Gli sposi promessi/Tomo II/Capitolo III

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Tomo II
Capitolo III

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Cap. III.



V’ha dei momenti in cui l’animo 1 massimamente dei giovani, è, o crede di essere talmente disposto ad ogni più bella e più perfetta cosa che la più picciola spinta basta 2 a rivolgerlo a ciò che abbia una apparenza di bene, di sacrificio, di perfezione: 3 come un fiore appena sbocciato, che 4 s’abbandona sul suo fragile stelo, pronto a concedere le sue fragranze all’aura più leggiera 5 che gli asoli punto d’attorno.

L’animo vorrebbe perpetuare questi momenti, e diffidando della sua costanza, corre con alacrità a formar disegni irrevocabili: felice se la tarda riflessione non gli rivela col tempo, che ciò che gli 6 era sembrato 7 una ferma e pura volontà non era altro che una illusione della fantasia. Questi momenti che si dovrebbero ammirare dagli altri con un timido rispetto, e coltivare dal prudente consiglio in modo che 8 si maturassero colla prova e col tempo, nei quali tanto più si dovrebbe tremar e vergognarsi di chiedere quanto più grande è la disposizione ad accordare, questi momenti sono quelli appunto, 9 che la speculazione fredda o ardente [p. 196 modifica]dell’interesse, 10 agguata 11 e stima preziosi, 12 per 13 legare una volontà che non si guarda, e per venire ai 14 vili suoi fini.

Il Marchese Matteo, il quale passato il primo caldo dell’ira, era tosto corso 15 a fantasticare nella sua mente se da quel disordine avesse potuto cavar qualche profitto per vincere la risoluzione di Geltrude, e che non era mai ristato dal ruminarvi sopra da poi, s’accorse al leggere di quella lettera, che la figlia gli dava essa stessa l’occasione desiderata, e stabili tosto di battere il ferro mentre ch’egli era caldo. Mandò quindi a dire a Geltrude 16 ch’ella dovesse venire nella sua stanza, ov’egli si trovava solo. Geltrude v’andò di corsa, che 17 innanzi o indietro è il passo della paura, giunse senza alzar gli occhi dinanzi al Marchese, 18 si gittò ai suoi piedi, ed ebbe appena il fiato per dire: «perdono.» Il Marchese, 19 con una voce poco atta a rincorare, le rispose, che il perdono 20non bastava desiderarlo, che questo 21 lo sa fare chiunque è colto in fallo e teme il castigo, che bisognava insomma meritarlo. Geltrude intanto più 22 turbata ed atterrita 23 in quanto ella 24 era venuta colla speranza di 25 tosto ottenerlo, chiese che dovesse fare per rendersene degna, e si disse pronta a tutto. Il Marchese non rispose direttamente, ma cominciò a parlare lungamente del fallo di Geltrude, 26 e del 27 torto ch’ella s’era posta in pericolo di fare alla famiglia. 28 Questo discorso era al cuore di Geltrude come 29 lo scorrere di una mano ruvida sur una piaga. 30 Aggiunse che 31 quando mai egli avesse avuto alcun pensiero di collocare la sua figlia nel secolo, questo fatto 32 sarebbe stato un ostacolo invincibile, perché egli avrebbe creduto suo dovere 33 di rivelare la debolezza della sua figlia a chi l’avesse richiesta, non essendo tratto da cavalier d’onore il vender gatta in sacco. 34 Finalmente, raddolcendo [p. 197 modifica]alquanto il tuono della voce e le parole, 35 disse a Geltrude che questi eran falli da piangersi per tutta la vita, e che ella doveva 36 vedere in questo tristo 37 accidente un avviso del cielo, che le dava ad intendere che la vita del secolo era troppo piena di pericoli per lei, e che non v’era asilo, riposo, sicurezza... 38

«Ah! sì,» interruppe incontanente Geltrude mossa ad un punto dal timore, dal ravvedimento, e da una certa tenerezza, e sopra tutto dalla corrività della sua fantasia. Il Marchese, (ci ripugna dargli in questo momento il titolo di padre) la prese in parola, le annunziò il più ampio perdono, 39 si congratulò con lei del partito ch’ella aveva preso, 40 della vita riposata e felice ch'ella avrebbe menata, e la oppresse di quelle lodi che fanno paura, perché 41 lasciano indovinare 42 a quali improperi esporrebbe il cangiar di risoluzione. Geltrude si stava stordita fra 43 i diversi affetti che si succedevano nel suo cuore, non sapeva che dire, 44 non sapeva che si avesse detto: dubitava di essersi troppo avanzata, 45 o d’essere stata strascinata più innanzi che non avrebbe voluto; 46 questo pensiero era però dubbio e confuso nella sua mente; ma foss’egli stato limpido e spiegato 47 perfettamente, manifestarlo, accennarlo, dire una parola che 48 contraddicesse all’entusiasmo del Marchese, 49 sarebbe stato uno sforzo quasi impossibile.

Il Marchese fece tosto chiamare la madre e il fratello di Geltrude, per metterli, diceva egli, a parte della sua consolazione, per riporre Geltrude nella stima e nell’affetto della famiglia. L’una e l’altro accorsero immediatamente. La Marchesa era avvezza dai primi giorni a non avere altra volontà che quella del marito, fuorché in due o tre capi, pei quali aveva combattuto, e ne era uscita vittoriosa. Questa condiscendenza non veniva già da un sentimento del suo [p. 198 modifica]dovere né da stima pel Marchese, ma dall’aver veduto chiaramente da principio che il resistergli sarebbe stato un cozzar coi muricciuoli. S’era ella quindi renduta 50 indifferente su tutto 51 ciò che riguardava il governo della famiglia, contenta di fare a modo suo nei due o tre articoli che abbiamo accennati. Del resto, i disegni 52 del Marchese sul collocamento di Geltrude erano cosi conformi 53 a quello che si chiamava interesse della famiglia, e alle mire avare e ambiziose, 54 in allora tanto universali, che 55 quel poco di opinione che la Marchesa aveva a sua disposizione non poteva non approvarli. 56 L’affezione materna però le faceva desiderare che Geltrude si facesse monaca di buona voglia, come una buona madre che abbia una figlia tanto scrignata e contraffatta da non poter esser chiesta da nessuno, desidera ch’ella 57 preferisca il celibato al matrimonio. 58 Al giovane Marchesino era 59 stato detto fino dall’infanzia, che le entrate della casa erano appena appena 60 proporzionate alla nobiltà, e che detrarne anche una picciola parte sarebbe stato un decadere, se non nella 61 sostanza almeno nell'esterno; egli riguardava 62 quindi assolutamente come un dovere di Geltrude di chiudersi in un chiostro: modo il più economico di collocarsi: quindi l’aderire ch’egli faceva ai progetti del padre era una docilità poco costosa. Il Marchese fece cuore a Geltrude, e la presentò con vólto lieto alla madre e al fratello. «Ecco,» disse, «la pecora smarrita, e sia questa l’ultima parola che richiami tristi memorie. 63 Ecco, aggiunse, la consolazione della famiglia: 64 Geltrude ha scelto ella medesima, 65 spontaneamente quello che noi desideravamo per suo bene; e non ha più bisogno di consiglj.66 E'risoluta, ed ha promesso...» qui Geltrude alzò gli occhi tra lo spavento e la preghiera al Padre, come per supplicarlo di sostare un momento, ma egli ripetè francamente: «ha [p. 199 modifica]promesso di prendere il velo.» 67 Le lodi e gli abbracciamenti furono 68 senza fine, e Geltrude riceveva le une e gli altri con le lagrime che furono credute di consolazione. Il Marchese Matteo si diffuse allora 69 a magnificare le disposizioni che aveva già 70 fatte di lunga mano, per rendere lieta e splendida la sorte della sua figlia. Parlò delle distinzioni ch’essa avrebbe avute nel monastero, e del desiderio che le madri avevano di possederla, e di 71 osservarla come la prima, la principessa donna del monastero, 72 dal momento in cui vi avrebbe riposto il piede. 73 La madre e il fratello applaudivano; Geltrude era come posseduta da un sogno. 74 75 «Oh!» s’interruppe il Marchese; 76 «noi stiamo qui facendo chiacchiere, e si dimentica il principale: bisogna fare una domanda 77 in forma al Vicario delle monache, altrimenti non si conclude nulla.» Detto questo, fece chiamare tosto il Segretario. Questi giunse, 78 ritto ritto, intirizzato quanto poteva comportare la fretta di obbedire al Sig.r Marchese; il quale tosto gli diede ordine di stendere la supplica. Il Segretario, rivolto a Geltrude disse: «ah! ah!» per pigliar tempo a studiare un complimento di congratulazione; ma il Marchese lo interruppe dicendo: «Presto, presto, scrivete alla buona, senza concetti; già 79 conosciamo la vostra abilità. Il Segretario scrisse, e il foglio fu dato a Geltrude da ricopiare, la quale ricopiò, e appose il suo nome, come le comandò il 80 Marchese. Il quale, preso il foglio, e consegnatolo al Segretario perché lo portasse addirittura cui era 81 indiritto, comandò che si preparasse per Geltrude il suo appartamento ordinario, 82 che si dicesse ch’ella era guarita 83 dalla sua indisposizione 84 (era il pretesto preso per dar ragione della sua assenza continua), e che tosto le si facessero apprestare abiti più sontuosi. Quindi rivolto sorridendo a Geltrude, 85 le 86 chiese quando ella sarebbe stata disposta 87 [p. 200 modifica]a fare una trottata a Monza, per richiedere alla Badessa di esser ricevuta. «Anzi:» riprese dopo aver pensato un momento, «perché non v’andiamo oggi stesso? Geltrude ha bisogno di pigliar aria, e sarà ancor più contenta quando il primo passo sia fatto.» «Andiamo, andiamo» rispose la Marchesa. «La giornata è bellissima.» «Vado a dar gli ordini,» disse il Marchesino e 88 stava per partire. «Ma...» cominciò Geltrude, e non potè continuare. 89 «Piano, piano, cervellino,» ripigliò il Marchese rivolto al figlio: «forse Geltrude è stanca, e vuole aspettare fino a domani. Volete voi che andiamo domani?» domandò a Geltrude con uno sguardo, che nello stesso tempo mostrava il sereno e minacciava il temporale. «Domani, rispose 90 con debole voce Geltrude, 91 alla quale non parve vero di avere qualche ora di rispitto, 92 e che nel profferire quelle parole si sovvenne che finalmente quel passo non era l’ultimo, il decisivo; e che si poteva ancora darne uno indietro. «Domani,» disse solennemente il Marchese: «domani, è il giorno ch’ella ha stabilito.»

Il resto della giornata fu occupatissimo: Geltrude avrebbe voluto raccogliere i suoi pensieri, 93 riposarsi da tante commozioni, rendersi conto di quello che aveva fatto, di quello che era da farsi, sapere distintamente che cosa voleva, trovare il modo di rallentare un po’ quella macchina, che 94 appena mossa andava con tanta celerità, per vedere almeno come ne era condotta, e per arrestarla affatto se 95 si fosse accorta che la conduceva ad un pentimento; ma non ci fu verso. Le distrazioni 96 si tenevano dietro senza interruzione, e la mente di Geltrude era come il lavorio d’una povera fante, che serva ad una numerosa famiglia e che in un giorno di faccende chiamata di qua di la 97 non può venire a capo di nulla. Mentre s’apparecchiava il quartiere ch’ella doveva abitare, 98 ella fu condotta nella stanza stessa della Marchesa, 99 per essere acconciata, adornata, vestita del suo più bell’abito: operazione che in quel giorno [p. 201 modifica]le 100 recò una noja intollerabile. La Marchesa presiedeva all’acconciamento, e parte lodando, parte riprendendo, parte consigliando, parte interrogando Geltrude di cose estranie, non le lasciò il tempo di raccozzar due idee. Del resto, a misura che l’opera 101 procedeva verso 102 la sua perfezione, Geltrude stessa 103 vi prese un po’ d’affetto, e vi occupò quel poco di 104 pensiero che le rimaneva. L’acconciatura era appena finita che venne l’ora del pranzo. 105 I servi la inchinavano umilmente sul suo passaggio, accennando di congratularsi per la ricuperata salute, 106 con una serietà che non avrebbe lasciato supporre che essi sapessero qualche cosa del vero motivo dell’assenza di Geltrude. A tavola Geltrude fu la regina: servita la prima, trattenuta, corteggiata, ella 107 doveva corrispondere a tante gentilezze, e faceva ogni sforzo per riuscirvi. Il Marchese aveva fatto avvertire alcuni parenti più prossimi del ristabilimento della figlia, e della sua risoluzione: le due liete nuove si sparsero, e come la famiglia del Marchese spandeva un lustro grande su tutta la parentela, 108 comparvero dopo il pranso 109 visite di congratulazione. I complimenti erano per la sposina: cosi si chiamavano le giovani che erano per farsi monache; e la sposina doveva rispondere a quei complimenti; ed ogni risposta era una conferma. 110 S’avvedeva ben ella che ad ogni momento andava 111 tessendo ella stessa una maglia di più alla sua rete; ma oltre ch’ella non 112 vedeva ben chiaro se quella era una rete, fare altrimenti le pareva impossibile: poiché come mai in presenza del padre, a chi si rallegrava di una risoluzione presa da lei, ed annunziata da quello, avrebbe ella potuto dare una risposta dubbiosa? Partite le visite, Geltrude entrò 113 con la famiglia nel cocchio dal quale era stata esclusa per tanto tempo; e si andò a fare la solenne trottata. 114 Lo spettacolo e il romore delle carrozze e dei passeggiatori, i discorsi incessanti del padre, della madre, e del fratello 115 che per cortesia rivolgevano sempre la parola a [p. 202 modifica]Geltrude, si contendevano 116 l’attenzione della sua mente; e i pensieri sulla sua situazione vi apparivano istantaneamente come lampi in un 117 povero 118 cielo. 119 Rientrato il cocchio, in casa, e fermato sotto le volte rimbombanti dell’atrio, i servi che scendevano in fretta coi doppieri, 120 annunziarono che gran parte della conversazione era già ragunata. Si montò con tutta la fretta che poteva conciliarsi con 121 una certa gravità, 122 e di sala in sala si giunse a quella della conversazione. La sposina ne fu il soggetto, l’idolo e la vittima. Chi si faceva prometter da lei, chi prometteva visite, chi parlava della madre tale sua parente, chi della madre tal altra sua conoscente; chi lodava il cielo di Monza chi la regola del monastero. Se alcuno, 123 non potendo avvicinarsi a Geltrude assediata da altri, o trovandosi distratto a ciarlare in un crocchio, non le aveva detto nulla, si sentiva tutto ad un tratto preso come da un rimorso, temeva di averle fatta una offesa, 124 e studiava il momento di farlo il suo complimento. Finalmente la brigata si sciolse, tutti partirono senza rimorso, e Geltrude stordita, intronata si rimase sola con la famiglia, dalla quale 125 ebbe altri complimenti 126 sui complimenti che aveva ricevuti. 127 «Ho finalmente,» disse il Marchese Matteo, «avuta la consolazione di veder mia famiglia 128 trattata e distinta da sua pari. Domani mattina,» soggiunse, «converrà esser presti di buon’ora per andare a Monza, come ha stabilito Geltrude.» Geltrude, condotta finalmente dalla Marchesa nella stanza che le era 129 preparata, vi rimase con una donna che era stata quel giorno destinata ai suoi servigj, invece di quella che aveva fatto 130 presso di lei il tristo uficio di carceriera.

Questo cangiamento era stato provocato da Geltrude. Vedendo ella in quel giorno il padre cosi disposto a compiacerla in tutto fuor che in una cosa, fu tentata di profittare dell’auge in cui si trovava per soddisfare almeno una [p. 203 modifica]delle passioni che si univano a tormentarla. 131 Si è detto ch’ella vedeva di mal occhio la donna che le era stata spia e guardiana; 132 e che era fra esse un ricambio continuo, una 133 gara di sgarbi. Geltrude in cento momenti di divozione le aveva perdonato, ma cento perdoni non ne vagliono un solo. 134 Vedersi in quel giorno trattata con tanta importanza quasi con tanto rispetto da tutta la famiglia, 135 le dava un po’ di superbia, e nello stesso tempo il sentire che con queste lusinghe le si faceva 136 fare quello che forse ella non avrebbe voluto, 137 le dava 138 stizza; mentre il suo animo si trovava fra questi due tristi sentimenti, le sovvenne dei modi rozzi, famigliari, insolenti che quella donna le aveva usati nella sua prigionia, e, volendo lamentarsi di qualche cosa, se ne lamentò al padre. Questi ne fu, o se ne mostrò sdegnato, non istette a domandarle 139 come ella pure avesse trattata la donna; ma 140 promise che darebbe una buona lavata di capo a colei, 141 e fissò immediatamente ai servigj di Geltrude un’altra donna di casa. 142 Era questa la vecchia governante del Marchesino: 143 e Geltrude faceva poco guadagno nel cambio. La vecchia, 144 alla quale il Marchesino era stato dato in guardia quando fu tolto alla nutrice, aveva per lui una falsa affezione di madre: in lui aveva poste tutte le sue compiacenze, le sue speranze, la sua gloria. Dopo il Marchese ella era stata la prima a dire che Geltrude aveva ad esser monaca, per non rubare una parte d’entrata al Marchesino. Quel giorno ella era e si mostrava tanto soddisfatta che aveva ricevute le congratulazioni dei suoi conservi, tra i quali era un personaggio d’importanza; 145 e parlava con molta bontà della signorina, che aveva conosciuto il suo dovere. Geltrude, a compimento di quella giornata, dovette sentire le lodi e i consigli della vecchia, che, 146 spogliandola e ponendola a letto le fece, la storia di sue zie, e di sue prozie, 147 le quali s’eran fatte monache per [p. 204 modifica]non intaccare il patrimonio della casa, e che se n’erano trovate ben contente, perché i monasteri dove s’erano chiuse avevan saputo tener conto dell’onore, che 148 arrecava loro l’aver dame di quella casa. 149 Le raccontò che si 150 era ricorso ad esse 151 per protezione, e che esse dal loro parlatorio avevano ottenuto ciò che era stato invano domandato dalle prime dame nella loro gran sala di ricevimento; 152 parlò degli affari 153 d’onore imbrogliatissimi ch'esse avevano conciliati, delle visite di grandi personaggi forestieri, che avevano ricevute: 154 di che tutta la città aveva parlato. «Ma,» soggiungeva, «erano donne che sapevan fare;» e qui intrometteva qualche consiglio sulla condotta da tenersi a Monza. 155 Prediceva gli onori che Geltrude avrebbe pur ricevuti, le distinzioni, le visite. Verrebbe poi il Signor Marchesino colla sua sposa, la quale doveva esser certo una gran dama, e allora non solo il monastero, ma tutto il borgo sarebbe in movimento. Geltrude 156 ascoltava con una noja mista di qualche curiosità, 157 poiché si trattava probabilmente del suo avvenire, 158 e, benché stanca e stordita, non diceva: «finitela,» 159 per quella stessa curiosità che impedisce uno di lasciare a mezzo una storia mal pensata e male scritta. La vecchia aveva parlato mentre spogliava Geltrude, 160 quando Geltrude era già coricata; parlava ancora che Geltrude dormiva. Le cure di rado tolgono il sonno alla giovinezza; e sono 161 tutt’altre cure che quelle onde era oppressa Geltrude. Il suo sonno fu 162 affannoso, torbido, pieno di sogni penosi, ma non fu 163 rotto che dalla voce agra della vecchia, che venne 164 di buon mattino a riscuoterla, perché si preparasse al 165 viaggio di Monza.

«Alto, alto, signora sposina; è giorno fatto; e prima ch’ella sia vestita, rivestita, in pronto, 166 ci vorrà anche un’ora almeno. La Signora Marchesa si sta alzando, e 167 l’hanno [p. 205 modifica]svegliata quattr'ore prima del solito. Il Marchesino è già disceso alla scuderia e risalito; e si trova in ordine di partire quando che sia. 168 Vispo come un lepratto quel diavoletto: ma! egli era tale fin da bambino: io posso ben dirlo che l’ho tenuto nelle mie braccia. Ma quando è all’ordine non bisogna farlo aspettare, perché quantunque sia della miglior pasta del mondo, allora egli 169 strepita, fa il diavolo: e questa volta avrebbe anche un po’ di ragione, perché 170 egli s’incomoda per accompagnar lei. Guarda in quei momenti: non ha tema di nessuno, fuorché del Signor Marchese; ma poi finalmente egli non ha sopra di sé che il Signor Marchese, e un giorno il Signor Marchese sarà egli. Poveretto! con due paroline però s'acqueta subito. Lesta, lesta, signorina, perché mi sta guardando cosi come incantata? a quest’ora ella dovrebb’esser fuori del nido.»

Geltrude infatti desta per forza, non ancor ben certa di vegliare, assalita ad un punto dalle memorie del giorno trascorso, dal pensiero di ciò che si doveva fare in quello che cominciava, e 171 dal cinguettio della governante, 172 stava cogli occhi socchiusi ed intenti come trasognata: 173 quel destarsi era per la sua mente come il 174 dubbio barlume 175 di un mattino 176 tempestoso, 177 quando un leggero diradamento nelle tenebre appena annunzia che il sole è sull’orizzonte, e a chi guarda più 178 attentamente il sole stesso appare come un disco bianco sfumato e leggiero sospeso 179 dietro le nuvole trasparenti. Quelle esortazioni però fecero colpo assai, perché la vecchia aveva toccato un tasto, del quale ella stessa non conosceva tutta la forza. 180 Il nome del Marchesino aveva già 181 fermata l’attenzione di Geltrude, 182 ma quando dalle parole della governante l’immagine del Marchesino in collera passò nella mente di Geltrude, tutti i pensieri onde questa era affollata, si levarono a volo come uno stormo di passere alla vista d’uno spauracchio, e non restò [p. 206 modifica]più a Geltrude che la voglia di sbrigarsi e di schivare quella collera. Geltrude, bisogna confessarlo, non amava molto il fratello; 183 e pei suoi modi aspri, sprezzanti, e imperiosi, e perché 184 di tutta la casa il Marchesino era 185 quegli che più sovente aveva il monastero in bocca; e perché le compiacenze e le distinzioni dei parenti sopra di lui, 186 la tenevano in uno stato continuo di paragone umiliante. Lo temeva essa però, ma fino ad un certo tempo non quanto egli avrebbe voluto: 187 e, come di lingua e d’ingegno ella era meglio fornita di lui, di quando [in quando] ella si vendicava, con un motto, di molti giorni di una pesante persecuzione. Era quindi fra loro come un continuo stato di guerra. Ma, quando dopo la sua prigionia, Geltrude comparve davanti al 188 fratello carica d’un fallo e d’un perdono, 189 alzando timidamente gli occhi sulla faccia dei fratello, 190 vi scorse una superiorità dalla quale non ebbe pure il pensiero di potersi ribellar mai; si senti soggiogata per sempre. Ed ora 191 il solo pensare che il fratello in un momento d’impazienza potesse profittare del vantaggio che ella le 192 aveva dato col suo fallo per gittarle un motto, un rimprovero che alludesse a quello, 193la faceva 194 tremare. Si pose ella quindi a sedere in fretta, e pure in fretta cominciò a vestirsi. Avrebbe potuto la poverina 195 riflettere che quel pericolo era troppo lontano; che il fratello in 196 un momento in cui 197 sperava da lei un tal sacrificio 198 era ben lontano dal dir cosa che potesse offenderla; e che alla fine 199 per grossolano e sventato ch'egli fosse, non avrebbe scherzato cosi di leggieri con l'onore di sua sorella, al quale il suo proprio era tanto vicino; ma 200 un effetto dei falli si è appunto di 201 render l’animo più soggetto a timori non ragionevoli.

[p. 207 modifica] Geltrude si vesti dunque in fretta, si lasciò acconciare 202 e comparve nella sala dov’era radunata la famiglia ad aspettarla. Il Marchesino, al quale corsero 203 dapprima i suoi occhj, si mostrava tranquillo, senza dar segno d’impazienza: la Marchesa la quale aveva sagrificate tre ore di letto mostrava nell’aspetto 204 quel misto di sentimenti che nasce dalla consolazione di aver fatta una impresa, e dal dispetto degli incomodi sostenuti per venirne a capo. Il Marchese con lieto viso si fece incontro a Geltrude, e le disse. «Avete scelto una bella giornata: buon augurio.» 205 «Buon augurio» ripeterono la Marchesa e il Marchesino. Era preparata una sedia a bracciuoli, e il Marchese accennò amorevolmente a Geltrude che vi sedesse, e 206 perch’ella 207 confusa stava alquanto in forse: «qui, qui,» dissegli, «certamente: dopo la risoluzione che avete fatta non siete più una ragazzetta: siete come un di noi.» Appena Geltrude si fu seduta, venne un servo che le presentò rispettosamente una tazza di ciocolatte. 208 Prendere il ciocolatte a quei tempi, era, dice il nostro manoscritto, quello che 209 presso i romani assumere la veste virile: e tutte queste 210 cerimonie erano piccioli fili, che legavano sempre più la povera Geltrude. Essa non 211 confermava con parole 212 la risoluzione che tutte quelle dimostrazioni supponevano: non diceva nulla, non faceva nulla, 213 ma tutto ciò che si faceva d’intorno a lei, la poneva in una situazione nella quale il disdirsi, appena il mover dubbio sulla sua risoluzione, il fermarsi un momento 214 avrebbe avuto sempre più apparenza di stranezza scandalosa. 215 Preso il fatal ciocolatte, il Marchese si alzò, pigliò Geltrude in disparte, e con aria di consiglio amorevole le disse. «Orsù figlia mia, diportatevi bene: scioltezza e buon garbo.» 216 E qui le diede le istruzioni su quello che doveva [p. 208 modifica]fare e dire, e le fece ripetere la formola della domanda. «Benissimo, a maraviglia» esclamò quindi e continuò; «Quelle buone suore vi aspettano a braccia aperte; e non sanno nulla, nulla... 217 Non mi date in fanciullaggini, in pianti; non mi fate la Maddalena penitente, 218 guardatevi da un contegno che lasci sospettar qualche cosa: siate franca, e mostrate di che sangue uscite. La vostra risoluzione vi ha meritato il perdono della famiglia; il vostro fallo è cancellato e dimenticato.» Quand’anche Geltrude 219 avesse avuto il coraggio, che non 220 aveva, di porre qualche ostacolo, questo discorso, che le faceva sentire dove si sarebbe tosto portata la quistione, l’avrebbe immediatamente disposta ad obbedire senz’altre osservazioni. Ella arrossò, non rispose nulla, chinò il capo, gli occhi le si gonfiarono; ma un «via via,» detto risolutamente dal Marchese 221 e l’apparire d’un servo che annunziava che il cocchio era pronto, la costrinsero a farsi forza e a ricomporsi. 222 Nello scender le scale, Geltrude fu servita da un bracciere; 223 si montò in cocchio, e si parti. Gl’impicci, le noje, e i pericoli del mondo, e la vita beata del chiostro, principalmente per le giovani di sangue nobilissimo, furono il tema del discorso durante il tragitto. All’entrare nel borgo, al vedere la porta del chiostro, Geltrude si senti stringere il cuore, ma gli occhi della famiglia erano sopra di lei; 224quando il cocchio si fermò, Geltrude, guardando alla porta, 225 la vide già piena di curiosi; 226 e lo studio di non far nulla di sconvenevole la occupava tanto, ch’ella scese, e s’avviò quasi senz’altro pensiero. Attraversando il 227 cortile, si vide la porta del chiostro aperta e tutta occupata dalle monache. In prima fila 228 alcune anziane, con la badessa nel mezzo; dietro le altre alla rinfusa: 229 quelle che erano immediatamente dopo le prime, cacciavano 230 il vólto tra l’una e l’altra, 231 altre dietro [p. 209 modifica]ritte sulla punta dei piedi; e per non tacer nulla, le converse in ultimo sollevate sopra sgabelletti. Si vedevano pure qua e là 232 luccicare più basso qualche paja di occhj avidissimi, 233 ed apparire 234 come al buco della chiave qua e là un po’ di vólto mezzo ascoso: erano le più destre e le più 235 animose delle educande, che, serpendo tra una monaca e l'altre, s’eran trovate un cantuccio per 236 vedere anch’esse qualche cosa: il che era in verità troppo giusto. Geltrude, come incantata, giunse 237 in faccia a tanto teatro, condotta ed animata dai parenti, e si fermò nel bel mezzo davanti alla madre badessa. È inutile 238 dire che questa era stata dal Marchese avvertita, per un messo straordinario, della visita che avrebbe ricevuta e del perché. Geltrude fu accolta dalla badessa e da tutte le suore con acclamazioni. Dopo i primi saluti, la badessa, nel modo con cui si fa per formalità una domanda, della quale è certa la risposta, le domandò che cosa ella desiderava in quel luogo, dove non v’era chi potesse nulla rifiutarle.

«Son qui...» cominciò a rispondere Geltrude, 239 ma nel momento in cui ella doveva 240 manifestare con certezza un desiderio che 241 era tutt’altro che certo nel suo cuore, nel momento in cui le sue parole dovevano decidere quasi irrevocabilmente del suo destino, il combattimento interno fu sì 242 forte ch’ella non poté 243 proseguire; 244 e rifletteva un istante, guardando come incantata la badessa, e la folla che la circondava. Cosi guatando, ella vide distintamente alcune delle sue compagne, e sulla parte che appariva 245 di quelle faccette e più agli occhi 246 un’espressione mista di malizia e di compassione, che 247 diceva chiaramente: «Ah! 248 c’è incappata la brava!» Questa vista le risvegliò in cuore tutta l’avversione al chiostro, 249l’orrore per la violenza che l’era fatta, e con questi sentimenti un lampo di coraggio. E già ella stava 250 cercando una risposta, 251 diversa da quella che si aspettava da lei, 252 cosa troppo difficile a trovarsi in quella [p. 210 modifica]circostanza. Alzò un momento gli occhi253 verso il padre che le stava di fianco, per254 indovinare che 255 effetto avrebbe256 prodotto la sua257 resistenza, e come per esperimentare le proprie forze, ma vide negli sguardi del Marchese una espressione sì minacciosa, che tutto il suo coraggio svanì.258 Pensò che la resistenza, che il ritardo,259 l’avrebbero resa innanzi a tanti occhi un oggetto di scandalo,260 di stupore, e di derisione; pensò al padre,261 al fratello, al mondo, al paggio:262 si consolò, riflettendo che dopo quella formalità le rimaneva ancora una porta aperta per tornare indietro, che poteva guadagnar tempo, e che avrebbe saputo approfittarne; e263 il partito il più facile, il più sicuro, il meno terribile in quel momento le parve di 264 dire, come fece: «Son qui a domandare d’essere ammessa a vestir l’abito.» Nel breve momento d’indugio ch’ella aveva posto a finir la sua frase,265 un silenzio solenne aveva regnato266 fra gli astanti: le parole di Geltrude furono seguite da una acclamazione generale. Chetato il tumulto,267 la badessa tutta sorridente, porse a memoria questa risposta che le era stata data in iscritto da un bell’ingegno di Monza, uomo dotto,268che aveva letti i celebri romanzi del Pasta: «Se il rispetto non ponesse un [p. 211 modifica]freno agli affetti, io accuserei in questa circostanza di troppo rigore quelle regole sapientissime che ci proibiscono di dare alcuna risposta a domande di questa natura, prima di averne ottenuta la licenza.269 Bensì, senza riguardi, accuseremo il tempo che270 coi suoi lenti passi ci ritarda il momento di dare questa risposta desiderosa non meno che desiderata. E voi, carissima figlia, con l’acume del vostro ingegno potrete intanto, dai segni esterni farvi indovina della decisione che potete aspettarvi da tutte le nostre suore e da me umilissima superiora.» Le acclamazioni ricominciarono: e le271 suore sorrisero di compiacenza, e non a torto perché272 la gloria del capo si diffonde273 sugli inferiori.

274 La badessa,275 alla quale non era spiaciuto di aver molti uditori, pensò allora che la folla poteva essere incomoda, e si rivolse ad una suora, e disse: «Ehi, suor Eusebia,276 date un po’ una voce alla fattora, perché faccia277 sparire tutto quel minuto popolo, e chiuda la porta di strada.» L’ordine fu dato ed eseguito: e il minuto popolo parti con dispiacere, ma con ammirazione.278 Geltrude passava intanto279 dalle braccia della badessa a quelle d’una e d’un’altra suora;280 e ognuna281 le faceva un complimento, il quale aveva in tutte a un dipresso lo stesso senso: — l’avevam sempre detto che sareste nostra. — Passato quel primo impeto, la badessa pregò Geltrude e la famiglia di passare nel parlatorio. A questa preghiera, le converse scesero dagli sgabelli, la folla si diradò, e la badessa282 con alcune delle anziane si avviò al parlatorio per l’interno del chiostro, mentre la283 famiglia milanese vi andava pel di fuori.

V’ha due modi di scendere il pendio della sventura: l’uno è di capitombolare ad un tratto nel precipizio, l’altro d’andarvi come saltelloni in più riprese: in questo secondo caso, ogni fermata284 è una specie di riposo;285 e l’intervallo che passa tra una caduta e l’altra è talvolta tutto occupato [p. 212 modifica]dalla speranza. Geltrude 286 senti un certo sollievo d’essere uscita di quella stretta comunque ne fosse uscita, e corse tosto col pensiero a proporsi di volere, 287 prima di fare un altro passo, meditar ben bene se le conveniva o no di progredire, e di non lasciarsi cogliere cosi alla sprovveduta. Con questo pensiero ella fu condotta nel parlatorio. 288 Qui, rinnovati i complimenti, la badessa pregò gli ospiti di aggradire alcune cosucce, ch’ella faceva porre nella ruota da una conversa; la quale dette il moto alla ruota, e ne rivolse 289 la bocca verso il parlatorio esteriore.

290 Due secoli e più sono passati dopo quel giorno memorabile: cosi che noi crediamo di potere ormai senza indiscrezione 291 manifestare che la ruota, rivolgendosi, offerse agli sguardi, ed alle mani degli ospiti un gran bacile di dolci squisiti, fabbricati di propria mano dalle suore, malgrado gli ordini ecclesiastici, in allora recenti, che proibivano 292 loro assolutamente 293 un tale esercizio. È da credersi che questi ordini non 294 ottenessero un più grande effetto in progresso di tempo, giacché questa fabbricazione durò fino ai nostri giorni; 295 il che non si accenna qui per censurare 296 con indiscreta severità tutte le monache che si succedettero in questi due secoli; una tale 297 censura sarebbe anzi a dir vero non solo indiscreta, ma perfidamente ipocrita, perché chi scrive ha mangiato egli stesso i dolci squisiti di fabbrica monastica, 298 quando ha potuto averne. Si [p. 213 modifica]parla soltanto di questo fatto, perché può dar luogo ad una osservazione piccante: che vi ha talvolta delle leggi che non sono eseguite.

Dopo un «oh!» come di sorpresa, dopo alquanto schermirsi, e lagnarsi 299 d’esser trattati in cerimonia, il bacile fu 300manomesso, i dolci, furono 301 gustati con atti che esprimevano l’ammirazione, somme lodi furon date con 302 sentimento 303 molto sincero, e respinte con 304 molta modestia. Mentre la Marchesa e il Marchesino si abbandonavano con alcune suore alle varie riflessioni che può far nascere un bacile di dolci e Geltrude era costretta di rispondere come poteva ai complimenti che altre suore le facevano, la madre badessa chiamò in disparte il Marchese ad un’altra grata.

«Signor Marchese... per adempire 305 alle regole... per una pura formalità... debbo dirle... che ogni volta che una figlia domanda d’essere ammessa... 306 la Superiora, quale io sono indegnamente... tiene obbligo di avvertire i parenti che se mai essi forzassero la volontà della figlia incorrerebbero nella scomunica... Mi scuserà...»

307 «Benissimo, benissimo, reverenda madre; troppo giusto: lodo la sua esattezza. Ma già ella 308 non può dubitare...»

309 «Oh! Pensi, Signor Marchese; non sono pur cose da dirsi: ho parlato per mio dovere; ma s’immagini...»

«Certo, certo, madre badessa.» 310 Finito il qual breve dialogo, i due interlocutori si separarono in fretta, come se fosse incomodo ad entrambi il continuarlo, e andarono a mescersi ognuno alla sua brigata. 311 Dopo alcuni altri complimenti, il Marchese si accomiatò, e Geltrude colle tenere espressioni della badessa, con le istanze delle suore di venir presto, 312 fu rimessa in cocchio più stordita, più incerta, più sopra pensiero di quello che fosse partita la mattina, ma con un 313 anello di più alla sua catena; e che anello!

Ma la badessa aveva ella qualche 314 dubbio sulla libera elezione di Geltrude, o prestava fede intera alle parole [p. 214 modifica]materiali ch'erano uscite dalla bocca di lei? Il manoscritto non ne dice nulla; si perde invece a raccontare lunghissimamente dei particolari nojosi, che noi ommettiamo, 315 intorno ad alcune brighe del monastero, ad alcune rivalità, ad alcuni impegni, 316 nei quali 317 l’aver fra le suore una figlia di famiglia potentissima poteva essere 318 un gran soccorso.



Note

  1. massime
  2. ad ottenere da esso
  3. simile ad un fi
  4. sta; Variante riposa mollemente, si dondola
  5. che gli strisci accanto. Questi momenti [che | nei quali | che l'animo vorrebbe perpetuare, e per ciò è inclinato a | fare d | formar disegni irrevocabili di cui l’ani] che l’animo vorrebbe perpetuare con disegni irre | e (lacuna)
  6. [pareva] era
  7. un effetto della più pura
  8. senza esser perduti
  9. che l’interesse freddo e a
  10. [giacch’ella] poiché essa e
  11. e coglie pre
  12. per venire all’ignobile suo intento, e
  13. vincolare
  14. Variante turpi
  15. col pensiero a cercare qual
  16. [ch’egli l’all] che le era permesso di uscire [col] dalla prigione colla sua donna, e [ch’egli] ch’egli
  17. è il passo
  18. e
  19. con
  20. biso
  21. [accordo | lo fanno] lo sanno fare
  22. commossa
  23. ch'ella sper
  24. sperava
  25. otte
  26. dello...
  27. disonore
  28. Queste parole erano
  29. una mano ruvida
  30. Finalmente raddolcendo alquanto il tuono, e
  31. se m
  32. lo avrebb
  33. di cavalier d'onore
  34. Segno di richiamo, e a margine, in lapis: «Quante fandonie si possono dire ingenuamente a giovanetti e alle giovanette!»
  35. soggiunse che
  36. [risguardar] riguardar (quest] ciò come un
  37. aff
  38. Sottolineate le parole — e che non v'era asilo, riposo, sicurezza — e scritto a margine, in lapis: «Cancella, cancella, cancella il sottolineato. Il resto optime! Geltrude è come Wildsire interrogata da Ratcliffe: le sottolineate la farebbero divenire quale fu all'interrogazione di Marpitlau.»
  39. le
  40. p
  41. Variante danno a sentire:
  42. [a quali] gl’improperj che si
  43. tan
  44. ma
  45. o che si fosse inteso più
  46. ma
  47. quanto si
  48. [tempe] disapro
  49. le sarebbe stato
  50. resa
  51. fuorché sulle due o tre cose che abbiamo accennate;
  52. di Geltrude
  53. ai pregiudizj
  54. Sottolineate le parole — e alle mire ecc. e a margine in lapis: «Direi: — a certe mire.»
  55. la Marchesa
  56. [Il] Però
  57. pigli questo
  58. Il giovane Marchesino era stato educato nelle idee
  59. stato detto tante volte ch’egli farebbe uno splendido collocamento se la sorella si facesse monaca, che riguardava assolutamente come un dovere di questa il
  60. sufficienti per
  61. fatto
  62. quindi
  63. La mia Geltrude è
  64. aggiunse. Sappiate che ella
  65. volontaria
  66. Ha fatta un’ottima scelta,
  67. [Qui | Allora] A queste parole ella fu
  68. grandi, e
  69. a [magnificare] narrare ciò che aveva già preparato p
  70. date
  71. risgu
  72. anche prim
  73. Gelt
  74. [Il colloquio terminò.] Il Marchese terminò quell'agitato colloquio, col'ordinare che si preparasse
  75. Di qui sino a comandò che si preparasse aggiunto nella colonna sinistra della pagina 51
  76. in mezzo
  77. alla Curia arcivescovile
  78. tutto
  79. sappiamo
  80. padre
  81. dir
  82. ch'ella
  83. come
  84. con questo
  85. le
  86. intimò che all’indomani l’avrebbe condotta a Monz
  87. a partire per Monza
  88. partì
  89. [Si sarebbe quasi fatt] Avrebbe però fatto uno sforzo, avrebbe chiesto uno (lacuna) Adagio, ad
  90. debo
  91. alla quale
  92. e che si sovvenne
  93. lasciarli riposare
  94. [correva] andava con tanta velocità,
  95. non
  96. si succ
  97. lascia ogni cosa imperfetta
  98. [ella fu costretta di lasciarsi adornar] dovette
  99. dove fu costretta a lasciarsi
  100. fu
  101. operazione
  102. il suo
  103. cui era impossibile pensare ad altro,
  104. testa
  105. Geltrude fu la regina della festa
  106. pensando poi quello che
  107. era costretta a
  108. vennero
  109. Sic.
  110. cosi [dopo poche ore] in poche
  111. moltiplicando
  112. sapev
  113. colla
  114. [alla alla] a Porta Orientale: teatro già da quel tempo del pubblico passeggio;
  115. che ora le accen
  116. tutta l'a
  117. cielo
  118. povero sottolineato e ripetuto; poi aggiunto: «E Dante, buona memoria?»
  119. Quando il cocchio rientrato
  120. per
  121. la gravità
  122. e il Marchese entrando presentò [la sposina alla] la figlia risanata e sposa alla conversazione. La
  123. trovando
  124. Da temeva a questa parola, una sottolineatura, e a margine, in lapis: «lascerei fuori il sottolineato.»
  125. Variante ricevette
  126. sull'argomento
  127. Ecco
  128. Corretto, giustamente, non dal Manzoni, in figlia
  129. destinata
  130. il triste
  131. e [con] dalle quali
  132. e gli sgarbi fra loro erano rec
  133. lotta
  134. Nel momento in cui ella si vedeva trattata con tanta [cordialità] distinzione, quasi con tanto rispetto dai parenti, [e mentre provava un] e mentre
  135. le dava una
  136. forza
  137. le [manteneva una stizza in cuore:] dava una
  138. una stizza
  139. s'ella pure
  140. le
  141. e diede ordine immediatamente
  142. Ma questa, non so se a caso, o [per] per nuova sventura di
  143. e una tale scelta era una nuov
  144. che aveva allevato
  145. e profondeva elogj
  146. la spogliava
  147. monache
  148. arrecavano loro [ricevevano da] dame di quella casa
  149. le raccontò gli affari imbrogliati d’onore [che erano| che
  150. ricorre
  151. in affari imbrogliati
  152. raccontò gli
  153. imbrogliati
  154. e delle quali
  155. Descriveva
  156. ascoltava già più che stanca
  157. come talvolta
  158. e non di
  159. per la stessa ragione che impedisce di chiudere e di gettare una storia, ma vi fa andare alla fine
  160. mentre
  161. cure d’un grado diverso
  162. angoscioso, torbido,
  163. interro
  164. il mattino [a dirle | a dirle] a chiamarla
  165. Variante gita
  166. un'ora
  167. l'hanno
  168. Lesto come un lepre quel diavoletto, maè sem
  169. da s
  170. la festa si fa tutta per lei
  171. dalla
  172. teneva
  173. la sua mente al destarsi
  174. Variante fioco
  175. [dell... del] del mattino
  176. nuvoloso, quando il
  177. [quando la luce del sole appena] quando la luce del sole già salito sull’orizzonte
  178. fiso
  179. nelle
  180. [Quello che] Di tutto quel cicale ...
  181. eccitata l'attenzione
  182. ma l’immagine [della sua impazienza e della sua collera] del Marchesino in collera che dalle ciarle della governante (lacuna)
  183. [E perché a questo erano | che for | e pei] e perché quell’amore che forse ella avrebbe sentito per un fratello le era comandato ad ogni momento come un dovere difficile, e perche i modi [qu] di questo non erano con lei (lacuna)
  184. fra tutti quelli
  185. [quelli che consiglia] per Geltrude il più instancabile consigliero del chiostro col
  186. le movevano una invidia ed una avversione
  187. Sic. [egli] quan
  188. fratel
  189. sentì in quel momento [alla sua presenza una inferiorità | dalla]nella sua presenza una superiorità | vide n
  190. vide
  191. il [timore] pensiero che
  192. Sic.
  193. le
  194. terrore
  195. rifl
  196. quel
  197. aspetta
  198. [se ... era disposto più] avrebbe posta ogni cura
  199. egli non doveva ricorrere cosi tosto a
  200. questo e appunto
  201. render l'animo
  202. pel
  203. i su
  204. misto
  205. buon
  206. [ment] mentr’
  207. alquanto
  208. come avrebbe fatto ad una...
  209. pei [gio] roman
  210. picciole [circostanze] dimostrazioni non [provo | volute] provocate da Geltrude, [servivano per] erano per
  211. prometteva
  212. quello
  213. ma si trovava circondata da tutto ciò che si faceva dintorno a lei
  214. sarebbe sembrato cosa stranissima.
  215. Quindi tutta la sua attenzione non poteva essere impiegata che a secondare le intenzioni altrui. Accanto a questa cancellatura, in penna, a margine: «»l’avarav stonàa pussée» (avrebbe stonato di più)
  216. Quelle buone suore vi aspettano a braccia aperte. [Non mi date] (lacuna) Fate vedere di che sangue uscite. Non mi date in fanciullaggini, in pianti, non mi fate la Maddalena penitente
  217. Non mi date in fanciullaggini, in pianti,
  218. non
  219. si fosse sentita
  220. si sentiva
  221. [le fermò ❘ la fece | ... richiesta indifferente che il Marchesino le fece in quel momento] e il servo che venne ad annunziare che il cocchio
  222. e si parlò
  223. si montò in co
  224. [ed ella dov’era | e il pensiero di dover] e già sulla porta si vedevano dei
  225. vide altri occhi curiosi
  226. e il timore di
  227. primo cortile si giunse [al portico interno | alla] davanti alla porta del chiostro
  228. [la] le
  229. [alcune delle | le più] alcune delle più vicine alle prime cacciando il
  230. la fa
  231. le ultime
  232. spuntare
  233. come dal buco della chiave
  234. [parti] parti di volti
  235. curiose
  236. osservare
  237. davanti
  238. avvertire
  239. ma in quel momento
  240. esprimere
  241. non
  242. grande ch
  243. continu
  244. [e ristette] e sostette e
  245. del loro volto
  246. [una espress] l'espressione
  247. pareva
  248. la c'è incappata
  249. tutto l'orgoglio
  250. pensando a ciò che avrebbe potuto dire per
  251. [che] evasiva cosa troppo difficile in una tale circostanza
  252. cosa
  253. che le
  254. vedere
  255. impressione
  256. fatto la
  257. disubbidi
  258. [Una parola che non fosse la domanda aspettata, una parola che | Pensò tosto allo scandalo. | Pensò a quello che sarebbe avvenuto in quel | Pen] Pensò allo scandalo che sarebbe avvenuto, vide che (lacuna)
  259. la rendevano
  260. e di derisione
  261. alla famiglia
  262. e la cosa la più facile [si consolò con] si rincorò con l
  263. [cosa la più facile] la più
  264. Variante proseguire
  265. era stato [un mom] un momento di silen
  266. [nella compagnia] negli
  267. la badessa con volto lietissimo, e senza sospensione, perche anch’ella aveva pensata la risposta, [perché non] e non aveva nessuna ragione per esitare, le disse:... [Non ho mai trovat] Non mi è mai sembrata severa la nostra regola come in questo punto, in cui essa ci proibisce di darvi [una] immediatamente una risposta che sa il cielo... [Ma bisogna far] Ma la regola, come sapete, ci comanda di decidere queste [domande] cose in Capitolo. Questo si farà immediatamente, e vedremo continuò sorridendo, se si potrà [aderir] accogliere la vostra domanda. A queste parole le converse scesero dai loro sgabelli, e [si ritirarono] corsero a nasconderli, la folla delle monache si ritirò verso l’interno del chiostro, e la [madre] badessa, pregò gentilmente Geltrude, e la sua famiglia, che volessero andarsene al parlatorio ad aspettare [una] la risposta. Poi rivolta ancora a Geltrude come in aria di rincorarla, soggiunse ancora; È una pura formalità, l’affare d’un momento.
  268. serio, [che aveva] che sapeva a menadito
  269. [Prima che la vocazione sia esaminata. | Frattanto adunque noi non potremo far altro.] Ma senza rispetto e senza timore
  270. col suo tondo moto
  271. [monache] suore si ringallu
  272. l’onore del
  273. sulle monache
  274. Detto questo
  275. che
  276. fate cen
  277. Variante sgombrare
  278. Geltrude si trovava intanto fra le braccia d’una La badessa
  279. fra
  280. passato quel primo
  281. diceva
  282. con due
  283. compagnia
  284. è un po’ di riposo
  285. e il tempo che passa fra l’una e l’altra
  286. in mezzo provò un altro
  287. ben bene meditare
  288. dove una monaca in fretta in fretta facendo le scuse perché doveva correre al capitolo, pregò quei signori di aggradire [alcune cosucce] un rinfresco che la madre [badessa aveva fatto disporre. La ruota fu in movimento | Cosi detto pose nella ruota] badessa prendeva la libertà di offrir loro. Così detto pose [nella] le cosucce in quistione nella ruota, la fece volgere [verso] sul suo perno, [e parti[] e parti facendo un inchino frettoloso.
  289. l'apertura
  290. Segnata a margine la seconda parte del periodo, e scritto: «Oscuro il perché si premette che ora non v’è indiscrezione. Affare di stile.»
  291. [manifestare | ciò che la monaca aveva posto nella ruota erano dolci | dolci] la ruota rivolgendosi [lasciò vedere] offerse agli sguardi ed alle mani della famiglia un gran paniere di dolci
  292. assol
  293. quest
  294. fossero più severamente
  295. [del che noi non parliamo per | indiscreta censura | per censurare (lacuna) Noi no] Accennando questo fatto non si vuole qui censurare con indiscreta severità
  296. indiscretamente
  297. severità sareb
  298. ogni volta che [gli è venuto fatto] ne ha potuto avere in sua potestà
  299. per
  300. assalito
  301. manomessi
  302. vera
  303. Avendo il Manzoni cancellala inavvertitamente questa parola, gli fu scritto a margine: «molto sincero che?»
  304. modestia
  305. al mio obbligo
  306. noi
  307. Ella
  308. sa che in
  309. S'immagini
  310. [A queste par] Dopo
  311. Quando le stesse cose furono
  312. si rinn
  313. filo
  314. sospetto
  315. su
  316. pei Segno di richiamo, e a margine in lapis : «della badessa?»
  317. l'aveva
  318. di