Trento e suoi contorni. Guida del viaggiatore/Industrie del Trentino

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Industrie del Trentino

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INDUSTRIE DEL TRENTINO




Sete.


Seta e vino sono i due principali prodotti del paese. L’importanza dell’industria serica si conosce dall’aspetto de’ campi di soverchio ombreggiati da gelsi. La coltivazione del gelso si propagò sul contado di Trento soltanto verso la fine dello scorso secolo e più si diffuse sul cominciare del presente, di modo che l’industria e il commercio della seta raggiunsero il massimo incremento negli ultimi anni avanti la malattia de’ bachi. Trent’anni fa buona parte de’ bozzoli del distretto di Trento passavano alle filande di Rovereto fino che crebbero e prosperarono le belle filande Ciani, Salvadori e Tabacchi. L’arte nostra filatoiana guadagnò buona fama presso i mercati di Lione e Londra, e parecchi benemeriti patriotti furono guiderdonati di onorifiche medaglie presso le varie esposizioni d’Europa. Le filande più produttive nel distretto di Trento oltre le nominate son quelle dei signori Chimelli e Montel in Pergine, e del barone Cristoforo Trentini in Vigolovattaro ch’ ebhe il raro coraggio di esperimentare pel primo una vasta filanda a vapore (sans mariage) esempio seguito poi da altri. Sui mercati di Lione e di Londra si fa lo spaccio maggiore delle sete greggie, le lavorate si spediscono per lo più a Vienna, perché manchiamo di manifatture di stoffe seriche in paese, meno quelle de’ velluti di Ala. [p. 117 modifica]

Prospetto dell’industria della seta nel distretto di Trento.


Superficie in miglia geografiche Prodotto annuo di bozzoli in libbre V. Numero delle caldaie Libbre di seta prodotte Persone impiegate nel lavoro
Lavis 098 136130 207 18100 475
Cembra 162 72530 107 9600 245
Civezzano 297 52200 17 1500 38
Pergine 254 107120 433 40000 998
Vezzano 281 186750 78 7000 180
Trento 144 306930 364 32000 780
1236 961660 1206 108200 2716


N.B. Questo ragguaglio fu compilato prima della malattia de’ bachi.

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Vini.


        La coltivazione delle viti sul Trentino sale ai tempi più rimoti della nostra storia, e appunto sui colli tridentini favoriti dal clima più mite fu educato il vino retico commendato dai Romani ai tempi di Augusto. La coltivazione della vite si spinge fino a 650 metri dal livello del mare.

Oltre il greggio e dolce abbiamo il vino di bottiglia, chiamato natalino o pasqualino dall’epoca in cui si apparecchia, e si fa con uve appassite I colli che somministrano vini prelibati son quelli di Mesiano, Romagnano, Calavino, S. Massenza e Novaline. Il commercio di vini del Trentino è pressoché circoscritto ai bisogni interni del paese, e le valli del piano forniscono il bisognevole ai paesi di monte che difettano di vino, e dove la produzione non basta al consumo.

Donato Perghem fu il primo ad imprendere una raffineria di vini terrazzani che poi fu trasferita in Vienna, la quale fra non molto sarà riattivata in paese, e si porrà somma cura nello accrescere il credito e il merito de’ nostri vini anche allo esterno. Auguriamo alla rinascente impresa il massimo incremento, e ben sarebbe a desiderarsi che all’incerto prodotto della seta si supplisce col prestare maggior cura ai nostri vini.

Fra i vari liquori prodotti alla patria esposizione v’erano saggi di aquavite di bacche di ginepro, di sorgo nero, e di Pero cervino (Aronia rotundifolia), ora siamo informati che nel 1860 per cura di Lorenzo Moder si porrà in commercio un nuovo liquore denominato Mahaleb ristorante di sapore stomacale piacevole, e porgerà occasione di aggiungere un nuovo alimento alla patria industria.

La fabbrica di birra di Luigi Frizzi oltre d’apparecchiare una bibita prediletta dai Trentini durante [p. 119 modifica] l’estate, ha il vantaggio d’essere posta in deliziosa situazione dove l’occhio si ricrea contemplando la prospettiva della città e de’ colli.

Quanta e quale sia la ricchezza dei nostri naturali prodotti lo mostrò la esposizione aperta in Trento nel 1857. Non passa anno che il minatore non metta a nudo qualche marmo di graziose venature o qualche filone di legno fossile, a quando a quando nei bassi fondi e nelle valli in antico selvaggie, o al margine dei laghi si ritrovano nuovi letti di torbiere, ora si scopre fra le roccie squarciate qualche strato di ardesia, e gli stessi petrefatti concorrono a ingemmare di bizzarri fregi il campo levigato dei marmi. A noi poveri di suolo e flagellati dai torrenti fu almanco la natura cortese di altri doni, che non passarono inosservati ai laboriosi figli di questa terra, e la scienza peregrinando fra valli, sulle roccie e ne’ boschi si affratellò all’industria affinchè progredissero di comune accordo.

Oltre la vasta e già conosciuta torbiera di Fiavè, le più vicine a Trento son le torbiere di Pinè, di Folgaria, del Perginese, Meano, Albiano, della Valsugana e molte altre. Fra le legniti primeggiano i grossi strati dei monti Civerone, Saluco, Spesse, e di Traino sul monte Baldo.


Marmi.


        Alla patria esposizione parvero a tutti sorprendenti i nostri marmi e i nostri legni. Possiamo dire che in tutti i bacini calcarei si scoprì qualche appariscente stratificazione marmorea che poi fu scelta ad ornamento de’ templi e degli edificii. Trento trae gran vantaggio per la solidità ed eleganza de’ suoi fabbricati dalle vicine cave di marmo bianco e rosso che sembrano appartenere alla stessa formazione, da alcuni riportata a quella del Giura, da altri a quella della creta, [p. 120 modifica] generalmente conosciuta col nome di calcare ammonitico dagli animali fossili che contiene. Il marmo bianco si trova ai Giardini ed alle Laste verso Cognola, varia fra il bianco e bianco-giallognolo con qualche vena di ossido di ferro, si presenta in istrati di 114 sino a due metri di potenza, e si presta alla costruzione di salde colonne, di architravi e d’altri pezzi architettonici. Obbedisce al cuneo per ogni verso, riceve nitida levigatura, resiste alle vicissitudini atmosferiche. Il marmo osso offre pure molte varietà passando dal roseo fino al rosso carico. Scavasi in Melta, alle Cinque Chiavi presso il Castello di Trento, alle Coste ed in Pila. Resiste meglio dell’antecedente alle intemperie. Si estraggono massi per colonne di dodici e più metri di lunghezza e di proporzionata potenza. Le torri e le mura della città sono costrutte di questo marmo. Le più vistose cave de’ marmi del Trentino sono quelle di Fassa, e va fra tutti distinto il marmo bianco (calcare saccaroideo) al quale però si accostano le masse eratiche che s’incontrano presso Cavedine, e sono molto speciosi il marmo nerastro proveniente da Lasino, il biancone venato (calcare litografico) in vicinanza di Trento, e belle macchie si rinvennero presso Mattarello e Sopramonte. La valle di Pinè fa esteso commercio di lastre di porfido che servono alla copertura de’ tetti.


Miniere.

Presso Trento sui colli che sovrastano al villaggio di Civezzano trovasi la barite solfata o spato pesante impiegato in questi ultimi anni alla fabbricazione della biacca. Giace tuttora la fabbrica nel piccolo villaggio di Zel. Nella valle del Fersina ebbero vita e fama le prische miniere di Trento. Sul versante a sinistra di formazione porfirica si scopersero nel 1856 due filoni metalliferi che s’incrociano a poca distanza fra loro alla [p. 121 modifica] base del monte Fierozzo nel sito detto Auvvis ove scorgonsi tuttora gli scavi praticati nei secoli addietro. Il primo filone oltre il rame e l’argento contiene la galena, il secondo oltre gli elementi del primo inchiude anche il piombo. Le analisi fatte ad Hall, Agordo e Venezia diedero diversi prodotti, il minore de’ quali fu di libbre 9 1/2 di rame e lotti 17 1/2 d’argento su cento libbre. Una rendita così vistosa incoraggiva la Ditta fratelli Brambilla di Milano a tentare lo scavo, succeduta all’originario scopritore Bortolo Morelli di Canezza.


Terre e creta.


Se la natura ci fu larga di materiali proficui all’arte ed all’industria non convien presumere di conoscerli tutti o averne approfittato di tutti. Ristrette sono le applicazioni che si fanno dei nostri silicati, e degli alluminosi; si scoperse che non è molto qualche terra refrattaria, poche sono le argille assoggettate alla prova, molto in somma ci resta a cercare e a sperimentare. Di questa diremo quasi infruttifera ricchezza n’ ebbimo un saggio presso la nostra esposizione, ove abbondavano gli ossidi, le ocre, le terre coloranti, le argille e i gessi. Nelle vicinanze di Castel Toblino, Tito de’ Bassetti rinvenne una vena di marna che cotta e macinata offre un tenace cemento idraulico, che già trovò estesa applicazione nella tecnica. I Bormioli già ab antico si distinsero in Trento coi loro lavori di creta e di vetro, e Demetrio Bormioli persiste a tener dietro ai progressi dell’arte, sicchè diffuse lo spaccio del vasellame e delle stufe fino a Bressanone, e si venne guadagnando credito nel Lombardo-Veneto, sul Modenese e in Romagna. Perfezionò le vernici fino a rivaleggiare con quelle di Monaco, e la sua vernice lattea resiste alle vicende atmosferiche e al gelo. Portò a tal perfezione le forme [p. 122 modifica]dei panni di zucchero che a lui si volsero gli industrianti di Verona, Venezia, Marsiglia e Canale.

Legnami.


Richiamandoci ancora alla nostra esposizione, tutti apprezzarono il vasto ed elegante assortimento di legni levigati e piacevano le graziose venature de’ nostri alberi, l’olivo, il noce, il tasso, il ciliegio, il corniollo, il bagolaro, l’avorniello ecc., piacquero le assicelle segate a macchina ad uso di intarsiature, e fino le macchie delle radici parvero sorprendenti. E quanto bene corrispondessero i nostri legni all’arte del falegname ne erano prova i mobili di Tommaso Oberosler, del Pizcosta, del Nicoletti. L’Oberosler ha poi il merito d'aver migliorata la costruzione di pavimenti, e si raccomanda quest’artefice non solo per l’ esattezza e diligenza di lavoro, ma ben’anche per quella solidità che per lo più manca ai mobili fabbricati altrove.

Côlla caravella.


Non discosto dal paese di Gardolo trovasi una fabbrica di côlla di Giovanni Angelini che per purezza e tenacità è molto apprezzata dai falegnami e si spaccia anche fuori di paese. Non riuscirà forse ozioso l’accennare, in servigio di chi abbisognasse di vaste tettoie, il modo di copertura adottato da Giovanni Angelini che alle solide tegole e alle lastre di porfido surrogò le tavole di legno coperte di tela spalmata d’un mastice metallizzato, che non solo resiste all’acqua, ma ben’anche al caldo e al gelo, ned'è facile alla combustione. Da ragguagli presi apparisce che la spesa di costruzione non supera la metà di valore d’un coperto vestito di cotto. Questa maniera di copertura è già molto conosciuta e praticata a Parigi presso vasti stabilimenti industriali. [p. 123 modifica]

Arti.


Non è nostro proposito far conoscere partitamente le arti esercitate in città, chè riusciressimo troppo prolissi e noiosi, solo intendiamo accennare le più ragguardevoli. Già ebbimo in addietro occasione di encomiare lo scalpello del Varner, del Barelli, a cui possiamo aggiungere i nomi del Bernasconi e dell’ Adami che diedero sovente belle prove di sè. Chi non conosce il merito di Carlo Toneati? Questo valoroso artista che veramente fa onore alla patria, educato alla scuola classica milanese sotto gli auspicii d’un Moglia progredì di continuo nell’arte, più volte superò sè stesso. Irremovibile dalle severe e pure leggi dell’estetica non si curò se i capricci della moda corruppero il gusto de’ doviziosi, persistette nello stile corretto. Avventuroso lui doppiamente che s’imbattè in parecchi mecenati che gli porsero argomento di lavoro lasciandogli libera la invenzione e il disegno. Pietro Fontanari che crebbe al suo fianco mostra seguire con amore le orme del maestro. L’armaiuolo Antonio Garollo produsse nella nostra esposizione qual documento di sua abilità l’archibugio che tanto piacque la cui canna damaschinata e intarsiata d’argento, il fucile lavorato a martello rappresentante un Ercole in lotta coll’Idra, il calcio intagliato con gusto squisito, tutto lo insieme basta a raccomandare l’esecutore a chiunque protegga le arti. Furlani Domenico, oltrechè perito modellatore, tratta con diligenza il bulino, eseguisce strumenti, all’uopo ne inventa di nuovi, e tutto quello che si riferisce all’arte sua lo apparecchia da sè. Hallier Matteo si distingue per invenzione di macchine nelle varie applicazioni del vapore; Zanoni Carlo esattissimo nella composizione di orologi da campanile a cui dobbiamo l’attuale che segna le ore sulla torre di Piazza, forbito [p. 124 modifica] ed accurato nella costruzione di strumenti geometrici e di livelli, molto esperto nell’uso del tornio. I fratelli Morati e Giovanni Thaler accreditano l’arte del gioieliere, la Ditta Croti e Caminada apprestano ingegnosi strumenti di chirurgia.

La Ditta Dorigoni Domenico provvede di rame tutto il paese servendosi di proprie fucine, e diffuso è il credito della fonderia di campane diretta da Chiappani Bartolommeo profondo conoscitore della tonica. In fine non manchiamo d’un pirotecnico Luigi Marconi, che colla scorta del solo amore all’arte, e secondato da felici e pazienti esperienze si cattivò la pubblica approvazione ogniqualvolta produsse uno spettacolo di fuochi artificiali.

Bagni.


Fra i varii stabilimenti di decoro e vantaggio al paese deesi encomiare l’agiato e vasto edificio di Antonio Cristellotti aperto ad uso di Bagni situato in Piazza d’Armi. Sorse nel 1838 e mano a mano s’ingrandì per cura dello imprendente proprietario, che favorito da numeroso concorso ai beneficii igienici dei bagni aggiunse quelle convenienze che invitano ad approfittare della deliziosa situazione. Venti stanzini messi con molto garbo con vasche marmoree eleganti e di diversa forma accompagnati da altrettante stanze da letto compongono il primo piano, ove pure fu apparecchiata una stanza per lo sviluppo del vapore costruita col metodo del dott. L. Palaggi di Bologna. Il provvido proprietario collo intento di sempre più accrescere i comodi e gli igienici vantaggi aperse varie stanze con doccie seguendo i modelli di quelle usate in Vienna, e incoraggito dagli eccitamenti de’ medici per le felici cure condotte a mezzo dell’acqua dispose un’altro vasto locale a piano terra con una stanza a [p. 125 modifica] pieno vapore unita ad un’altra con doccie e spruzzi che si dirigono in ogni senso, con vasche a bagno sessile e generale. Lo stabilimento è provveduto de’ più accreditati preparati chimici per comporre le acque artificiali contenenti gli stessi principii medicamentosi di quelle di Comano, Vetriolo, e dell’acqua marina.

Anche il bagno del Paor fu di molto ampliato, abbellito e corredato di agi e di servizio diligente, di modo che la città nulla ha da desiderare in fatto di bagni chiusi, ma ben sarebbe tempo che si pensasse ad aprire un bagno pubblico con quelle proprietà e convenienze di cui manchiamo fin’ora, bisogno tanto sentito e desiderato dalla gioventù e salubre per tutti.

Stabilimenti di drogherie.


Il vasto caseggiato di Felice Mazzurana situato in Contrada Lunga, attrae gli sguardi dei passaggieri non solo per l’eleganza delle botteghe, delle loggie, e del pensile giardino che incorona l’edificio, ma ben’anche pel continuo movimento che anima quell’emporio. La serie dei magazzini, le svariate manipolazioni, i lavori in zuccheri, droghe, olii e alcoolici ci persuadono quanto sia imprendente e benemerito dell’industria, degli artefici e degli operai chi dirige e amministra così vasta impresa.

Antonio Santoni fu il primo che diede il bell’esempio di apparecchiare in paese chimici prodotti. Il suo laboratorio ordinato su vasta scala, fornisce ai farmacisti del Trentino molte droghe e medicamenti senza che si rivolgano ad esterni industrianti, e in grazia degli ingegnosi apparecchi di questo zelante amico della scienza nulla manca al bisogno della tecnica. Il suo deposito di preparati e droghe sale a 2500 specie compresi molti nuovi ritrovati. Oltre comporre di continuo chimici e farmaceutici prodotti si occupa della [p. 126 modifica] distillazione a vapore di acque aromatiche, di liquori alcoolici, e di essenze, apparecchia con diversi metodi di pressione più qualità di olii, e troppo lungo sarebbe il menzionare le molte combinazioni saline che si espongono cristallizzate in belle forme; certo è che lo stabilimento di Antonio Santoni è unico nel Tirolo italiano.

Distillatori.


Fra i distillatori primeggia Antonio Cristellotti, che all’impresa dei bagni aggiunge la produzione dell’acquavite. La sua caldaia a bagno-maria per la fabbricazione dell’alcool fu costruita da Giacomo Peretti di Mori, che oltre le solite valvole di sicurezza è munita d’un regolatore e d’una bilancia che caricata di corrispondenti pesi comunica il voluto grado di concentrazione al liquore. Questa macchina assai complicata ed eseguita con rara perfezione è unica in paese. Anche Francesco Antonio Malfatti e Antonio Francisci producono aceto con proprie fabbriche.

Pasticcierie.


        Per eleganza, squisitezza di gusto, e pei graziosissimi lavori di zucchero, la bottega di Francesco Lutterotti potrebbe figurare in qualsiasi città. Oltre ammanire varie confetture e frutta preparate, che ammiriamo imbandite sui banchetti nuziali, e che assieme ai lavori in zucchero di Felice Mazzurana adornarono la patria esposizione, Francesco Lutterotti è veramente peritissimo nello imitare i fiori e nella composizione di figure e gruppi pittoreschi. La sua bottega o meglio il grazioso gabinetto vicino allo ingresso del Teatro sociale fu sovente visitato da principi, che sempre encomiarono il merito dell’abile artefice. Milano, Venezia, Vienna ed altre città commettono ogni anno a questo [p. 127 modifica] stabilimento buon numero di focaccie, maniera di pasta affatto trentina e meglio gradita del panettone di Milano. Merita pure d’essere ricordato Giuseppe Kofler che introdusse in Trento varie specie di pani e paste molto saporite, e che persiste a progredire nell’arte sua approfittando di ciò che si pratica anche in lontani paesi.

Paste.


Gaspare Costanzi, successore del defunto Fronza, il primo che aperse in Trento una fabbrica di paste imitanti i prodotti genovesi e napoletani, nello spazio di oltre trent’anni dacchè assunse questa impresa v’introdusse notevoli miglioramenti, fra’ quali tre torchi di ferro fuso e una maciulla di tale efficacia da produrre circa due centinaia di paste in un’ora. I saggi spediti alla esposizione aperta già da parecchi anni in Venezia furono riconosciuti degni di onorevole menzione. Cristano Battistoni fornisce anch’egli scelte qualità di paste.

Salumerie.


Le nostre carni porcine preparate non solo corrispondono ai bisogni del paese, ma se ne spaccia una vistosa quantità nell’Illirio e in Germania, ove si commerciano sotto il nome abusivo di salame veronese, ingiustizia che nuoce al vero merito d’un nostrano prodotto. Abili confettori che accreditano questa lucrosa industria sono Petrolli, Malfatti, Calderari, Battistoni, Cavagna e qualche altro.

Sego.


Una nuova impresa sorta da umili principii e che a gradi s’ingrandì è la fabbrica di candele di Bortolotti Giovanni Battista, al quale mercè una progressiva [p. 128 modifica] serie di esperienze e coll’uso di opportune macchine riuscì di fornirci il sego depurato, e provvede di candele la città e il contado di Trento.

Cartiera alla Vela.


        Questo antico stabilimento, di cui parla anche il cronista Mariani, è degno di qualche cenno storico. Fino dal secolo XVI sorgevano alla Vela quattro o cinque piccole fabbriche di carta, che trovarono favore e protezione presso i principi vescovi sia in riguardo all'acqua del torrentello, come in riguardo alle materie prime. Un ordine del vescovo Francesco Alberti (13 agosto 1683) richiamandosi ad antichi editti vietava l'esportazione degli stracci e dello scarnuzzo da tutto il temporale dominio e ne regolava perfino i prezzi. Più tardo i vescovi principi Cristoforo Sizzo e Pietro Vigilio dei conti di Tono confirmarono le proibizioni di Francesco Alberti, e questi privilegi durarono intatti sotto le successive dominazioni bavarese, italiana ed anche austriaca come lo comprova un decreto dei 4 gennaio 1816. Nel 1820 duravano ancora tre cartiere, ora ridotte ad una della Ditta Giuseppe Colombari di proprietà de’ baroni Bertolini vasto edificio situato in seno dell’apertura di Buco di Vela. La carta che si ammannisce serve ad uso di cancelleria, di registri e di disegno, e si apprestano varie specie di carta da impacco e cartoni. In quanto alla qualità gode ancora quel credito che si guadagnò da molti lustri addietro, per consistenza e durata è a preferirsi di molto alla carta a macchina la quale tuttavia scemò lo spaccio di quella fabbricata a mano. Cappelletti Giuseppe imprese a maneggiare la carta pesta, e modellò qualche bel saggio che produsse alla patria esposizione. [p. 129 modifica]

Stamperie e Litografie.


        Giovanni Seiser fu il primo a introdurre in Trento la macchina celere colla quale stampa la Gazzetta di Trento, e continua ad arricchire il proprio stabilimento di nuovi tipi e di fregi. Molto ben provveduta è anche la libreria annessa allo stesso stabilimento, ove trovansi le più accreditate e recenti opere di autori tedeschi, inglesi e francesi, come pure le più interessanti produzioni d’Italia appena comparse alla luce. Per cura di Giovanni Seiser fu eseguito in Venezia il Duomo di Trento da abilissimo fotografo che riuscì a meraviglia. Abbiamo in Trento due altre stamperie, l’antica di Francesco Monauni e l’altra de’ fratelli Marietti a ciascuna delle quali non manca materia di lavoro. Dalla stamperia Monauni esce tuttora la nitida edizione della Biblioteca trentina redatta da Tommaso Gar, bel documento d’amor di patria. Fanno pure onore al paese le due litografie Zippel e Godermaier, e quella di Francesco Monauni aperta poco fa. Alla prima v’è annesso anche un apparecchio per impressioni di nomi e di titoli. L’una e l’altra producono eleganti litografie a penna, a matita e ad incisione, e si distinguono per purezza di calligrafie.

Tintori.


        Autore d’una nuova industria fu Lorenzo Weiss che introdusse la tintura del cotone in rosso, e tanto raffinò l’arte che i saggi inviati alla esposizione di Parigi gli fruttarono un titolo d’onoranza presso una società inglese. Le sue produzioni trovano spaccio nella monarchia ed anche allo esterno, come sarebbe nello Stato pontificio e nei Ducati di Parma e Modena. Questa impresa raggiungerebbe maggior incremento se mai si riuscisse a propagare la coltura dell’Alizzaro (Rubia tinctorum) le cui radici somministrano il colore. [p. 130 modifica]A proposito di piante coloranti ricordiamo lo Scotano (Rhus Cotinus) che i Trentini chiamano foiarola. Cresce spontaneo ne’ luoghi aprichi sterili e soleggiati, e si raccolgono i ramoscelli e le foglie per la concia delle pelli e per l’arte tintoria. Questa industria paesana la dobbiamo a due cittadini di Trento, al Tolt, che nella Svizzera apprese l’uso dello Scotano e a Giacomo Rungg che tentò le prime esperienze con felice riuscimento. Dovrebbesi però propagare con cura la pianta nei siti incolti e soleggiati prima che la ingordigia dei raccoglitori distrugga questa fonte di guadagno.

Oltre Lorenzo Weiss si dedicano all’arte tintoria Sebastiano Longhi, Luigi Andreotti, e Berlanda.

Pellami.


        La concia delle pelli è antichissima in Trento, e il vicolo che ora dicesi del Fossato era la via dei conciatori. Filippo Tonini è quasi il solo che eserciti in Trento quest’arte. Le pelli ch’egli pone in commercio (vacchette, vitelli, capre e montoni) si distinguono per la pastosità, consistenza ed eguaglianza di grana. La scelta qualità delle vacchette e dei vitelli tanto bianchi che cerati, dei cardovan e sommacchi è conosciuta anche fuori di paese, come sarebbe a Vienna, Praga e Trieste, e fin anco negli Stati estensi e pontificii. Godono pure rinomanza i pellami apparecchiati da Giuseppe Tambosi di Roveredo.