Il fanciullo nascosto/La parte del bottino

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La parte del bottino

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Sotto l'ala di Dio La porta stretta

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La parte del bottino.

Dopo mesi e mesi di siccità l’acqua del torrente era diminuita in modo che il molino di prete Maxia non funzionava più; e col cessare del suo palpito anche tutta la vita intorno per la conca della valle solitaria sembrava spenta. Dai boschi di castagni arrossati precocemente cadevano le foglie; una quiete fosca stagnava sul cielo sopra le creste boscose ove i profili di solito azzurri dei monti di Barbagia apparivano lividi come nei giorni d’inverno. Ma il cielo s’era finalmente coperto tutto di nuvole, quella sera, e don Peu, il fratello povero del proprietario del molino, steso sopra un castagno abbattuto, che col suo tronco e due rami uno di qua uno di là sembrava una croce, aspettava la piog[p. 50 modifica]gia, confuso col suo desiderio d’attesa col desiderio d’attesa di tutta la valle.

Cadeva la notte; qualche ansito di vento saliva e scendeva su e giù per il bosco, poi tutto taceva aspettando. Vaghi bagliori, che non erano ancora lampi, davano all’orizzonte oscuro come un riflesso di specchio mosso in lontananza: e don Peu pensava al mare laggiù, dalla parte opposta alla valle, e gli pareva che il cielo lo riflettesse. Anche il mare doveva essere in burrasca: tutto era in disordine e in burrasca, quell’anno, forse a causa della cometa e di terremoti lontani, come dicevano i vecchi giornali che egli aveva trovato nel forno del molino e rileggeva nella sua solitudine. Anche nella sua vita, quell’anno, tutto era stato siccità, carestia, burrasca: più che negli altri anni. Egli però aspettava che tornasse il sereno, dormicchiando giorno e notte sul tronco di castagno davanti al molino.

Gli pareva di vedere le donne coi cappucci rossi salire dal villaggio sedute a cavalcioni fra i sacchi di grano sui cavallucci così mansueti che parevano di legno; qualcuna smontava lì davanti, e mentre lui l’aiu[p. 51 modifica]tava galantemente a tirare giù i sacchi, gli dava notizie del paese.

— Ho veduto suo fratello prete Maxia: è sempre più magro, pare non sia neppure padrone di un molino!

— A che serve tanta farina quando si digiuna?

— Anche i dispiaceri fanno dimagrire, don Peu mio.

— Mio fratello non ha dispiaceri, — egli rispondeva ritrovando subito davanti alla donnicciuola la sua fierezza di nobile.

Sì, egli aveva dato sempre dispiaceri al fratello, fino a ridursi ad abitare al molino poichè non aveva altro rifugio, ma non permetteva a nessuno di giudicare i fatti di casa sua.

Poi il sogno cambiava; tornava la visione del mare in burrasca, poi quella di un piroscafo che tagliava l’acqua nera e densa come pece liquefatta. Un fragore terribile rombava intorno; la morte accompagnava i viaggiatori.

Si sollevò, tanto la visione gli faceva male: si mise a sedere sul tronco e si piegò su sè stesso, col cuore che gli batteva ancora. Eppure non c’era altro scampo, e anche suo [p. 52 modifica]fratello, nello scorso inverno, scacciandolo di casa, gli aveva detto:

— Vattene in America, va!

E gli aveva dato anche i denari per il viaggio: ma don Peu sognava il mare in burrasca, e pensava che un nobile non deve emigrare come un bracciante. Così i denari se n’erano andati prima che partisse lui, e non esisteva speranza che ritornassero.

Un rumore come di gocce sulle foglie secche lo richiamò; sollevò gli occhi e vide che anche ad occidente le nuvole travolgevano le stelle; la pioggia però non cominciava.

Il rumore si fece più rapido: era un passo d’uomo che saliva dal ciglione, e ben presto una figura alta, dura e compatta come un tronco, fu lì davanti.

— Diecu, sei già lì? E gli altri? — domandò: subito però si accorse di essersi sbagliato, e rimase un attimo incerto, guardando di qua e di là. Ma già altri passi facevano scricchiolare le foglie secche del sentiero, e presto altri due uomini apparvero. Erano tutti imbacuccati con lunghi gabbani, col cappuccio sul volto, armati. Don Peu s’avvide subito ch’era un convegno di malfattori. [p. 53 modifica]

— C’è questo qui, — disse il primo venuto, ancora incerto. E due di essi s’allontanarono un poco e discussero.

Don Peu taceva, immobile. Non aveva paura, non aveva nulla da perdere; ma sapeva quello che l’aspettava. L’avrebbero travolto con loro come le nuvole travolgevano le stelle su nella notte burrascosa: l’avrebbero costretto a seguirli, complice forzato nella loro impresa, per non essere poi loro testimone a carico. No, non aveva paura, sebbene deciso a resistere: solo il cuore tornava a battergli, come dopo il sogno, quasi fosse la sola parte del suo corpo che tremasse un poco: ma il pensiero era lucido, la volontà ferma.

Anzi, mentre gli uomini confabulavano, egli pensava al fratello, e gli pareva di vederlo, seduto tranquillo e austero nella sua bella camera con le tende di raso, col breviario nero aperto sulle due mani bianche: ed egli si presentava, d’un tratto, come una mala visione, e diceva: e se io andassi con questi qui? Poi rideva, vedendo gli occhi spaventati del fratello.

Gli uomini si riavvicinarono, e il primo venuto gli toccò il braccio. [p. 54 modifica]

— Alzati e vieni con noi.

Egli non si alzò. Ma il tocco della mano del malfattore gli aveva dato un tremito a tutta la persona. In fondo aveva sperato che lo lasciassero in pace, e d’un tratto invece l’abisso s’apriva sotto i suoi occhi. La visione della camera tranquilla del fratello s’era sommersa, ma la figura del giovane prete rimaneva lì, davanti a lui, ferma, e adesso lo guardava e gli rispondeva:

— Tu non andrai, Peu: lasciati meglio uccidere.

— Alzati, dunque! — ripetè l’uomo, e gli altri due gli afferrarono le braccia, uno per parte, come per aiutarlo ad alzarsi.

Egli pareva diventato di bronzo.

— Ma non vedete chi sono? — disse finalmente, ritrovando la sua fierezza. — Sono don Peu Maxia, il fratello del prete.

Le sue parole risonarono nel buio, andarono a sbattersi contro gli uomini come contro i tronchi dei castagni. Tutti siamo eguali, davanti alla necessità del male.

— Alzati, — ripetè per la terza volta l’uomo, conciliante e minaccioso nello stesso tempo. — Alzati. [p. 55 modifica]

E come don Peu non si moveva, gli altri due cominciarono a tempestarlo di pugni sulla testa e sulle spalle. Egli diede un grido che rimbalzò nella valle fra i gemiti del vento, ma tosto si sentì la bocca chiusa da una mano ardente. La voce del primo venuto ripeteva supplicando:

— Andiamo, don Peu; è necessario.

Allora si alzò, scuotendosi tutto come un cane frustato: gli pareva di portare sul collo un carico che era la sua testa rotta, e ogni pezzo aveva il suo pensiero diverso, ma tutti di odio, di umiliazione e di rabbia. Eppure la figura del fratello lo seguiva ancora, nera, imbacuccata anch’essa come per prendere parte all’impresa.

— Peu, — gli diceva, — buttati a terra, lasciati meglio uccidere. Ne hai fatto di tutti i colori, in vita tua: hai giocato, hai bevuto, sei stato il disonore della famiglia; ma questo no, questo non lo devi fare.

Egli ascoltava, ma seguiva silenzioso i malfattori e gli sembrava d’essere portato via prigioniero, contro la sua volontà.

Avevano disceso la valle e adesso risalivano, sotto il bosco. Al loro passaggio i ce[p. 56 modifica]spugli si scuotevano odorando, ed egli sentiva dei tralci attaccarsi alle sue mani e morderlo come anch’essi in agguato pronti ad afferrare quello che potevano.

Poi il bosco cessò: e si fermarono. Egli riconobbe il luogo, un pascolo alto, chiuso da rocce, con l’ovile d’un ricco pastore. E l’ombra del fratello continuava a dirgli:

— Peu, getta un grido, almeno! Avverti il pastore dell’assalto. Forse Dio ti ha fatto venire per questo.

— Sì, sì, — rispose continuando a camminare in mezzo ai compagni che s’erano più che mai stretti fra loro e procedevano come un corpo solo. — Sì, appena vicini alla capanna.

Ma quando furono vicini alla capanna, tutto intorno il luogo parve destarsi con un urlo tosto seguìto dal rombo d’un tuono. Era il mastino dell’ovile che abbaiava e il temporale che pareva precipitarsi giù dalle rocce per aiutare l’opera dei malfattori. Don Peu fu di nuovo travolto, preso in mezzo fin dentro la capanna ove il pastore e un suo servo urlavano anch’essi, dibattendosi contro gli assalitori. Egli si ritrasse tentando subito di tornare fuori; ma al barlume delle brage spar[p. 57 modifica]se vedeva il gruppo degli uomini davanti all’apertura della capanna dibattersi in un aggrovigliamento mostruoso, e non osava muoversi. Finalmente tutto parve placarsi: cessò l’ansito dei pastori buttati a terra, legati e imbavagliati, e solo la voce ansante e quasi supplichevole di uno degli assalitori, lo stesso che aveva pregato lui a seguirli, dire curvo sui vinti:

— Dammi i denari. So che li hai presi oggi. Dove li hai? Qui sotto l’ascella? Sta fermo: non ti faccio del male. Sta fermo, cristiano! Non farmi dannare l’anima.

Don Peu, veduta libera l’apertura della capanna, vi si era intanto accostato, ma non osava uscire, quasi avesse paura della pioggia che fuori scrosciava a dirotto. Il bagliore dei lampi illuminava a tratti l’interno della capanna coi tre assalitori protesi a frugare gli aggrediti e questi, coi capelli sul volto gonfio lucido di sudore, che si torcevano ancora e sbattevano i piedi sulla cenere sparsa tentando ancora di difendersi.

La voce del ladro disse:

— Ecco, ho trovato; — e gli altri si sollevarono accomodandosi i cappucci sul viso. [p. 58 modifica]

— Ha trovato, — pensò don Peu. — Quanto è? Quanto può toccarmi?

Ma tosto, come spinto da una mano potente, balzò fuori e si mise a correre sotto la pioggia. E sentiva quella mano misteriosa spingerlo, aiutarlo. Scappava non più per paura dei malfattori che adesso, riuscito bene il colpo, non l’avrebbero più molestato, ma per fuggire a sè stesso, alla tentazione di accettare la parte del bottino. Ancora pochi passi ed era nel bosco: ma al bagliore di un lampo vide un pastore che richiamato dagli urli del mastino accorreva in aiuto dei suoi vicini: s’incrociarono, parvero urtarsi; poi don Peu cadde, come urtato violentemente alle spalle, fra il rombo e la luce violetta di una fucilata.

*

Lo ritrovarono lassù al molino, steso crocifisso sul tronco del castagno ove di solito passava il suo tempo. I malfattori lo avevano trasportato lassù con la speranza che fosse solo ferito: ma appena giunti era morto. Pareva dormisse, dissanguato, stanco, con le ve[p. 59 modifica]sti bagnate di pioggia e di sangue, dopo una lunga fuga. Era l’alba e una rete d’argento e di perle avvolgeva i castagni ancora gravi di umidità; le foglie concave dei bassi ontani intorno al morto erano piene d’acqua come piccole mani che si fossero protese a raccogliere la pioggia per conservarne un poco dopo tanta sete: e anche dentro la mano di don Peu stavano i biglietti di banca e le monete, parte sua giusta del bottino, che sebbene morto i malfattori avevano creduto in loro coscienza di lasciargli.