Completa raccolta di opuscoli osservazioni e notizie diverse contenute nei giornali astro-meteorologici/1789

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Nel Giornale dell’Anno 1789. Delle Ore Oltramontane

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Nel Giornale dell’Anno 1789.

Delle Ore Oltramontane.

Se l’Astronomia non prestasse altro servigio agli uomini, fuorchè questo di ordinare, e regolare i tempi, sarebbe questo solo un benefizio segnalato, onde dover riconoscere in uno Stato questa Scienza, come di prima necessità. Poichè senza di essa non si potrebbero ordinare le azioni civili, nè pubbliche, nè private. E qual sarebbe questa vita senza la distribuzione regolata delle ore, dei giorni, delle settimane, dei mesi, degli anni? Per convincersene basta dar un’occhiata all’antichità avanti che l’osservazione degli astri avesse formato il Calendario, e fissato i tempi dell’operazioni per l’Agricoltura, delle Funzioni Sacre per la Religione, delle Ferie, delle radunanze, dei mercati, e per gli affari delle Nazioni. La Cronologia, ch’è questa dottrina de’ tempi, non solo è un occhio dell’Istoria, la quale sarebbe un Caos senza d’essa, ma anche [p. 245 modifica]l’ordinatrice della vita umana. È insieme una scienza grande, ch’esige la cognizione del corso degli Astri, vale a dire l’Astronomia, e che nel suo tutto contiene sottilissime teorie. Quì non parleremo d’altro se non che dell’enumerazione delle ore.

La prima divisione del tempo, fatta dallo stesso Creatore nella Creazione, fu quella del Giorno e della Notte; e par quasi che fosse questo l’oggetto finale primario della creazione del Sole, e della Luna, come chiaramente lo insinua la Genesi: fiant luminaria in firmamento coeli, et dividant diem, ac noctem, et sint in signa, et tempora, et dies, et annos. Pare ancora che precedesse la notte al giorno, poichè prima furono le tenebre, e poi fu fatta la luce. Quindi gli Ebrei cominciarono il giorno dal principio della notte, e molti Popoli dopo, i Germani, i Galli contavano non per giorni, ma per notti, dicendo ex. gr., un tale fu ammalato trenta notti; ed è credibile, che a principio non si computasse tutta la rivoluzione del Sole, che abbraccia giorno, e notte, ma che si contassero a parte le notti, ed i giorni. Io non so poi dire se anche prima di comporre in uno di questi due spazj, si [p. 246 modifica]dividesse tanto la notte, che il giorno in XII ore ciascuno; nè anche saprei dire, perchè siasi scelto il numero dodici piuttosto che il dieci, o altro, se non fosse perchè il XII è più suddivisibile: ma certo che antichissima si trova la divisione dello spazio tanto diurno, che notturno, in ore dodici.

Comunque queste ore dodici, per la disuguaglianza dei giorni, e delle notti dovessero essere disuguali anch’esse per tutto l’anno, eccetto che per li soli abitatori sotto l’Equatore, nonostante avevano un vantaggio per la vita civile; ed era di poter fissare certe azioni alla stessa ora per tutto l’anno; per esempio, i Romani cenavano tutto l’anno all’ora Nona. Ma era un grandissimo incomodo il contare queste ore sempre disuguali, o per via di Clepsidre, cioè, d’Orologi a sabbia, o acqua, o per via di macchine che non conoscevano, che per altro studiando si potrebbero eseguire1, e si [p. 247 modifica]possono indicare per mezzo di Orologi Solari alla Giudaica, descritti ne’ Libri di Gnomonica, ai quali appartiene l’ora di Terza, e di Nona.

Ma non è necessario di prendere queste brighe, quando che il gran vantaggio di fissar le azioni a certe ore del giorno, si può ottenere egualmente coll’uso delle ore Oltramontane, delle quali parleremo dopo.

Quì osserveremo in passando, che gli Antichi stessi dividevano tanto il giorno, che la notte, in quattro parti, che bastano per l’uso popolare, ciascuna delle quali abbracciava lo spazio di tre di quelle ore disuguali, e però anch’esse erano più brevi, o più lunghe, secondo le stagioni. Le prime tre ore del giorno si chiamavano Prima, le tre seguenti Terza, che arrivava sino a Mezzodì; Sesta, si chiamava il Terzo spazio da Mezzodì sino alla Nona ora; e Nona si chiamava l’ultime tre ore; e questa divisione fu adottata per li Divini Uffizj della Chiesa, [p. 248 modifica]e ne sussiste ancora la denominazione. Le quattro parti poi della notte si chiamavano Vigilie, determinate forse dai canti del Gallo, come accenna Plinio, ed erano osservatissime nei Campi Militari per la mutazione delle Guardie, e si chiamavano per ordine Prima, Seconda, Terza, Quarta Vigilia della Notte; Conticinium, et Gallicinium chiamavansi la Prima, e l’Ultima.

Or questo importa poco al proposito. Gli Antichi stessi si accorsero dell’incomodo di questa numerazione; ed ammoniti dagli Astronomi adottarono la divisione del giorno in ventiquattro parti uguali, che sono le ore equinoziali, uguali per tutta la terra, anche per le ore Giudaiche. Queste si potevano comodamente misurare, e contare colle Clepsidre, colle vibrazioni dei Penduli, non che cogli Orologi lineari, o sia col moto dell’ombra del Sole. Tale divisione fu da gran tempo adottata da tutte le Nazioni.

La questione è da qual punto si deva cominciare la Numerazione. Quattro sono i punti principali, o cardini del giorno, il Levare, ed il Tramontare del Sole, il Mezzodì, e la Mezza Notte. I più visibili sono il Levare, ed il Tramontare. [p. 249 modifica]

Alcuni popoli, spezialmente gli Orientali (anche al giorno d’oggi in Cipro), e nella Città di Norimberga, cominciano il giorno dal Levar del Sole, e contano le 24 ore sino al levar del giorno seguente. Chiamansi queste ore Babiloniche, perchè i Babilonesi, forse i primi principalmente, ne fecero uso. Questa numerazione di ore ha una convenienza, mentre il levar del Sole è il principio del giorno artifiziale, o visibile.

Nonostante molti più altri popoli antichi, e moderni, cominciano il giorno dal Tramontare; e vi è una ragione; poichè un giorno certamente comincia quando l’altro termina, il che succede visibilmente al tramontare. Inoltre par che sia più osservabile il tramontare, che il levare; poichè al levar molti ancora dormono, quando che al tramontare tutti sono in piedi, e preparati ad osservarlo; così contavano il giorno gli Ebrei, (a Vespera ad Vesperam) gli Ateniesi, ed in particolare gl’Italiani, donde queste furono chiamate Ore Italiane, o all’Italiana. Parleremo dopo dei vantaggi, o svantaggi di questa Numerazione.

Intanto più Nazioni amarono cominciare il giorno dalla Mezza Notte. Plutarco ne dà [p. 250 modifica]una buona ragione, perchè il Sole allora comincia, col suo corso diurno, dal più lontano punto ad accostarsi a noi, come si comincia l’anno dal Solstizio d’Inverno, quando il Sole essendosi allontanato più che poteva, comincia a ritornare in alto. Un tal principio di giorno fu adottato dagli Egiziani, dai Romani, dalla Chiesa stessa, da tutto l’Impero, e da tutte le Nazioni d’Europa sino al presente; poichè realmente il Giorno Ecclesiastico per li digiuni, e per le Feste, ed il Giorno Civile ancora, è lo spazio tra una mezza notte, e l’altra; e due si dicono nati lo stesso giorno, quando sono nati dentro questo spazio. Anche alcuni Astronomi, nelle loro Tavole, come Copernico Reinoldo, ed altri, computavano le ore dalla mezza Notte.

Ma la maggior parte, anzi di presente tutti gli Astronomi, dietro Tolomeo, computano il giorno dal Mezzodì per esser questo un punto, che per la massima altezza del Sole si può fissare coll’osservazione. Gli Astronomi dunque contano i giorni, e le ore da un Mezzodì all’altro, sicchè la mattina del giorno seguente civile appartiene ancora al giorno precedente Astronomico; per [p. 251 modifica]esempio dimani mattina 3 Ottobre civile, sarà ancora 2 Ottobre Astronomico sino a Mezzodì.

Ma v’è un’altra divisione che abbraccia tutte due le ultime, il Mezzodì, e la Mezza Notte, e partisce il giorno in due spazj, Mattina, e Sera. Cominciando realmente il giorno dalla mezza Notte, e nella mezza Notte terminando, numera 12Fonte/commento: Pagina:Toaldo - Completa raccolta di opuscoli osservazioni e notizie diverse contenute nei giornali astro-meteorologici, Vol 3 - 1802.djvu/314 ore della Mattina dalla mezza Notte sino a Mezzodì, e 12 ore della sera dal Mezzodì sino alla mezza Notte. Questo metodo è adottato, da tutta l’Europa, eccetto piccola parte dell’Italia, e perciò chiamansi Ore Europee, e da noi Ore Oltramontane, o più volgarmente Ore Francesi. Sopra di queste per esser oggetto di questo discorso, conviene trattenersi un poco più a lungo.

Le Ore Italiane, contate dal Tramontar del Sole, o mezzora dopo come porta l’uso, hanno un solo vantaggio, che invero non è piccolo, di aver per termine, o principio, un segno visibile a tutto il popolo, in Città, in Campagna, in Casa, e fuori; mentre, se anche per nuvolo, o Monti frapposti, non si vedesse il Sole a tramontare, nonostante il mancar del chiaro, e [p. 252 modifica]l’imbrunirsi l’aria, avvisa tutti che il giorno è finto, onde comincia l’altro, e perciò tutti possono regolare i loro Orologi quanto basta per l’uso civile, per il quale anche un quarto d’ora di differenza non fa gran pregiudizio.

V’è però un abuso, che consiste nel non osservare fedelmente quella mezzora dopo il Tramontare; per lo più si fanno battere le 24 ore all’ora dell’imbrunire, quando termina il crepuscolo chiaro; questo crepuscolo chiaro è circa un terzo della durata di tutto il crepuscolo; sicchè quando il crepuscolo è lunghissimo, come nei Mesi d’Estate, le 24 ore si suonano non mezzora, ma tre quarti e più, dopo del Tramontar del Sole; e quindi tutte le ore seguenti spezialmente in Città si trovano in ritardo per lo meno d’un quarto d’ora.

Per il vantaggio dell’Orologio Italiano converrebbe far suonare le 24, o al Tramontar del Sole, conforme all’originale istituto di esso, oppure la mezzora dopo senza arbitrare di più. Allora si otterrebbe l’intento, ed il preteso vantaggio. All’opposto, come si pratica, aggiungendosi l’irregolarità degli orologi comuni, la poca cura e distrazione degli uomini in osservare le 24 ore, si [p. 253 modifica]vede di continuo nelle conversazioni, e nelle radunanze, non senza pregiudizio degli affari, trovarsi gli orologi in differenza di mezzora, di tre quarti, ed anche d’un’ora.

Ma questo è più difetto, o delle macchine, o degli uomini stessi, che del metodo dell’ore Italiane. Il metodo stesso contiene degli essenziali difetti. Lasciamo quello di non potersi mai fissare il momento vero del Tramontar del Sole anche senza Monti, in rasa Campagna, in Mare, a cagione de’ vapori, e della rifrazione, che non vi sia due, tre, quattro minuti d’incertezza; supponiamo che il vero Tramontar del Sole si possa rilevare con sottigliezza: supponiamo un orologio esattissimo, non si potrà tuttavia conoscere da un giorno all’altro l’ora giusta senza toccarlo ogni giorno. Supponiamo l’orologio d’accordo col Sole il dì 21 Decembre, ch’è il giorno più breve dell’anno: da quel dì sino li 21 Giugno i giorni s’allungano alla nostra altezza di Polo di sett’ore circa; questo allungamento del giorno artifiziale in sei Mesi si forma, mezzo coll’anticipare che fa il Sole levando ogni giorno più presto, e mezzo col ritardare di giorno in giorno il Tramontare. Dunque un Orologio giusto, ed [p. 254 modifica]equabile, a cagione di questo ritardo del tramontare, in capo a sei mesi si troverebbe anticipare le 24 ore per tre ore, e mezza: ed il dì 21 Giugno segnerebbe XXIV, a ore 20 e mezza. Per ischivar questo, bisogna di giorno in giorno toccare l’orologio, e portar l’indice a dietro, sicchè le 23 e mezza s’accordino col tramontare ritardato del Sole. L’opposto succederebbe se volessimo accordare l’orologio al tramontar del Sole del dì 21 Giugno; coll’anticipare che fa il Sole il suo tramontare di giorno in giorno, segnerebbe le 24 ore, a tre ore e mezza di notte. Questo è un gran vizio intrinseco dell’Orologio Italiano.

All’opposto il Mezzodì, e la Mezzanotte sono punti fissi, ed invariabili per ogni stagione, e per ogni clima, sempre distanti tra loro lo spazio di dodici ore. Il Mezzodì si può osservare a rigore: ed una buona Meridiana una volta tirata ne dimostra il momento per tutto l’anno. Dunque un buon Orologio, messo a ore XII del Mezzodì, mostrerà sempre le XII della Mezzanotte, per conseguenza una ad una tutte le altre Ore dodici della mattina, e le dodici della sera.

È vero, che il moto del Sole, [p. 255 modifica]accelerato, e ritardato in se, ed inoltre obbliquo all’Equatore, di continuo anticipa un poco, o ritarda sopra il moto medio, ed eguale ad un buon Orologio; ma questa differenza quando è massima ai primi di Novembre, non è se non che di 16 minuti, spazio di tempo che non è di gran momento negli affari civili. Quando si volesse sapere la differenza giornaliera ci è una Tavoletta di Equazione, che si potrebbe stampare ne’ Lunari, che mostra di giorno in giorno la differenza del tempo vero del Sole dal tempo medio dell’Orologio, senza parlare degli orologi d’Equazione, che si possono avere, ma che non possono però esser comuni, perchè sono di molto lavoro, e di molto dispendio. Questi con una correzione dimostrano di giorno in giorno il Mezzodì vero2.

Si traccia anche intorno la linea Meridiana del Mezzodì vero, una Meridiana curva [p. 256 modifica]a doppia Classe, che mostra il Mezzodì dell’Orologio, o sia del moto equabile; ma questa richiede molto artifizio, ed uno spazio alquanto amplo per potersi segnare. L’accennata Tavoletta supplisce a tutto.

Si dirà, che uno non può portar in tasca una Meridiana, che quando è nuvolo non si vede, nè ombra, nè Sole, e che perciò in tal caso, che non sarà raro, non si può conoscere il Mezzodì. A ciò rispondesi, che spezialmente in una Città l’Orologio principale che dà norma agli altri, si dee supporre un Orologio buono, che per poche giornate non isgari d’un’ora, nè d’una mezzora. Dunque questo servirà di regola per tutti gli altri Orologi, e per le Ore. Subito che comparisca il Sole, che non tarderà mai una settimana, quest’Orologio sarà regolato sul Mezzodì, e con esso tutti gli altri. Sarebbe poi un vantaggio da procacciarsi con un dispendio lieve per una Città, ed anche per una Comunità di Campagna, che l’Orologio suonasse il Mezzodì, e la Mezzanotte; ma in questo sarà in parte supplito col suono a mano del Mezzodì all’ora che l’indicato Orologio maestro segna le Ore XII. Così [p. 257 modifica]saremo sicuri del tempo, e di tutte le Ore della giornata, partendo da un termine fisso, e per così dire invariabile.

Ma si dirà, che non si saprà a che ora tramonti il Sole, nè a che ora levi, perchè appunto varia tutto l’anno. Il rimedio è lo stesso che si pratica per l’Orologio Italiano. Anche per questo occorrono Tavole del Levar del Sole, del Mezzodì, della Mezzanotte, dell’Alba, a cui se si aggiungesse quella che si dovrebbe, cioè, l’ora del finir del Crepuscolo, sono cinque colonne necessarie. Per le Ore Oltramontane bastano quattro; cioè, una del Levare, una del Tramontare, una del Principio, l’altra del fine del Crepuscolo. Queste sono le Colonne aggiunte in quest’anno in questo Giornale, e sono perpetue. Le altre due servono per il levare, e tramontare della Luna, cose tutte per altro marcate con le Ore Italiane nelle prime facciate di ciascun Mese. L’istesse colonne del Sole poi possono abbreviarsi, riducendole di cinque in cinque giorni, o anche di otto in otto, o di dieci in dieci, per li Lunarj comuni.

Un metodo tale avvicina il più che moralmente si possa alla misura del tempo, ed [p. 258 modifica]all’esattezza dell’ore; porta in oltre il gran vantaggio di poter fissare alla stessa ora le azioni, e funzioni domestiche, e civili, per esempio, del pranzare, del cenare, dell’andar a letto, del levare, delle radunanze, del Foro, ec. oggetto importante per li popoli, e per le persone che amano le regolarità. Per chi poi non si cura di sapere, nè che giorno, nè che ora sia, come ho conosciuto qualche buon vivano, è superfluo ogni Orologio.

Quello che realmente mi convince, doversi dare la preferenza al metodo delle Ore Oltramontane, è l’accordarsi esso col nostro giorno Civile, ed Ecclesiastico. Se noi come gli Ebrei avessimo il giorno fissato da un Tramontare all’altro, si potrebbe scusare, anche approvare per l’uso del Popolo, di cominciare da questo termine a contare le Ore. Ma facendo noi termine del giorno la mezzanotte, niente di più assurdo che di prendere un altro termine per le Ore, e cominciare a contare le Ore d’un giorno, che non è ancora nato, e che tarda a cominciare talora più di sett’ore, come nell’Inverno.

Quindi grandissimi equivoci, nelle Storie, e ne’ registri, per esempio, d’un fatto, [p. 259 modifica]d’una nascita, d’una morte, accaduta ex. gr. la notte dei 21, non si sa se sia la Notte antecedente, o la Notte seguente. Un tal equivoco non può nascere col metodo dell’Ore Oltramontane. Se uno dice, il tal Corriere è arrivato alle nov’ore del 21, certo questo è accaduto nel giorno 21; e perchè non sia equivoco, si specifica, dicendo alle nove della mattina, o della sera.

Si potrebbe di seguito contar le 24 ore da una Mezzanotte all’altra; ma è più comodo praticarleFonte/commento: Pagina:Toaldo - Completa raccolta di opuscoli osservazioni e notizie diverse contenute nei giornali astro-meteorologici, Vol 3 - 1802.djvu/314 di dodici in dodici, così restando in mezzo il Mezzodì, punto fisso ed osservabile, sempre alle ore dodici. Anche gli Orologi Solari diventano più semplici, partendo tutte le linee delle ore da un centro sulla Meridiana.

È vero, che al principio della riforma soffrirebbe il popolo qualche confusione nel sentire, e numerare le Ore; ma presto anche si avvezzerebbe, come si è accostumato in Toscana, in Lombardia, ed in altri Stati d’Italia. Queste Tavole tendono a quest’oggetto. Lo stesso Librajo Storti ha stampato Tavole di ragguaglio.

Non si saprebbe, dirassi, quante ore di lavoro sono, e restano nel giorno; ma questo [p. 260 modifica]è lo stesso per le Ore Italiane; bisogna pure che sappiamo l’ora del levar del Sole. In oltre, o le persone tengono un Orologio, e queste hanno una regola, o non ne hanno, e queste per pratica, spezialmente le persone di Campagna, conoscono le Ore meglio di quelle, che tengono gli Orologi, dall’altezza del Sole nel dì, e dalle Stelle nella notte.

Si conchiuda, che l’uso dell’Ore Oltramontane ha mille vantaggj reali sopra quello dell’Italiane3. [p. 261 modifica]

TAVOLA

Delle Misure di Varj Paesi.

Quì alla Pubblica Specola nell’apparato degl’Istrumenti si ritrova un modello della Pertica (Toise) di Parigi, che servì a misurare la Terra, ed anche il Piede. Le misure tanto varie de’ particolari Paesi sono difficili da valutare, perchè non vi possono essere buoni modelli; sono segnate in pietra con un dito di taglio, o in verghe di metallo logore, e smussato. Un Nobile Preside all’Arsenale volle rilevare la vera misura del Passo Veneziano; con reiterate pruove ne trasse un modello, che paragonato su questa Pertica di Parigi diede il valore del Passo Veneziano, Piedi 5 Pollici 4, linee 2, di linea, misura di Parigi; ed il Piede Veneto 15409 parti centesime di linea, delle quali il Piè di Parigi fa 14400, o sia 1541: 1440: così è regolato nella Tavola.

Ora si può aggiungere una bella notizia fornita dal gran Trattato delle Misure del Sig. Paucton, intitolato: Metrologie, ec. Parigi 1780 4. A pag. 137 e seqq. Trattando [p. 262 modifica]l’Autore della Misura, da’ Greci chiamata Pygon, da’ Romani Palmipes, ritrova doversi valutare Pollici 12 del Piè di Parigi, misura, che si riduce precisamente al soprafissato valore del Piede Veneziano di parti 1541, col solo degrado di meno d’una millesima parte di linea. Questo è il piede, col quale Druso misurò molte Provincie dell’Impero, nelle quali si trova usato ancora, ma con qualche notabile divario, eccetto la Città di Tongres nel Brabante, onde si chiama Piè di Druso, e di Tongres. Solamente in Venezia si riscontra il medesimo quasi a rigore: prova, che i Veneti Romani, rifugiati nelle Lagune, portarono seco loro anche la Misura del Piede, non che tante Leggi, e Consuetudini Romane; prova insieme dell’origine antica della Nazione, e della validità della misura stabilita. [p. 263 modifica]

MISURA

Della Pioggia caduta in varj luoghi d’Italia nel 1787, coi cognomi semplici degli Osservatori.


Poll. l.
Pirano 
Schiauzzi 
42. 7,
Trieste 
Vordoni 
41. 6, 8
Gorizia 
Barzellini 
66. 9, 2
Udine 
Co: Asquini 
65. 8, 2
Tolmezzo 
Abb. Spangaro 
87. 5, 5
Cercivento 
Abb. Grassi 
63. 4, 3
Sacile 
Borgo 
49. 3, 6
Mansué 
Abb. Bruni 
39. 4, 3
Conegliano 
Graziani 
42. 6,
Ceneda 
Battistuzzi 
45. 7,
Belluno 
Abb. Gualandris 
46. 10,
Montebelluna 
Abb. Michelon 
38. 2,
Feltre 
Zambaldi 
63. 10, 9
Valdobbiadine 
Arrigoni 
50. 7, 3
Chiozza 
Vianelli 
26. 3, 7
Padova 
 
31. 0, 3
Vicenza 
P. G. B. da S. Mart. 
45. 8,
Schio 
N. N. 
29. 2, 3
Trento 
Abb. Eberle 
43. 3, 1
Brescia 
N. N. 
56. 11
Milano 
Gli Astronomi 
31. 1, 8
Parma 
Bianchi 
32. 8, 1
Fossombrone 
Pace 
25. 11

Fine del Tomo Secondo.

Note

  1. Gioan Battista Rodella, meccanico della specola di Padova siccome ha fabbricato un Orologio per il N. H. E. Lunardo Cavalli, amatore, e protettore delle arti, e degli artisti, il qual, Orologio nella Villa di Berseo di questo Cavaliere, suona per tutto l’anno, oltre il dì, e la mezza Notte, il Levare, e Tramontare del Sole; così ha pensato anche alla fabbrica d’un Orologio, che, con artifizio analogo, battesse queste ore disuguali chiamate Giudaiche, Antiche, Planetarie, e Temporarie.
  2. Di presente ne fabbrica uno il Meccanico di Padova, Gioan Battista Rodella, per il celebre Astronomo Sig. Antonio Cagnoli, che lo vuole esporre a benefizio della sua Patria Verona, che ha anche ornata una Specola Astronomica di tutto gusto, fornita de’ più bell’istrumenti.
  3. Gli Eccellentissimi Riformatori dello studio di Padova hanno ultimamente comandato, che l’Orologio di questa Università, e la Campana delle Pubbliche Scuole, si regoli d’oravanti al Meridiano, vale a dire coll’ora Oltramontana, e tal metodo comincierà all’aperta di esse Scuole ai primi di Novembre del cadente anno 1788. Quest’esempio darà coraggio come si spera, di bandir dappertutto la barbarie dell’Orologio Italiano. Si vedrà tosto l’ordine, che induce questo metodo. Le ore della Campana variavano di Mese in Mese, talor di 15 in 15 giorni, d’un’ora, o d’una mezzora, anche d’un quarto d’ora (come la Campanella della Cattedrale, che dà regola a tutta la Città). Era una confusione per non badare gli Scolari quando si faceva questa mutazione. Fissata ora la Campana alle 8 della mattina, non si altera più; e per tutte le stagioni riesce opportuna, perchè suona sempre quattr’ore avanti del Mezzodì, e resta l’istesso spazio d’ore per le Scuole.