Fu il fuoco o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano?/Riassunto delle due lettere al signor consigliere Werner

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Riassunto delle due lettere al signor consigliere Werner

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Lettera seconda Rapporto di Matteo Tondi


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III.


RIASSUNTO DELLE DUE LETTERE

Di C. Lippi

al signor consigliere Werner


Sul sotterramento di Pompei, e d'Ercolano
per via umida.


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È falso ch’una pioggia di ceneri volcaniche, lanciate in aria dal Vesuvio nell’anno 79 dell’Era Cristiana, sotto l’impero di Tito, distrusse e sotterò Pompei ed Ercolano, siccome da XVII secoli unanimemente pretende la storia. Queste due celebri città furono sotterrate dalle alluvioni, cagionate da dirotte piogge, ciò che risulta dai seguenti fatti.

I. Perché non esistono affatto ceneri volcaniche né sopra Pompei, né sopra Ercolano.

II. Perché Pompei giace al disotto d’uno strato di lapillo, simile a mille altri di questo genere, che s’incontrano nelle vicinanze di Napoli, ed i quali sono stati fatti dalle acque, siccome ho dimostralo, ciò che costituisce una seconda novità, poiché nessun geologo ha parlato finora d’una genesi simile per via umida.

III. Perché lo [p. 89 modifica]strato di lapillo, che cuopre Pompei è formato (come anche tutti gli altri strati delle vicinanze di Napoli) da piccoli pezzi di pomice e di lava, scantonati e rotolati dalle acque, alla rinfusa mischiati insieme. Questa mescolanza, che si verifica su tutta l’estensione dello strato di lapillo, sotto di cui giace Pompei, dimostra che detti pezzi non sono venuti per aria in forma di pioggia volcanica dal Vesuvio; poiché in una tale supposizione quelli di pomice essendo due volte più leggieri de’ pezzi di lava, avrebbero dovuto separarsi da questi nell’atto dell’eruzione del Vesuvio (siccome accade nell’esplosione di un mortajo, caricato con palle di piombo e di pietra), e non si dovrebbero ritrovare ora mischiati alla rinfusa insieme in tutta l’estensione dello strato di lapillo, che cuopre Pompei. Un’alluvione, all’opposto, spiega benissimo il deposito fatto sopra questa città. di questi due generi di ciottoli, tanto diversi tra loro per la gravità specifica.

IV. Perché nello strato di lapillo, che cuopre Pompei, oltre de’ ciottoli indicati, si trovan anche pezzi di pietra calcare bianca e grigia, che non si possono supporre essere stati lanciati dal Vesuvio con quelli di pomice e di lava; poiché il calore che pose in fusione la lava, avrebbe certamente calcinato la pietra calcare, della quale conseguentemente non si dovrebbe ritrovare alcun pezzo adesso nello strato, da cui Pompei- è coperto. Le alluvioni., in» tanto, spiegano benissimo questo fenomeno.

V. Perché la famosa cantina dì Pompei, coperta ancor oggi da usa volta solidissima, fu ritrovata [p. 90 modifica]ripiena d’ una terra vegetabile (che conseguentemente non è uscita dal Vesuvio) una con molti vasi vinarj, ripieni della stessa terra, de’ quali non pochi esiston ancora nel luogo; ciò che non si può spiegare per mezzo d’ una pioggia di ceneri, eruttata dal Vesuvio, ma bensì per effetto d’un’alluvione.

VI. Perché l’impressione delle mammelle d’una nonna sulla terra vegetabile, dalla quale la cantina era ripiena, e sulla quale furono ritrovati 18 scheletri (impressione, che si può oggi vedere nel gabinetto di Portici) è una prova incontrastabile, che l’acqua soggiornò una volta nella cantina di Pompei.

VII. Perché la copertura, sotto di cui è seppellito Ercolano, non è della stessa natura di quella, che cuopre Pompei, fatta, cioè, da uno strato di lapillo, come sopra; ciò che pertanto dovrebbe esimere, se le città fossero state distrutte e sotterrate nell’istesso tempo dalla stessa cagione, cioè dalla pioggia di ceneri, o di qualunque altra sostanza, lanciata per aria dal Vesuvio.

VIII. Perché il masso di 60 piedi di spessezza, sotto al quale giace Ercolano, è composto da nove strati di materie diverse, messi l’uno sopra dell’altro, senza che tra questi ve ne sia uno di lapillo sciolto, come in Pompei. Ciò prova che la spessezza di questo masso, ossia l’altezza del monte, in cui giace seppellito Ercolano, è stata formata da reiterate alluvioni, ed in epoche diverse. Conseguentemente Ercolano non fu seppellito, in una sola volta, siccome è stato asserito da tanti scrittori., ma a poco a poco., cioè da una montagna di alluvione, che le acque vi han inalzato sopra col decorso del tempo. [p. 91 modifica]

IX. Perché vi sono delle materie non volcaniche nella composizione di detti strati; cioè la pietra calcare, una marna altre volte travagliata dal vomere e dalla zappa, ed un limo sabbioso, che si conosce essere stato precipitato dalle acque;

X. Perché ho ritrovato in uno di questi strati delle lumache terrestri, le quali sarebbero state calcinate, se fossero state lanciate dal Vesuvio.

XI. Perché tra gli strati del masso, al disotto del quale si ritrova Ercolano, ve ne sono alcuni, fatti dal tufo volcanico, la di cui genesi è dovuta all’acqua, siccome ho dimostrato, ciò che nessun autore ha scritto prima di me.

XII. Perché i corridoi ed i vomitorj del teatro d’Ercolano, i quali si veggon ancor oggi coperti da Volte solidissime, sono stati ritroyati e son ancora in gran parte ripieni colle stesse materie, dalle quali tono formati gli strati suddetti, fenomeno che abbiam veduto verificato eziandio nella cantina di Pompei, per ripeterli entrambi dalla stessa cagione. Le materie di riempimento forman oggi un masso solido al disotto delle volte, in modo che per votare i corridoi ed i vomitorj accennati, uopo è tagliare il masso col piccone. Ciò significa che questo riempimento è stato fatto dalle acque, che son entrate per le aperture laterali del teatro, strascinandovi dentro le materie nello stato sciolto e molle, che si sono poi col tempo consolidate; poiché mai una pioggia di ceneri lanciata dal Vesuvio, avrebbe potuto pervenire, cadendo dall’aria ne’ corridoi e ne’ vomitorj, i quali si avrebbero dovuti ritrovare voti, a cagione delle volte, dalle quali sono coperti. [p. 92 modifica]

XIII. Perché vi sono nel teatro delle vestigia, che l’acqua vi ha lasciate, altro fenomeno che abbiam veduto verificato in Pompei, per non poter dubitare del soggiorno fatto dalle acque nelle due città. Queste vestigia sono

A. Un banco fatto da una breccia volcanica, il quale non è stato sicuramente lanciato dal Vesuvio, ma che si è formato nel luogo, e la dicui formazione suppone in geologia la presenza dell’acqua.

B. Un acquidotto dell’antica città d’Ercolano, incastonato in tutta la sua lunghezza nel masso, masso che riempie anche una strada della città, per la quale l’acquidotto altre volte passava. Ciò prova che il masso solido non è stato lanciato dal Vesuvio, ma ch’è stato una volta nello stato di mollezza umida, per aver potuto riempiere la strada, e consolidarsi sull’acquidotto.

C. Molti pezzi di colonne, similmente, incastonati nel tufo, tufo che costituisce uno degli strati, sotto de’ quali giace Ercolano, ed il quale ha dovuto ritrovarsi una volta nello stato di mollezza, per ricevere e consolidarsi sulle colonne.

D. Una bellissima impressione di un viso d’una statua (poiché questa impressione mi sembra troppo grande, per non essere stata fatta da un volto d’un cadavere umano) scolpito nel masso solido, ossia nel tufo volcanico, che occupa le vicinanze della scena del teatro. Ciò prova, similmente, che il tufo suddetto si ritrovò una volta nello stato di mollezza. L’impressione è così perfetta, che vi si possono distinguere finanche i capelli. Ecco, quindi, in Ercolano la stessa ripetizione del fenomeno, che [p. 93 modifica]abbiam osservato in Pompei; l’impressione, cioè, delle mammelle d’una donna in quest’ultima città, e d’un viso umano in quella, provano concordemente la dimora fatta dalle acque nelle due città. XIV. Perché si trovano nel teatro d’Ercolano delle materie leggieri, che occupano le parti le più basse del sotterramento, nel mentre sostanze più pesanti stanno al disopra, siccome sono state da me descritte. Ciò prova che le alluvioni accaddero successivamente, ed in epoche diverse; poiché altrimenti le materie le più pesanti dovrebbero ritrovarsi adesso nelle parti le più basse del sotterramento suddetto. Per la stessa ragione le materie degli strati, che formano la montagna, al disotto della quale si ritrova seppellito Ercolano, non son affatto venute per aria dal Vesuvio sopra della città, siccome si potrebbe supporre per fare l’apologia della storia, la quale, nulladimeno, parla di ceneri volcaniche, e non già di nove materie differenti, disposte a strati l’uno sopra dell’altro, al disotto de’ quali la città suddetta si ritrova sotterrata. Nella supposizione d’una tal pioggia, oltre che le materie le più pesanti dovrebbero ora ritrovarsi nelle parti le più basse del sotterramento; dovremmo, da un’altra parte, ritrovare tutte queste materie mischiate alla rinfusa insieme. Nulladimeno le materie s’incontrano geognosticamente e chimicamente separate le une dalle altre, siccome ho fatto rilevare esse si ritrovano le une sopra delle altre con una regolarità uniforme; ed infine tali materie si veggon aver presa una posizione più o mero orizzontale ciò che fa vedere essersi tutte precipitate dalle acque [p. 94 modifica]dalle quali sono state a poco a poco trasportate sulla città, donde è risultato l’ incremento del monte, dal quale è oggi coperta.

XV. Perché tutto il circondario di Pompei, e d’Ercolano (estensione di 20. a 24. miglia quadrate) è un terreno d’alluvione, surto al disopra del livello del mare, per opera delle acque, e del quale ho fatto conoscere la teoria. Pompei, quindi, ed Ercolano costituiscon oggi due montagne d’alluvione le quali hanno nelle loro viscere seppellite le rovine di queste famose due città, che si son incominciate a disotterrare.

XVI. Perché il sotterramento di Pompei e d’ Ercolano per via umida, ossia dalle alluvioni, è dimostrata anche dall’analogia. Perché, cioè, abbiamo nelle vicinanze di Napoli molti altri luoghi sotterrati dalle acque; su de’ quali son surte a poco a poco (dalle reiterate inondazioni) delle montagne d’alluvione; al disotto delle quali giaccion eziandio monumenti antichi distrutti e sotterrati. Tali sono, per esempio, l’anfiteatro Campano, il tempio di Serapide, la porta puteolana, le tombe dietro al palazzo degli studj, un antico tempio mezzo sotterrato, e convertito in chiesa in Nocera etc.

XVII. Perché non vi è esempio di altra pioggia di lapillo volcanico, simile a quello, che cuopre Pompei, o di materie eterogenee, come quelle, sotto alle quali giace seppellito Ercolano, lanciata dal Vesuvio. Altronde non se n’è veduta mai, tra tante piogge di ceneri gittate da questo volcano, una, che avesse avuto la spessezza maggiore di alcuni pollici laddove quella vantata dagli storici ascende sino [p. 95 modifica]a 15 piedi sopra Pompei, ed a 60 sopra Ercolano.

XVIII. Perché la storia afferma esser accaduto nell’istessa eruzione del 79, e per effetto della pioggia delle ceneri volcaniche il sotterramento di tre città, cioè d’Ercolano, di Pompei, e di Stabia. E come le rovine di quest’ultima mai sono state sotterra (giacché tutto il tratto di terreno da Pompei a Castell'a mare, dove fu Stabia , non s’inalza al disopra del livello del mare , che pochi piedi), perciò essendo falsa l’assertiva della storia intorno a Stabia , falso ancora deve essere , a norma de’ principj d’una buona logica, quel che la storia istessa dice, riguardo al sotterramento di Pompei, e d’Ercolano per opera delle ceneri volcaniche, non ostante che sian esse state ritrovate sotterra. Ciò che, intanto, è accaduto, siccome ho dimostrato, in seguito di alluvioni, prodotte da dirotte piogge.

XIX. Perché, finalmente, il sotterramento di Pompei, e d’Ercolano per via umida, oltre degli argomenti disopra riferiti, si deduce ancora dalla pratica delle osservazioni geologiche, ossia da quel colpo d’occhio, che posseggono coloro, i quali son avvezzi ad osservazioni di questo genere. Di fatti questo colpo d’occhio fu quello, che in un istante mi palesò l’assurdità di quel che ci ha detto la storia, intorno al sotterramento delle due nostre famose città, allorché per la prima volta visitai Pompei. Non è stato, poi, che a forza di meditare, e di osservare ulteriormente, che per intelligenza della cosa mi fu possibile di riunire insieme gli argomenti ed i fatti disopra esposti, in prova del mio assunto.