Diario di Nicola Roncalli/1867

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1° Gennaio. — Il Papa, nel giorno di Natale, rispondendo agli augurii dei cardinali, alludendo alle attuali vertenze italiane, in sostanza, disse che «era abbandonato da tutti i potentati cattolici, e che confidava solo nella Provvidenza». Soggiunse: «Alcuni vengono alla S. Sede colla ipocrisia sulle labbra e perfidia nel cuore, e questi si devono respingere. Altri vengono coll’olivo di pace, e questi si possono accogliere».

Si credette si volesse parlare di Vegezzi e di Tonello.

Il commendatore Tonello ebbe tre conferenze col cardinale Antonelli e monsignor Franchi. Si dice che la prima fu burrascosa e le altre due calme.

Il 30, Tonello pranzò dall’ambasciatore di Francia, in compagnia di alcuni cardinali.


[p. 543 modifica]Alla porta del Popolo fu arrestato un conte Montanelli di Ravenna, latore di molte lettere a’ rivoluzionarii.

Il Papa, nel giorno 27 di dicembre, ricevendo la ufficialità, accennò loro questa trama, e soggiunse che dalle lettere sequestrate si rilevava che la rivoluzione doveva essere sostenuta principalmente da alcuni individui appartenenti alla milizia, i quali dovevano mettersi d’intelligenza con varii settarii, tra cui erano quelli che avrebbero somministrato il denaro occorrente.

Il Papa terminò col dire che aveva tutta la fede nell’armata della S. Sede, alla quale era affidata la tutela dei suoi diritti, che se pure avessero dovuto cedere, mai l’avrebbero fatto vilmente e compromettendo il proprio onore.

Ieri, ultimo giorno dell’anno 1866, il Papa, secondo il solito, andò al Te Deum al Gesù. Colà si era preparata una delle solite dimostrazioni di applausi.


8. — Il commendatore Tonello prosegue regolarmente le trattative colla speranza di giungere a qualche accordo sulle cose ecclesiastiche.

Gli ufficiali di tutti i corpi, da varii giorni, ebbero ordine di dormire in caserma.

I volontari che combatterono nelle guerre italiane, ritornati a Roma, furono vincolati da precetto di ritirarsi a casa a due ore di notte.

Per la vigilia dell’Epifania la Polizia, temendo qualche tumulto, mandò un ordine ai medesimi che all’Ave-Maria dovessero ritirarsi a casa. Però, il [p. 544 modifica]Comitato italiano aveva dato istruzioni che in quella sera si astenessero dalla Fiera di S. Eustachio.

Non pertanto, benché il concorso fosse limitatissimo, alle otto, un incognito, presso piazza di S. Eustachio, gettò in terra due involti di carta ripieni di polvere con le miccie accese. Uno esplose, l’altro fu spento in tempo dai gendarmi. Vi fu un momento di fuga e si fecero alcuni arresti.

È stato arrestato, e tradotto a S. Michele, un tal Bignardelli, tappezziere di Torlonia, in via S. Romualdo. Si dice gli abbiano requisite varie carte.


11. — Lo spionaggio attivato dalla Polizia si è esteso anche agli ispettori delle vetture. Questi ebbero incarico, col pretesto del servizio d’istituto, di avvicinarsi alle botteghe ed ai crocchi di persone, di esplorare, riferire, ed all’uopo procedere anche a perquisizioni personali ed arresti.

Nei rioni di Trastevere e Monti, dove sono liberali ben risoluti, dalla Polizia si vanno facendo arresti. Si dice che la maggior parte appartenga ad un Comitato di azione.

Nella Polizia vi sono gravi scissure tra monsignor Randi, direttore di Polizia, e l’assessore Collemassi, non che tra i capi-sezioni, l’uno cerca di pregiudicar l’altro.

Il Collemassi, assessore, fu messo nella inazione, e monsignor Randi si è circondato d’individui romagnoli, dell’antica Polizia, i più feroci, i quali lo dominano in ogni sua azione, ed il Collemassi ora, con le poche persone che avvicina, recita la parte di liberale, e deplora l’andamento della Polizia [p. 545 modifica]che, a dir suo, è basata sull’arbitrio e sfrenato dispotismo.

Il Comitato d’azione ha introdotto, clandestinamente, un gran numero di revolvers ed altre armi, delle quali va formando depositi e li distribuisce.

Negli scorsi giorni, furono trasportate varie centinaia di revolvers col mezzo di canestri ricoperti di alcuni strati di neve.

Sui primi della cadente settimana, dai gendarmi, fu fatta una perquisizione in una casa in via dell’Orso, dove fu sequestrato un cassone con armi e vestiari militari pontifici.

Si dice che un bollettino del Comitato abbia annunciato essere una tale operazione come fittizia per avere argomento la Polizia di proseguire nel rigorismo, e tale sembra che sia.


16 Gennaio. — Varii liberali confidano molto in un indirizzo, che dicono essersi fatto dalla emigrazione romana ai Sovrani, tendente a chiedere l’assicurazione di poter liberamente agire con le armi per risolvere la prolungata questione di Roma.

Nella scorsa settimana fu fatta una perquisizione alla stamperia Cairo, in via della Vite. Alcuni dicono per sospetti politici di stampe clandestine, altri per Boni falsi.

Vi è poi chi racconta che in quella stamperia, invece, alcuni gendarmi, dopo aver fatta una perquisizione, procedettero all’arresto di un lavorante, il quale, immediatamente, sarebbe stato tradotto al confine in nome della Polizia.

[p. 546 modifica]Posteriormente, si sarebbe scoperto che anche questa fosse una operazione del Comitato per salvare quell’individuo che poco dopo fu ricercato dai veri gendarmi per arrestarlo1.

Alcuni assicurano che ai teatri Apollo ed Argentina furono trovati affissi avvisi dove si minacciavano coloro che avrebbero frequentato i pubblici spettacoli.


17. — Si accennò, altrove, che i liberali avevano a loro disposizione 20 pezzi di cannoni. Da persona degna di fede viene confermata la realtà di una tale notizia, aggiungendosi, a schiarimento, che sono di piccola dimensione e smontati, atti alla mitraglia e ad essere trasportati facilmente per la città, in caso di bisogno.

Lo stesso individuo ebbe l’incarico di cercare qualche sotto-uffiziale di artiglieria per istruzione della manovra.

Naturalmente, debbono trovarsi depositati in qualche locale suburbano.


20. — Il delitto capitale di Peppino Desideri, per cui gli fu dalla Polizia dato il precetto della contr’ora, è di avere assistito alle feste di Venezia.

Dalla stessa persona degna di fede, si assicurò che il partito liberale ed il Comitato d’azione, fra i [p. 547 modifica]quali esistevano scissure, ora si sono conciliati e fusi2.

Alcuni membri più influenti, e di maggior ardenza, vorrebbero spingere la soluzione del dramma pel quale è inevitabile lo spargimento di sangue.

Giovedì, 17 corrente, nella platea del teatro Argentina, furono contate 47 persone3.

Un palco di proscenio del 3° ordine fu offerto per soldi 50 ed i migliori palchi a scudi uno.

Del resto, vi è chi sparse la voce che si è fatta minaccia di rompere i condotti del gas nei teatri.

Venerdì, 18 corrente, cattedra di S. Pietro, si rimarcò raffreddamento nella solita dimostrazione di concorso al Vaticano, come era solito farsi negli anni precedenti.

Il corpo diplomatico anche in quest’anno si astenne dall’intervenire alla cappella. Vi furono varie signore e forestieri.


21. — Si fanno commenti, con molto interesse, sulle carte trovate, in seguito alla nota [p. 548 modifica]perquisizione presso il zuavo conte de Corberon, ora che r Osservatore Romano, numero 16, dei 19 corrente, volle parlarne.

La pubblicazione in esso del sedicente programma di associazione cattolica, sequestrato al suddetto, pone in luce trattarsi di società segreta, avente per oggetto l’uccisione dei Sovrani, e principalmente di quello dei Francesi, e fa conoscere il nome dei soscrittori, appartenenti alla setta.

Aggiungono alcuni che il Governo di Francia abbia tutto nelle mani e sia di ciò convinto.

La Polizia prosegue nel suo stato di anarchia e di disperazione.

La maggior parte degli‘arresti vengono decretati ed ordinati mediante congressi che si tengono, avanti il cavaliere Pelagallo, a cui intervengono un impiegato all’ufficio dei passaporti, che si fece influente collo spionaggio, e il capo agente dei birri.

Sabato scorso furono arrestati otto individui.

Anche dai gendarmi superiori Evangelisti ed Eligi si ordinarono perquisizioni ed arresti direttamente, e monsignor Randi approva senza riserva ed attende i risultati che lo accreditino per uomo attivo.

Il commendatore Tonello prosegue le trattative sui vescovati, sopra basi di già concertate.


22. — Ieri sera il giovane del barbiere Settimio, alla via del Cinque, presso piazza Colonna, portò a battezzare una sua figliuola.

Questo giovane, imprudente, questionò col parroco di S. Carlo a Catinari perchè si ricusò di mettere [p. 549 modifica]alla neonata i nomi di «Benedetta, Italia» e minacciò, inoltre, di riportarsi via la figlia per battezzarla da sè.

Si assicura che la maggior parte dei gendarmi si sono pronunziati favorevoli al partito liberale.

Si dice che arrivino a Roma, per ingrossare le file della legione di Antibo, mandati dall’imperatore dei Francesi, varii individui che, in fine, sommeranno a qualche centinaio.

Lo spirito pubblico è irritato per tale invio e declama contro l’imperatore.


25. — Ai liberali fu riferito che gli zuavi che occupano il castello hanno millantato che, nel caso d’invasione di truppe italiane, o di sommossa interna, essi, finchè avranno una palla ed una libra di polvere da disporre, non tralasceranno di resistere e che non obbediranno ad ordine del Papa, nè dei cardinali, nè dei loro superiori. Rimarranno fermi nel proposito, senza pietà, ed i Piemontesi avranno la loro capitale d’Italia in stato di rovina.

D’altra parte, i liberali d’azione, mentre sono decisi ad agire senza indugio, fermamente dichiarano che degli zuavi neppur uno sarà risparmiato al loro furore, essendo loro intendimento di estirpare sì abbominevole corpo.

Si dice che stanno studiando il piano di attacco, che non dovrebbe dilazionarsi oltre il carnevale.

Il Governo non pubblicò ancora l’editto del carnevale, che era solito fare il giorno 17 (S. Antonio). Trovasi assai imbarazzato perchè, permettendolo, dovrebbe adottare provvedimenti straordinarii ed [p. 550 modifica]allarmanti, e, tra lo sgomento di questi ed i principii politici liberali, quasi nessuno vi prenderebbe parte; ma, non permettendolo, confesserebbe la propria debolezza e il proprio timore.

Intanto, però, resta sempre al Governo il pensiero degli innumerevoli danni che ne risentono coloro che s’industriavano sull’affitto delle loggie e finestre, i quali si ristoravano delle gravose pigioni che corrispondono e gli altri molti speculatori defraudati4.

Da un parente di un Gesuita si seppe che il padre Ponza di S. Martino domandò a suo fratello, deputato al Parlamento italiano, venuto a Roma ultimamente, quali altri passi avrebbe fatta la rivoluzione5.

Esso gli rispose che per il momento nulla vi era a temere, se non una invasione di Garibaldini, emigrati.

Si cominciò ad insinuare che i cittadini si astengano dal fumare e dal giuoco del lotto per accrescere al Governo le angustie economiche e porlo nella condizione di non potersi più sostenere.

Al teatro Apollo, in una delle scorse sere, furono introitati 10 scudi.

[p. 551 modifica]Ai 23 corrente, nel teatro Valletti, serata di beneficiata, tutti i palchi restarono vuoti.

L’altra sera fu di passaggio il principe di Carignano, che si dice diretto per Napoli.

Molti notabili si recarono alla stazione per ossequiarlo.

Ieri mattina molti birri, o gendarmi, in borghese, circondarono il convento dei frati dei santi Quaranta in Trastevere, e fecero una rigorosa perquisizione.

Si crede che sospettassero vi fossero depositi d’armi dei liberali.

Sembra che nulla trovassero.

Il conte de Corberon, con l’inserzione di un’altra lettera nell’Osservatore Romano dei 24 corrente, numero 20, promette al Comitato romano una mancia di 100 franchi se gli restituisce i registri e le carte di famiglia sequestrategli nella sua abitazione, in via della Vite, numero 58.


28. — Si assicura che tra il cardinale Antonelli ed il commendatore Tonello si stanno esaminando le qualità dei promovendi ai vescovati vacanti. Si aggiunge che, oltre a ciò, si tratti anche dell’abolizione delle dogane di confine e che il cardinale Antonelli siasi pronunziato contrario.

Ieri sera, nella società della contessa Orfei, si diceva che l’ambasciatore di Francia abbia preso qualche iniziativa col Papa per condurre il Governo ad una qualche conciliazione di avvicinamento. Fra le proposte vi sarebbero quelle dell’abolizione dei passaporti, dello scioglimento delle truppe straniere, [p. 552 modifica]del concentramento delle indigene a Roma e del presidio gratuito italiano alle piazze scoperte.

Monsignor Randi, nel giorno 26, era estremamente inquieto. Si dice che nella notte. precedente due gendarmi felloni, con ordine falso, avrebbero potuto estrarre dal carcere politico un personaggio assai interessante e quindi si sarebbero sottratti.


29. — Le truppe francesi partono; ma viene l’I...nota.

Il calzolaio è sempre quello e mette sempre la stessa suola. Quindi raccomandiamoci al Signore.


5 Febbraio. — Vi è chi assicura che, ultimamente, r ambasciatore di Francia, per istruzioni avute dai suo imperatore, abbia richiamato l’attenzione del Papa sulla emigrazione romana che minaccia incessantemente d’irrompere.

Intanto, persona segreta, ben informata, assicura, che negli ultimi tre giorni, sono partiti, alla spicciolata, circa 120 volontari romani per destinazione ignota. Però, i liberali sono di malumore per l’arrivo sempre crescente di reclute pontificie.

Ieri sera si attendevano, da Civitavecchia, 200 legionari.

Il ministro delle armi fece preparare i locali a S. Silvestro e Montecavallo.

Nel giorno 3 corrente, presso S. Giovanni dei Fiorentini, passava il Ss. Viatico per un infermo.

Un soldato zuavo, che trovavasi in quella contrada, non si scoprì la testa, nè fece alcun altro atto di ossequio.

6 [p. 553 modifica]Un ragazzo lo rimproverò e lo zuavo, afferratolo per un braccio, lo percosse barbaramente con pugni e calci, e fu d’uopo che accorresse, per quanto dicesi, anche un sacerdote a toglierlo dalle sue mani.


6. — Alcuni liberali moderati si lusingano che l’invio di nuove reclute non pregiudichi la comune causa; che, anzi, sia un motivo legittimo al re di Italia per riguardare tali fatti come una infrazione alla convenzione sul non intervento, il quale, invece, si va chiaramente consolidando sotto simulate forme.

Più, aggiungono che i volontarii che ora partono si riuniranno agli emigrati romani per eseguire misteriosi progetti.

Ogni giorno si verificano ragioni di malcontento per il contegno degli zuavi.

A porta del Popolo, essendo essi di guardia in queste ultime feste, regolando a lor capriccio, e sempre con poco garbo, il passaggio delle carrozze, ora facevano sospendere il corso a quelle che entravano, ora a quelle che uscivano, con immensa confusione.


8. — Vi è stato un momento che si era accreditata la voce che l’inviato Tonello fosse partito da Roma.

Ciò non sussiste e, invece, tratta alacremente sui negozii della sua missione col cardinale Antonelli, con monsignor Franchi, con diversi cardinali.

Questo personaggio, distinto per meriti, che sembra un altr’uomo missus a Deo, fece incontro generale, e particolarmente in coloro che ebbero l’opportunità di avvicinarlo. Ed io ve ne parlo per fatto [p. 554 modifica]proprio, poichè fui uno dei primi che ebbi un tale onore.

Ravvisai un carattere leale e conciliativo, dolcezza e modi insinuanti, moderazione liberale e ragionata, numeri tali pei quali, a buon diritto, può sperarsi quel risultamento desiderato da tutti i partiti, cioè la conciliazione tra la Chiesa e la libertà.


14. — È cosa notoria che il Comitato nazionale romano pubblica un periodico intitolato: Roma dei Romani7.

In essa si compendiano tutte le operazioni della Polizia contro i liberali, non che gli sconcerti interni ed esterni prodotti dal malcontento, dalla miseria e dal mal regime governativo.

Si aggiunse a questo foglio clandestino una nota di coloro che frequentano i teatri, in onta allo esempio dato dalla maggioranza.

Il partito contrario papalino, esacerbato di tale pubblicità, accettando la disfida, anch’esso rispose col compilare una nota di tutti coloro i quali, benchè obbligati al pontificio regime, per lucrosi impieghi che occupano, già soliti a frequentare il teatro, ora, o per debolezza d’animo, o per variati principii politici, se ne astengono.

Siffatti esemplari di note a stampa furono inviati al domicilio di molti impiegati di primo rango, sia appartenenti alla Corte pontificia, sia ai Dicasteri superiori.

[p. 555 modifica]Naturalmente, lo scopo essenziale è di mover guerra agli impiegati, ponendoli in diffidenza pubblica, di provocar quindi, dalla superiorità, la loro destituzione e di aspirare, liberamente, alla sostituzione di essi.

Ciò produsse malumore negli impiegati, forse anche timore di essere espulsi; ma non l’effetto di migliorare la crisi teatrale.

Alcuni impiegati governativi, non sapendo che farsi dei biglietti teatrali regalati, cercarono di negoziarli con qualche genere commestibile, ed essendo loro stato ricusato, preferirono di lacerarli8.

La sera dei 10 corrente, la galleria Dantesca, che è presso fontana di Trevi, fu scossa da una detonazione strepitosa, prodotta da un grosso petardo che cagionò un generale allarme. Fu causa d’immediata chiusura degli adiacenti negozi, e provocò straordinarie cautele negli abitanti che fortificarono le loro porte.

Lo sparo era forse un residuo di quelli fatti, nelle notti precedenti, per l’anniversario della promulgazione della Repubblica romana nel 1849.

Intanto, non portandosi alcun rispetto al poeta della Divina Commedia, i gendarmi si recarono presso l’edificio consacrato recentemente alla gloriosa sua memoria e praticarono una delle tante perquisizioni che, secondo il solito, riusci frustanea.

[p. 556 modifica]Abbiamo in Roma un tenue numero di forestieri, i quali, illudendosi di una simulata tranquillità, sperano godere d’un brillante carnevale.

Il Municipio soltanto incominciò a far preparare i palchi della deputazione e di già si vocifera che saranno incendiati.

I cittadini, finora, mostrano intenzione di non far nulla.


15. — Si è in grado di assicurare che il ministro delle armi Kanzler ed il generale Zappi, in circostanza del carnevale, tra le misure preventive, avevano progettato di mettere una mezza batteria a piazza del Popolo ed un’altra mezza a piazza Colonna.

Monsignor Randi favoreggiava ed approvava la misura; ma il colonnello Caimi vi si oppose energicamente.


16. — Da due giorni alcune notizie di molta gravità agitano i partiti politici, e ciascuno si rincora o si avvilisce, secondo la propria fede.

Si conferma, generalmente, che questo ambasciatore francese abbia presentato al nostro Governo la nota italiana relativa al rimpatrio degli emigrati e che alla medesima sarebbe stato decisamente ricusato qualsiasi omaggio.

In conseguenza della ripulsa, gli emigrati romani, sin dai 13 corrente, si sarebbero presentati, in varie migliaia, tanto nel Viterbese, quanto a Terracina, decisi di venire innanzi; e al confine nuovi [p. 557 modifica]drappelli di 30, 40 e 60 volontari romani proseguono segretamente ad ingrossare le loro fila.

La fisonomia dei liberali è grave, ma fidente nei loro destini, quella del Governo torbida e scoraggiata.

Intanto, a denotarsi qual sia l’ardore bellicoso degli zuavi, basterà significare che i medesimi, al sentir gli spari della notte dagli 8 al 9 corrente, sognando sempre rivoluzioni, (che essi stessi avrebbero in animo di suscitare in varii quartieri e specialmente in quello esistente dentro Castel Sant’Angelo) postisi tutti sotto le armi, ad ogni costo, volevano uscire per la città ed abbattere e sterminare i faziosi. Gli uffiziali di guardia ed il castellano dovettero penar molto per contenerli.

Intanto, sta nel limite del vero, che, tra le misure propostesi dal ministro delle armi, dal generale Zappi e dalla Polizia, per garantire la pubblica tranquillità, durante i miserabili otto giorni di carnevale, fu proposta quella di situare due mezze batterie, una sulla piazza del Popolo e l’altra a piazza Colonna, di non tenere sparpagliate le truppe per il Corso, ma, come in addietro, concentrarne parte nelle principali piazze della città e tutte le altre consegnate nei quartieri. Le artiglierie di Castel Sant’Angelo dovevano star pronte, i dragoni e gendarmi coi cavalli insellati.

Certo, che lo spettacolo sarebbe stato nuovo ed imponente ed il carnevale, convertito così in un campo di battaglia, avrebbe avuto a sua disposizione, invece di confetti e fiori, palle e baionette.

Qualcuno, influente presso il Governo, nella sua prudenza, cercò di fare modificare tutte queste [p. 558 modifica]dimostrazioni minacciose di orrori; ma pur troppo la sostanza di esse non sarà alterata.


18. — Nulla di positivo può aggiungersi a schiarimento delle voci che correvano intorno all’avvicinamento di emigrati sul Viterbese e Terracina.

Il discorso pronunziato dall’imperatore dei Francesi, in circostanza dell’apertura del corpo legislativo, servì per rincorare i papali, i quali si argomenterebbero di poter seguire, liberamente, il loro programma, che tende a promovere qualche moto per richiamare l’influenza delle potenze.

Si sono fatte altre perquisizioni, in casa d’individui i quali possedevano ritratti di Garibaldi e di loro amici emigrati, coll’uniforme italiana.

Si dice che alcuni siano stati arrestati per proclami liberali.

Del resto, ai teatri, come suol dirsi volgarmente, son rimasti pochi gatti.

Quindi alla porta del teatro Apollo, nella mattina dei 14, fu trovato un gatto inchiodato con un pugnale alla gola ed un cartello in cui si leggeva: «Volesti andare al teatro, sei stato scannato».

I liberali furono poco soddisfatti del discorso di Napoleone III all’apertura della sessione legislativa e sono impazienti di uscire da tante e prolungate incertezze.

I clericali trovano migliore argomento di dare sviluppo più pronunziato a turbolenze demagogiche, mercè le quali richiamerebbero l’attenzione delie potenze per reprimerle e così assicurare, o prolungare in qualche modo, la loro vacillante esistenza.

[p. 559 modifica]Si fece qualche altro arresto politico.

Si parla di un Lenzi, padre e figlio.

Sembra potersi assicurare che, presso Bagnorea, quattro compagnie di pontifici volevano impegnarsi contro alcune centinaia di emigrati, minaccianti sul confine; ma che le truppe regolari italiane impedirono qualsiasi attrito.

Si aggiunge che anche ad Isoletta, presso Ceprano, vi fu qualche minaccia d’invasione, e che quel governatore s’interpose, ufficiosamente, onde non avvenissero inconvenienti.

Si vuole che il Governo, informato della influenza esercitata da quel governatore, l’abbia sospeso dalle sue funzioni.


7 Marzo. — Anche nel corpo degli zuavi il Governo sembra che trovi argomenti di diffidenza.

Nella sera dei moccoletti un carrettone (il più alto che vi era), con entro zuavi, fu inseguito dai gendarmi ed obbligato a spegnere i bengala che incendiavano con i tre colori italiani.

Fuochi di bengala a tre colori furono fatti in varii punti del Corso a piazza di Venezia, Popolo, ecc.


20. — Per la festività di S. Giuseppe, il Governo adottò misure di precauzione onde prevenire qualsiasi dimostrazione politica.

Diramò circolari alle presidenze regionarie per straordinaria sorveglianza dalla notte precedente a quella posteriore.

[p. 560 modifica]Mise in attività i birri; si vide al casino militare un andirivieni di agenti di Polizia per conferire col generale Zappi, che, dalle 6 pomeridiane, vi aveva preso posto, come punto centrale per i discarichi.

Però, la sorveglianza fu delusa e, nella notte, furono affìssi una quantità di bollettini a stampa dove si onorano, con concetti liberali, i nomi di Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini.

La forza ebbe la pazienza di tagliarli.


22. — Nel giorno di S. Giuseppe vi fu passeggio popolare animatissimo in Trastevere.

Nello stesso giorno, fuori di porta Portese, una turba di giovinastri si fece ad insultare una pattuglia di gendarmi, appellandoli: «Infami, boia, pei quali oramai era per suonar l’ora della fine».

I gendarmi sfoderarono le sciabole, li dispersero, e li inseguirono.

Raggiunsero un tal Marcucci e, arrestatolo, si recarono immediatamente a fare una perquisizione nella di lui casa9.


29. — Ripugnava al buon senso ed a qualsiasi coscienza d’acconciare fede ad un fatto di cui, fin dalla scorsa settimana, si parlava per Roma.

Dappresso le indagini fatte, verificatene la sussistenza, se ne prende atto.

[p. 561 modifica]Alcuni uffiziali degli zuavi ebbero lo spiritoso ed ignobile pensiero di solennizzare, con lauto banchetto, gli idi di Marzo (15 marzo), anniversario della morte di Cesare.

Or dunque gli zuavi della S. Sede, il 15 di marzo, si chiamarono gloriosi nel fare una tale commemorazione, di qualificarsi, nel loro banchetto, per altrettanti Bruti e Cassi e di qualificare l’imperatore dei Francesi un novello Cesare.

Sotto tale abbominevole allusione, si fecero brindisi, tra i quali si distinse, per isfrenati concetti, un prete napolitano, loro commensale e congiunto.


4 Aprile. — I cittadini sono tormentati dalle estorsioni dell’obolo, che viene richiesto ai loro domicilii, o tolto loro sulle mesate, se sono impiegati.

Agli uffiziali vennero trattenuti cinque franchi sul soldo per tale titolo.

Intanto, si dichiara che le offerte sono spontanee.


8. — Nel mattino dei 7 corrente, si trovò affisso, in molti luoghi della città, un proclama di Garibaldi ai Romani ed un esemplare al palazzo del cardinale Vicario.

In esso si esortano i Romani a stare all’erta, essendo prossima l’ora della riscossa.

Naturalmente, furono tutti tolti dalla forza pubblica.


10. — Gli esemplari del proclama garibaldino, di cui tanto si parla, furono affissi dovunque, ed [p. 562 modifica]alcuni, con vera audacia, ai quartieri degli zuavi e dei legionari esteri.

Una copia si leggeva, con molta ansietà, da un gruppo di persone, a piazza Traiana.

Un gendarme, passando, domandò che cosa fosse. Oli fu risposto che era un Invito sacro, e così proseguì il suo cammino, senza occuparsene.

Intanto, si procedette ad arresti d’individui sospetti.

Uno di questi, nello stesso giorno (Domenica), fu arrestato vicino alla Pace, e mentre i gendarmi lo assicuravano, gridava che Roma, quanto prima, doveva essere la Capitale dell’Italia.

Gli impiegati di Governo hanno otto giorni di esercizi spirituali obbligatori nella Chiesa del Gesù, a porte chiuse.

Il padre Curci, gesuita, è uno dei predicatori.

Ier l’altro disse che forse era l’ultima volta che loro predicava poichè la rivoluzione incalza vieppiù ed è pressochè alle porte di Roma.

Egli essere rassegnato a tutto ed anche a spargere il suo sangue.

Però, deplorare gli impiegati, che si troveranno in posizioni scabrose, ai quali certamente è riserbato di subire le conseguenze funeste.


7 Maggio. — Pio IX, come è noto, nelle ore pomeridiane, andò a trottare al Pincio, e colà discese e prosegui a piedi entrando nel Corso, fino a piazza di Venezia.

Camminò sempre accompagnato da pochi mascalzoni od accattoni, in un silenzio sepolcrale, e si [p. 563 modifica]osservò dall’estensore, presente, che la maggior parte dei passeggianti evitava il suo incontro volgendo strada.

Domenica scorsa, si dice che passasse per Roma, con passaporto inglese, il figlio di Garibaldi, Menotti. I liberali gli fecero una dimostrazione concentrandosi fuori di varie porte in frazioni e salutandolo10.

La Polizia scopri il tutto, e finora si assicura che abbia arrestato 61 individui, tra cui molti di civile condizione.


13. — A schiarimento delle notizie precedenti, si espone che la Polizia, informata che diverse conventicole di garibaldini (membri del partito d’azione) si adunavano fuori delle porte del Popolo, ai Monti Parioli, S. Giovanni, Portese, ecc., domenica 5 corrente, scopri il tutto e procedette all’arresto di circa 61 persone, tra cui sono tre sergenti di linea ed uno delle guardie di finanza.

Sembra che lo scopo della riunione fosse per concertare una insurrezione interna, coadiuvata allo esterno dall’emigrazione romana.


27. — Si assicura che nella notte dal 23 al 24 parti la flotta pontificia per mettersi in crociera, onde impedire sbarchi.

[p. 564 modifica]Ciò fu in seguito all’essersi veduti alcuni legni sospetti nelle vicinanze di Civitavecchia, i quali issarono bandiera rossa, dopo le cannonate sparate dalla corvetta pontificia.

In seguito all’apparizione della fatale bandiera rossa, la Polizia, nella sua prudenza, stimò opportuno di muover guerra ai nastri di tal colore.

Domenica, 19, il maresciallo della brigata Campitelli, entrato nell’ufficio della Pescheria, vedendo un impiegato con piccola cravatta rossa, gli disse che, per un riguardo all’ufficio, non l’arrestava, ma che immediatamente si togliesse quella cravatta.

I liberali van dicendo, con segretezza, che entro il mese entrante le cose romane saranno risolute con qualche tentativo ardito.


22 Giugno. — Un liberale, che sembra bene informato dell’andamento delle cose, assicurò che efficacemente si lavora per un movimento rivoluzionario in Roma, e che l’Inghilterra coadiuverà Garibaldi, con mezzi pecuniari e materiali.

Si dice che, ultimamente, venne in Roma il generale Durando, il quale avrebbe parlato col Papa e col cardinale Antonelli, accennando, in genere, alla posizione difficile e perigliosa della S. Sede per il contegno assunto dai liberali emigrati, quantunque il Governo italiano, fedele alla Convenzione, si adoperi a contenerli.

Però, unico mezzo, in tanto frangente, sarebbe di ammettere una guarnigione italiana nei dominii pontifici, la quale avrebbe per unico scopo di garantire l’autonomia del Governo papale.

[p. 565 modifica]Naturalmente, la proposizione sarebbe stata respinta ed il cardinale Antonelli aggiunse un suo sorriso beffardo.

Intanto il Governo non può dissimulare i suoi timori e, tra le tante precauzioni, prese pur quella di assoggettare tutti i preti che arrivano alla stazione di esibire il certificato presbiterale del loro Ordinario poichè è persuaso che sotto l’abito talare si nasconda qualche tunica guerriera.

I gendarmi sono incaricati dell’odioso ufficio.

Adottò eziandio passeggiate militari per far mostra della sua forza.

Monsignor Direttore ordinò che le presidenze di Polizia regionaria siano in seduta permanente fino ai suoi ordini.


1° Luglio. — Nella sera dei 27 alcuni vescovi, alloggiati alla locanda della Minerva, diedero un pranzo alla uffizialità degli zuavi, a cui fu invitata quella di altri corpi.

Il concerto degli zuavi rallegrava i commensali.

Naturalmente, un simile banchetto, dato, in tali momenti, dai clericali in dignità elevate ai legittimisti più pronunziati, fu da alcuni ritenuta una manifestazione politica reazionaria, e si dice che si fecero varii brindisi poco moderati.

Si aggiunge che gli zuavi abbiano restituito un invito ai medesimi al casino militare.

In circostanza delle feste, la Polizia fece arrestare tutti i politici sospetti e conferì ai presidenti regionarii la facoltà di arrestare quanti altri credessero opportuno.

[p. 566 modifica]I Gesuiti sono in grande attività, e sembra che si occupino a prendere tenebrosi concerti e a diramare istruzioni segrete.

La loro casa religiosa è sempre inondata da vescovi e preti stranieri.

Gli uomini di buon senso ritengono che Napoleone non potrà rimanervi indifferente e tollerare in buona pace che si alimenti così sfacciatamente il focolare della reazione, che, come nessuno ignora, ha per base di concentrarne le scintille nel suo impero, per quindi farne la esplosione.


4. — I patriarchi, arcivescovi e vescovi dell’orbe cattolico nell’Annuario pontificio sono segnati nel numero di 730.

Di questi, per il centenario, vennero a Roma 417.

Si trascrivono alcuni aneddoti relativi alle funzioni.

Nella processione della canonizzazione cadde, per tre volte, lo stendardo del beato Pietro Arboes, capo della inquisizione, ed alcuni dissero che Iddio stesso era sdegnato di tale canonizzazione.

Nel tempo della messa s’incendiarono, nella Chiesa, due tendine, ma subito furono smorzate.

Si strappò la fune di un lampadario e cadde senza recar danno.

II cardinale Bofondi, scendendo dal trono pontificio, sbagliò uno scalino e cadde lungo per terra.

Dopo il pontificale, un giovane veronese, di circa 30 anni, tentò di suicidarsi tagliandosi le vene del collo; ma la ferita non fu mortale.

[p. 567 modifica]Portato all’ospedale di S. Spirito ed interrogato del motivo, rispose che, incantato dalla magnificenza della funzione, era sicuro di non poter vedere cosa più bella in terra. Quindi voleva andare ad osservare le bellezze del cielo.

Naturalmente, era aberrato di mente.

Dopo la girandola prese fuoco l’armatura della macchina, Restò consunto il triregno con le chiavi, e della iscrizione Regnum Petri et Apostolorum, e, per curiosa combinazione, rimasero intatte le sole due prime lettere, formanti la parola Re.

Alcuni conchiusero che il regno pontificio deve essere del re d’Italia.


4 Settembre. — Nelle acque di Civitavecchia si aggirano legni sospetti,

Il Governo è in qualche apprensione e si tiene il forte con cannoni e truppe sempre pronte.

Anche in Roma lo spirito pubblico è alquanto preoccupato dalle voci di vicine eventualità che fanno circolare i liberali.

Nella notte del primo corrente, si fece una rigorosa perquisizione nella farmacia Cesanelli e si requisirono carte credute sospette.


24. — Ieri monsignor Direttore di Polizia, alle 8 antimeridiane, si recò dal Papa a comunicargli un dispaccio telegrafico, in seguito al quale si ordinò l’immediata partenza della legione di Antibo verso Civitavecchia poiché i Garibaldini minacciavano uno sbarco.

[p. 568 modifica]La Polizia, inoltre, informata che varie armi siansi introdotte in Roma e che molti Garibaldini sieno entrati clandestinamente, ordinò visite straordinarie alle locande, perquisizioni e, nella decorsa notte, si fecero varii arresti di sospetti.


1° Ottobre. — In seguito al movimento di Garibaldi in Viterbo, si fecero diversi arresti politici. Fra i notabili è un certo De-Luca.

In Roma, similmente, si arrestano, ogni giorno, varii individui sospetti, disoccupati, forestieri, e ora si adottarono misure di precauzione temendosi qualche movimento interno. Nuovi rinforzi di truppe s’inviarono alle frontiere.

Alcuni giovani inesperti partirono da Roma per incontrare Garibaldi, tra cui un Negri, figlio del negoziante, e furono arrestati e condotti a Roma.


8. — La Polizia prosegue ad arrestare esteri sospetti e Romani, già pregiudicati in linea politica. Tra gli ultimi arrestati è il sarto Reanda.

Varii rinforzi di truppe di linea, cavalleria ed artiglieria, fatto giorno, vengono inviati sui punti occupati, o minacciati dagli insorti.

Alcuni fatti d’armi, che si annunziano contradtoriamente, sarebbero stati favorevoli alle truppe pontificie.

A Bagnorea, in numero di tre o quattro mila tra zuavi ed antiboiani, avrebbero respinto una banda di 300 liberali, lasciandone, però, nel conflitto, tra morti e feriti 60 e 180 prigionieri.

[p. 569 modifica]Un capitano degli zuavi vi avrebbe lasciata la vita.

Si parla eziandio di altro scontro a Montelibretto; ma notizie di altra provenienza accennano a gravi perdite sofferte dalle truppe pontificie.

Intanto, in gran numero, gli insorti accorrono da tutte le parti, spargendosi ed invadendo le provincia pontificie.

Così una banda di alcune centinaia pervenne a Corese; impegnossi in un combattimento colle truppe papali che ebbero considerevoli perdite ed occuparono Monte Rotondo. Altri insorti entrarono a Subiaco, Tivoli, ecc.; quindi invio di nuovi rinforzi, scoraggiamento, diserzioni.


15. — La Polizia pontificia, nella notte dagli 11 ai 12 corrente, ordinò al comandante di brigata di Trevi e Pigna di recarsi alla locanda della Minerva a perquisire tre individui, ivi alloggiati e giunti di recente a Roma, cioè:

Castellazzo,
Marangoni,
Mayer,

e, se fossero possessori di qualche cosa sospetta, di mandarli al carcere politico, se no di accompagnarli alla stazione per l’esiglio.

Però, il Marangoni cercò di trafugare una lettera che stava scrivendo, diretta ad un Ghirelli, maggiore italiano (fratello della moglie di Piacentini, mercante di campagna, che fu anche egli arrestato), dove gli dava avviso che, nella notte, erano stati [p. 570 modifica]tradotti alle carceri politiche di Roma 115 prigionieri italiani, massacrati per la strada dagli zuavi; che egli si era già messo in rapporto cogli insurrezionali e col comando delle squadracele, le quali eran state provvedute di armi, e denaro.

Quindi gli dava notizie dello spirito pubblico, e dei movimenti che s’intendeva di fare.

Il Marangoni, preso da rabbia, si morse le mani.

Il Mayer tentò di saltare dalla finestra.

Si rinvenne presso i medesimi una cambiale pagabile sopra Pietro Gritter, il quale, cercato per arrestarlo, non fu trovato.

Sembra che nella lettera si parlasse di depositi di armi in campagna, e si stanno cercando.

Una banda di 30 Garibaldini, nella scorsa settimana, entrata a Subiaco, prese in ostaggio il vescovo e il medico.

Quindi, sopraffatta dalle forze pontificie, si ritirò rilasciandoli.

Nella notte degli 11 corrente, furono condotti a Castel Sant’Angelo i 115 Garibaldini fatti prigionieri a Bagnorea.

Si chiusero tutte le porte della città, ad un’ora di notte, furono accompagnati da uno squadrone di cavalleria, e numerose pattuglie ne percorsero tutto lo stradale poiché teme vasi qualche movimento insurrezionale.

Nello stesso giorno il pro-ministro delle armi passò a rassegna il presidio nella piazza di S. Pietro.

Si assicura, generalmente, che monsignor Franchi è stato inviato a Napoleone III.

[p. 571 modifica]Se ne ignora il risultato.

Lettere particolari di Avezzano annunziano che è passato per colà, diretto a Roma, il P. Pantaleo, cappellano di Garibaldi, alla testa di 500 insorti.

Presso Montelibretti, il giorno 13, vi fu sanguinoso combattimento tra zuavi ed insorti.

Furono veduti entrare in Roma circa 10 carrozze cariche di feriti zuavi.

Si dice che gli insorti ieri abbiano occupato Ceprano.

Velletri, essendo minacciata dagli insorti, il delegato inviò il suo equipaggio a Roma ed è pronto a fuggirsene.


28. — Matteini, computista del principe Pallavicini, ha una vigna vicino alla porta S. Paolo.

Il di lui figlio Romeo diede luogo a sospettare alla Polizia che colà vi fosse un deposito di armi.

Infatti, nel giorno 23, acceduta la forza, trovarono circa 40 o 50 individui, che, immediatamente, arrestarono e quindi requisirono tre cani di carabine, accette a due tagli, nonché la somma di trentamila franchi.

Naturalmente, tali armi e denaro dovevano servire per gli insorti della sera.

Nel giorno 25, in Trastevere, fu ucciso, proditoriamente, da una finestra, con un colpo di carabina alle spalle, un zuavo mentre passava coll’ordinario.

Sospettandosi che incontro a S. Gallicano, in un casino isolato di Lungaretta, numero 32, dove vi sono i lanai di Giulio Aiani, fabbricatore di pannine, e dove trovavansi riuniti alcuni popolani ad un pranzo, [p. 572 modifica]fosse un deposito di armi, la forza pubblica, a cui si unirono gli zuavi, vi accedette per farvi una perquisizione.

Quelli, vedendosi sorpresi, si diedero, vita per vita, a respingerli con vive fucilate, che tosto si impegnò tra ambo le parti.

I sediziosi fecero uso anche di bombe all’Orsini, cagionando gravi e deplorabili conseguenze. Ma, sopraggiunti sussidi, la forza pubblica prese d’assalto il casino ed entrata uccise e feri quanti vi erano.

Si assicura, generalmente, che i morti, da una parte e dall’altra, siano circa 30, i feriti gravi altri 15 o 20 e molti altri senza gravità.

Si trovarono molte carabine, fucili di lusso a due colpi, pistole, munizioni, bombe.

I facinorosi erano circa 5011.

Nel giorno 26 si ebbe notizia che il generale Garibaldi, alla testa di circa 6 o 7 mila insorti, marciava sopra Monterotondo.

Nella stessa mattina si spedirono colà rinforzi di truppe, e, secondo le più accreditate notizie, pervenute presso la Marcigliana, sarebbe avvenuto uno scontro, nel quale, dopo varie finte ritirate, gli insorti sarebbero riusciti a togliere ai papali due pezzi di cannone, a far prigioniere due compagnie, con immense perdite tra morti e feriti, che dovettero abbandonare, ritirandosi precipitosamente.

[p. 573 modifica]Nella sera, in città, solite precauzioni militari allarmanti, movimento di truppe a porta del Popolo, dove sembra minacciare il Garibaldi.

Esplosione di varie bombe nell’interno.

A vigna Matteini, fuori di porta S. Paolo, i rivoluzionari avevano preparato P occorrente, sia di armi d’ogni specie, ivi depositandole, sia col radunarsi nella medesima.

Se non vi fosse stato tradimento, con circa duemila fucili, di cui potevano disporre, e con altre armi, avrebbero potuto agire con felice successo, imperciocchè fino al giorno innanzi alcun sentore non ne aveva avuto la Polizia.

Ai 18 il commendatore Armand, primo segretario dell’ambasciata di Francia, si recò dal Papa e gli comunicò, a nome dell’imperatore, che, in ogni evento, l’assistenza della Francia non sarebbe mancata al Governo pontificio.

Di qui esagerate speranze del partito esaltato di intervento francese.

Nello stesso giorno il Papa andò a visitare i prigionieri garibaldini che sono dentro Castello e li esortò a ben prepararsi per gli spirituali esercizi.

Per tale effetto, furono trasferiti nei locali del S. Uffizio.

I predicatori destinati per le quattro prediche giornaliere sono l’abate Fabiani, — Saccomanni, — Guidi.

I prigionieri fino al giorno 21 erano 361.

II Governo, minacciato da tentativi garibaldini sopra Roma, da varii giorni, fece fare barricate alle porte della città, apportare cannoni.

[p. 574 modifica]Fece sensazione che il Papa andasse ad osservare le barricate a porta del Popolo, discendendo dalla carrozza.

Ai 22 fu smantellato il ponte di ferro a S. Giovanni de’ Fiorentini.

Nello stesso giorno monsignor Randi, direttore generale di Polizia, annunziò che, per precauzioni militari, fino a nuova disposizione, si chiudevano le porte

Salara,
Maggiore,
S. Sebastiano,
S. Paolo,
S. Pancrazio,

restando aperte le altre dall’alba del giorno sino ad un’ora di notte.

Dispose, inoltre, che tutti i cittadini, al segnale di 4 colpi di cannone, si dovessero ritirare in casa, e si dovessero chiudere le botteghe e le finestre.

Nella sera fu proibito, da sentinelle avanzate, il passeggio da piazza Colonna ed altre strade conducenti a Montecitorio.

Tali misure erano bene intese poiché la sera dei 23 vi fu un movimento rivoluzionario nell’interno della città.

Una banda d’insorti romani, divisi in varii punti della città, mal diretti e mal provveduti di armi, e tra questi alcuni Garibaldini, penetrati in Roma clandestinamente, con vestiario tolto agli zuavi morti, assalirono la forza pubblica a Campidoglio e in altre contrade e riuscirono ad uccidere varii militi; ma in fine furono sbaragliati.

[p. 575 modifica]Si ebbero a deplorare molti morti e diversi feriti da ambo le parti, e persone bene informate assicurano che i cadaveri furono trasportati con tre carri.

Soltanto a Campidoglio vi furono 30 uccisi.

Intanto il quartiere Serristori, dove sono acquartierati gli zuavi, che era stato minato in varii punti, esplodendo da un lato, ne fece saltare in aria una parte, restandone vittima 21, la maggior parte del concerto.

Nel giorno seguente, 24, poco prima dell’Ave Maria, senz’alcun segnale di cannone, usciti improvvisamente i gendarmi e gli zuavi, con la baionetta in canna, obbligarono tutti i cittadini a ritirarsi a casa e chiudere le botteghe.

Ciò, naturalmente, doveva esser foriero di qualche altro avvenimento.

Infatti, circa le 9, furono incendiate varie bombe all’Orsini, una delle quali a piazza Colonna, che non esplose, altra al Clementino, che uccise quello stesso che la gettò, e si dice sia un impiegato alla dogana.

Vi furono uccisioni proditorie di gendarmi e zuavi trovati alla spicciolata.

In tali catastrofi, due donne, una al vicolo del Vantaggio, l’altra al vicolo Savelli, rimasero morte di fucilate.

Si organizzarono pattuglie di cavalleria con le carabine in spalla ed altre di fanteria, coadiuvate dai così detti cappelletti, in sciarpa bianco-gialla, che si dicono papalini volontari, sentinelle avanzate per la città.

[p. 576 modifica]L’ospedale militare è pieno di feriti.

Un braccio di S. Giacomo fu sgombrato per mettervi gli altri.

I Garibaldini che erano ai Monti Parioli e ai prati di Acqua Acetosa, e che, per tre giorni, si batterono con le truppe pontificie, all’improvviso si ritirarono nel giorno 26.

D’altra parte, sembra certo che la Polizia pontificia, nella notte precedente ai 17, abbia requisito ai liberali varie armi e quattro cassoni di munizioni.

Nella sera dei 17 arrivarono alcune carrozze di zuavi feriti.

Nell’ospedale militare oramai non se ne possono più ricevere.

Nel giorno precedente fu rotta la strada ferrata sotto Monterotondo e i telegrafi.

La milizia, che a tutto il giorno...12 era in Roma, sommava a circa 2000 teste.

I dragoni, che in tutto sono 500, e che hanno soli 200 cavalli, rimasti a Roma, sono 100.


30. — Nella sera dei 30 di ottobre, presso Villa Cecchini, che è alle vicinanze del quartiere degli zuavi, s’intese l’esplosione di una bomba, o di un fucile.


1° Novembre. — Circa le 4 pomeridiane del giorno 30 ottobre, giunse in Roma una brigata francese.

Si dice che le truppe ascendano a 12 mila uomini.

[p. 577 modifica]Si dice che, nella sera dei 30, alcuni facinorosi tentarono di disarmare la Reale.

Nella stessa sera alcuni liberali si erano radunati in una osteria presso la villa Cecchini. Varii gendarmi e zuavi si recarono colà per arrestarli; ma furono ricevuti a schioppettate.

Impegnatosi un combattimento, ne risultò che si dovettero deplorare cinque morti e tre feriti dal lato dei liberali.

Il capitano aiutante maggiore De Fournelle, degli zuavi, rimase ferito e, si dice, gravemente: rimasero feriti anche altri.


12. — Persone bene informate assicurano che nella battaglia di Mentana, nel reggimento estero pontificio, vi furono sopra 500 uomini fuori di combattimento, nei Francesi circa 80, e moltissimi tra gli zuavi ch’erano nelle prime file, non che dei gendarmi e dragoni.

Si calcola sieno stati circa 800 tra morti e feriti; dei Garibaldini circa un migliaio.


28. — Nel giorno 17 novembre s’intese, improvvisamente, presso una casa in via del Cancello (all’Orso), una forte esplosione.

Naturalmente, poco dopo i gendarmi accorsero sul luogo e verificarono che, subito dopo lo scoppio, tre individui erano fuggiti dalla via del Tevere.

Entrati nella casa, videro lo spettacolo di un uomo ed una donna con le vestimenta che tuttora ardevano e danneggiati, gravemente, nella vita dal [p. 578 modifica]fuoco. Li tradussero, avvolgendoli in lenzuoli, all’ospedale di S. Giacomo.

Sembra che in quella casa si fabbricassero bombe, delle quali si trovarono parecchie, e che una di quelle, casualmente, scoppiasse.

Si aggiunge che si rinvennero alcuni revolvers ed altre armi. Il fabbricatore si dice che fosse un milite in ritiro, il quale mori.

Si dubita che le suddette bombe si volessero adoperare, in quella stessa sera, per sturbare il punch al casino militare, a piazza Colonna.

Si fecero alcuni arresti. Si presero precauzioni militari coll’aumentare le pattuglie.

Ai 23 di novembre il Capitolo di S. Giovanni in Laterano fece funerali solenni per i militi che morirono a Mentana e Monterotondo per la difesa della S. Sede.

Vi è gran concorso ad osservare il suntuoso catafalco eretto con disegno di Basili, con la spesa di scudi 2500, lasciato agli osservatori per lo spazio di otto giorni.

La principessa Barberini unì una società di cinque o sei dame le quali, nella sera dei 24, diedero, nel palazzo Barberini, una festa agli uffiziali pontifici e stranieri che contribuirono alla difesa di Roma. Gli invitati erano 500 e furono serviti di tea e di un magnifico buffet.

Pasquino fece la sua osservazione ai fatti strepitosi di Mentana e Monterotondo, e, meravigliato, disse a Marforio:

«La Francia, prima nazione del mondo,
Lasciò il Messico per conquistar Monterotondo».

[p. 579 modifica]Sabato, 23 corrente, si scoprì un deposito di 12 bombe all’Orsini presso il Campidoglio.

Si teme di qualche mina nel palazzo Senatorio e si presero varie precauzioni.









Note

  1. I falsi gendarmi erano membri del Comitato Nazionale romano, i quali alcuna volta si travestivano colla uniforme dei veri gendarmi, che avevano fatto fuggire perchè, per servigi resi ad esso, erano sospetti alla Polizia.
  2. L’accordo avvenne più tardi; ma di ciò abbiamo detto nella parte narrativa che precede il Diario.
  3. Il Comitato, in un Proclama del 9 di gennaio, parlando, tra l’altre cose, della condotta che dovevano tenere, in quei giorni, i Romani verso gli zuavi, diceva:
          «Noi non diamo un consiglio ai nostri concittadini, perchè essi nel mirabile loro istinto lo precorsero. Diamo piuttosto loro un vanto perchè già così bene e in ogni occasione pronunziarono un contegno sì nobile, astenendosi dai teatri e da ogni pubblico ritrovo, dove l’odiata divisa comparisse.
          » Noi gli incoraggiamo soltanto a perdurare nel proposito assolutamente richiesto dall’onor nostro».
  4. Il Comitato, prevedendo che i Romani, come i teatri, così avrebbero lasciati vuoti i festini e il Corso, propose di rimediare, con publiche largizioni, ai danni che sarebbero da ciò toccati al popolo.
  5. Il conte Gustavo Ponza di S. Martino, presentato, in quei giorni, a Pio IX dal fratello P. Alessandro, gesuita, gli parlò schietto delle miserevoli condizioni di Roma, dei pericoli che vi correvano il Pontefice e i Cardinali e gli consigliò di chiedere a Vittorio Emanuele rinvio di milizie italiane. Il Papa V ascoltò con pazienza e non si mostrò alieno dal seguirne il consiglio.
  6. Manca il seguito della parola.
  7. Questo giornale, da noi citato più volte, cominciò ad uscire il 26 di gennaio del 1865.
  8. Basterebbe ciò solo a provare come il Governo pontificio avesse perduto in Roma ogni potere.
  9. Il Marcucci, fuori di porta Portese, aveva gridato: «Viva Garibaldi». Nulla di sospetto si rinvenne nella casa di lui, di dove fu condotto in arresto un certo Testa solo perchè trovavasi colà. (Vedasi il numero 17 del Roma dei Romani).
  10. Non fu Menotti Garibaldi che passò, in quei giorni, per Roma, ma un certo Vincenzo Fauni, esule romano ed uffiziale garibaldino, mandatovi dal centro d’insurrezione di Firenze per passare in rivista (sic) il partito d’azione. Questo si trovò schierato lungo le porte del Popolo, Angelica e Portese.
  11. Di questo fatto, in cui si rivelò tutta la ferocia dei soldati papalini, noi abbiamo detto lungamente altrove.
  12. Manca la data.