del suo ministro, giustissime le ceremonie decretate dal papa, tributate da Roma alla memoria del gran pontefice54. Erasi da pochi giorni reso a Pio VI questo funebre omaggio nella basilica vaticana, quando dalle rive del Rodano giungea in Roma inaspettata e religiosa preghiera. I cittadini di Valenza domandavano rispettosamente alla santa sede i precordi dell'illustre esule che moriva fra loro. Veniva secondato il pio desiderio e la sera dei dieciotto febraro partiva da Roma l'urna che conteneva le domandate reliquie55.

XIII. Com'ebbe il papa obbedito al suo pio desiderio, e accomodate le vertenze con la corte di Spagna che si [p. 102 modifica]venivano agitando da qualche mese, la quale pretendeva che il nunzio apostolico non avesse giurisdizione canonica in Madrid e che dovesse la sua rappresentanza limitarsi a quella di un ambasciatore di principe secolare, rivolse tutte le sollecitudini al vantaggio dello stato e di Roma. Dicemmo, che l'equilibrio stabilito nel sistema monetario con manifesto sacrificio dell'erario ma con immenso vantaggio dei sudditi, crebbe a lui rinomanza: aggiungemmo, che per pubblici bandi avvisavasi ai mezzi di ritirare la moneta erosa, ed i luoghi stabilivansi dei depositi: quindi, necessaria conseguenza di tante sollecitudini, furono date le norme per la riduzione dei pagamenti in virtù delle obbligazioni contratte in tempi di discredito, e la tariffa degli agi fra la moneta d’argento e la erosa. Tale era la compiacenza di Pio VII per quest'opera finanziera, che volle contrasegnato il secondo anno del suo pontificato da una medaglia, in cui rappresentavasi una donna sedente, che d'una mano sorreggea la bilancia e dell'altra il cornucopia, simbolo dell'abbondanza con la epigrafe: MONETA RESTITVTA. Altra felicità e gloria di Roma le arti, e queste richiamarono le sue tenere sollecitudini. Ne parleremo per ora di volo, come di primi segni del suo genio dispostissimo a favorirle, sicuri che nel progresso di questa storia ci si offrirà occasione di parlarne distesamente. Il nome di Antonio Canova omai cominciava a rendersi ammirando per lodate opere di scalpello. Avea egli condotta la sua statua del Perseo lodatissima, che ha in mano la testa di Medusa: proponevane l'acquisto a monsignor Litta tesoriere della camera: n'ebbe rifiuto, e comperavala un tal Bossi pittore in Milano. Parea a Pio VII atto poco cortese quello del suo tesoriere, e più il disapprovava, perchè non aveagli parlato e della domanda, e del dato rifiuto. Ne ordinava pertanto l'acquisto: pregava si contentasse di pagamenti a rate per la trista condizione del tesoro: agevolmente ottenevalo. Crebbe speranza agli artisti e gloria al pontefice il grazioso tratto, per se solo bastevole a dimostrare , come le arti in migliori condizioni, avrebbero trovato in esso un fautore magnanimo e coraggioso. Vedrassi [p. 103 modifica]che non andarono deluse le concepite speranze. La conservazione delle nostre opere monumentali, la esportazione degli oggetti di belle arti reclamarono le prime sue cure come quelle che formano il decoro e l’abbellimento della città e che destano la meraviglia e la curiosità degli stranieri i quali convengono in Roma da tutte le regioni del mondo. Il primo monumento romano intorno al quale adoperaronsi le generose sue cure, fu l'arco trionfale dedicato a quel Settimio Severo, che propagò con le sue vittorie l'impero di Roma; ammirando principio di una più ammiranda grandezza. Lo liberò dalla terra e dai sassi che lo ingombravano, scoprì la via trionfale, restaurò le colonne marmoree, cinse l'intero monumento di opportuno riparo56. E perchè piacquegli mostrarsi grato a Venezia e ai padri, nel cui monistero erasi celebrato il conclave, ordinava allo scultore in metallo Francesco Righetti varî ornamenti di altare, e delle bellissime opere uscite dalle officine di questo insigne artista romano dotava il tempio di s. Giorgio maggiore. Il cavalier Righetti con lettera del papa le recava a Venezia a Bartolomeo Vernier, abate di quel monistero. Cominciava Roma a riaversi dalle patite sventure: lo zelo del pontefice potentemente secondato dalla instancabile attività del suo primo ministro, la stima, la sicurezza e il coraggio addimostrato verso i gabinetti stranieri per mantenere ferme e sicure le prerogative della santa sede e i diritti della chiesa non mancarono di produrre [p. 104 modifica]frutto desiderato, la pubblica confidenza. Carlo Emmanuele di Sardegna rifugiavasi in Roma, ove era accolto e visitato da Pio VII. Lo czar delle Russie Alessandro inviava suo ambasciatore presso la santa sede il conte, ciambellano di corte Butturlin: il magistrato supremo del popolo elvetico scrivea lettera rispettosa al papa, implorando la benedizione per quella chiesa57. Bonaparte facea pervenire nelle acque di Civitavecchia due brik e li offriva in dono al pontefice. S. Pietro e s. Paolo erano i nomi imposti a quei legni da guerra, che avevano sulla poppa l'effigie del sommo gerarca, degli apostoli e un motto allusivo58. Le città di Benevento e di Pontecorvo per volere del primo console erano riunite ai domini di santa chiesa59. Da tutte le parti di Europa giungeano in Roma lettere d'incoraggiamento al pontefice e di congratulazione al suo primo ministro che ne secondava meravigliosamente le intenzioni: aveva secolui adottato Bonaparte un linguaggio pacifico e rassicurante. [p. 105 modifica]In fine dalla maggior parte delle potenze cattoliche era stato dichiarato arbitro nella elezione del gran maestro di Malta. E poichè tutta Europa aveva intento lo sguardo su Roma, ove della sorte di questo splendidissimo ordine dovea Pio VII, portar sentenza narrerò diffusamente quei fatti.

XIV. Era nei voti dei gabinetti cattolici il veder richiamata a novella esistenza l'ordine gerosolimitano, a cui il mondo deve dirsi molto riconoscente per gl'immensi benefici portati alla civiltà quando si oppose ai progressi della barbarie. Solo Inghilterra, fatta più forte sul mediterraneo per la conquista dei baluardi di Malta, con arti segrete opponevasi all'effettuazione del generoso disegno. Sulle spiagge dell'adriatico viveva vita privata a breve distanza da Fermo il gran maestro dell'ordine Hompesch dimenticato, negletto e forse calunniato. Travolto in basso e lacrimevole stato dall'auge di sua grandezza, ora al papa, ora al primo console, ora ai principi regnanti, e più spesso ai loro ministri porgea umili, incessanti preghiere, ignorando che i diversi priorati non intendevano riconoscerlo e alle sue speranze arditamente opponevansi60. Pio VII andava sollecitando i voti dei [p. 106 modifica]gran priorati per procedere con sicurezza alla elezione della eccelsa dignità di quell’ordine. L'Inghilterra, ad onta del suo desiderio segreto trascinata dagli eventi, protestava essergli a cuore operare di accordo, vedere assicurata la indipendenza dei cavalieri, voler anzi che la scelta fra i candidati fosse, per una volta soltanto, data a sua santità; convenire in questo desiderio le corti d'Austria, di Russia, di Prussia: volersi da tutti ripristinato quest'ordine venerando col mezzo e ad arbitrio del papa. Dissentiva dalla opinione delle altre corti la sola Spagna, perchè da lungo tempo desiderava d'innalzare a questa dignità il principe

[p. 107 modifica]della Pace. A tale elezione opponevasi Bonaparte, che non volea in Malta uno spagnolo, un tedesco, ma un italiano libero nella propria azione. Sapealo il pontefice elettore e alla volontà del console, perchè giustissima, facilmente inclinava. La opinione del papa studiosamente cercava d’investigare l'incaricato di Russia e nei suoi rapporti diplomatici e andava promovendo dubbi e parlava degli ostacoli che s'incontrerebbero per sostenere un ordine cavalleresco, dal quale la Spagna erasi separata. Aggiungea, esser voto segreto dei sovrani e più degl’inglesi portare avidamente le mani su i beni di Malta. Ma Pio VII non era uomo da servire ai partiti: fatto arbitro di quel piccolo trono che il turbine di guerra aveva spezzato, senza esser ligio al favore e al desiderio altrui, aveva solo in animo che la scelta di un gran maestro, fornito di coraggio e di civili virtù, riuscir dovesse degna di lui, adatta ai bisogni dell'ordine e capace di meritare universalmente la stima e la confidenza61. Vari erano i candidati offerti alla scelta del papa : il balio Taufkirken di Baviera: il barone di Flachslanden francese fedele servitore di Luigi XVIII: il [p. 108 modifica]signor de Morawitzky russo: il sig. Plurdt, Blumberg e il barone di Rincht, alemanni: i signori Pignatelli, Masini e Bonelli, proposti dal priorato siciliano: i conti Colloredo e Kollowrath nominati dalla Boemia: don Rodrigo Manoel e Carvalcho Pinto scelti dal Portogallo: proponeva il balio Tommasi Ja Toscana, il balio Ruspoli Roma62. Crescea incertezze l'ex gran maestro Hompesch, che vedea avvicinarsi il momento in cui il papa dovea scegliere un candidato. Egli da Fermo scrivea al ministro Cacault confidar tutte le sue speranze alla lealtà del governo francese e alla magnanimità del primo console che conosceva la sua innocenza: scrivea umili lettere al pontefice a modesta difesa di sue ragioni, invocava benevolo l'arcivescovo Spina, già da Pio VII decorato dell'ostro romano, invitandolo ad interporre i suoi buoni uffici verso la santa sede non meno che presso l'ambasciatore di Francia, la cui opinione prevalea sempre nei consigli del papa. Vane speranze: la sorte di Hompesch era irrevocabilmente decisa: giungevangli risposte benevoli, ma sterili e concepite in [p. 109 modifica]termini generali da quelli ai quali volgevasi con insistenti, ma affettuose preghiere. Disperando egli omai di far valere quelli ch'egli chiamava incontrastabili diritti al gran magistero, pensò che la porpora romana polea in qualche modo compensarlo della perduta dignità: ne fece domanda: non eragli consentita63. Mentre l'animo del pontefice andava bilanciando i meriti dei candidati, fluttuando fra i nomi che gli erano offerti, il segretario di stato occupavasi nel conoscere quale fosse lo stato economico di Malta, quale l'ammontare delle imposte, le sorgenti delle risorse, le ragioni degli esiti. Due cavalieri francesi de la Tramblaye e de Ligondez che trovavansi in Roma, furono in condizione di dare T esatte informazioni desiderate. Le domandava Pio VII all’ambasciatore francese per convincersi se al punto in cui stava di concedere quell'alta dignità tali fossero le rendite dell'ordine da sostenerne la grandezza e il decoro64. E poi che il seppe, parlando all'ambasciatore di [p. 110 modifica]Francia, noi siamo, dicea, in grave imbarazzo: non sarà un gran dono quello che noi faremo all'individuo che verrà preferito. Raccolse intanto una congregazione di cardinali vi chiamò i porporati Caselli e di Pietro recentemente insigniti della porpora romana; dopo aver seco loro deliberato conferì la dignità di gran maestro al balio Ruspoli che, dopo la caduta di Malta, in Inghilterra erasi stabilito. Latore del breve pontificio di sua elezione fu il cav. Nicola Bussi. Attendeasi la sua adesione con qualche inquietudine. Ragione a temere un rifiuto era l'influenza inglese, la poca disposizione di quel regno al vedere restituito l'ordine cavalleresco alla sua esistenza: ragioni a sperar bene, la soddisfazione manifestata dal primo console della nomina fatta dal papa. L'inviato di Roma trovò Ruspoli in una città della Scozia, gli presentò il breve pontificio, ma questi che sulle prime mostrò ripugnanza rifiutavasi quindi da un accettazione, che, era desiderata da tutto l'ordine. Prevalse il consiglio degli agenti inglesi. Ruspoli vista la difficoltà in cui erasi di veder ridonato all'ordine ospitaliere l'antica sovranità, con dispiacere di tutta Roma e del pontefice che l'aveva promosso, diede in iscritto la sua legale rinuncia65. Cominciarono allora da ogni parte a giungere al papa sollecitazioni per venire alla nomina di un altro soggetto. Lo domandavano i gabinetti di Francia, di Germania ed anche di Napoli nell'interesse della politica e della giustizia. Solo la Russia chiedea la nomina di un luogotenente del magistero, dicendo che il papa con la elezione già fatta avea consumate le sue facoltà e il suo diritto. Aderendo alle istanze Pio VII elesse il balio Tommasi toscano che risiedeva in Sicilia, al quale il Bussi tornato dalla Scozia e [p. 111 modifica]nominato commendatore recò il breve del papa. Ferdinando di Napoli cortesemente offrivagli una corvetta che lo condusse a Messina ov'era il Tommasi che accettava la dignità, che tornò graditissima all’Austria66. Era il Bussi dalla conoscenza del nuovo gran maestro nominato balio e inviato luogotenente commissario per ricevere la consegna di Malta e assumere il governo dell’isola che, con grave rammarico di Pio VII e delle corti cattoliche e con difficoltà ognora rinascenti, impugnavasi sulle prime ed era quindi definitivamente negata.

XV. L'ordine degli avvenimenti ci ha tolto fin'ora di occuparci delle varie promozioni dei cardinali di s. chiesa. Eranvi molti meriti da compensarsi, moltissime prove di devozione e di virtù da richiamare le cure paterne del santo padre. Il suo cuore magnanimo a niuno mancò di questi doveri. Parlammo del primo concistoro tenuto in Roma il dì dodici agosto 1801. Altra promozione alla sacra porpora avvenne nel seguente febraro. Creava cardinali dell'ordine dei preti Giuseppe Firrao arcivescovo di Petra, segretario della congregazione dei vescovi e regolari67: Ferdinando Maria Saluzzo arcivescovo di Cartagine, presidente di Urbino68: Luigi Ruffo Scilla arcivescovo di Apamea, nunzio apostolico alla corte imperiale di Vienna69. Filippo Casoni [p. 112 modifica]arcivescovo di Pirgi, nunzio pontificio alla corte del re cattolico70: Bartolomeo Pacca arcivescovo di Damiata, nunzio apostolico in Portogallo71: Cesare Brancadoro arcivescovo di Nisibi, segretario della congregazione di propaganda fide72: Giovan Filippo Gallerati Scotti arcivescovo di Sida, maestro di camera73: Giulio Gabrielli segretario della congregazione del concilio74: Francesco Mantica presidente delle strade, decano dei chierici di camera75: Valentino Mastrozzi prefetto dell'annona76. Creò cardinali dell'ordine dei diaconi Giuseppe Albani uditore generale della camera77: Marino Caraffa di Belvedere maggiordomo78. Nel medesimo concistoro riservò Pio VII in petto altri quattordici cardinali ed in quello tenuto sul finire del settembre nominò cardinale Antonio Felice Zondadari arcivescovo di Siena79: Lorenzo Litta arcivescovo di Tebe, [p. 113 modifica]tesoriere generale80: l'abate D. Michelangelo Luchi della congregazione casinese di s. Benedetto81. Nuova promozione verificavasi in Roma il ventinove marzo, nella quale pubblicava due cardinali di s. chiesa dell'ordine dei preti, riservati in petto nel concistoro segreto del dì ventitre febraro 1804. Carlo Crivelli arcivescovo di Patrasso82: e Giuseppe Spina arcivescovo di Corinto, che avea ben meritato della santa sede con portare al desiderato compimento il concordato fra il santo padre e la nazione francese e che tanto avea fatto per render meno penosi gli ultimi giorni dell’infelice Pio VI83. Nell'agosto dell'anno istesso creò cardinali dell'ordine dei preti Michele di Pietro patriarca di Gerusalemme84: Carlo Francesco Caselli già priore dell'ordine dei servi di Maria, quindi arcivescovo di Gida85. All'ordine dei diaconi ascrisse Alfonso Uberto Latier [p. 114 modifica]de Bayane decano della sacra rota romana86: pubblicò finalmente cardinale dell'ordine dei preti Domenico Pignatelli di Belmonte chierico regolare teatino, arcivescovo di Palermo87. Così in brevissimo tempo al sacro collegio aggiungevasi un numero di ventiquattro cardinali per sapienza teologica e legale, per altissime cognizioni e per ingegno atti a giovare dei loro consigli la santa sede in tempi tanto calamitosi.

XVI. Roma e la Francia, Pio VII e il primo console nei loro rapporti erano in accordo amichevole. Alle grandi riunioni tenute nel palazzo dell’ ambasciata francese intervenivano i cardinali, la prelatura, i patrizi ed altri ragguardevoli personaggi. Il conte di Avaray incaricato segreto ed amico di Luigi XVIII, del quale avea nell’esilio seguita la sorte, era trattato con molta freddezza: parlando con esso sul conto di Bonaparte il cardinal Consalvi diceagli: certe corti possono non amare quest'uomo singolare, ma pur trattano seco lui, domandano il suo intervento e almeno in apparenza ne cercano l'amicizia. Vedete, aggiungeva l’accorto diplomatico, cosa ha fatto la stessa Inghilterra. Quale miscuglio di confidenza, di suffragi, di debolezza, di pazienza! Era impossibile negar questi fatti. Murat che nella vicina Toscana per la sua natura proclive al grandioso si compiaceva degli omaggi e delle lodi che gli venivano dai popoli amministrati, desideroso com'era di ammirare le magnificenze di Roma, recavasi fra noi ed era splendidamente trattato dal magnanimo Pio e dal principe D. Camillo Borghese. Così stabilivasi fra il luogotenente cognato di Bonaparte e il principe romano quella scambievole amicizia che determinò quindi il matrimonio verificato l’anno seguente fra Paolina vedova del generale Leclerc, sorella [p. 115 modifica]di Bonaparte primo console e quel principe. Reduce da Napoli e di passaggio per Roma il prode generale Soult, era accolto con molta benevolenza dal papa: invitavansi a vedere le solennità natalizie i marinai francesi, che ebbero posto distinto nella basilica vaticana: scambiavansi insomma tratti di affezione e di stima. Stavano in tali condizioni le cose quando sorse in cuore al primo console il desiderio di veder fregiati dell’ostro romano diversi personaggi francesi. Ma Roma e il suo governo non precipitano mai nelle proprie risoluzioni per quanto elleno possano sembrare utili o indifferenti. Trattavasi di ammettere nel venerando collegio dei cardinali nuovi individui: usciva la Francia allora allora da una rivoluzione sanguinosa che, scuotendo un governo stabilito da tanti secoli, tutti avea travolti gli ordini dello stato: non era ancora risoluta la grave questione dei vescovi costituzionali, un numero di titolari rifugiatisi in Inghilterra rifiutavasi ancora dal dare la rinuncia alle proprie sedi. Doveasi pertanto ad onta delle buone disposizioni di Pio VII in secondare i desideri del console procedere con cautela nell’accogliere la sua domanda. Chiedevansi cinque cappelli cardinalizi per la Francia e col mezzo del ministro delle relazioni all'estero signor Talleyrand aggiungevasi, che volesse Pio VII aver presente non poterglisi negare il favore al riflesso, che la nazione da oltre a dieciotto anni non avea esercitato il diritto di nomina che la santa sede concede a varie corti cattoliche: conchiudeva quel dispaccio che Bonaparte rimettevasi al papa e che in caso volesse il pontefice declinare da questo suo desiderio, era egli disposto a rinunciare alla nomina dei cardinali, poichè giudicava miglior partito quello di aver nulla di comune con il sacro collegio, piuttosto che esser trattato con minori riguardi delle altre potenze. Il pontefice volle prevenirne i nunzi apostolici presso le corti di Vienna, di Madrid, di Lisbona. Il primo console, diceasi nella circolare, lo chiede, lo desidera la cristianissima Francia. Il bene che Bonaparte ha fatto alla nazione, la sue intenzioni dirette al vantaggio religioso dei popoli che governa non possono che destare la speranza di [p. 116 modifica]altissimi beneficî. Per queste ragioni, aggiungevasi, sperare il papa che i sovrani, i quali avevano veduto con gioia ristabilita in quel vasto paese la religione cattolica, vorrebbero approvare la risoluzione in cui era la santa sede di accordare alla chiesa di Francia varî cappelli cardinalizi88. Il gabinetto austriaco dichiarava che, ad onta del vivo desiderio, da cui l’imperatore era animato, di concorrere a tutto quello che potea riuscir gradevole al santo padre, e consolidare le attuali relazioni fra la corte romana e il primo console della repubblica francese, non potea sua maestà consentire al differimento degli esercizi dei suoi diritti alla promozione di uso e che avrebbe senza indugio indicato il prelato su cui dovea cadere la scelta: rispondeva la Spagna superbamente e senza occuparsi del desiderio di Francia, mostrandosi straniera a qualunque altro interesse, dicea: il re cattolico non ancora determinato alla nomina di sua competenza. Il principe reggente del Portogallo nella sua nota, rispettosissimo al papa, ligio interamente alla volontà del primo console, dichiaravasi desideroso di comprovare al santo padre la sua affettuosa deferenza e disposto a cooperare in tutto quello che potea tornare accetto al primo console89. Leggo che il gabinetto di Francia rese grazie al principe reggente del Portogallo: non fece caso del silenzio tenuto dalla corte spagnola, inviò rimostranza a Vienna che ritrattava più tardi il tenore della prima sua nota90. Così per la coraggiosa [p. 117 modifica]circospezione di Pio VII, lodevolmente secondata dal cardinal segretario di stato, potè Roma senza mancare ai delicati riguardi di civiltà secondare i voleri del console. Annunciato il concistoro segreto che dovea far paghi tanti desideri, sedente il papa sul trono così parlò ai cardinali: «Noi, che nei passati concistori aggregammo al sacro collegio quegli illustri uomini, cui credemmo dovuta la dignità del cardinalato pei loro meriti verso la santa chiesa e verso questa nostra sede apostolica, dobbiamo ora rivolger lo sguardo agli esteri e ad essi dare la mercede dovuta alle loro esimie virtù. L'odierno vostro rallegramento non sarà per quei solamente di estere nazioni aggregati al vostro collegio, che per costume sogliono ascriversi, ma per altri ancora, che in grazia del concordato e per dimostrazione di allegrezza e della nostra unione con la Francia, fummo pregati di ascrivere per mezzo di una straordinaria promozione alcuni fra i vescovi di recente ordinati. Napoleone Bonaparte primo console della repubblica francese, secondando i nostri desideri, le cose quasi disperate condusse in breve tempo ad un punto che non solamente è stata ristabilita l’unità, per lo innanzi violata, ma si hanno ancora maggiori speranze che la religione cattolica sarà di giorno in giorno per avere ulteriore incremento. Quest'uomo illustre che ha ripromesso tutti i suoi sforzi per la perfezione di un’opera sì grande, ci ha scritto che per giungere a ciò con più facilità, ha giudicato cosa opportuna che siano promossi al cardinalato quattro fra i vescovi gallicani recentemente ordinati, per mezzo di una promozione straordinaria, quale accrescerà


[p. 118 modifica]le cagioni di giubilo comune e aprirà una via più facile ai beni ineffabili della religione che ottener si possono per mezzo di questa prodigalità di onorificenza, ed eziandio per la riconciliatrice unione degli animi. I desideri e le richieste di quest'uomo, per la cui opera ed impegno (dopo Dio da lui la riceviamo) non solo sono stati allontanati dalla chiesa quei funesti impeti delle procelle, ma ben anche si è ristabilita la cattolica religione in un popolo tanto dominante, e la speranza ancora di ulteriori beni che parimenti col suo ajuto si ripromettono alla chiesa, commossero il nostro animo e fecero sì che in testimonianza dell'allegrezza e del nostro paterno amore, compartissimo anche al clero gallicano questo straordinario favore. Allorchè furono riordinate le cose per mezzo del concordato fra il nostro predecessore di fe. me. Leone X e Francesco I re dei franchi, quel sapientissimo pontefice creò cardinali alcuni celebri uomini di quella nazione in una promozione straordinaria. Così ancor noi abbiamo stabilito fare dopo il nostro concordato, e ciò tanto più abbondantemente, perchè maggiori sono quelle cose che per mezzo di esso sono state eseguite in tempi sì malagevoli e per la tanto desiderata ripristinazione della unità: perciò abbiamo decretato creare cardinali della santa romana chiesa quattro del numero dei vescovi, che nel ripristinamento delle cose sante furono stabiliti nelle diocesi di Francia ». E quì, dopo avere il pontefice rese solenni grazie a Venezia e ricordata l'ospitalità generosa offerta al sacro collegio per beneficio dell’imperatore austriaco ed altri suoi meriti encomiati, dichiarò che avrebbe del pari ascritti al sacro collegio dei porporati alcuni fra i figli di san Marco meritevolissimi di questa onorificenza e nominò cardinali di santa chiesa Francesco Maria Locatelli Orsini vescovo di Spoleto91, Giovanni Castiglione commendatore di s. Spirito in [p. 119 modifica]Sassia92: Carlo Erskine uditore di sua santità93. Faceasi quindi a pubblicare cardinale dell'ordine dei preti Giovanni di Dio Raimondo di Bois-gelin arcivescovo di Tours94: Antonio Teodoro di Colloredo arcivescovo di Olmutz in Moravia95: Pietro Antonio Zorzi chierico regolare somasco arcivescovo di Udine nel Friuli96: Diego Gregorio Cadello arcivescovo di Cagliari97: Giovanni Battista de Belloy arcivescovo di Parigi98: Stefano Uberto de Cambacères arcivescovo di Rhoan99: Giuseppe Fesch arcivescovo di Lione100. Creava e riservava in petto un altro cardinale francese101. Così la corte di Roma secondava i desiderî manifestati dal primo console Bonaparte.

XVII. Con affettuose parole Pio VII partecipavagli la seguita elezione dei cardinali: obbliganti ne scrivea a Giuseppina per raccomandarle l'ablegato Giorgio Doria, giovane prelato, illustre patrizio romano che dovea portare a Parigi le berrette, insegne di dignità ai porporati francesi. [p. 120 modifica]Gli abbiamo, scriveale il papa, ordinato di presentarsi a voi in nostro nome per esprimervi i sentimenti della paterna benevolenza che vi professiamo. Desideriamo chiamarvi a parte dei rendimenti di grazie da noi offerti all'insigne primo console vostro sposo per tutto quello che si è fatto con l'aiuto di lui e con tanta sua gloria per il ristabilimento della religione in Francia, opera che renderà il suo nome immortale. Così il buon pontefice per migliorare le condizioni di Roma, escogitava tutti quei modi che, senza compromettere la sua dignità, conciliavano la benevolenza dei petenti verso la santa sede. Il regolamento delle ceremonie solite a praticarsi per la promozione dei cardinali che dimorano fuori di Roma fu consegnato all'ambasciatore di Francia e fedelmente osservato a Parigi. Apprese in tal modo il nuovo clero, per lo più composto di uomini gravi ed assennati, a rispettare le consuetudini e le pratiche prescritte dalla curia romana.

XVIII. Degna di esser tramandata alla posterità è la risposta data da Antonio Canova allorchè fu chiamato a Parigi dal primo console. Desiderava Bonaparte, a cui inchinavasi oramai tutta l'Europa, un ritratto eseguito dalla sua mano: ma Canova teneva per fermo esser le arti libere come il pensiero. L'ambasciatore di Francia in Roma proponeva all'insigne statuario di condurre l' opera come meglio avesse voluto: Generoso assegno per le spese del viaggio, diritto di portar seco quanti pure avesse voluto, esecutori dell’opera; cento venti mila franchi prezzo della sua statua, e alloggio e onorificenze gli erano assicurate. Egli, rispondeva l'artista con quell’ingenuo coraggio, che lungi dal provocare lo sdegno impone la riverenza, egli è quel desso che ha distrutto il governo del mio paese; alludeva a Venezia. Pregava il ministro di Francia: si adducevano da lui i mille lavori, che lo tenevano obbligato in Roma, il rigore del verno, la sua mal ferma salute. Il figlio della laguna ostinavasi nel rifiuto. Pregava Consalvi: l'accorto cardinale il lodava d’affezione di patria: studiavasi con argomenti atti a vincerne la durezza, provargli essere omai Roma sua patria, dover molto a lei, ma il facea senza [p. 121 modifica]frutto: pregava finalmente il pontefice e non vorrete, diceagli, chiamar voi nostro ospite, nostro figlio, nostro concittadino, sopra di noi i risentimenti del primo console. Non cedeva ancora Canova alle parole del mansuetissimo Pio, che quella sua natura dolce insieme e severa faceagli pensare, che il genio, l'entusiasmo dell’arte lo avrebbero abbandonato, perchè il cuore, che impone alla mano era freddo. Vinto alla fine l'artista dal peso delle ragioni addotte da Pio VII, oppresso dai buoni ufficî dell’ambasciatore dei francesi in Roma, cedè all'istanze e si dispose al viaggio. Provarono i fatti, che non era il Canova di Rezzonico e di Ganganelli il Canova di Bonaparte102.

XIX. Gravi affari richiamavano |’ attenzione del papa. Bonaparte in Lione convocate le deputazioni di Venezia, di Milano, di Modena; di Novara, di Bologna e di altre città prendea la suprema direzione della repubblica che, ingrandita di speranze, non più di cisalpina, ma assumeva il nome d'italiana. Erano meglio di quattrocento cinquanta gl’individui che o il timore a la speranza o l'ambizione o la forza spinse in quel paese di Francia103. Si vollero gli affari [p. 122 modifica]ecclesiastici prima di ogni altro riordinati, si provvide col beneplacito apostolico alle domande di Lucca e di varie città della penisola104. Siccome stabilivasi religione dello stato la cattolica, apostolica, romana così si domandò ad esempio della francese repubblica un concordato: lo volea Bonaparte, il quale contava sulla benevolenza della santa sede e sulle amorevoli disposizioni di Pio VII verso lui; lo chiedeva Melzi vice-presidente della repubblica, lo desideravono quanti erano uomini chiamati al potere. Questo atto veniva redatto a Parigi, sottoscritto dal cardinal Caprara legato a latere per la santa sede, e da Ferdinando Marescalchi ministro delle relazioni estere per la repubblica italiana.

XX. Assicurate come meglio poteasi in tanta durezza di tempile bisogna religiose delle italiche provincie, il santo padre, che studiavasi ardentemente di promovere la felicità dei sudditi, andava escogitando i mezzi di migliorare la condizione agricola del Lazio, di Sabina, di Marittima e Campagna, del Viterbese e dell'Agro romano. A conseguire il bene supremo, di cui godono le provincie Marchiane e le altre meno prossime alla capitale, cercò con editti benevoli e incorraggianti e con savie leggi di promovere la divisione dei latifondi in numerose colonie, desiderio antico dei popoli, cui virilmente opponevasi sempre con danno: dell'agricoltura, cupidigia e ambizione di sterminati possedimenti. Mentre derogavasi per questo editto alla costituzione data da Gregorio XII, savissime disposizioni adottavasi per aumentare i prodotti agricoli e promovere questa inesauribile sorgente di ricchezza e prosperità nazionale. Pregiudizi secolari e ambiziosi disegni o dispersero i sagaci consigli


[p. 123 modifica]o resero inefficaci le provvidenze: che nulla o poco giovano le misure sovrane, ove non siano potentemente secondate dagli esecutori della volontà del principe. Visitando Pio VII il pontificio porto sul mediterraneo e trattenendosi in Civitavecchia vari giorni, a promovere la moralità frà i servi di pena e renderli utilmente laboriosi, nella darsena istituiva una vasta lavorazione di tele su cento telai che duecento e più individui colpiti dalla legge, togliea all'ozio, fomite sempre di vizi nuovi. Emanò leggi e stabilì premi ai fabbricanti di drappi di lana, visitò gli opifici manufatturieri dell’ospizio apostolico di san Michele, confortò di sua presenza le terme diocleziane convertite in vastissimi stabilimenti105. A bene dell'umanità sofferente in forma di editto emanò legge, per la quale dichiaravansi non validi gli atti di ultima volontà, che di alcuna benchè piccola offerta non avessero disposto a beneficio dell’ospedale di santo Spirito in Sassia: pietosa sovenzione imposta a beneficio della più grande istituzione di carità, di cui possa vantarsi la capitale del mondo cattolico. Munifico protettore delle scienze, delle lettere e della arti, visitò gli studî di quelli che avevano grido di artisti eccellenti, e quando verificavasi la famosa eclissi annunciata dagli astronomi, trasferivasi alla specula gregoriana per ammirare il fenomeno. Prestavano a lui dotta assistenza i professori di matematica Calandrelli e Conti. Era in Roma esattamente determinato il fenomeno col mezzo del gran telescopio acromatico Bollandiano di dodici piedi dall'illustre fautore della gioventù studiosa Feliciano Scarpellini106. A premiare [p. 124 modifica]l'altrui virtù e far paghi i desideri della corte di Portogallo il giorno sedici maggio tenea concistoro secreto, nel quale nominava cardinale di santa chiesa Michele de Norogna e Abranches dei Conti di Valladares, grande del regno Lusitano, patriarca e primate di Lisbona107: nei seguenti concistori decorava dell'ostro romano Luigi Gazzoli uditore generale della camera, al quale assegnò il titolo di s. Adriano108, Antonio Despuig y Dameto109, Pier Francesco Galleffi110, Carlo Oppizzoni arcivescovo di Bologna111. Senza rallentare il corso alla sua operosità volle il papa trasferirsi in questo anno a Castel Gandolfo, che guarda Roma all'occidente, che all'oriente ha il lago e il monte di Albano, che a tramontana signoreggia i colli del tusculo, deliziosa terra, dalla quale le sponde si ammirano del mar tirreno. Quivi egli convenne la prima volta in ottobre e nel magnifico palazzo, costruito dal Maderno per comando di Clemente VIII, dimorò circa un mese112. La benignità del papa, le sue personali virtù, la capacità, lo zelo del cardinal Consalvi conciliarono a Roma la venerazione e l'amore non solo delle corti cattoliche, ma dei gabinetti scismatici. La Francia riacquistava l' [p. 125 modifica]antico diritto di nominare un suo nazionale uditore della sacra rota romana: Bonaparte affidavane l'onorevole incarico al figlio di un vecchio amico di sua famiglia Gioacchino Saverio Isoard. La Russia, la Prussia manifestarono il desiderio di sistemare con un concordato gli affari dei cattolici sparsi nei loro imperi. A Roma, che tornava ad esser centro importantissimo degli affari europei, fu l’Austria sollecita di spedire ministro plenipotenziario il conte di Khewenhiller: con apparato solenne entrava ambasciatore del re di Portogallo il conte di Sooza: le altre potenze del nord stabilivano tutte in Roma il loro diplomatico rappresentante. La condotta dignitosa e tranquilla di Pio VII che vedea circondato il suo trono dall'amore dei sudditi e dal rispetto di tutte le corti sovrane, ispirò tale sentimento di ossequio al veneto prelato Cornaro, che volle in morte legargli un palazzo in Venezia e la ricca sua galleria. Tutto facea credere duratura tanta prosperità: era quella la pace che precede sempre l’irrompere della tempesta.

XXI. Grato ai benefici ottenuti dal papa, ammiratore di sue virtù Antonio Canova afferrava in Parigi tutte le circostanze per rendere il primo console benevolo al papa. Parlavagli con entusiasmo di Roma, parlavagli di Venezia. L'altezza del suo nome, la sua franca e saggia parola meritavagli la stima di Bonaparte, l’ossequio dell'accademia delle arti francesi che l’annoverava frà i suoi membri, i riguardi di tutta Parigi. Modellando il ritratto del primo console, questi o leggeva o celiava con Giuseppina o seco lui ragionava di materie politiche: valendosi Canova di questi incontri, dissegli languir Roma nella miseria: trista conseguenza dei sopportati travagli: lamentò il commercio tratto a rovina, gli spogli sofferti, le perdute opere d'arti, dovizia e gloria di Roma. La istoria, che registra le parole dei grandi, narra che Bonaparte abbiagli detto: io restaurerò Roma: amo il bene della umanità e voglio compierlo. Quando cadde il loro discorso su i cavalli di bronzo che decoravano la facciata del tempio di s. Marco, osava dirgli Canova: la distruzione di quella repubblica mi affliggerà sin che ho vita: il console tacque, condonando il lamento al [p. 126 modifica]valore dell'artista veneziano. E quando presentavasi all'udienza di congedo e il trovava in compagnia del rappresentante di barbara potenza dissegli: Canova, porgete i miei omaggi al pontefice e assicuratelo che io volgo parole di conciliazione e di sollecitudine all’inviato tunisino a pro degli schiavi, che professano la nostra religione. Tornato in Roma l' egregio artista, festeggiato da tutti, onorato dall’ambasciatore di Francia, che ne aveva espresso ordine da Parigi, prese a modellare la statua sulle proporzioni dell’Ercole dei Farnesi. Volle intorno a quest'epoca Bonaparte richiamare a Parigi il ministro di Francia presso la santa sede, per affidarne l’incarico al cardinale Giuseppe Fesch, a cui davasi segretario di ambasciata il signore di Chateaubriand. Con questo, scriveasi a Consalvi da Talleyrand, vuolsi dare a Pio VII prova dell’affezione del primo console, che sceglie tale individuo da riuscirgli graditissimo, perchè rivestito di eminente e sacro carattere e perchè unito al supremo magistrato della repubblica con vincoli di parentela. Mentre con discorde sentenza andavasi in Roma parlando intorno all'invio di questo porporato ministro di Francia presso la santa sede, Bonaparte comunicava la presa risoluzione con suo speciale ufficio diretto al papa113, e al Fesch, che domandava gli fossero comunicati gli atti passati fra il governo pontificio e la repubblica francese, rispondea: si regolasse con prudente discernimento. Nell’atto della partenza, ricordavagli Talleyrand di [p. 127 modifica]proteggere gli stabilimenti religiosi di Francia e la scuola nazionale di belle arti: cercasse, dicevasi all'arcivescovo di Lione, di vigilare che il papa avesse forza sufficiente a serbare l'interna tranquillità: Roma, conchiudevasi, deve ririguardarsi come uno dei principali centri della politica europea e per gli ambasciatori che vi risiedono e per l’affluenza dei forestieri e per i primi uomini, che vi soggiornano e per le relazioni, che mantiene con tutte le nazioni del mondo. Tali erano i consigli dati al nuovo ambasciatore, quando recavasi fra noi al disimpegno delle proprie attribuzioni. Cacault divenuto ammiratore sincero della virtù costante di Pio VII e della solerzia del suo primo ministro Consalvi tornava a Parigi per dar luogo al cardinal Giuseppe Fesch, che entrava in Roma il dodici luglio 1803. Era appena giunto il nuovo diplomatico francese nella capitale del mondo cattolico, quando delatori e fomentatori di discordie, razza perversa, che in simili tristizie di tempi non manca mai di soffiar negli incendî, cercavano generare nell'animo di lui suspetti e timori, come se in seno alle repubbliche da Bonaparte in Italia create, si macchinassero congiure a danno di Francia o per rompere la buona armonia tra le due corti, o per esporre il nuovo ministro al pericolo di essere giudicato troppo facile, e poco prudente. Ma, grazie alla avvedutezza di Cacault, che dopo aver apprezzato nel loro giusto valore le oneste tendenze della corte Romana, era giunto col suo contegno a respingerli ed invilirli, poco riuscirono ne' loro progetti. Volle Pio VII occuparsi dell'ordinamento cattolico della Germania, da Gregorio V chiamata il gran braccio della cristianità. Vedea egli con immenso cordoglio dispersi i vescovi, rilasciata la disciplina: desiderava riordinare, ristabilire la gerarchia ecclesiastica, lo desideravano i principi. A conseguirla spedivasi da Roma un nunzio apostolico in Ratisbona con l’incarico di ascoltare i reclami dei fedeli, raccogliere i loro voti, proporre alla santa sede i mezzi di provvedere ai bisogni di quel vasto paese. Scrivendo Pio VII calda ed affettuosa lettera a Bonaparte faceasi a dirgli: le germaniche chiese andar dolenti di altissime perdite, [p. 128 modifica]spogliate dei beni temporali e di ogni esterno splendore; vedovate versare tante anime in evidente pericolo di perdere la fede: danno supremo e di gran lunga più miserando della perdita di beni materiali: desiderare altamente di porre un termine a tanti mali e provvedere con animo paterno alla integrità di tante chiese, al bene di tanto popolo. E voi, diceagli, voi che ci avete secondati con vero zelo quando trattavasi di restituire alla Francia la religione, dateci il vostro ajuto nel grave bisogno, in cui versiamo e soccorrendo la religione cattolica in Germania acquistate nuovi titoli alla gloria e alla nostra benevolenza114. Questa affettuosa lettera non mancò di produrre salutari effetti sull’animo del primo console e le cose appartenenti alla nostra religione come meglio potevasi per la perversità dei tempi, si accomodarono.

  1. Diverse erano le attribuzioni assegnate a queste congregazioni il dì nove luglio create dal santo padre. Dovea la prima riguardare gli affari del governo provvisorio: la seconda occuparsi del ristabilimento dell’antico sistema: dovea la terza ingerirsi dell'economica riforma del palazzo apostolico: prendea in vista la quarta gli acquisti fatti nell'epoca rivoluzionaria dei beni ecclesiastici e dello stato, posti all'incanto in tempi calamitosi conosciuti col nome di beni nazionali, indi demaniali.
    Giucci. Vita di Pio VII. — I
  2. Il direttorio francese involò la maggior parte delle ricchezze possedute dalla santa casa di Nazaret. Dopo la partenza di Bonaparte dall'Italia i commissari Monge, Villetard e Moscati rapirono da quel sacro deposito quanto ancora rimaneva di prezioso. Dissipavansi in tal maniera le generose oblazioni dei popoli, e in modo speciale dei francesi sotto il regno di Carlo III e di Luigi XII e XIV.
  3. Fu il pontefice san Cajo, che allo spirare del terzo secolo della chiesa emanò solenne decreto con il quale stabilì che gli ecclesiastici non debbono mai andar soggetti al tribunale dei laici. Questa disciplina venne sempre religiosamente osservata.
  4. L'epoca della istituzione del monte di pietà in Roma rimonta all’anno 1539. Uomini di probità conosciuta, diretti dal padre Giovanni Calvo minore osservante, per liberare i poveri dalle grandissime usure, a cui andavano soggetti, raccolta una ingente somma di danaro, incominciarono quest’opera di pietà, che venne approvata da Paolo III con bolla segnata il giorno tre del detto anno.
  5. Fu pubblicata in Roma la « Relazione della visita apostolica del sacro monte di pietà fatta dal cardinal Roverella, con nuovi decreti e riforme approvate dalla Santità di N. S. e divisa in XXVIII articoli. » Roma 4 agosto 1803
  6. Seguendo il metodo dallo scrittore portoghese, al quale intendiamo far seguito con l’opera nostra, diremo compendiosamente poche parole sugl'individui chiamati dalla volontà sovrana a far parte del sacro collegio. Innico Diego Caracciolo napolitano nacque in Martina feudo, di sua famiglia il giorno sedici luglio 1759. Venuto in Roma per attendere allo stato ecclesiastico, sostenne sotto il pontificato di Pio VI vari impieghi minori. Seguì il sacro collegio, allorchè recavasi in Venezia per eleggere il papa, e il giorno istesso nel quale il cardinal Chiaramonti fu innalzato alla cattedra di s. Pietro venne nominato maestro di camera. Ebbe titolo presbiterale.
  7. Ercole Consalvi, del quale nel corso di questa istoria avremo occasione di parlar molte volte, nacque in Roma il giorno tre giugno 1757. A chi non è nota l’attività, la diligenza, la fedeltà con la quale corrispose sempre si propri doveri e ai comandi sovrani? Il suo nome non sarà mai dimenticato: le opere ch'egli ha fatte, i vantaggi che ha procurati a Roma, la missione da lui sostenuta gli assicurarono celebrità. Fu nel decorso di sedici anni ponente del buon governo, quindi votante di segnatura, in ultimo uditore della sacra rota romana. Per comando della sa: me: di Pio VI, dopo abolita la congregazione che dirigeva l'amministrazione dell’ospizio apostolico in s. Michele, egli ne sostenne lodevolmente le attribuzioni. Fa segretario della congregazione deputata all'esame del nuovo piano economico della provincia di Bologna, e dell'altra stabilita per il buon governamento delle truppe pontificie. Era assessore del cardinal segretario di stato quando si presentò in Venezia, ove come abbiamo altrove narrato, fu scelto segretario del conclave ed ebbe gran parte nella elezione di Pio VII, che gli confidò l'importante carica di pro-segretario di questo dicastero supremo. Meno poche interruzioni, può dirsi, che sostenne quell’arduo ufficio durante il lungo pontificato di Pio VII. Amato dal suo benefattore, onorato per insigni talenti da tutti i potentati di Europa, morì in Roma segretario dei brevi, sotto il ponteficato di Leone XII il giorno ventiquattro gennaro 1824. In segno di riconoscenza commise egli a Thorwaldsen il monumento sepolcrale di Pio VII collocato nella basilica vaticana.
  8. Allocutio habita in concistorio secreto feria Il diei XX octobris MDCCC, in promotione eminentissimi ac reverendissimi domini sacrae romanae ecclesiae Ludovici de Bourbon archiepiscopi Hispalensis: « Post diuturnam moerorem, quo tandiu etc. » Romae MDCCC apud Lazzarinum.
  9. Nato da Lodovico infante di Spagna, fratello dei re Carlo III, creato anch'esso cardinale di santa chiesa da Clemente XII il giorno dieciannove decembre 1735. Dimise spontaneamente la dignità cardinalizia nelle mani di Benedetto XIV, correndo l’anno 1754.
  10. Crediamo interessante il darne un sunto, perchè siano degnamente apprezzati gli sforzi del pontefice diretti al bene dei suoi sudditi. Prendevasi in vista dal primo decreto l’amministrazione della pubblica economia ad oggetto di prevenire gl'illeciti profitti degl'impiegati sù i redditi e su le spese dello stato, parlando ancora della soppressione di vari impiegati inutili. Il secondo decreto trattava delle giurisdizioni dei tribunali civili, dei giudici e dei loro dipendenti. Volgevasi il terzo decreto sulla giurisdizione dei tribunali e dei giudici criminali, delle forme, dell’ordine dei decreti e delle persone impiegate nella fede pubblica. Disposizioni generali contenevansi nel quarto decreto. Artaud parlando di questa bolla asserisce, che diversi articoli non erano ben maturati, e che perciò, scorso appena un anno dalla sua pubblicazione cominciò quasi a cadere in dimenticanza. Storia di Pio VII del cav. Artaud di Montor. Milano 1844.
  11. Questa previdenza rese il Consalvi agli occhi di Pio VII più grande che mai, dappoichè avea tanto bene indovinate le cose. Perchè queste trattative fossero condotte in Roma da un membro effettivo del sacro collegio, ricevè egli il cappello cardinalizio il giorno dieci agosto.
  12. Quell’istesso che avea accompagnato Pio VI prigioniero in Francia, che lo aveva assistito in Valenza al letto di morte, che presentò al successore l'anello donato a quella vittima del dispotismo dalla pietà della regina di Sardegna Maria Clotilde sorella dell’infelice Luigi XVI.
  13. Davasi compagno all’arcivescovo Spina il padre Caselli ex generale dei padri serviti, uomo versatissimo nel diritto canonico.
  14. Procedeva cautamente Pio VII nelle trattative quantungue nulla più fossegli a cuore della effettuazione del concordato. Vedremo come si fecero all'oggetto preghiere in Roma, si tennero congregazioni cardinalizie alla presenza del papa, s’intese il parere dei canonisti e dei teologi della capitale prima di conchiudere questo atto che dovea decidere della pace di Roma e della prosperità della Francia. Nell’allocuzione da Pio VII pronunciata narrasi che eguali trattative tre secoli innanzi erano state stabilite fra Leone X e Francesco I, dopo la battaglia di Marignano, famosa battaglia, che il maresciallo Trivulzi solea chiamare combattimento dei Titani. A quei due monarchi deve l'Italia e la Francia il risorgimento delle lettere e delle scienze.
  15. Venne questo prelevato dagli utili che presenta la camerale amministrazione dei lotti.
  16. Quest’accademia sorta in epoca in cui se ne sentiva tutto il bisogno, ha mirabilmente prosperato sotto la pontificia protezione.
  17. Nella parete della grande aula della università romana leggesi la seguente epigrafe in lode dell'istitutore:

    PIVS . VII PONT. MAX.

    CVIVS . AVSPICIIS

    INSTITVTA . EST

    ANNO . MDCCCI.

  18. Melon, Essai politique sur le commerce. Amsterdam 1754.
    Verri, Riflessioni sulle leggi vincolanti il commercio dei grani. Roma.
  19. Motu-proprio degli undici marzo sulla grascia e libero commercio. Roma tipografia camerale 1801.
  20. La medaglia commemorativa dell’anniversario della elezione di Pio VII era stata eseguita dall'Hamerani.
  21. Questo armistizio, che come dicemmo, preludiava la pace segnata a Luneville fu vantaggioso ai francesi, perchè la linea della Traun e dell'Enns era forzata. Bellegard avendo i due passi di Salzburg e d'Inspruck coll’unirsi alle truppe, che stavansi nel Tirolo potea colpire l'inimico alle spalle e intercettargli ogni comunicazione. Appoggiando la linea francese al Danubio, e alle montagne di Tirolo, ed occupando le piazze di Kneffseitn, Scharaitz e Braunau si trovarono nella condizione di ricominciare la guerra con tutti i vantaggi e quello che più interessa, con la massima sicurezza.
  22. Il Reno servì di confine alla Francia, l'Adige alla Cisalpina: fu fissato il destino della Toscana: il duca di Parma ebbe il titolo di re d'Etruria: si promisero vasti compensi in Germania al deposto granduca. Si diede all'arciduca Carlo e al di lui zio Ferdinando la libertà di alienare i beni patrimoniali, il primo nei Paesi Bassi, il secondo in Lombardia.
  23. Allorchè l'ambasciatore confidenzialmente lo disse a Pio VII, questi che amabilissimo era e nei modi piacevolissimo, risposegli che i soldati di Gesù Cristo sono in un numero ben maggiore di quelli che attribuivagli il console della repubblica francese.
  24. Era Bernier dottore in sacra teologia e parroco di s. Laud d’Angeres.
  25. Narravasi nei crocchi politici che il ministro plenipotenziario di Francia per persuadere il cardinal Consalvi intorno alla necessità di presentarsi a Napoleone, dopo avergli letto in aria di mistero il dispaccio ricevuto da Parigi, gli abbia agginuto: « Quì vi sono alcune male intelligenze: il primo console non vi conosce: molto meno conosce il vostro ingegno, la vostra destrezza, i vostri impegni, le vostre seducenti maniere, il vostro desiderio di porre un termine agli affari. Andate a Parigi: voi gli andrete a grado senza dubbio, voi ve la intenderete benissimo seco lui. Egli vedrà quanto valga un cardinale, uomo di spirito, e farete frà voi due il concordato. »
  26. L'istesso giorno, in cui partiva da Roma per portarsi a Parigi il cardinale Consalvi, movea alla volta di Firenze il ministro francese Cacault. Non deve per noi tacersi, che ottenuta appena dal cardinale la facoltà di recarsi a Parigi, prima di porsi in viaggio scrisse al cav. Acton ministro di sua maestà Siciliana « Il bene della religione vuole una vittima. Io parto per recarmi presso il primo console. Mi avvio al martirio: la volontà di Dio sia fatta!...» La notizia di questo biglietto, che per l’epoca in cui fu scritto potrebbe esser notato di poca prudenza, pervenne al ministro di Francia, il quale ne fece soggetto di lungo rapporto al console, non meno per giustificarsi, che per dare al primo magistrato della repubblica una idea delle qualità personali del cardinal segretario di Stato, che recavasi appò lui interprete dei desideri di Pio VII e suo primo ministro ». Ve ne scongiuro, scriveagli l'ambasciatore, che in quell'epoca risiedeva in Firenze presso il cognato di Napoleone Gioacchino Murat « nelle trattative attenetevi ad un cominciamento di freddezza: quando si deve trattare con gl'Italiani, bisogna consolare, bisogna sostenere la loro sensibilità, impedire cioè che cadano sotto il peso delle impressioni, che la loro fibra delicata facilmente riceve. Non umiliate il cardinale: abbiate in considerazione il partito che un personaggio così destro, come è Consalvi, a malgrado delle sue prime paure, dalle quali l'animo suo sarà già rinvenuto, saprebbe trarre dal suo proprio fallo: non obbligatelo a battere il cammino delle astuzia: accogliete le sue virtù con le vostre: voi siete grandi ambedue, ciascuno di voi alla sua maniera, e solamente sotto diverse proporzioni: voi dovete conoscere e non conoscere insieme il tenore della lettera di Acton, ed allora compirete voi stesso la pia impresa ». E qui faceasi Cacault a dire al console quali potevano esser le ragioni per le quali avea Consalvi scritto in quel modo al ministro Acton: l'esser egli stato presidente delle armi quando fu ucciso Duphot: Paver fatto visita al generale Provera venuto per comandi del papa a sostituire il general Colli erano per Consalvi motivi sufficienti a fargli temere un abboccamento col console. L'avviso produsse il suo effetto Napoleone non rimproverò al cardinale la lettera diretta al cavaliere Acton: censurò la sciocca politica di quel ministro napolitano dicendo, che volea trattenere impetuosi torrenti con ragnatele, e con ciarle. Senza essere irritato col cardinale; mostrò d’avere a grado che si avesse paura di lui: gli domandò quindi scerzando se era vero, che in Italia lo avevano dipinto come un mostro; che mangia i preti: si sà, che Bonaparte cominciò a trattarlo con amicizia, quindi con confidenza: Comunicavagli i suoi progetti sul concordato. Erano arditi, si modificarono. Sia a lode di quel gran diplomatico di Roma, Napoleone ha dovuto confessare più volte, che finì col cadere egli stesso, sotto l’incanto dei graziosi modi del cardinale.
  27. Segnalavasi fra questi il vescovo di Nola Benedetto Solaro. Al console piacevano tali contese, anzi le promovea per suo utile, se dobbiamo aggiunger fede a chi conobbe gl’intimi pensieri di quel gran capitano del nostro secolo, mentre per natura, per uso e per massima valutava, applaudiva ed in cuor suo preferiva la romana dottrina.
  28. Non estendevasi il giubileo a coloro che dal romano pontefice, dalla santa sede e dai giudici ecclesiastici erano stati nominatamente anatemizzati.
    Giucci. Vita di Pio VII — I
  29. Questo breve tradotto dal suo originale latino nell'idioma italiano e francese fu impresso in Roma dal Poggioli tipografo della R. C. A.
  30. Per fomentare l’odio verso i francesi si videro in un fondaco al corso incisioni inglesi rappresentanti la morte di Luigi XVI e la sua dolorosa divisione dalla famiglia: vari nazionali che transitavano per quella via nelle ore più frequentate, furono insultati, II cardinal pro-segretario Giuseppe Doria che calcolava le conseguenze di tanta imprudenza, andava egli stesso a vederle, e ne ordinava il ritiro. Si scrisse nelle strade di Roma. Pio (VI) per conservar la fede perde la sede: Pio (VII) per conservar la sede perde la fede. Queste contumelie si andavano ripetendo per le case e per le pubbliche vie con sommo rincrescimento del pontefice e di quanti amavano veramente la sede apostolica e la tranquillità della chiesa.
  31. Giunto il devoto simulacro da Parigi a Roma fu per vari mesi custodito nella cappella segreta del quirinale , e trasportato quindi nella chiesa di s. Salvatore in lauro, ove il giorno due decembre era con rogito notarile consegnato a due canonici della basilica lauretana, dal vescovo di quella città deputati a riceverlo. A spese di Pio VII una carrozza pontificia, scortata da un distaccamento di dragoni, prese la via di Loreto per ridonarlo a quel venerando santuario.
  32. I padri, che vivono in quelle vaste solitudini accolgono per tre giorni i passaggieri, che senza questo soccorso sarebbero esposti a perire. Nei dì nebbiosi e quando cadono dirotte le nevi vanno in traccia dei viandanti e là si diriggono, ove ascoltano voci umane e lamenti. Cani ammaestrati scorrono per quelli alti monti, con i latrati ridestano le speranze degl’infelici sepolti entro la neve e servono loro di guida se sono in istato di camminare.
  33. L'onore di riportare in Roma le ceneri. del glorioso pontefice fu giustamente concesso all'arcivescovo Spina, che aveva avuta la consolazione di vegliare al letto di morte del s. padre.
  34. Furono esse istituite in Francia sotto gli auspici della regina madre di Luigi XIV per soccorrere l'umanità sofferente.
  35. Incomincia questo breve, che lo dichiara legato a latere presso la repubblica francese « Dextera altissimi, quae semper in ostensione virtutis ec. ».
  36. La lettera diritta a Bonaparte come primo rappresentante della repubblica comincia « Defert tibi has litteras etc. ».
  37. Il breve che al cardinal Gio. Baltista Caprara concede estesissime facollà comiucia « Cum pro tua religione, doctrina, ac explorata nobis in rebus gerendis prudentia etc. »
  38. Dava il Caprara le canoniche istituzioni ai vescovi destinati a coprire le sedi della nuova circoscrizione, pubblicava un giubileo di perdono a coloro, che aveano resistito all'autorevoli voci del pontefice e fatta guerra alla religione e alla santa sede: se ne leggeva il decreto impresso a Parigi, il quale incomincia « Sublata tandem calamitate bellorum ».
  39. Alla lettera del signore di Talleyrand aggiungeva un post scriptum dettato dal primo console... Qualche corona da rosario, un cameo a qualche plenipotenziario, una scatola ornata del ritratto del papa senza neppure un solo diamante sarebbe il genere di doni meglio fatto per essere accolto e gradito.
  40. Il ministro di Francia in Roma, che la conclusione del concordato avea riprese le sue relazioni officiali con la santa sede, scrivea a Parigi che i maneggi del cardinal Fabrizio Ruffo cercavano di far nascere ostacoli e spargere la diffidenza frà la repubblica francese e il santo padre.
  41. Riproduciamo un brano di lettera che in poche pagine riassume i voti, i bisogni, e la situazione dello stato pontificio. Dopo avere con essa manifestata la sua soddisfazione per la pace conchiusa con le potenze Europee, parlato della scelta da farsi del gran maestro di Malta, accettati i buoni uffici per la restituzione di Benevento e Pontecorvo, e altre cose gravissime prese in considerazione, conchiude. « Noi imploriamo dal vostro cuore la restituzione delle tre legazioni, ed un compenso per la perdita di Avignone, e di Carpendras, decretata dall'assemblea costituente, e non dubitiamo punto, dopo le benevoli parole con quali voi avete voluto esprimervi con noi, che nell'ambire la gloria di benefattore della santa sede, gareggerete cori gli antichi reggitori della Francia, cui tanto deve, come noi ci facciamo un dovere di ricordarlo con riconoscenza ».
  42. Nell'interesse della storia crediamo utile il riprodurlo.
    » Il governo della repubblica riconosce che la religione cattolica, apostolica, romana è la religione la quale è professata dalla massima parte dei cittadini della repubblica francese.
    » Il sommo pontefice riconosce egualmente che la medesima religione ha ricavato, ed attende anche al presente, un grandissimo vantaggio e lustro dallo stabilimento del culto cattolico in Francia, come dalla particolare professione che ne fanno i consoli della repubblica.
    » Le quali cose essendo così ed essendo state riconosciute da ambe le parti, pel bene della religione e per la conservazione dell'interna tranquillità, si è convenuto fra loro nelle cose che sieguono:
    » Art. 1. La religione cattolica, apostolica, romana si eserciterà liberamente in Francia. Il culto sarà pubblico, avuto però ragione ai regolamenti di polizia, che il governo stimerà necessari per la pubblica tranquillità.
    » Art. 2. Dalla sede apostolica d'accordo col governo francese si farà una nuova circoscrizione delle diocesi della Francia.
    » Art. 3. Il sommo pontefice significherà ai vescovi titolari delle chiese francesi, ch'egli attende dai medesimi con ferma fiducia pel bene della pace e della unità, qualunque sacrificio, quello neppure eccettuato della dimissione delle loro sedi vescovili.
    » Premessa una tale esortazione se essi si ricusassero di fare questo sacrificio, che il bene della chiesa richiede (il che peraltro il sommo pontefice giudica non potere accadere) si provvederà col mezzo di nuovi titolari al governo delle chiese francesi della nuova circoscrizione nella maniera seguente:
    » Art. 4. Il primo console della repubblica francese nei tre mesi che decorreranno dopo la promulgazione della costituzione apostolica, nominerà gli arcivescovi ed i vescovi per le diocesi della nuova circoscrizione. Il sommo pontefice darà ai medesimi l'istituzione canonica secondo le forme stabilite relativamente alla Francia avanti la mutazione del governo.
    » Art. 5. Similmente il primo console nominerà alle sedi episcopali, che in avvenire vacheranno, i nuovi prelati e ai medesimi, come è stato stabilito all'articolo precedente, la sede apostolica darà l'istituzione canonica.
    » Art. 6. I vescovi prima di entrare nell’esercizio del loro ministero presteranno direttamente nelle mani del primo console il giuramento di fedeltà, che era in uso prima della mutazione del governo espresso nelle seguenti parole: « Io giuro e prometto sui santi evangeli obbedienza e fedeltà al governo stabilito dalla costituzione della repubblica francese. Similmente prometto, che non terrò alcuna intelligenza, non interverrò ad alcun consiglio, e non prenderò parte alcuna a qualunque unione sospetta, dentro o fuori della Francia, che sia pregiudizievole alla pubblica tranquillità, e manifesterò al governo ciò che io sappia trattarsi o nella mia diocesi, o altrove, in pregiudizio dello stato ».
    » Art. 7. Gli ecclesiastici del secondo ordine presteranno lo stesso giuramento avanti le autorità civili deputate dal governo francese.
    » Art. 8. In tutte le chiese cattoliche della Francia dopo i divini uffici si farà la seguente preghiera: Domine salvam fac rempublicam; Domine salvos fac consules.
    » Art. 9. I vescovi faranno ciascuno nella sua diocesi una nuova circoscrizione delle parrocchie, la quale però non avrà il suo effetto se non dopo che il governo vi avrà prestato il suo consenso.
    » Art. 10. Gli stessi vescovi nomineranno alle parrocchie, nè eleggeranno se non persone accette al governo.
    » Art. 11. Potranno gli stessi vescovi avere ciascuno un capitolo nella chiesa cattedrale ed un seminario nella propria diocesi, senza che il governo si obblighi a dotare nè l'uno nè l’altro.
    » Art. 12. Tutte le chiese metropolitane, cattedrali, parrocchiali, ed altre non alienate, necessarie pel culto, saranno lasciate a disposizione dei vescovi.
    » Art. 13. Sua santità pel bene della pace e pel felice ristabilimento della religione dichiara, che nè egli, nè i romani pontefici suoi successori, recheranno alcuna molestia a coloro che avessero acquistato beni ecclesiastici alienati: ed in conseguenza la proprietà degli stessi beni, le rendite e i diritti a quelle annessi saranno immutabili presso dei medesimi e di quelli che hanno causa da loro.
    » Art. 14. Il governo della repubblica francese s'incarica di dare ai vescovi ed ai parrochi, le cui diocesi e parrocchie dei quali sono compresi nella nuova circoscrizione, il mantenimento, che sia conveniente allo stato di ciascuno.
    » Art. 15. Lo stesso governo prenderà le necessarie misure perchè sia in libertà dei cattolici della Francia, se loro piacerà il provvedere alle chiese con nuove fondazioni.
    » Art. 16. Sua santità riconosce nel primo console della repubblica francese gli stessi diritti e privilegi, dei quali godeva l’antico governo presso la santa sede.
    » Art. 17. Si è convenuto frà ambo le parti, che nel caso che alcuno dei successori dell'odierno primo console non professasse la religione cattolica, si farà rispetto al medesimo una nuova convenzione sopra i diritti e i privilegi mentovati nel precedente articolo e sopra le nomine agli arcivescovati e vescovati. Il cambio delle ratifiche si farà a Parigi nel termine di quaranta giorni. Fatto in Parigi il dì 15 luglio 1804. Ercole cardinal Consalvi. — Giuseppe Bonaparte. — Giuseppe arcivescovo di Corinto. - P. Carlo Caselli. — Cretet. — Bernier.
  43. Essa incomincia « Ecclesia Christi quam civitatem sanctam Hyerusalem etc. »
  44. Leggasi su tal proposito la lunga nota diretta al ministro Talleyrand dal cardinal Consalvi per comando di Pio VII. Apparirà da essa come giusto è il giudizio del cav. Besson capo del protocollo degli affari in Francia, il quale confessò che fra i documenti diplomatici da esso lui trovati in trent'anni di esercizio della sua carica, meritavano il primo posto i brevi e le note pervenute dal governo pontificio, nelle quali riscontravasi sempre uno stile castigato e sostenuto, una dialettica posata e sicura.
  45. Dirottissima pioggia non permise il possesso, che venne aggiornato al dì seguente.
  46. Chi desidera un dettagliato racconto delle ceremonie eseguite in questa traslazione legga il diario di Roma 1802 dal num. 119 al 124. La pompa funebre fu regolata a norma di quella eseguita per Benedetto XIII.
  47. Un tal Lorenzini notajo della basilica vaticana che nel settembre del 1774 avea rogato l'alto d'inumazione fu chiamato a far quello della ricognizione del cadavere. Aveva ai piedi una borsa di velluto cremisi con ghiande d'oro, ove si contenevano le medaglie d’oro e d’argento coniate nel suo pontificato. La desamazione del cadavere e il successivo trasporto alla basilica costantiniana, ove attualmente riposa presso la sacrestia di quella chiesa, avvenne il giorno ventuno gennajo 1802.
  48. Ebbe Antonio Canova gran parte nei preparativi fatti per onorare la santa memoria dell’augusto pontefice. Il segretario di stato, che erasi giovato dei suoi consigli gli ottenne da Pio VII la croce dello speron d’oro e l'annesso titolo di conte palatino.
  49. Dal momento in cui il convoglio funebre partì da Valenza sul Rodano sinchè non giunse al Valicano, immensi onori e non equivoci segni di figlial tenerezza furono tributati dalla Francia e dall'Italia al martire di Valenza.
  50. Leggo nei rapporti, che si pubblicarono in quei giorni, che uno dei principi romani che maggiormente si distinsero nel rendere omaggio di onore alle spoglie mortali di Pio VI fu il principe Doria Pamphily.
  51. Erano monsignor Malo protonotario apostolico, monsignor Mariotti segretario dei brevi ai principi, che aveano avuto il coraggio di seguire nell'esilio il pontefice prigioniero; monsignor Gio. Batt. del Carretto Mancurti e Domenico Ginnasi imolese, addetti al particolare servigio di Pio VII.
  52. Il letto funereo, salto quindici palmi e largo dodici, era coperto di damasco violaceo con frange d’oro ; di stoffa d’oro era lo strato mortuario ornato di velluto nero, che avea ai quattro angoli le armi gentilizie di Pio VI. Eravi scritto PIVS PP. VI P. M. Nel mezzo del feretro stava un cuscino a lamine d’oro su cui posava il triregno, che maestosamente coronava la sommità del funebre carro.
    Giucci. Vita di Pio VII
  53. La gran cassa di legno, che un'altra ne racchiudeva di piombo fu trasportata nella cappella del coro accompagnata dal capitolo vaticano, che intonava il Miserere. Si venne alla ricognizione. Intatti trovaronsi i sigilli: intero il corpo, ma siccome per inavvertenza era stato situalo a rovescio , si trovò qualche alterazione nel naso. Avea in vicinanza alle mani una iscrizione latina che nell'atto della inumazione vi avea collocata il prelato Marotta. Eravi scritto:

    IN ARCE IN OVA

    OBSES GALLORVM CVSTODIEBATVR.


    Avea presso le ginocchia una borsa contenente un piccolo numero di monete coniate sotto il suo pontificato. Al corpo, coperto dalla sola sottana bianca con stola rossa, furono aggiunti gli abiti pontificali, il pallio e una borsa di raso rosso con tutte le medaglie coniate sotto il suo lungo pontificato. Il tesoriere della camera la situò presso l’altra, che fu lasciata quasi documento della povertà in cui era, quando spirò l’anima grande. Chiudevansi di nuovo le casse e a quella di piombo aggiungevasi una lamina dell'istesso metallo con la iscrizione:

    PIVS VI P. M.

    A VALENTIA APVD RHODANVM

    AD BASILICAM S. PETRI

    SOLEMNITER TRANSLATVS

    DIE XVIII FEBRVARII MDCCCII

  54. Alla domanda dell'ambasciatore francese rispondea un ora dopo Consalvi « Alcuni francesi hanno potuto credere, che nell'elogio funebre di Pio VI il passo in cui parlavasi dei libri scritti contro la santa sede riguardasse la Francia. Ma io son ben contento di vedere, chè tutti i punti delicati, in cui si potea temere forse di urtare, si sono trovati superiori ad ogni rimprovero. Questo prova quanta delicatezza si sia adoperata per canto nostro. Tull'altro avrei potuto credere, tranne quello che ho sentito, cioè che qualche francese abbia sospettato che si fosse presa di mira la Francia nel passo, in cui si parlò dei libri scritti contro la santa sede. Io non vi farò osservare solamente che in quella pagina trovansi stampate queste parole «In tutto il mondo ecc.» il che fà intendere chiaramente, che non si trattava della Francia esclusivamente, ma aggiungerò, che noi abbiamo voluto alludere in quel passo a due libri, uno dei quali è il sì famigerato opuscolo pubblicato in Germania col titolo « Che cosa è il papa? » libro orribile, cui Pio VI rispose ton la celebre bolla, che comincia Super soliditate petrae: e l'altro è il libro del concilio di Pistoia, più famoso ancora, al quale lo stesso Pio VI, dopo aver tenuta una congregazione di cardinali, rispose con la bolla « Auctorem Fidei ».
  55. La devozione degli abitanti di Valenza fu soddisfatta dal papa. Vennero collocati i precordi di Pio VI in una piccola urna, ove erasi scritto « PRAECORDIA PII SEXTI PONT. MAX. » Il trasporto fu fatto dalla corvetta l’Alcione. Queste reliquie del generoso pontefice vennero collocate in un monumento eretto nella cattedrale di quella città.
  56. A rammentare il beneficio recato da Pio VII a Roma con questo scavo, che fu preludio di altri che far dovevansi durante il suo pontificato, fu sul luogo stabilita la lapide seguente :

    PIVS . VII PONT. MAX.

    RVDERIBVS . CIRCVM . EGESTIS

    ARCVM . RESTITVENDVM

    ET . MVRO . SEPIENDVM

    CVRAVIT

    ANNO . MDCCCII

  57. Mostravasi riconoscente Pio VII a quell’atto di ossequio e di attaccamento e spediva un inviato apostolico nella Svizzera per congratularsi in suo nome e per assicurare quel popolo, ch'egli come padre universale di tutta la cristianità, formava voti per la felicità dell'Eivezia e compartiva ai fedeli la sua benedizione apostolica.
  58. Sulla poppa di due legni da guerra, che il primo console della repubblica francese donava a Pio VII era scritto: Donné par le premier consul Bonaparte au Pape Pie VII. Nella stanza del capitano del brick denominato il s. Pietro era posto un quadro ad olio rappresentante l'autorità data da Gesù Cristo al principe degli apostoli: esprimevasi nell'altro la caduta di s. Paolo nel momento, in cui movea alla persecuzione dei cristiani. Altri doni avea inviati in precedenza Bonaparte a Pio VII, di cui giovavagli acquistare la benevolenza.
  59. Bonaparte in una lettera scritta al ministro degli affari esteri diceagli. « Egli è indispensabile di far conoscere al cittadino Alquier esser necessario, che il re di Napoli lasci che il papa goda in tutta l’integrità dei suoi stati, ed esser giusto, che Benevento, e Pontecorvo sieno ritenuti nella medesima condizione.» Vedremo in seguito come ebbe questa lettera il suo effetto; che ben pericoloso sarebbe stato l'impegno di opporsi alla volontà del primo console che tenea alcuni corpi di soldati nel regno di Napoli.
  60. Una lettera dall'ex gran maestro Hompesch all’ambasciatore di Francia in Roma spiega in quali dure condizioni si fosse egli, e come ogni mezzo andasse escogitando per far valere i propri diritti. Il riprodurla gioverà a far comprendere maggiormente quanto fosse delicata la posizione dei papa « Sig. ambasciatore. Il solo ed unico scopo dei miei nemici, che mi hanno fatto e mi fanno una guerra tanto ingiusta quanto iniqua, e le cui minute particolarità sono ben conosciute da V. E. è stato sempre di spogliarmi della mia dignità per rivestirne uno di essi, che forse è ligio alle loro cabale. Da questa mira derivano tutti i maneggi, tutte le violenze, le lettere apocrife, le false asserzioni e tutto quello che può loro somministrare qualunque mezzo per opprimere la mia innocenza e per impedire che gl'individui del mio ordine esprimano liberamente il loro desiderio, per calpestare tutti i miei diritti, tutti i doveri e tutti i principi di giustizia e di equità. Doveasi almeno sperare, che la pubblicazione del trattato di pace avrebbe posto un limite a tanta presecuzione. Ma vostra Eccellenza conosce i passi, che sono stati fatti in questi giorni presso il santo padre. L'alta protezione di cui il generale primo console mi onora, cui non ho cessato mai di ricorrere nel corso delle mie sventure, e della quale voi avete voluto assicurarmi, può solo al presente sostenere e far trionfare la mia innocenza: la magnanimità di lui non abbandonerà un principe, che in lui e nella lealtà del governo francese ha collocata tutta la sua rispettosa confidenza. I sentimenti, che voi, sig. ambasciatore, mi avete espressi, m'incoraggiano a chiedere i vostri buoni uffici presso la santa sede e presso il governo francese. Io prego Vostra Eccellenza di adoperarsi colla maggiore efficacia, affinchè sia conosciuta da tutti la parte che il generale primo console si degna di prendere alla mia persona, e resti senza effetto alcuno il passo, che i miei nemici hanno or ora fatto presso la santa sede per la dichiarazione di un nuovo gran maestro. La piena confidenza, che mi ha ispirata la parte, che voi vi compiacete di prendere alla mia situazione, acquista una nuova forza dalla circostanza, che questa può servire a dar sempre più risalto ai vostri ben noti sentimenti di equità e di probità. Vorrei potervi dar prove, signor ambasciatore, della mia riconoscenza: almeno vogliate crederla illimitata e profondamente scolpita nel mio cuore. Sono con la solita distinta stima. Il gran maestro Hompesch » Questa lettera venne immediatamente dal ministro di Francia presso la santa sede spedita a Parigi, e il primo console ordinava gli fosse risposto, che l'impero delle circostanze che regola i destini degli stati e degli uomini, opponeasi alla sua elezione ch'egli per giovarlo non potea contradire alla volontà manifestata dalla Russia e dall'Inghilterra, e che finalmente assumeva il pensiero di assicurargli una esistenza onorevole e proporzionata al rango e all'alta posizione di cui godeva.
  61. I gabinetti europei ponevano molta attenzione in questa elezione. Il signor Talleyrand scriveva all’ambasciatore della corte Brittannica « Il ministro degli affari esteri della repubblica francese ha ricevuta la communicazione statagli fatta dal ministro plenipotenziario di sua maestà britannica della nota dei candidati, che dai voti dei diversi priorati sarebbero chiamati alla dignità di gran maestro dell'ordine di Malta, ed ha sottoposto al prima console la proposizione concertata fra i priorati dell’ordine ed approvata da sua maestà, di definire pro hac vice a sua santità la scelta fra essi. Il primo console in fatto di ciò che è relativo all'ordine di Malta non si è prefisso altro scopo, che di vedere l'articolo X del trattato di Amiens convenevolmente adempito e di allontanare tutte le circostanze, che potessero per avventura render questa esecuzione lunga e difficile. Inoltre gli sta a cuore, come sta a cuore di sua maestà britannica, che la Francia e l'Inghilterra operino d'accordo per sempre più assicurare l'indipendenza e l'assestamento dell'ordine di Malta; egli acconsente adunque a ciò che la scelta dei candidati proposti dai voti dei priorati sia per questa volta deferita a sua santità.
  62. Il primo console, scrivea Talleyrand a Roma, ha colta con piacere la occasione di dare una novella prova dei suoi particolari sentimenti verso sua santità, ed ha fatto conto della deferenza, che la medesima aveva per lui, ma è cosa ben importante, che la santa sede non fermi la sua scelta su nessun candidato, senza l'aggradimento del primo console, e senza aver dati certi sulle disposizioni di questi candidati verso la Francia. Avendo consentito la repubblica a non concorrere nella nuova composizione dell'ordine, deve per mezzo dei sentimenti del gran maestro verso di essa cercare di ricuperare una parte dell'influenza, che anticamente aveva in Malta. Io v'invito a darmi senza indugio ampie notizie sù i membri dell'ordine, che hanno ottenuto i suffragi dei priorati e particolarmente su quelli, ai quali sembra propendere di preferenza il sommo pontefice, e a far si che nessuna elezione abbia luogo prima che io non abbia fatto conoscere le disposizioni al primo console. Conchiudevasi quella nota con l'assicurazione che le potenze avrebbero presa sotto la loro protezione, e garantita l'indipendenza dell’isola di Malta. Gli eventi hanno dimostrato come e quanto era a cuore dell'Inghilterra conservare quel dominio.
  63. Nel momento in cui l’ex gran maestro dell’ ordine di san Giovanni di Gerusalemme domandava quale compenso della perdita che avea fatta, la porpora cardinalizia, molte corti si disputavano l'onore dei cappelli e li chiedevano anche coloro che affettavano una specie di disprezzo per le cose romane. Non furono accolte le sue domande. Il signor Hompesch, se si eccettua quello sterile sentimento di compassione che ispiravano le sue sventure, non muoveva a favor suo l’animo di chi che sia.
  64. Si conobbe quali erano positivamente le spese e quali le rendite dell’ordine di Malta nel 1788. Sommavano le rendite a due milioni novecento novantaquattro mila trecento settantuno lire torvesi. Ammontavano le spese a tre milioni ottantaquattro mila settecento sessanta nove lire. In conseguenza eccedeva la spesa per lire novantamila, trecento novantotto, deficit cui provvedevasi prima che l’anno spirasse con mezzi straordinari i quali non erano impiegati che in questo caso. L'ordine aveva perduto la metà delle sue rendite all'atto della soppressione della lingua francese. Nella stessa proporzione non poteronsi diminuire le spese, quelle specialmente che riguardavano gli ambasciatori, il mantenimento d'un vascello di linea, di tre fregate, di quattro galee, di due gallotte, degli schiavi. La mal ferma amministrazione del signor di Hompesch non era giunta a ristabilire l'equilibrio delle finanze.
  65. Il balio Ruspoli fratello del principe Ruspoli signore romano, che era stato precedentemente ambasciatore di Austria presso la corte di Napoli, e decorato dell'ordine austriaco del toson d’oro. L'eletto gran. maestro distintissimo personaggio per talenti, per vivacità di spirito e per molti lumi dovuti ad una educazione accurata, contrario alla rivoluzione francese, era moderato e prudente nel manifestare la sua opinione.
  66. L'elezione del gran maestro facevasi dal capitolo di Malta giusta le leggi prescritta dalla sa. me. di Urbano VIII portanti la data del ventuno ottobre 1634. In forza delle condizioni di Europa e del volere manifestato dai monarchi era, come si disse, devolata per una volta sola la nomina a Pio VII. Il di ventisette giugno 1803 radunaronsi i cavalieri nella chiesa priorale dell'ordine di Malta in Messina. Per ordine dell’eletto Temmasi lesse l’avvocato Brest la bolla di elezione spedita dal santo padre. Il balì frà Nicola Buzi nobile veliterno recavasi presso la sauta sede incaricato d'affari della religione gerosolimitana.
  67. Nacque in Napoli li venti luglio 1736 ebbe il titolo di s. Eusebio.
  68. Nato in Napoli li ventuno novembre 1744: gli venne assegnato il titolo di santa Maria del popolo.
  69. Napolitano nato nella terra di s. Onofrio feudo di sua famiglia li ventisette agosto 1750: ebbe il titolo di s. Martino ai monti.
  70. Nacque in Sarzana in Piemonte li sei marzo 1733.
  71. Nato nella città di Benevento il dì ventisei decembre 1766, gli venne assegnato il titolo di s. Silvestro in capite.
  72. Nacque in Fermo città del Piceno li dieciotto agosto 1758. Ebbe il titolo di s. Girolamo degli Schiavoni e fu arcivescovo e principe di quella città.
  73. Nacque in Milano li venticinque febraro 1747. Gli fu assegnato il titolo cardinalizio di s. Alessio.
  74. Nato in Gubbio il dì quattordici novembre 1746. Gli venne conferito il titolo di s. Pietro in Vincoli.
  75. Nacque in Roma di magnatizia famiglia li quattordici settembre 1727. Eragli assegnato il titolo presbiterale di s. Prisca sul monte Aventino.
  76. Nacque in Terni il dì venticinque luglio 4729. Eragli conferito il titolo di s. Lorenzo in Pane e Perna.
  77. Nato in Roma il giorno tredici settembre 1747, ebbe la diaconia di s. Eustachio, indi quella di s. Maria in via lata.
  78. Nacque nella capitale delle due Sicilie il ventinove gennaro 1764. Fu nominato diacono di s. Nicola in Carcere Tulliano. Perchè non dovesse estinguersi la sua illustre prosapia, una delle più cospicue di Napoli, rinunciò alla porpora romana, condusse moglie ed ebbe il titolo di principe di Mondragone.
  79. Nacque in quella città di Toscana il di quattordici gennaro 1740: tenne il titolo diaconale di s. Balbina.
  80. Nacque in Milano il giorno ventitre febraro 1756. Gli venne accordato il titolo di s. Pudenziana.
  81. Era nato in Brescia il giorno venti agosto 1744. Gli fu accordato il titolo di santa Maria della vittoria. Amico del sommo pontefice sino da quando vivea insieme in religione, tenne pochi mesi la sua dignità e lasciò dolente Pio VII della sua perdita.
  82. Nacque in Milano il trentuno maggio 4736 ebbe il titolo presbiterale di s. Susanna.
  83. Li undici maggio 1756 nacque in Sarzana: fu arcivescovo di Corinto: godea di questa qualifica quando per commissione del papa trattò in Parigi e portò a termine il concordato: conciliò le cose in modo, che potè servir Roma senza disgustare il primo console della repubblica francese, che mostrò per esso moltissima deferenza. Creato cardinale e riservato in petto nel concistoro del ventitre febraro fu pubblicato in quello del nove agosto. Tenne il titolo di s. Agnese fuori le mura. Il pontefice si valse di lui in molti incontri, e disimpegnò gli uffici da lui sostenuti con alacrità e con prudenza.
  84. Michele di Pietro nacque in Albano il dieciotto gennaro 1747: ebbe il titolo di s. Maria in via.
  85. Nacque in Alessandria della paglia il di venti ottobre 1746: fu priore generale dell’ordine dei servi di Maria, quindi in benemerenza delle fatiche sostenute per la conclusione del concordato fra la santa sede e la Francia eletto arcivescovo di Gida. Creato cardinale ottenne il titolo di s. Marcello e nominato vescovo di Parma.
    Giucci. Vita di Pio VII
  86. Nato in Valenza di Francia li venti ottobre 1739 fu nominato uditore della sacra Rota Romana, della quale divenne decano. Creato cardinale ebbe il titolo di s. Angelo in pescheria.
  87. Nacque in Napoli il giorno diecianove novembre 1730 e appartenne alla congregazione de’ chierici regolari teatini.
  88. Quattro potenze cattoliche hanno cardinali di loro nomina. Gl'imperatori di Germania, i re di Spagna, di Portogallo e la Francia. Un tempo l'ebbero i re d'Ungheria e di Polonia.
  89. La risposta data dall’Austria era sottoscritta dal vice cancelliere di corte e di stato Luigi conte Cobenzt : quella della Spagna dal primo segretario di stato D. Pietro di Cevallos, quella di Portogallo dal ministro degli affari esteri commendatore d’Almeida.
  90. Il biglietto officiale con il quale fu corretto quanto erasi fatto nella prima nota inviata dal gabinetto austriaco al nunzio apostolico era concepito nei seguenti termini: «Il vice cancelliere di corte e di stato prega monsignor nunzio a volere ri conoscere il dispiacere da esso sofferto per non aver avuto la sod- disfazione di vederlo in questa sera. Egli avrebbe avuto nel mede- simo tempo quella di annunciargli a viva voce, che |’ Impera- tore in forza del suo desiderio di far tutto quello, che può es- sere gradevole a sua santità e al primo console, acconsente di buon grado che la promozione dei quattro cardinali francesi prece- da quella del prelato proposto da sua maestà per essere innalzato alla porpora romana».
  91. Nacque in Cesena il ventidue febraro 1727, diacono, quindi prete del titolo di s. Maria di Aracocli.
  92. Era egli nato in Ischia diocesi di Acquapendente il dì tredici gennaro 1742 ebbe il titolo di s. Maria in Domina eletto vescovo della chiesa osimana.
  93. Era oriundo di Scozia, fu educato in Roma, ove nacque il di tredici febraro 1743 divenne uditore santissimo: gli fu conferito il titolo diaconale di s. Maria in Campitelli.
  94. Era nato in Rennes ai ventisette febraro 1782: tenne la sede arcivescovile di Tours.
  95. Nacque in Vienna d'Austria il ventinove giugno 1729.
  96. Nato nel Castello di Novegradi diecesi di Zara li sette novembre 1740.
  97. Nacque in Cagiari di Sardegna li dodici marzo 1733.
  98. Nato in Morangles il giorno otto ottobre 1709 occupò la cattedra arcivescovile di Parigi.
  99. Nato in Montpellier nel 1759.
  100. Zio dal lato materno di Napoleone Bonaparte: nacque in Aiaccio di Corsica il di tre gennaro 1763: ebbe il titolo cardinalizio di s. Maria della vittoria.
  101. Era questi quell'abate Bernier dottore in sacra teologia, curato di Saint-Laud d'Angers, che unito a Giuseppe Bonaparte e al signor Cretet avea il quindici luglio 1801 sotto scritto a Parigi in concordato frà la santa sede e la Francia.
  102. Il ministro di Francia in Roma bea sapea, che il rifiuto di Canova era una sfida gettata al primo console. Eglì veniva a dirgli. Voi siete l'arbitro della Francia, voi date la legge all’Italia; il mio solo genio non sente la forza del vostro impero: libero è il mio scalpello. Lo vide, e assunse l’impegno di vincere la virtuosa ostinazione del Fidia dei nostri tempi. Altra ragione segreta era nel cuore di Cacault. Egli sapea, ma l’ignorava Canova, come molti anni indietro Pietro Cocault fratello dell’ambasciatore erasi condotto in Roma per apprendervi la pittura, e vi si era trovato in uno stato di profonda miseria. Lo scultore di Possagno, l’uomo i cui pregi della mente eguagliavano quelli del cuore lo avea generosamente assistito, nudrito. Vincere l'ostinazione dell'artista, ostinazione che poteva riuscir dannosa era un giovare all’antico benefattore di suo fratello. Lo fece: l’esito coronò il desiderio di tutta Roma.
  103. Ricorderemo i nomi dei più cospicui. Visconti arcivescovo di Milano, Castiglioni, Montecuccoli, Oppizzoni, Rangoni, Melzi, che divenne vice presidente, Paradisi, Caprara, Serbelloni, Giovio, Pallavicini, Moscati, Gambara, Lecchi, Borro meo, Trivulzi, Fantoni, Belgioioso, Mangili, Cagnoli, Oriani, Guardoqui, Bellisomi, e Dolfino.
  104. La repubblica di Lucca che avea molti debiti a pagare desiderava dal papa il diritto di vendere alcuni beni ecclesiastici, e la cura di conseguire il breve avea confidata al sig. Mencarelli inviato da quella repubblica.
  105. Vincenzo Colizzi benemerito dell’industria romana convertì le terme Diocleziane in una vastissima fabrica di galanzi, che prosperò finchè i prodotti della industria straniera non vennero a depreziare l’opera nazionale.
  106. Questa eclissi fu del pari osservata nella specola pontificia del vaticano sotto la direzione del prelato Gigli: specola memoranda, che fu ai suoi tempi la più bella e la più vasta di Europa. L'aveva ordinata Gregorio XIII per le osservazioni necessarie alla riforma del calendario.
  107. Questo porporato che ha goduto pochi giorni della sua dignità nacque in Lisbona li sei novembre 1744.
  108. Era stato creato e riservato in petto nel concistoro segreto del sedici maggio 1802. Nacque in Terni li quattro maggio 1735.
  109. Fu canonico della basilica valicana, quindi economo e secretario. Gli venne assegnato il titolo presbiterale di s. Bartolomeo all'Isola: fu abate di s. Benedetto e s. Scolastica di Subiaco, arciprete della basilica vaticana.
  110. Nato in Palma nell’isola di Majorca li tredici marzo 1745: gli fu assegnato il titolo di s. Calisto.
  111. Nacque in Milano li sedici aprile 1769; intervenne per volere di Bonaparte al congresso tenuto in Lione: fu dichiarato cardinale dell’ordine dei preti, e gli venne assegnato il titolo di s. Bernardo alle terme Diocleziane.
  112. Clemente VII esperimentò la salubrità di quest’aria. Paolo V ordinò il prosciugamento del lago Turno, e fece acquisto della villa del prelato Visconti, che venne migliorata e resa adatta alla villeggiatura dei romani pontefici.
  113. Così scrivea Bonaparte da Saint Cloud a Pio VII li ventisette maggio 1803. Mi sono determinato a chiamare presso di me il cittadino Cacault, che risiedeva presso vostra santità quale ministro plenipotenziario della repubblica francese. Il motivo che mi ha guidato non procede da nessun argomento di disgusto. La condotta di lui al contrario, durante il corso del suo ministero ha meritata tutta intera la mia approvazione. Ma il desiderio di mandare presso vostra santità un personaggio rivestito di un carattere eminente, e di dare a vostra santità una prova più manifesta del mio affetto e della mia filiale devozione sono i soli motivi, che hanno dovuto determinarmi ad ordinare il suo richiamo.
  114. La lettera dal papa diretta al primo console aveva la data del dì quattro giugno 1803.