I sette a Tebe/Primo episodio

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Primo episodio

../Primo canto intorno all'ara ../Secondo canto intorno all'ara IncludiIntestazione 30 ottobre 2019 100% Teatro

Eschilo - I sette a Tebe (467 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1922)
Primo episodio
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PRIMO EPISODIO


Mentre piú alti si levano i lagni, irrompe sulla scena Eteocle.


eteocle
Insopportabil razza, a voi medesime
lo chiedo, utile è questo, è salutare
per la città, potrà coraggio infondere
in chi combatte su le mura, urlare,
piagnucolar, prostrate ai simulacri
dei Numi della Patria? — Odio dei saggi!
Mai nei malanni, mai nella fortuna
non m’abbia in casa la donnesca razza!
Impera, ella è protervia intollerabile:
teme, piú grave è il mal per la sua casa,
per la sua patria. — Ed or, tra i cittadini,
con lo scompiglio delle vostre fughe,
vociferate esanime viltà.
Cosí vantaggio immenso hanno i nemici;
e noi dai nostri fra le nostre mura

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siam cosí posti a sacco. Ecco bel frutto
del conviver con donne. Ora, se alcuno
non ode il mio comando, o uomo o donna
o chiunque egli sia, pena di morte
sarà votata contro lui, dal popolo
lapidato sarà; né questa sorte
potrà sfuggire. Gli uomini al governo:
donna non dia consiglio! E tu rimani
in casa, e non far danno. Avete udito
o non avete udito? O parlo a sorde?

Strofe I
coro
Figlio d’Edípo, m’invase terrore,
rombare udendo il frastuono dei cocchi
che turbinarono, i mozzi stridettero.
E dalle fauci suonâr secchi i ferrei
timoni equini, temprati alla fiamma.
eteocle
E che? Forse il nocchier, fuggendo a poppa,
e lasciando la prua, troverà scampo,
quando i marosi fiaccano la nave?
coro
Ai simulacri vetusti dei Dèmoni
corsi a rifugio, fidente nei Superi,
quando alle porte fu strepito e turbine
di nevicante procella funerea.

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Esterrefatta mi volsi ai Celesti,
che sovra noi la difesa, protendano.
eteocle
Che dai nemici le torri schermiscano?
coro
Non forse ai Numi spetta ciò?
eteocle
 Mi dicono
che le vinte città lasciano i Dèmoni.
coro
Mai questo eccelso di Numi concilio,
sin ch’io respiri, non fugga! Calpesta
Tebe non sia dai nemici: il suo popolo
non sia soppresso dal fuoco omicida!
eteocle
Per invocar gli Dei, non appigliarti
a mal consiglio. Obbedïenza è madre
di salvezza: lo afferma antico detto.
coro
Sí, ma piú grande è il potere dei Numi:
spesso chi giace nel mal senza scampo,

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quando già nubi sul capo gli pendono,
da disperata sciagura redimono.
eteocle
Pria della pugna, sacrifici e vittime
offrire ai Numi, compito è degli uomini:
il tuo, tacere e rimanere in casa.
coro
Dei Numi è grazia, se Tebe non dòmasi,
se l’urto ostile le torri schermiscono:
di quale biasmo può l’odio colpirmi?
eteocle
Io non ti vieto che tu onori i Dèmoni:
ma calma sii: non render pusillanimi
i cittadini, troppo non sii pavida!
coro
Udendo a un tratto il frastuono confuso,
nel tremebondo spavento, son corsa
a questa rocca, onorato rifugio.
eteocle
Or, se udrete annunciar morti e ferite,
non prorompete in ululi. Ché Marte
di ciò, di stragi d’uomini, si pasce.

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coro
Nitriti di cavalli alti, odo fremere.
eteocle
Non prestar troppo orecchio, anche se li odi.
coro
Siamo strette! Dal suol geme la rocca!
eteocle
A provvedere a ciò non basto io forse?
coro
Tremo! Il fracasso alle porte si gonfia!
eteocle
Vorrai tacer, che la città non t’oda?
coro
Santo Concilio, non tradir le mura!
eteocle
Vuoi soffrire e tacere, in tua malora?

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coro
Patrî Numi, deh!, schiava io mai non cada!
eteocle
Tu me fai schiavo, e tutta la città!
coro
Giove, contro i nemici il dardo volgi!
eteocle
Giove, che dono, il sesso delle femmine!
coro
Gramo è pur l’uomo, se la patria perde!

Con rinnovato impeto si prostrano innanzi alle immagini.
eteocle
Stringi ancora le immagini? Ancora ululi?
coro
Terror, contro il voler, tragge mia lingua.
eteocle
Lieve una grazia, io te lo chiedo, porgimi.

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coro
Súbito parla, e súbito io la sappia.
eteocle
Taci! Non sbigottir gli amici, o misera!
coro
Taccio. Con gli altri il fato soffrirò.
eteocle
Piú che ogni altro tuo detto io questo ho caro.
E adesso, poi, dai simulacri spíccati,
e implora i Numi che agli amici arrida
la miglior sorte. E, uditi i voti miei,
leva il peana, l’ululo propizio,
il grido sacro d’Ellade, compagno
dei sacrifizî, che il terrore infesto
sperda, e coraggio negli amici infonda.
Ed io, frattanto, della patria ai Numi,
a quei che il piano e che la rocca e l’àgora
guardan custodi, e ai rivoli di Dirce1,
né pur taccio l’Ismeno, io qui prometto
che, se fortuna a noi sorrida, e salva
sia la città, molto sangue d’agnelli
tingerà l’are, e sgozzeremo tauri,
alzeremo trofei, d’infeste spoglie
prese in battaglia, intrecceremo serti
ai templi sacri. Tali preci ai Numi

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rivolgi, e cari non ti siano gli ululi
né le vane selvatiche querele:
al destino fuggir, tanto, non puoi.
Or vado, e scelgo sei guerrieri — e settimo
pongo me stesso, che alle sette porte
contro i nemici di gran lena voghino,
pria che affannati messaggeri giungano,
e veloci sussurri si diffondano
nella distretta, a conturbarci l’animo.
Eteocle parte. Le fanciulle si aggruppano di nuovo
intorno all’ara.



Note

  1. [p. 353 modifica]Dirce era la fonte sacra, che riparò il pargoletto Dioniso quando Giove lo salvò dal grembo di Semele incenerita. L’Ismeno è il piccolo ma celebre fiume della Beozia.